Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: Roxana    13/12/2011    2 recensioni
Una notte Vercingetorige si trova da solo sulle fortificazioni di Alesia, mentre la cittadella è assediata dai Romani. Pensa all'andamento della guerra, al suo popolo destinato ad essere travolto dalla furia degli invasori e alla propria parte di responsabilità in tutto questo. È tormentato dal senso di colpa, fino a quando prende una drastica decisione...
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Stanotte la luna è rossa come il sangue – si trovò a pensare Vercingetorige mentre guardava la pianura dall’alto delle fortificazioni di Alesia.
Era un presagio di morte e devastazione; lui proveniva da una famiglia di Druidi ed era perfettamente in grado di comprendere il significato di simili fenomeni.
Rabbrividì e si strinse più forte nel mantello.
Non sarebbe finita mai quella guerra?
L’assedio di Alesia durava da mesi e anche se all’inizio nessuno si aspettava che la cittadella avrebbe resistito così a lungo, lui capiva che coloro che la difendevano erano ormai allo stremo. Nessuna possibilità di cambiare la loro sorte, c’era solo da scegliere se morire in battaglia o di fame…
Tra la sua gente era noto come “Grandissimo re dei guerrieri”.
Per cosa poi?
Scosse il capo e le pesanti ciocche di capelli biondi gli spiovvero sugli occhi.
No, la sua vita sarebbe dovuta essere diversa, lui avrebbe dovuto essere un Druido e custodire il Santuario, dove il confine tra Visibile e Invisibile era più sottile. Già, custodire il Santuario e progredire sulla via della saggezza.
Da Sud, però, erano arrivati i Romani e il mondo come lo conosceva era stato sconvolto.
Avevano devastato campi, incendiato villaggi, abbattuto boschi sacri…
Si erano presi tutto: i ragazzi, i cavalli, i capi di bestiame, le armi dei caduti in battaglia e la vita di suo padre. Aveva dovuto dire basta; non avrebbe potuto restare a guardare o si sarebbero presi anche la sua dignità. Aveva abbandonato il Santuario e scambiato il suo coltello d’oro con la spada da guerriero.
La sua scelta era compiuta: aveva preso le armi per gli Arverni, la sua gente; aveva preso le armi per tutti i popoli ancora liberi ed era riuscito ad unirli, forse per la prima volta, per fare fronte comune contro gli invasori.
Aveva preso le armi per non impazzire e a cosa era servito?
I guerrieri dei popoli liberi riuniti sotto la sua guida erano combattenti valorosi e soprattutto molto numerosi, ma la sete di dominio dei Romani non si era arrestata di fronte a nulla e ora… erano tutti morti.
No, non tutti – si corresse – ad Alesia infatti resistevano ancora, ma per quanto?
Non poteva sopportarlo, aveva assunto la guida e, invece di salvarli, li aveva condotti al massacro.
Oh, certo, non volontariamente, anzi, sapeva di non aver lasciato niente di intentato, ma – dannazione – lui era il generale e come sarebbe stata sua la gloria del trionfo, così era sua la responsabilità della sconfitta.
Non che fosse necessariamente colpa sua, ma non riusciva a rassegnarsi: non poteva aver combattuto invano.
E poi erano morte così tante persone… bisognava dare un senso al loro sacrificio e salvare la vita  almeno a quelli che si trovavano ad Alesia in quel momento.
Cosa aveva tralasciato?
Rimaneva ancora qualcosa da offrire alla smisurata avidità dei Romani?
Un’idea cominciò a farsi strada nella sua mente.
Se la situazione fosse stata un po’ meno disperata di quello che era non l’avrebbe nemmeno presa in considerazione, tanto era contraria al modo di sentire della sua gente.
Eppure non avrebbe esitato a sacrificare la propria vita se ciò fosse servito a salvare la loro. Nessuno si sarebbe aspettato qualcosa di meno dal generale.
Nel corso di quella guerra aveva sopportato di tutto: freddo, fame, ferite; in diverse occasioni si era creduto in punto di morte ed era sempre sopravissuto.
Avrebbe saputo sopportare anche quella che fino ad un attimo prima aveva considerato la più cocente delle umiliazioni, decise.
Forse anche i suoi l’avrebbero considerato un codardo. Di certo non avrebbero mai potuto capire il perché di quel gesto in apparenza folle.
In fondo, però, non gli importava: non l’avrebbero mai capito, ma lui lo faceva solo per loro ed era in pace con se stesso.
All’alba si sarebbe consegnato ai Romani.

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Roxana