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Autore: Lelle_    13/12/2011    0 recensioni
Che dire di questa one-shot?
Che sia un inno contro la negatività? Bah, probabilmente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CHANGE YOUR VIEWS.


15 aprile 2011. 

Laura Fanelli maggiorenne. 

Incredibile, no? 
Avevo già vissuto diciotto anni della mia vita, ma erano passati talmente in fretta, che dubito tutt'ora di essere cresciuta per davvero. Temo che la mia età celebrale non supererà mai il periodo adolescenziale.

Era una bella giornata e non potevo crederci neppure io. Ero, e sono tuttora sempre stata maledettamente sfigata quando si tratta di tempo meteorologico; forse però, quel giorno ero miracolosamente riuscita a fregare Dio, in un modo o nell'altro, distraendolo così che non si ricordasse di me. 

Ma Dio esiste? 
Bah, finchè non sarà scientificamente provato, dubito che ci crederò mai; anzi, pur ponendomi qualche dubbio atroce -senza però sfociare però in sgraditi pensieri filosofici-, continuerò a cercare nell'ombra un qualcuno da insultare semmai dovesse andarmi tutto a puttane. 
Per il momento mi accontentavo di Dio, ma sicuramente se fossi nata in un'altra parte del mondo avrei cominciato a prendere a parole Buddha o che so, Allah. 

Come si può intuire facilmente dalle mie parole, non sono propriamente quella che si può definire una ragazza allegra e solare. Ecco spiegato perchè non volessi alcuna festa per i miei diciotto anni, né tanto meno un regalo. Ma a quanto pare i miei desideri erano gli ultimi a dover essere realizzati il giorno del mio compleanno. 
Mi organizzarono un party a sorpresa. 
Uno stupido, odioso e inutile insieme di gente che pensa solo ad ubriacarsi a spese degli altri; che fingono di essere lì per te quando poi non sanno neppure che sei proprio tu la festeggiata. Stufa della falsità e della puzza di alcool che aleggiava nell'aria del mio salotto, dopo la prima mezz'ora mi nascosi in camera mia, ascoltando musica rock a tutto volume e cercando di coprire il rumore insensato, che proveniva dallo stereo del piano di sotto. 

Legalmente parlando, dopo quel giorno avevo molti più diritti e doveri di prima: dipendevo solo e soltanto da me stessa. Ad essere sincera però, la differenza, se c'era, era talmente minima da essere impercettibile. Mi sentivo esattamente come si sente una diciassettenne, o una sedicenne, o anche una quindicenne. Un'eterna bambina insomma, peccato che mano a mano che i miei pensieri diventavano più corposi ed importanti cominciai a rendermi conto che l'età dell'allegria, delle cazzate e del menefreghismo stava per terminare e dovevo iniziare a comportarmi da adulta. 
Io. 
Da adulta. 
Mi lasciai andare ad una risata: io non sono fatta per essere adulta, sono nata per non invecchiare mai, perlomeno di mentalità. Anche perchè non avevo nessuna intenzione di ridurmi come quelle signore di paese che dopo averti individuato chiedendoti chi sono i tuoi genitori, cominciano ad assilarti con le solite frasi fatte, del tipo “si stava meglio quando si stava peggio” e le loro splendide storie sui tempi della guerra. 
No; tutto ma non questo. Rimarrò sempre una fantastica giovincella spensierata. 

Durante la serata, varie volte venne Marco a chiedermi perché non scendevo, era evidente che avrebbe voluto farmi uno dei suoi primi discorsi da fratello maturo e responsabile, ma era inutile perché non riusciva a trovare le parole giuste. 
I quattro anni che aveva più di me scomparvero tutti insieme quando lo vidi impacciato sulla porta della mia camera. Mi fissava cercando di dire con parole contorte qualcosa sul divertimento e lo stare in compagnia. Era quasi dolce e sorrisi appena, ma lo liquidai in fretta con una scusa qualsiasi. 

