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Autore: Fiorels    14/12/2011    69 recensioni
E tutto va proprio come avevo immaginato; in poco, pochissimo tempo, resto sola. Sola con le mie lacrime, con i miei pensieri, con i miei ricordi.
Sola con quell’amore che doveva essere la nostra svolta.
Sola senza sapere di non esserlo davvero.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Nuovo personaggio, Robert Pattinson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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No, vabbè. Ditelo che ci volete morte *-* Seriamente, teniamo così tanto a questa storia che vedere il riscontro più che positivo che sta avendo... boh... ci riempie il cuore di gioia *-* Davvero! Quindi grazie mille a tutte voi che spendete un minuto (vabbè, forse più di uno XD) del vostro tempo per leggere o commentare! :')
Detto questo... dove eravamo rimasti? Ah già, a Rob che odia Kristen u.u Bahahaha che poi, cioè... Rob che odia Kristen... pfft. Non ci credo nemmeno se lo vedo u.u Certo, lei lo ha tradito ma... C'è sempre un ma. O almeno c'è sempre con noi! Hahaha
Okay, la smetto di blaterale e vi lascio al chappy che è bello lungo, ma immaginiamo che non vi dispiaccia lol! *-*
Ah, mi scuso per eventuali errori di battitura. Ho riletto un paio di volte ma magari qualcuno ci scappa sempre :S Hehe.

Buona lettura e grazie ancora *-*


Ci sentiamo in fondo e poi tra cinque giorni,
Cloe&Fio

PS: As usual ;) >
suggerimento musicale




Capitolo 3

but it's over
 
POV Robert


Non avevo chiuso occhio e i postumi della notte insonne si facevano sentire ad ogni persona contro cui andavo a sbattere per sbaglio. Avevo chiesto scusa almeno cinque o sei volte da quando avevo messo piede in aeroporto e il bagaglio che avevo portato on me da New York era piccolo ma abbastanza ingombrante nelle mie mani al momento. Ero arrabbiato col mondo, furioso con Kristen, nervoso all’idea di dover rivedere Haley con una nuova consapevolezza. Terrorizzato al pensiero di doverle dire che ero suo padre e che non era dipeso da me non averlo saputo prima. Non sapevo quali erano le intenzioni di Kristen a riguardo. La sera prima non ne avevamo parlato e immaginai che lo avremmo fatto appena atterrati, con calma. Avevo il coltello dalla parte del manico. Avrei potuto guardare mia figlia negli occhi e dirle che sua madre le aveva mentito per tutto quel tempo, che l’aveva ingannata, che era colpa sua se io non avevo saputo di lei fino ad allora. Ma quando le scorsi da lontano e vidi il modo in cui Haley le sorrideva, capii che non potevo farle questo. Kristen era tutto per lei mentre io ero appena un potenziale collega. Un completo sconosciuto. Probabilmente non mi avrebbe nemmeno creduto quando le avremmo detto che ero suo padre. E d’altronde come poteva? Aveva sempre conosciuto un padre che non aveva mai avuto nemmeno il tempo di alzare la cornetta e farle un colpo di telefono.
Di nuovo sentii montare la rabbia verso Kristen. Scoprire che avevo una figlia non era stato tanto destabilizzante quanto guardare negli occhi la donna che avevo amato oltre ogni limite e realizzare che aveva avuto il coraggio di non dirmi nulla per tutto quel tempo.
E non lo avrebbe fatto se non l’avessi scoperto da solo. Come aveva potuto farmi una cosa del genere? Non avevo ancora una risposta a quella domanda se non le sue stupide scuse ingiustificate perché niente, niente al mondo, avrebbe mai potuto giustificare una cosa simile e glielo avrei fatto pesare.
Kristen alzò il viso e incontrò il mio. Abbozzò un mezzo sorriso a cui non riuscii a rispondere. E dire che un tempo anche quella piccola curva sul suo viso mi faceva tremare. Haley si voltò e alzò le sopracciglia stupida quando mi vide avvicinarmi a loro.
