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Autore: Ismene_    14/12/2011    1 recensioni
Dalla storia:
“Se c’è un colore che amerò più del grigio della tempesta, se ci sono degli occhi che amerò di più dei tuoi, se c’è una creatura che amerò più di te, è la meraviglia che è tra le tue braccia Emmeline. Vi amo.”
Quelle furono le ultime parole di Salazar Serpeverde.
*RECENSITE*
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Serpeverde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Verde e Argento Insieme.

I Vance sono una tra le più nobili famiglie di purosangue del Mondo Magico.

Emmeline Vance, la prima Vance di cui si ha notizia, è ricordata da tutto il mondo magico come una delle streghe più potenti del periodo dei fondatori.

 

Era un’abile legilimens, aveva un talento innato per le pozioni e la trasfigurazione. Nessun mago era riuscito a batterla in duello, secondo la leggenda neppure Salazar Serpeverde. Si narra che i due maghi fossero molto vicini per la loro grande potenza e per la nobile origine delle loro famiglie. Salazar, cuore di pietra, riusciva a piegarsi soltanto al potere di Emmeline.

Era come stregato da quella donna, dai suoi occhi di ghiaccio, un colore che poteva essere paragonato a quello di una tempesta di pioggia che imperversa sulle montagne. Un colore che ogni volta che incrociava lo sguardo di lei non poteva fare a meno di osservarlo incantato. Per lui quel grigio era la perfezione.

Emmeline era incantata dagli occhi di Salazar. Nulla riusciva a fermare la sua furia, tranne una semplice occhiata agli occhi di quell’uomo. Erano di un verde che non poteva essere descritto. Assai simile alle sfumature che prende il fuoco a contatto con l’alcool. Come le onde del mare in tempesta. Per lei quel verde era la perfezione.

I due maghi erano praticamente cresciuti insieme. Vicini di casa fin quando la famiglia di Salazar, ormai in decadenza, era stata costretta a trasferirsi in un quartiere più povero. Avevano circa dieci anni quando successe.

Così, terminata l’infanzia, non si erano più visti per lungo tempo. Erano tuttavia rimasti in contatto grazie a delle lettere, dopotutto due anime destinate a stare insieme non possono allontanarsi definitivamente. E come spesso accade quando si rincontrano a distanza di vari anni, dieci nel nostro caso, è come se non si fossero mai allontanate.

In quei dieci anni molte cose erano cambiate. Salazar aveva stretto amicizia con Godric Grifondoro, Tosca Tassorosso e Cosetta Corvonero. Insieme erano quattro potentissimi maghi, legati dalla voglia di istruire le giovani menti, divisi dal metodo che consideravano migliore per svolgere questo compito. Decisero di fondare una scuola, dove avrebbero insegnato ai giovani maghi tutto quello che avevano scoperto sulla magia. Questi ultimi a loro volta avrebbero tramandato il loro sapere alle nuove generazioni e così via, in modo che le conoscenze della comunità magica aumentassero sempre più.

Data tuttavia la loro diversità, decisero che avrebbero diviso la scuola secondo i loro principi ed ognuno di loro avrebbe scelto alunni vicini alla propria indole.

Fu così che nacque la casa di Grifondoro,

culla dei coraggiosi di cuore: 

audacia, fegato e cavalleria

 fan di quel luogo uno splendore

Quella di Serpeverde,

vi troverete gli amici migliori

quei tipi astuti ed affatto babbei

 che qui raggiungono fini ed onori

Corvonero,

il vecchio ed il saggio,

se siete svegli e pronti di mente,

ragione e sapienza qui trovan linguaggio

 che si confà a simile gente

ed infine Tassorosso

dove chi alberga è giusto e leale:

qui la pazienza regna infinita

e il duro lavoro non è innaturale”.

 

Per Emmeline quegli anni erano stati altrettanto produttivi.  Aveva rinunciato a moltissime proposte di matrimonio dei giovani più facoltosi per dedicarsi ad aumentare ed affinare le sue conoscenze e doti magiche.

Poi era venuta a conoscenza della nuova scuola che stava fondando Salazar insieme ad alcuni suoi compagni. E si disse che quello era il momento giusto per rincontrare il suo amico d’infanzia. Decise però di non avvertirlo del suo arrivo, per rendere il momento dell’incontro più emozionate.

Ed emozionante lo fu davvero.

Quello per il castello di Hogwarts era un giorno di festa. Due dei fondatori stavano per sposarsi-dopotutto gli opposti si attraggono. Tosca Tassorosso si stava avvicinando all’altare. Avevano deciso di dare un colore ad ogni casa e, di quel colore, sarebbero stati anche gli abiti dei due sposi. La donna che si avvicinava con aria beata all’altare indossava un lungo abito, sullo stile di quelli indossati dalle dame nel medioevo, sul quale si alternava al giallo il nero.

Quando Emmeline entrò nella Sala grande, dove si stavano celebrando le nozze, pensò che quella giovane donna, nella sua maestosità, fosse alquanto buffa. Il suo viso giallognolo e i capelli corvini si adattavano perfettamente ai colori del suo abito.

La giovane Vance notò lo sposo, molto più giovane della donna, soltanto in seguito. Era rimasta incantata a guardare quello che Salazar era riuscito a creare, sentendosi un po’ inferiore, perché non era riuscita a fare tutto quello che aveva fatto lui. Ogni cosa in quella stanza le parlava del suo dolce amico, tutto le faceva riaffiorare alla mente tutto il tempo passato insieme.

Quando finalmente alzò lo sguardo vide un uomo dal viso altero, i capelli scuri, il portamento altezzoso. Non lo avrebbe mai riconosciuto se non avesse per un secondo incrociato il suo sguardo. Degli splendidi occhi verdi che potevano appartenere soltanto ad una persona.