Ora che il tramonto della vita si faceva più vicino e incombeva sulle mie giornate volevo godermi un po' di sana solitudine. 
Ormai avevo diciotto anni, ma non sapevo quale sarebbe stato il mio futuro, dovevo cominciare a pensarci sul serio: per quanto mi facesse paura e volessi evitarlo, dovevo crescere prima o poi. Esaminai una per una tutte le carriere possibili che avrei potuto intraprendere, lasciando un segno nella storia. Ci doveva pur essere qualcosa in cui fossi abbastanza brava da poter far ricordare di me alla gente, ma più ci riflettevo e più mi rendevo conto che la strada giusta per me non esisteva. 

Non sarei mai diventata una musicista di fama internazionale,
non avrei mai scalato l'Everest con i polsi legati, 
non sarei mai andata sulla luna a colonizzarla e creare condizioni favorevoli alla vita, 
non avrei mai scoperto una cura per il cancro, 
non avrei mai scritto un best seller, 
non sarei diventata ricca, 
non avrei mai avuto una fantastica carriera politica né tantomeno avrei cambiato il mondo. 


Forse era giusto che Laura Fanelli rimanesse nell'ombra, che nessuno sapesse di lei. Perchè dopotutto non avevo niente di speciale, dovevo solo trovare un lavoro come tutte le altre persone. Un semplice mal retribuito lavoro che mi avrebbe permesso di vivere in modo mediocre. Senza una famiglia, senza dei figli, perchè crescerebbero senza un modello da seguire, senza voglia di diventare grandi e gli trasmetterei la mia visione triste e sconsolata della vita, che forse non sarà veritiera, ma era pur sempre soggettiva e quindi indipendente dalla realtà. 

Soprattutto poi, non mi sarei mai voluta sposare, perchè sposarsi è ciò che c'è di più stupido ed insensato. Legarsi ad una persona in maniera così forte, diventare subordinati al proprio partner e subire passivamente i cambiamenti del mondo standoli a guardare senza mai muovere un dito. Io ero nata per essere anticonformista, per modificare le cose sbagliate e migliorare le giuste. Perchè, per quanto fossi sicura della mia totale incapacità nel fare tutto, sapevo che avevo una grande forza di volontà, un coraggio invidiabile e una speranza morta e sepolta, ma che avrei potuto far risuscitare se avessi trovato qualcosa per cui ne valesse la pena. 
Il futuro incombeva tragicamente sulla mia vita. 
Spettava a me gestirlo. 
Ed è con questi pensieri rivoluzionari che vivo la mia vita. Nulla è per sempre. Lo so. Tranne forse quei sentimenti che ormai conosco bene, ma che allora ho fatto di tutto per evitare, non sapevo ancora a cosa andavo incontro. Ero ingenua forse, ma molto combattiva.

Decisi di chiudere il portatile, dal quale ormai dipendevo, nonostante non sapessi usarlo e non mi interessasse impararlo; e mi andai a distendere a letto, stringendo il mio cellulare, stretto tra le mani. 

Un attimo dopo la porta si aprì ed un tizio che non avevo mai visto prima si affacciò guardandosi attorno perplesso. Era bello, di una bellezza forse un po' banale, ma che mi colpì da subito. Alto, forse troppo, con delle spalle squadrate, braccia possenti, capelli biondi ma non troppo, con due occhi penetranti e verdi. Il massimo che qualsiasi ragazza potesse desiderare, ma sicuramente un bell'aspetto per quanto banale fosse, comportava un carattere insopportabile. Lo fissai incerta, in cerca di spiegazioni.

<< Ehm…questo non è il bagno? >> 

Chiese lui con espressione persa. Era proprio affascinante, la sua voce cupa ma liscia e piacevole scaldava chiunque la ascoltasse. Mi lasciai ipnotizzare, se avesse avuto cattive intenzioni avrebbe potuto schiavizzarmi senza incontrare troppa resistenza. Scossi la testa e riacquistai il mio carattere freddo e distaccato che da sempre mi contraddistingueva, ma non riuscii a non far prendere alla mia voce un'incrinazione quasi dolce che lui notò con un certo compiacimento. 