“Hey! E tu che ci fai qui?” disse sorridendo mentre io salutavo, abbastanza freddo. Non riuscivo proprio a farne a meno.
Ovviamente Kristen non le aveva nemmeno detto che sarei andato con loro; di certo non aveva trovato nessuna scusa decente per spiegare una cosa simile.
“Robert viene con noi, tesoro.”
“Davvero? E perché?”
Ecco, e perché?
Guardai Kristen boccheggiando in cerca di una risposta o comunque in cerca di un aiuto. Dopotutto non conoscevo Haley per niente e non potevo sapere come prenderla. Non sapevo nulla di lei.
“Ehm…” mi chinai alla sua altezza.
“Sei il mio papà, vero?”
Sia io che Kristen ci immobilizzammo e la osservammo per qualche secondo prima di poter dire qualcosa.
“Cosa…?” mormorai io infine.
“Lo so che lo sei. Non sono mica nata ieri.”
“Da… davvero?”
“Già, davvero. E non sono stupida. Tu sei l’unico ragazzo che la mamma ha avuto prima che nascessi e il tuo secondo nome è Thomas e mamma mi ha detto che il mio papà si chiama così.”
“Ma… dove…come…?”
“Un giorno di questi ti trovi senza Internet, sei avvertita” mugugnò Kristen tra i denti ma Haley si limitò a scrollare le spalle. “E comunque la mamma ha una vostra foto nel comodino e l’ho beccata un sacco di volte a guardarla.”
Lanciai un’occhiata a Kristen che scostò subito lo sguardo e chinò il viso, imbarazzata.
“Quindi tu sai tutto…” dissi tornando a concentrarmi su Haley.
“Bè, non tutto. Certe cose non le trovo scritte sui siti…”
“E non sei arrabbiata con me?” mi sentii in dovere di chiederle. Dovevo sapere quale era l’opinione che aveva di suo padre.
“Devo essere arrabbiata con te?”
“Haley. Ci sono un sacco di cose che non sai…” intervenne Kristen e in quel momento mi chiesi cosa avesse in mente. Quale assurda scusa voleva darle ora? Avrebbe semplicemente detto la verità? Avrebbe davvero detto a sua figlia che aveva tradito suo padre anni prima e nell’incertezza di chi fosse figlia aveva preferito non dire nulla né a me né a lei?
Osservai Kristen con aria di sfida, trepidante per il continuo ma Haley la precedette.
“Non fa niente. Non voglio saperle.”
Kristen strabuzzò gli occhi. “No?”
“No. Non mi importa quale casino avete combinato. Tanto scommetto che non capirei lo stesso.”
Certo, non aveva tutti i torti. Era così dannatamente intelligente da far paura.
“Quindi… quindi ti fa piacere se vengo con voi e passiamo un po’ di tempo insieme?”
Lei aspettò qualche secondo e mi sorrise. Allungò le manine e le posò sul mio volto esplorandolo bene. “Mi piaci, Rob” disse infine. “Mi fa piacere che sei il mio papà.”
Sorrise ancora e, prendendomi totalmente alla sprovvista, mi gettò le braccia al collo e mi abbracciò. Io restai pietrificato per qualche secondo ma quando strinsi il suo esile corpicino e lo sentii davvero tra le mie braccia mi alzai stringendola a me e affondando il viso nel suo piccolo collo profumato. E, per quanto assurdo potesse suonare, mi sentii davvero a casa perché lei era una parte di me e la riconobbi subito, di nuovo, così come avevo sentito qualcosa di indescrivibile il giorno primo.
Lei era mia, lo era da sempre.
Guardai Kristen che aveva una mano davanti la bocca, commossa. Per un secondo pensai di sorriderle, di carezzarle una mano, di stringerla a me. Ma grazie a Dio rinsavii prima di poterlo fare davvero perché, nonostante per Haley fosse tutto passato, per me non lo era e non l’avrei mai perdonata per avermi tolto tanto della sua vita.
