Verde
e Argento Insieme.
I
Vance sono una tra le più nobili famiglie di purosangue del
Mondo Magico.
Emmeline
Vance, la prima Vance di cui si ha notizia, è ricordata da
tutto il mondo
magico come una delle streghe più potenti del periodo dei
fondatori.
Era
un’abile legilimens, aveva un talento innato per
le pozioni e la trasfigurazione. Nessun mago era riuscito a batterla in
duello,
secondo la leggenda neppure Salazar Serpeverde. Si narra che i due
maghi
fossero molto vicini per la loro grande potenza e per la nobile origine
delle
loro famiglie. Salazar, cuore di pietra, riusciva a piegarsi soltanto
al potere
di Emmeline.
Era come
stregato da quella donna, dai suoi occhi di
ghiaccio, un colore che poteva essere paragonato a quello di una
tempesta di
pioggia che imperversa sulle montagne. Un colore che ogni volta che
incrociava
lo sguardo di lei non poteva fare a meno di osservarlo incantato. Per
lui quel
grigio era la perfezione.
Emmeline era
incantata dagli occhi di Salazar. Nulla
riusciva a fermare la sua furia, tranne una semplice occhiata agli
occhi di
quell’uomo. Erano di un verde che non poteva essere
descritto. Assai simile
alle sfumature che prende il fuoco a contatto con l’alcool.
Come le onde del
mare in tempesta. Per lei quel verde era la perfezione.
I due maghi
erano praticamente cresciuti insieme.
Vicini di casa fin quando la famiglia di Salazar, ormai
in decadenza, era stata costretta a trasferirsi in un quartiere
più povero. Avevano
circa dieci anni quando successe.
Così,
terminata l’infanzia, non si erano più visti
per lungo tempo. Erano tuttavia rimasti in contatto grazie a delle
lettere,
dopotutto due anime destinate a stare insieme non possono allontanarsi
definitivamente. E come spesso accade quando si rincontrano a distanza
di vari
anni, dieci nel nostro caso, è come se non si fossero mai
allontanate.
In quei dieci
anni molte cose erano cambiate. Salazar
aveva stretto amicizia con Godric Grifondoro, Tosca Tassorosso e
Cosetta
Corvonero. Insieme erano quattro potentissimi maghi, legati dalla
voglia di
istruire le giovani menti, divisi dal metodo che consideravano migliore
per
svolgere questo compito. Decisero di fondare una scuola, dove avrebbero
insegnato ai giovani maghi tutto quello che avevano scoperto sulla
magia.
Questi ultimi a loro volta avrebbero tramandato il loro sapere alle
nuove
generazioni e così via, in modo che le conoscenze della
comunità magica
aumentassero sempre più.
Data tuttavia la
loro diversità, decisero che
avrebbero diviso la scuola secondo i loro principi ed ognuno di loro
avrebbe
scelto alunni vicini alla propria indole.
Fu
così che nacque la casa di Grifondoro,
“culla dei
coraggiosi di cuore:
audacia,
fegato e cavalleria
fan di quel luogo uno
splendore”
Quella di
Serpeverde,
“vi troverete
gli amici migliori
quei
tipi astuti ed affatto babbei
che qui raggiungono fini ed
onori”
Corvonero,
“il vecchio ed
il saggio,
se
siete svegli e pronti di mente,
ragione
e sapienza qui trovan linguaggio
che si confà a
simile gente”
ed infine
Tassorosso
“dove chi
alberga è giusto e leale:
qui
la pazienza regna infinita
e
il duro lavoro non è innaturale”.
Per Emmeline
quegli anni erano stati altrettanto
produttivi. Aveva
rinunciato a moltissime
proposte di matrimonio dei giovani più
facoltosi per dedicarsi ad aumentare ed affinare le sue conoscenze e
doti
magiche.
