Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Minnow19    14/12/2011    6 recensioni
Janet Bradford ha 17 anni ed un passato oscuro alle spalle. Nata e vissuta a S. Francisco, California, ha sempre avuto una vita spensierata e divertente, vita che cabierà totalmente quando la sua intera famiglia verrà trovata assassinata. Janet decide di lasciare un mondo colmo di ricordi e si trasferisce da sua zia Carol che vive con il suo nuovo marito Bobby e suo figlio Niall a Doncaster, Inghilterra. L'unica cosa che la terrà legata al passato sarà un migliore amico, Cory, assieme a un mistero tutto da svelare.
E nel tentativo di dimenticare sarà aiutata da un tale Louis Tomlinson e dalla sua banda di amici strampalati.
Peccato che non basti andare dall'altra parte del mondo per sfuggire al proprio destino.
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

banner

Capitolo I

 


Sembrava una giornata come un’altra. Ero appena tornata a casa da un pomeriggio passato a preparare gli addobbi per il ballo di fine anno. Camminavo lentamente sulla stradina ghiaiosa che portava a casa mia. Il sole sfiorava i tetti delle case, brillava di un rosso intenso che lasciava sulle nuvole una sfumatura di un rosa tenue.
Sorrisi pensando a quello che avrei dovuto fare dopo. Cena con la famiglia e una bella serata davanti a un film. Eravamo una bella famiglia. Mia madre Anne era una donna semplice, gentile, educata, raffinata, aveva lunghi capelli biondi e un paio di occhi marroni profondi e rassicuranti. Mio padre Simon era un po’ burbero, sembrava un po’ schivo, ma in fondo era il papà più gentile, dolce e disponibile del mondo, soprattutto quando dispensava consigli di vario genere, osservandoci da sopra i suoi soliti occhiali da vista dalla montatura spessa e scura. Infine i miei fratellini, Jason e Chris. Gemelli. Erano uguali, in tutto e per tutto. Stessi capelli biondi, stessi occhi azzurri e stesso identico modo di rompermi le scatole ogni santissimo giorno. Ma erano miei fratelli, era normale che lo facessero.
Arrivata davanti alla veranda salii i gradini velocemente, sorpresa del fatto che in casa ci fosse un silenzio tombale. Strano, pensai. Di solito si sentivano le urla dei miei fratelli fin dall’inizio della strada, non erano certo dei tipi silenziosi.
Infilai le chiavi nella serratura, girai due volte finché non la sentii scattare e girai la maniglia per entrare. Sembrava non ci fosse nessuno.
Entrai in salotto parlando: “Ehi gente sono tornata! Dove siete?!!”
La scena che mi si presentò davanti fu agghiacciante. Per un secondo mi sembrò tutto surreale, un incubo, avevo brividi ovunque. Poco dopo, cominciai a urlare.
C’era sangue. Ovunque. Per terra, sulle pareti, sul divano. Ogni cosa era coperta dal sangue scuro e denso. Il corpo di mio padre giaceva a terra privo di vita, con tagli profondi sulla gola.
Mi sentii morire dentro. Era come se fossi morta io. Come se osservassi la scena dall’esterno. Una furia si era impossessata del mio corpo, mi faceva urlare, ma io non riuscivo a realizzare. Mio gettai su mio padre piangendo, urlando, invocando aiuto, i vestiti si sporcarono di sangue, la mia maglietta bianca si imbrattò di rosso ma non mi importava. Cercai disperatamente mia madre, e trovai il suo corpo dietro il divano. Il suo viso era sfigurato. Un’immagine che non sarei mai riuscita a cancellare. Il suo volto era pieno di tagli, più o meno profondi, i suoi vestiti strappati, e aveva un segno scuro all’altezza della pancia, dove si vedeva una fessura più profonda. Dietro di lei, i miei fratelli. Anche loro irriconoscibili, i loro lineamenti angelici erano stati sfigurati, le loro braccia avevano segni ancora più ampi, il sangue sgorgava ancora lievemente dalle loro vene ma loro sembravano ormai privi di vita. Smorfie di sofferenza sui loro visi rovinati, devastati dalla stessa mano assassina. C’era anche un coltello, sul pavimento. Il sangue aveva bagnato la lama e proseguiva verso il manico, imprimendosi nel legno. Sembrava fosse stato imbevuto nel sangue. Una mano nemica l’aveva guidato e l’aveva portato a distruggere un’intera famiglia. Sentii un forte desiderio di prenderlo e ficcarmelo dritto nel petto per smettere di sentirmi così vuota, così devastata.
“No, no, no!!!” cominciai a urlare più forte. Caddi a terra e cominciai a piangere, abbracciata al mio piccolo Jason, aggrappata ai suoi dolci occhi azzurri ancora semi aperti. Lo strinsi a me nel tentativo di sentirlo più vicino, ma con scarsi risultati. Il suo corpo era freddo, immobile, rigido. Senza vita.
“Svegliati Jason, ti prego.. Mamma!!! Papà!!!! Aiutatemi!!!!”
Aiuto, continuavo a urlare. Aiuto, imploravo. Ma nessuno sembrava arrivare. E io continuavo, nella speranza che qualcuno mi sentisse. Mi sentivo impotente. Io, che avevo sempre amato essere padrona della situazione, mi ritrovavo persa. E sola.
Le mie urla furono poi interrotte dall’arrivo dei signori Parker, che non avevano potuto evitare di sentire il fracasso.
La signora Parker, Mirna, uscì subito com’era entrata, presa da un conato di vomito. Il signor Parker invece, George, rimase basito davanti a quella visione. Capii bene ciò che provava. Sembrava tutta un’illusione in un primo momento. Ma poi la verità ti colpiva dritto in faccio con un sonoro schiaffo.
Capiscilo, sembrava dire. Sono morti. Non puoi fare nulla.