 
“Kristen, non se ne parla.”
“Robert, giuro che mi incazzo.”
“Incazzati pure” dissi infine mentre allontanavo i suoi soldi e davo i miei al tassista. Va bene che ce l’avevo a morte con lei ma non ero arrivato al punto da far pagare a lei il taxi. Per qualche motivo provavo ancora una strana mossa di gentilezza nei suoi confronti, la stessa che mi aveva fatto scostare, saliti sull’aereo, così che lei potesse sedersi vicino al finestrino perché ricordavo bene che non amava viaggiare seduta verso l’interno. Ciò che avrebbe dovuto preoccuparmi non era tanto il fatto che ricordassi tanti piccoli particolari di lei, ma che vi fossi ancora così attento.
Mi aveva sorriso probabilmente ricordando, come me, l’infinità di viaggi in aereo passati tra baci accennati e mani intrecciate. O forse era un sorriso amaro al pensiero di quanto questo viaggio era stato diverso. Lei aveva guardato fuori tutto il tempo mentre io ascoltavo Haley che, seduta tra noi, mi raccontava della sua vita.
Delle sue passioni, fondamentalmente il teatro e la recitazione, dei suoi amici, della scuola, delle lezioni di danza andate a male, dei suoi gusti preferiti. Di tutto quello che mi ero perso in sette anni, eppure non mi sembrava mai abbastanza. Avevo costantemente nuove domande ed erano state le sue risposte a colmare i silenzi tra me e Kristen. Dovevo immaginare che prima o poi Haley sarebbe stata zitta per cinque minuti di seguito e a quel punto io e Kristen avremmo dovuto parlare. Di tante cose. Di cosa sarebbe accaduto ora ma prima di tutto del riconoscimento di Haley. Camminammo per il vialetto di una modesta villa con tanto di prato inglese, una rete da pallavolo e mi sembrò di scorgere anche un campo da tennis nel retro del giardino. Haley afferrò le chiavi da Kristen e cose verso la porta.
“Pipì, pipì, pipì…” continuava a dire saltellando sul posto e mi scappò un sorriso. Non riusciva più a tenerla e per quando entrammo io e Kristen lei era già corsa dietro un angolo.
Posai le valigie all’ingresso e mi sfregai le mani per scaldarle. Non ricordavo quasi quanto Vancouver fosse fredda d’inverno.
“Scusa, accendo subito il riscaldamento” disse Kristen mentre io mi guardavo intorno.
L’ingresso non era grandissimo ma era particolare. Alla destra c’era una rampa di scale che portava al piano superiore. Alla sinistra due porte che davano rispettivamente a un piccolo studio e al salone collegato poi con la sala da pranzo che affacciava, a sua volta, sull’ingresso attraverso un’altra porta. Era tutto collegato.
“Vivete da sole?” mormorai seguendo Kristen che era entrata in una porta sotto le scale per azionare il riscaldamento.
“Sì. Con chi dovrei vivere?”
Mi guardò per un secondo per poi iniziare a girare per la casa e tirare su ogni tapparella abbassata così da lasciar entrare la luce. La casa acquistava decisamente colore e mi resi conto che l’amavo. Era il genere di casa di cui avevamo sempre parlato nell’ipotesi di andare a vivere insieme in una fissa.
Una casa, dei figli.
I nostri sogni erano realizzati, solo che lei li aveva realizzati da sola.
“Non è pericoloso? Stare da sola qui…”
“Il quartiere è uno dei più tranquilli.”
“Sì ma non hai paura? Sei una donna, da sola…”
“E allora? Parli come mia madre…”
“Come sta?”
“Lei bene. Io starei meglio se la smettesse di cercarmi uomini. A parer suo ne ho bisogno.” Non mi guardava in viso.