<< Ti sembra un bagno? >>

<< Non è che potresti dirmi dov’è? Ne avrei un bisogno urgente >>

Il suo sorrisetto mi innervosì e mi sembrava talmente buffo mentre si teneva i gioielli di famiglia cercando di resistere dalla tentazione di farsela nei pantaloni. Sorrisi anch'io, ma divertita e decisi di temporeggiare.

<< E perchè dovrei dirtelo? >>

<< Dai, il giorno del proprio compleanno si è sempre più buoni. >> 

Soffriva come un cane. Senza riuscire a trattenermi scoppiai in una risata rumorosa. Lui mi guardò storto, ma non fece domande. Io intanto raggiunsi la consapevolezza che effettivamente quel tizio non l'avevo mai visto e, mentre la mia risata si smorzava pian piano mormorai qualcosa del tipo: << Io non ti conosco! Tu come fai a sapere che è il mio compleanno? >>

<< Si tratterà di intuito? >> Chiese lui sorridendo.
Feci una smorfia strana . 
<< Questa non è una risposta! >>
<< Ti conosco di vista. Faccio il quinto G >>
<< Che strano che io non ti abbia mai notato >>.
<< Sono un tipo piuttosto timido e riservato. Sarebbe stato strano il contrario >>
<< Allora è un piacere averti conosciuto >>

<< Grazie, ma se non ti dispiace adesso potresti... >> Non terminò la frase ma indicò la sua vescica nervosamente. 

Risi di nuovo: per quanto il suo gesto non volesse essere ambiguo, lo sembrava proprio. Comunque, ormai impietosita dal suo sguardo sofferente, gli spiegai dove si trovasse il bagno. Lui fece un cenno con la testa e scappò via correndo nella direzione che gli avevo indicato. Notai che aveva lasciato la porta aperta, ma per pigrizia non mossi un dito, tentando di chiuderla con la sola forza del pensiero, ma, come si può immaginare bene, fallii miseramente.

Dopo qualche ora, mio fratello Marco tornò nella stanza, stavolta mi si sedette accanto, accarezzandomi, con fare quasi paterno, la guancia. Gli sorrisi stancamente e attesi che parlasse.

<< Lo so che non ne hai voglia, ma dovresti scendere. Sai, il taglio della torta non si può fare senza festeggiata >>. 

Annuii e senza controbattere mi tirai su e lo seguii al piano di sotto. 
Mi aspettavo molto peggio. Il salone non era messo poi tanto male e tutti, ma proprio tutti avevano lo sguardo rivolto verso le scale ed attendevano la mia discesa. Li guardai cercando di incrociare lo sguardo di ognuno di loro, ma notai un ragazzo che non osservava dalla mia parte. Era girato e se ne fregava altamente di me. Ne rimasi affascinata, mi attraeva il mistero, quella sua aria di superiorità, ma allo stesso tempo da eterno modesto. Dopo qualche interminabile secondo che trascorsi a fissarlo, finalmente alzò il capo e mi sorrise. 
Era il tizio di poco prima. 
Scossi la testa e raggiunsi il tavolo con la splendida torta che padroneggiava su di esso. Era davvero bellissima ed il mio nome scritto a lettere cubitali, per qualche attimo, mi fece sentire talmente importante da essere al centro del mondo. Scoprii i denti in un sorriso forse eccessivo e, dopo aver ascoltato il coro stonato, che mi dedicava tanti auguri, pensai al mio desiderio. Mi resi conto di non averne nessuno, ma mi concentrai meglio e ne trovai uno che faceva proprio al caso mio. 
Volevo innamorarmi e vedere il lato bello del mondo, della vita e delle piccole cose. 
Conoscendo l'amore avrei conosciuto la gioia di vivere. 
Grazie ad un semplice incontro con un meraviglioso sguardo chiaro e maledettamente misterioso, avevo capito finalmente che, se volevo, potevo davvero cambiare il mondo; ma senza far nulla di eccezionale: solo cambiando prospettiva. 
Perchè per ogni cosa negativa ne esistono un migliaio di positive, 
che spesso non vediamo, non notiamo, non riusciamo a captarle, ma ci sono. Sempre.

  
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