 
Eppure io non volevo arrendermi. Continuavo ad agitare tra le mie braccia Jason, invocavo il nome dei miei genitori, mentre George chiamava la polizia.
Mi sentii male, il dolore era sempre più pesante, più insostenibile. Capire che qualcuno li aveva uccisi, senza saperne il motivo, rendeva la cosa ancora più straziante.
Avrei trovato chi aveva fatto tutto ciò.
“Lo ucciderò!! Chiunque sia stato!! Lo troverò e lo ucciderò come lui ha fatto con loro!” Urlai tra un singhiozzo e l’altro. E rimasi lì finché non arrivò la polizia, finché due braccia pesanti non mi alzarono da terra e non mi portarono fuori di casa. Proprio mentre stavo uscendo notai una scritta di sangue sulla parete del muro davanti a me.
‘It isn’t over’. Non è finita.
Se provai paura in quel momento? No. Per niente. Ero scioccata, nulla di tutto ciò che avevo visto si sarebbe cancellato dai miei pensieri. Piangevo.
Litri di lacrime sgorgavano dai miei occhi senza sosta, inutilmente. Mi torturavo le mani sfregandole sui pantaloni, come se volessi liberarmi di tutto quel sangue che avevo addosso, che era arrivato fino al mio cuore, che il mio corpo aveva assorbito e trasformato in dolore. In un peso di cui non mi sarei mai liberata.
Mi si avvicinò un poliziotto due volte più alto di me, grande come un armadio. Mi cinse le spalle con una coperta di lana pesante e mi osservò preoccupato. I suoi occhi scuri non riuscivano a nascondere l’ansia e l’angoscia che provava. Mi porse gentile una tazza di the caldo per scaldarmi, faceva davvero freddo. Mi accompagnò verso l’ambulanza sostenendomi con un braccio. Non feci a tempo ad arrivarci, che finii sdraiata per terra priva di sensi, dopo aver sentito la tazza che cadeva a terra, rovesciando il liquido ancora fumante.
Era una brutta sensazione. Sentivo tutto ciò che avevo attorno, ma non riuscivo a vedere. Davanti ai miei occhi si muovevano macchie scure, punteggiate da qualche spiraglio di luce. Sentii le forze che mi abbandonavano le lentamente, ero sempre più stanca. Mi arresi, chiusi gli occhi e il buio si impossessò di me.
*