Continuò la sua opera e finii per seguirla in cucina mentre parlavamo. Per un secondo fui tentato di chiederle se avesse avuto altre storie e soprattutto che fine avesse fatto James ma mi limitai a chiedere qualcosa di più impersonale.
“Non è così?”
“Non ho bisogno di nessuno. Sto bene da sola.”
“Nessuno sta bene da solo, Kristen.”
“Bè, io sì” sbottò d’un tratto nervosa. “Scusa…” aggiunse subito dopo e capii che non era un argomento che voleva toccare e, onestamente, nemmeno io.
“Dobbiamo parlare di Haley” cambiai argomento mentre lei prendeva alcune cose dal frigo e dai mobili. Si bloccò e mi guardò.
 “Voglio riconoscerla. E voglio aggiungere il mio cognome al tuo.”
Lei annuì chinando lo sguardo.
“D’accordo…” e mi sembrò quasi di sentire l’incrinatura nella sua voce. “Tutto quello che vuoi, d’accordo. Solo… solo non portarmela via, ti prego.”
Prima che potessi realizzare che stava piangendo lei si portò il polso al viso e si asciugò le lacrime velocemente.
Dio, non poteva fare così e soprattutto non poteva farmi stare male il vederla così. Non dopo quello che aveva fatto. Repressi l’istinto di andarle vicino e fissai le mie mani per distogliere lo sguardo da lei.
“Ti ho già detto che non farò nulla del genere. Non potrei mai.”
Sussurrò un grazie incomprensibile e stavo quasi per alzarmi e avvicinarmi a lei, era più forte di me, quando Haley, grazie a Dio, irruppe in cucina saltellando.
“Rob, vieni! Ti faccio vedere la casa sopra e la mia camera! Vuoi vederla?”
“Certo che voglio, piccola!” risposi subito, sollevato come mai di tanto entusiasmo da parte sua.
“Sì, sì, andate. Io… io preparo qualcosa da mangiare…” la voce di Kristen giunse quando noi eravamo già in corridoio e poi su per le scale. Mentre il pian terreno era in parquet, quello superiore era in moquette. Proprio come aveva sempre voluto lei.
‘Il piano della zona notte dovrà essere in moquette così potrò camminare scalza quanto voglio.’
Altro sorriso amaro e raggiunsi quota ormai-non-li-conto-più.
Haley mi prese per mano e mi trascinò nella sua camera dandomi appena il tempo di scorgere il letto matrimoniale in quella di Kristen e, dio, non potei fare a meno di chiedermi se qualche uomo vi avesse mai dormito con lei.
Stupido, stupido Rob. Smetti di pensare.
La stanza di Haley era graziosa; giochi ovunque, un computer in un angolo, un letto a una piazza e mezzo e soprattutto non era tutta rosa come ci si poteva aspettare da una camera di una bambina di sette anni.
Il muro sopra il letto era pieno di bacheche di sughero tappezzate con foto; sue e di Kristen per lo più, ma anche foto di lei con i suoi amici e… tanta gente che non conoscevo. Riconobbi i fratelli di Kristen, i suoi genitori ovviamente. C’era persino Dakota in una foto. Non potevo credere che la sola persona che più di tutti avrebbe dovuto essere su quelle bacheche, non c’era. Ed ecco di nuovo la rabbia montare soprattutto quando scorsi una nuova foto in un angolo. Erano in un parco, almeno così sembrava. Haley sulle spalle di un uomo che teneva per mano Kristen. Lei aveva il capo chino ma sorrideva mentre lui la guardava. Strinsi la mano in un pugno.
“Haley, chi è qui?”
Lei mi raggiunse velocemente.
“Oh, quello è Stephan. E’ stato insieme alla mamma per un po’. Peccato, mi stava simpatico.”
“Oh… e sai perché si sono lasciati?”
“Mmm, no. La mamma non me l’ha detto ma penso che sia stata colpa sua. Boh.”