Salazar.

In quel momento seppe di amarlo, non perché dal bambino che conosceva era diventato un uomo, ma perché lei era diventata una donna. E da donna che non aveva mai conosciuto l’amore, nel momento in cui incrociò quello sguardo sentì che avrebbe potuto scrivere milioni di romanzi, poesie, saggi, su quel sentimento. Perché lei era innamorata di Salazar e lo era sempre stata. Non aveva però mai avuta la maturità per ammetterlo. E il vestito che indossava le confermò che anche lui l’amava. Verde e argento, gli occhi di lui fusi con gli occhi di lei a creare quello splendido vestito.

Nello stesso momento in cui fu certa di provare quel sentimento fortissimo, il suo oggetto del desiderio fece, anzi disse qualcosa. Un “si” che risuonò nelle sue orecchie e che le trafisse il cuore come mille lame pungenti.

Nello stesso momento in cui seppe che quell’uomo era suo lo aveva perso.

Apparteneva a quell’essere giallognolo con dei luridi peli neri che sputavano dalla sua testa.

Non era mai stata una codarda, e non lo era neppure in quel momento, ma scappò per non uccidere a sangue freddo quella megera. Uscì sbattendo l’enorme porta, con una forza che non sapeva di avere, e scappò nella foresta.

 

Stava per sposarsi, avrebbe dovuto essere felice. Eppure non lo era. Era ovvio che non amasse quella donna, era disgustato soltanto al pensiero di passare un vita con lei. La stimava per le sue doti magiche, ma di certo non provava neppure un po’ di affetto per lei, figuriamoci amore. Era tuttavia inevitabile che la sposasse, per limitare i contrasti tra i quattro fondatori e per il figlio che aveva concepito per un suo stupido errore. E poi lei lo amava abbastanza per entrambi.

Quando la vide avvicinarsi all’altare pensò che anche il suo viso e i suoi capelli fossero abbinati ai colori del suo vestito. Che cosa disgustosa. Il suo pensiero era invece rivolto ai colori che aveva scelto lui. Colori che fin dai primi anni della sua vita lo avevano accompagnato. Colori che rappresentavano se stesso e l’unica donna che avesse mai amato. Per un momento fu certo di aver incrociato quegli occhi sublimi che non ammirava da ben dieci anni. Ma si convinse poi che era impossibile. E si concentrò sull’enorme topo vestito a nozze che gli si avvicinava. Poi sentì un colpo, le porte che si chiudevano. E fu attratto verso ciò che era appena uscito come da una calamita. Subito dopo aver detto il fatidico “si” invece di baciare la sposa corse dietro alla sua calamita.

 

Fu una corsa contro il tempo. Doveva scappare lontano per placare il suo istinto omicida. Arrivò nella foresta proibita e si sedette sotto un albero. Concentrata nella sua corsa contro  la morte non si era resa conto che qualcuno la stava seguendo. Quando si voltò vide Salazar. Dimenticò che si era appena sposato e che aveva pensato (beh per dirla tutta stava pensando) di uccidere la sua novella sposa e gli gettò le braccia al collo.

Salazar non poteva credere di stringere tra le sue braccia l’amore della sua vita. Quando l’aveva stretta tutto il resto del mondo era sparito. Soltanto loro due.

“Amor mio non riesco a credere che tu sia qui” si lasciò sfuggire. Lui non era di certo una persona sentimentale, quella donna lo aveva fatto uscir di senno.

“Salazar io...”

“Mia diletta non parlare. So tutto. Non sprechiamo il poco tempo che abbiamo in inutili chiacchiere. Seguimi”

Così dicendo la prese per mano, e correndo oltre il bosco come due bambini, come ai vecchi tempi la portò in una stanza all’interno del castello, della cui esistenza nessuno era a conoscenza. La camera dei segreti. Lì passarono i mesi più belli della loro vita. Mesi che a loro sembrarono soltanto ore. Lì consumarono finalmente il loro amore.

In quello che non sapevano sarebbe stato l’ultimo dei loro giorni insieme Emmeline diede alla luce una bambina. I suoi occhi erano di un colore indefinibile, di una bellezza sconvolgente.

Decisero che avrebbe preso il cognome di sua madre e che si sarebbe chiamata Selene. Il nome della dea della Luna, l’astro che rispecchiava il loro amore; e la “S” di Salazar Serpeverde come iniziale.

“Se c’è un colore che amerò più del grigio della tempesta, se ci sono degli occhi che amerò di più dei tuoi, se c’è una creatura che amerò più di te, è la meraviglia che è tra le tue braccia Emmeline. Vi amo.” Quelle furono le ultime parole di Salazar Serpeverde.

Le ultime perché qualcuno, dopo dieci mesi, li aveva trovati, era riuscito a rintracciare la sua camera segreta. In breve tempo decisero cosa fare.

Non si sarebbero lasciati catturare come due fuggiaschi.

 Loro erano i migliori, non soltanto per la purezza del loro sangue.

 Emmeline scrisse una lettera per chi li avrebbe trovai ed una per sua figlia. Nessuno, tranne Selene seppe cosa vi fosse scritto. Salazar ne scrisse un’ altra per il figlio che aveva avuto con Tosca prima del matrimonio.

E i due terminarono la vita come l’avevano iniziata. INSIEME. Si uccisero trafiggendosi il cuore con una zanna del basilisco, creatura che Salazar aveva messo a guardia del loro regno.

I loro corpi furono ritrovati in una strana posizione. Come se si stessero guardando negli occhi. Come se l’ultima immagine di quella vita che avessero voluto vedere fossero l’una gli occhi dell’altro. Verde e argento insieme.

  
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