Mi svegliai in una stanza a me sconosciuta, piena di luce. Dopo qualche secondo capii di trovarmi in ospedale. Sentivo un forte odore di disinfettante, che mi dava alla testa. Al mio fianco sentivo delle voci che parlottavano sottovoce. Mi feci coraggio e aprii totalmente gli occhi, per poi poggiare il peso sui gomiti e rizzarmi seduta. Davanti a me si materializzò un’infermiera, che mi osservava con aria apprensiva.
“Come ti senti?” mi domandò con calma, mostrandomi un dolce sorriso.
“Bene bene.. Un momento. Ma perché sono qui?” domandai senza capire. Poi i ricordi tornarono in fretta, come un fulmine a ciel sereno, e sentii il cuore che mi si stringeva nel petto dopo aver fatto qualche capriola.
“Io.. E’.. E’ successo davvero?” chiesi subito dopo. Sotto le lenzuola le mie mani si muovevano freneticamente, sfregandosi l’una con l’altra.
“Oh, ecco.. Sì cara. Mi dispiace molto. Ora scusami ma vado a chiamare il medico, voleva visitarti appena ti saresti svegliata.”
La donna mi fece un sorriso mortificato e se ne andò lasciandomi sola.
Sola. Faceva male solo pensarci. Le immagini di quel pomeriggio mi colpirono nuovamente e ricominciai a piangere. Sola al mondo. Non avevo più niente? Perché loro non c’erano più e io dovevo restare lì a soffrire? Se solo fossi arrivata prima a casa, avrei potuto impedirlo. O forse, avrei fatto la loro stessa fine. Sarebbe stato meglio.
Il medico di famiglia, il Dottor Perkins entrò nella mia camera guardandomi attentamente.
“Ciao Janet. Mi dispiace doverti visitare per questo motivo. Ti porgo le mie più sentite condoglianze. La tua famiglia era meravigliosa, non meritava di fare quella fine. Mi spiace che tu abbia dovuto vedere. Non dev’essere stato piacevole.”
No, affatto! I loro corpi ricoperti di sangue si facevano vivi ogni volta che chiudevo gli occhi. Era un incubo.
“La ringrazio dott. Perkins. Posso sapere come mai sono finita in ospedale?”
“Hai avuto una reazione più che normale Janet. Hai subito uno shock molto violento, era inevitabile che crollassi, e così è stato. Ti vorrei prescrivere qualche farmaco perché non vorrei ci fosse una ricaduta. Sono solo antidepressivi, li devi prendere due volte al giorno per un mese, poi vedremo come proseguire. Le tue condizioni di salute sono comunque ottime, dal momento che ti sei risvegliata penso che potresti anche andare a casa, anche perché è da ieri che un tuo amico ci ordina di lasciarti uscire.”
“Cory è qui?”
Cory Fitch era il mio migliore amico. Mi ero sempre fidata di lui. Era una delle persone migliori che conoscessi, gli volevo un bene immenso. Era stato la prima persona che avevo conosciuto all’inizio del liceo, e nonostante tra le nostre famiglie non corresse buon sangue la nostra amicizia era senza freni.
“Certo.. anzi, freme dalla voglia di vederti, quindi ora lo faccio entrare, poi puoi preparare le tue cose. Abbiamo stabilito con i suoi genitori che ti ospiteranno qualche giorno, finché non si sistemerà la faccenda del testamento.”
Trasalii. Tutto cominciava a sembrare reale. Ospite da Cory. Testamento. Funerale. Era difficile da accettare. Presi la ricetta che il dottore mi aveva prescritto e la infilai dentro la borsa che stava poggiata sul comodino alla mia destra.
La porta davanti a me si aprì e Cory entrò. Quanto mi era mancato il suo viso! Osservai i suoi lineamenti spigolosi, i suoi capelli scuri che si muovevano ritmicamente mentre camminava, i suoi occhi cristallini brillavano di luce propria, e le sue labbra si aprivano in un sorriso meraviglioso, mostrando la soddisfazione nel potermi finalmente vedere.
“Finalmente Jan! Non volevano farmi entrare!! Mi dispiace così tanto.”
Si catapultò su di me e mi abbracciò stretto al petto con l’eleganza di un orso e io sorrisi non appena mi ritrovai tra le sue braccia.
“Grazie di esserci Cory..”
Inspirai il suo dolce profumo. Sarei stata sola se lui non fosse stato con me. Lui era l’unico straccio di famiglia che mi era rimasto a San Francisco. Chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dalle sue braccia e dalle sue dolci parole. Il mio migliore amico.

*

 

Tomlinson's Carrot


Buon pomeriggio bella gente!! Eccomi qui con una long, dopo un'infinità di shot!
Che dire, in questo capitolo, un po' cruento lo ammetto, avete conosciuto Janet, la protagonista. I ragazzi non sono molto presenti all'inizio, ma vi anticipo che nel prossimo capitolo apparirà uno di loro. Per ora c'è anche Cory, il migliore amico di Janet, che ha le sembianze (?) di Nicholas Hoult.
Spero che per ora vi piaccia, e se vi va mi farebbe davvero piacere una recensione. Questo è un po' un capitolo di introduzione, spero non l'abbiate trovato noioso, o non so, boh.
Vi premetto che aggiornerò una volta a settimana, perché mi serve tempo per scrivere i capitoli, per ora ne ho scritti cinque :)

A Chariot, Sarah, Mari, Becky e Andreea, le migliori amiche che possa desiderare. Vi voglio un sacco di bene ragazze!

Se vi va, seguitemi su twitter, sono TheHariboGirl


Juls

 

 

COME SEMPRE, IL BANNER E' DI QUELLA FIGONA STRATOSFERICA DI DEMSMUFFIN, CHE CREA DEI BANNER FAVOLOSI:) Ti amo, sappilo <3
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Minnow19