“Ah…” mormorai cercando di non rivelare quell’interesse che non avrebbe nemmeno dovuto esistere. “E questo chi è?” cambiai subito argomento indicando una foto di lei che dava un bacetto sulla guancia ad un bambino.
“Oh, lui è il mio fidanzato!”
Strabuzzai gli occhi a quelle parole e la osservai per capire se stesse scherzando o meno.
“Non… non sei troppo piccola per avere un fidanzato?”
“Assolutamente no!” ribatté lei quasi offesa per poi iniziare a trascinarmi fuori dalla stanza. “Ora scusa eh, ma mi devo cambiare.” Mi fece un occhiolino e chiuse la porta lasciandomi come un imbecille tra la sua stanza e quella di Kristen.
Lanciai un’occhiata dentro e sentii la ragione lottare con l’istinto.
Non entrare, Rob. Non farlo. Non frugare tra le sue cose.
Ma prima ancora che potessi convincermene ero dentro e sapevo di stare facendo qualcosa di sbagliato ma in fondo dopo tutto quello di sbagliato che aveva fatto lei, quanto poteva davvero valere un’occhiata tra le sue cose?
Mi guardai attorno senza sapere nemmeno quello che stavo facendo quando ricordai le parole di Haley.
‘E comunque la mamma ha una vostra foto nel comodino e l’ho beccata un sacco di volte a guardarla.’
Non ci pensai nemmeno che avevo già aperto il cassetto del comodino. Non ricordavo da quando ero diventato così poco scrupoloso nel rovistare tra la roba degli altri. Forse la mia coscienza si sentiva pulita dalla consapevolezza che frugavo tra la roba di una persona che mi aveva fatto molto più male di quello che le avrebbe fatto sapere che avevo aperto il cassetto del suo comodino, sempre se lo avesse scoperto ovviamente. Cosa che non sarebbe accaduta.
Mi ritrovai a muovere le mani tra la sua biancheria e non potei bloccare i ricordi. Quante volte le avevo tolto quegli indumenti di dosso, quante volte avevo deglutito nell’attesa di vederla nuda davanti ai miei occhi.
Scavai ancora un po’ fino a trovare una scatola. La presi in mano con delicatezza e l’aprii. C’era una nostra foto, una qualunque ma che ricordavo bene, scattata in una fredda sera di Portland di circa ben dodici anni prima. Noi sul letto, nella sua stanza d’albergo, la camera impostata sull’autoscatto e ridevamo, senza nemmeno guardare nell’obiettivo. Era la sera del suo compleanno. La ricordavo bene. Ricordavo il suo viso quando aveva aperto il mio regalo totalmente inaspettato, ricordavo il suo sorriso, le sue braccia attorno al mio collo, le mie attorno alla sua piccola vita, le sue labbra sulla mia guancia.
Lei aveva diciotto anni, io ventidue e non stavamo nemmeno ancora insieme.
Una semplice foto di due amici che stavano per mettersi in un grande casino e ne erano consapevoli.
Presi la foto per guardarla meglio ma notai presto che non era l’unica cosa che era nella scatola.
Mi scappò un mezzo sospiro pieno di malinconia quando vidi il laccio di scarpa che ci eravamo scambiati per sopportare il mese di lontananza, lei a LA e io a NY. E l’anello di Chanel, e la fedina. E in quella scatola doveva esserci anche la collanina prima che lei la regalasse ad Haley.
Perché teneva ancora quelle cose? Perché le custodiva così gelosamente…?
Sobbalzai sul posto quando il cellulare mi vibrò in tasca e sperai con tutto il cuore che non fosse Shelby. Mentirle la sera prima e quella mattina era stato abbastanza. Avrei preferito continuare a mantenere la media di una bugia al giorno anche se, da gran paraculo, preferivo parlare di omissione più che di bugia vera e propria.
Riposi velocemente lo scatolo al suo posto e fui felice di vedere che era Tom.
Oddio, felice relativamente. A lui dovevo qualche spiegazione anche perché se avessi continuato a tenermi tutto dentro sarei scoppiato.