Poi era venuta a
conoscenza della nuova scuola che
stava fondando Salazar insieme ad alcuni suoi compagni. E si disse che
quello
era il momento giusto per rincontrare il suo amico
d’infanzia. Decise però di
non avvertirlo del suo arrivo, per rendere il momento
dell’incontro più
emozionate.
Ed emozionante
lo fu davvero.
Quello per il
castello di Hogwarts era un giorno di
festa. Due dei fondatori stavano per sposarsi-dopotutto gli opposti si
attraggono. Tosca Tassorosso si stava avvicinando all’altare.
Avevano deciso di
dare un colore ad ogni casa e, di
quel colore,
sarebbero stati anche gli abiti dei due sposi. La donna che si
avvicinava con
aria beata all’altare indossava un lungo abito, sullo stile
di quelli indossati
dalle dame nel medioevo, sul quale si alternava al giallo il nero.
Quando Emmeline
entrò nella Sala grande, dove si
stavano celebrando le nozze, pensò che quella giovane donna,
nella sua
maestosità, fosse alquanto buffa. Il suo viso giallognolo e
i capelli corvini
si adattavano perfettamente ai colori del suo abito.
La giovane Vance
notò lo sposo, molto più giovane
della donna, soltanto in seguito. Era rimasta incantata a guardare
quello che
Salazar era riuscito a creare, sentendosi un po’ inferiore,
perché non era
riuscita a fare tutto quello che aveva fatto lui. Ogni cosa in quella
stanza le
parlava del suo dolce amico, tutto le faceva riaffiorare alla mente
tutto il
tempo passato insieme.
Quando
finalmente alzò lo sguardo vide un uomo dal viso altero, i
capelli scuri, il portamento
altezzoso. Non lo avrebbe mai riconosciuto se non avesse per un secondo
incrociato il suo sguardo. Degli splendidi occhi verdi che potevano
appartenere
soltanto ad una persona.
Salazar.
In quel momento
seppe di amarlo, non perché dal
bambino che conosceva era diventato un uomo, ma perché lei
era diventata una
donna. E da donna che non aveva mai conosciuto l’amore, nel
momento in cui
incrociò quello sguardo sentì che avrebbe potuto
scrivere milioni di romanzi,
poesie, saggi, su quel sentimento. Perché lei era innamorata
di Salazar e lo
era sempre stata. Non aveva però mai avuta la
maturità per ammetterlo. E il
vestito che indossava le confermò che anche lui
l’amava. Verde e argento, gli
occhi di lui fusi con gli occhi di lei a creare quello splendido
vestito.
Nello stesso
momento in cui fu certa di provare quel
sentimento fortissimo, il suo oggetto del desiderio fece, anzi disse
qualcosa.
Un “si” che risuonò nelle sue orecchie e
che le trafisse il cuore come mille
lame pungenti.
Nello stesso
momento in cui seppe che quell’uomo era
suo lo aveva perso.
Apparteneva a
quell’essere giallognolo con dei
luridi peli neri che sputavano dalla sua testa.
Non era mai
stata una codarda, e non lo era neppure
in quel momento, ma scappò per non uccidere a sangue freddo
quella megera. Uscì
sbattendo l’enorme porta, con una forza che non sapeva di
avere, e scappò nella
foresta.
Stava per
sposarsi, avrebbe dovuto essere felice. Eppure non lo era. Era ovvio
che non
amasse quella donna, era disgustato soltanto al pensiero di passare un
vita con
lei. La stimava per le sue doti magiche, ma di certo non provava
neppure un po’
di affetto per lei, figuriamoci amore. Era tuttavia inevitabile che la
sposasse, per limitare i contrasti tra i quattro fondatori e per il
figlio che
aveva concepito per un suo stupido errore. E poi lei lo amava
abbastanza per
entrambi.
Quando la vide
avvicinarsi all’altare pensò che anche il suo viso
e i suoi capelli fossero
abbinati ai colori del suo vestito. Che cosa disgustosa. Il suo
pensiero era
invece rivolto ai colori che aveva scelto lui. Colori che fin dai primi
anni
della sua vita lo avevano accompagnato. Colori che rappresentavano se
stesso e
l’unica donna che avesse mai amato. Per un momento fu certo
di aver incrociato
quegli occhi sublimi che non ammirava da ben dieci anni. Ma si convinse
poi che
era impossibile. E si concentrò sull’enorme topo
vestito a nozze che gli si
avvicinava. Poi sentì un colpo, le porte che si chiudevano.
E fu attratto verso
ciò che era appena uscito come da una calamita. Subito dopo
aver detto il
fatidico “si” invece di baciare la sposa corse
dietro alla sua calamita.
Fu una corsa
contro il tempo. Doveva scappare
lontano per placare il suo istinto omicida. Arrivò nella
foresta proibita e si
sedette sotto un albero. Concentrata nella sua corsa contro la morte non si era resa
conto che qualcuno
la stava seguendo. Quando si voltò vide Salazar.
Dimenticò che si era appena sposato
e che aveva pensato (beh per dirla tutta stava pensando) di uccidere la
sua
novella sposa e gli gettò le braccia al collo.
Salazar non
poteva credere di stringere tra le sue
braccia l’amore della sua vita. Quando l’aveva
stretta tutto il resto del mondo
era sparito. Soltanto loro due.
“Amor
mio non riesco a credere che tu sia qui” si
lasciò sfuggire. Lui non era di certo una persona
sentimentale, quella donna lo
aveva fatto uscir di senno.
“Salazar
io...”
“Mia
diletta non parlare. So tutto. Non sprechiamo
il poco tempo che abbiamo in inutili chiacchiere. Seguimi”
Così
dicendo la prese per mano, e correndo oltre il
bosco come due bambini, come ai vecchi tempi la portò in una
stanza all’interno
del castello, della cui esistenza nessuno era a conoscenza. La camera
dei
segreti. Lì passarono i mesi più belli della loro
vita. Mesi che a loro sembrarono
soltanto ore. Lì consumarono finalmente il loro amore.
In quello che
non sapevano sarebbe stato l’ultimo
dei loro giorni insieme Emmeline diede alla luce una bambina. I suoi
occhi
erano di un colore indefinibile, di una bellezza sconvolgente.
Decisero che
avrebbe preso il cognome di sua madre e
che si sarebbe chiamata Selene. Il nome della dea della Luna,
l’astro che
rispecchiava il loro amore; e la “S” di Salazar
Serpeverde come iniziale.
“Se
c’è un colore che amerò più
del grigio della
tempesta, se ci sono degli occhi che amerò di più
dei tuoi, se c’è una creatura
che amerò più di te, è la meraviglia
che è tra le tue braccia Emmeline. Vi
amo.” Quelle furono le ultime parole di Salazar Serpeverde.
Le ultime
perché qualcuno, dopo dieci mesi, li aveva
trovati, era riuscito a rintracciare la sua camera segreta. In breve
tempo
decisero cosa fare.
Non si sarebbero
lasciati catturare come due
fuggiaschi.
Loro
erano i
migliori, non soltanto per la purezza del loro sangue.
Emmeline
scrisse una lettera per chi li avrebbe trovai ed una per sua figlia.
Nessuno,
tranne Selene seppe cosa vi fosse scritto. Salazar ne scrisse
un’ altra per il
figlio che aveva avuto con Tosca prima del matrimonio.
E i due
terminarono la vita come l’avevano iniziata.
INSIEME. Si uccisero trafiggendosi
il
cuore con una zanna del basilisco, creatura che Salazar aveva messo a
guardia
del loro regno.
I loro corpi furono
ritrovati in una strana
posizione. Come se si stessero guardando negli occhi. Come se
l’ultima immagine
di quella vita che avessero voluto vedere fossero l’una gli
occhi dell’altro.
Verde e argento insieme.