“Pronto?”
“Rob!”
“Tom…”
“Ma dove cazzo sei?”
“Sono a Vancouver.”
“Sì, me l’ha detto Shelby. Volevo sapere che cazzo ci fai a Vancouver…”
“Sono in camera di Kristen…” dissi senza nemmeno pensare a quello che poteva trasparire da un’affermazione del genere.
E infatti…
“COSA? No, cazzo. No. Come cazzo hai fatto, Rob? Lo sai che tra meno di venti giorni ti devi sposare?! Che cazzo hai combinato!?”
“Tom, no. Non è come sembra…”
“Ci sei cascato di nuovo. Non posso crederci…”
La sua voce delusa, senza motivo. “Tom, ti ho detto che non è come sembra!”
“E allora come cazzo è?!”
“Lei è mia…”
“Chi è tua?”
“Haley?”
“Chi è Haley?”
“La figlia di Kristen!” stavo per urlare ma ricordai di abbassare il tono. “Lei… lei è mia… E’ mia figlia.”
Ci fu un attimo di silenzio e poi… “Mi prendi per il culo.”
“No, non ti prendo per il culo.”
“Rob, che cazzo stai dicendo? Che… Come…?”
“L’ho capito subito, Tom. Appena l’ho vista ho sentito qualcosa e, dio, lei è identica a me. Non puoi capire.”
“Co… cosa? Ma… E lei lo sa?”
“Sì. In realtà lo sapeva già, in un certo senso. Sapessi quant’è intelligente, Tom. E quanto è bella e divertente e solare e…”
“Frena, frena. Non sto capendo un cazzo. Parti dall’inizio e dammi il tempo di sedermi.”
Gli avrei detto che non avevo tempo se non avessi saputo che non l’avrebbe accettata come risposta perciò cercai di riassumere le ultime ventiquattro ore con minori parole possibile ma cercando di non omettere niente.
“Wow. Quindi… ora che fai? Sei lì? Resti lì? Per quanto tempo? E, cosa fondamentale, Shelby lo sa?”
“No, e non deve saperlo.”
“Rob!”
“Tom, ti prego.”
“Che le hai detto?”
“Che ero a Vancouver per risolvere delle cose.”
“Non lo crederà per molto.”
“Ti prego, ti prego. Non posso affrontare tutto questo in una volta sola.”
“Rob…”
“Stasera. Stasera o al massimo domani glielo dico.”
“Rob…” sentii la sua voce contrariata nello stesso istante in cui sentii la porta della camera di Haley aprirsi. E io ero ancora in quella di Kristen. Cazzo.
Per fortuna la piccola si diresse in bagno e si chiuse lì, ma io dovevo comunque uscire da quella camera.
“Tom, devo andare.”
“Rob, non fare cazzate. E…” indugiò un po’ e capii perfettamente.
“Te la saluto” dissi per lui chiudendo la telefonata e uscendo dalla stanza.
“Non posso credere che tu non me l’abbia detto.”
Quando scesi e mi diressi in cucina, mi resi conto che Kristen stava parlando con qualcuno, al telefono.
Evitai di entrare e, ancora una volta, stavo per immischiarmi in fatti che non erano miei, non credevo almeno.
“Non mi importa che non potevi immaginarlo. Hai idea di cosa abbia provato io trovandomelo lì sotto gli occhi? Avresti dovuto dirmelo…”
Ancora prima che pronunciasse il suo nome capii con chi stava parlando avendo avuto una telefonata più o meno simile la sera prima. E infatti non mi sbagliavo.
“No, Cath. Non lo sapeva. Nessuno lo sapeva a parte me. E credimi, glielo avrei detto prima o poi. Lo avrei fatto davvero ma… non così. Così è stato tutto sbagliato e ora lui mi odia. Mi odia e…”
Serrai la mascella mentre aspettavo che continuasse ma o aveva lasciato la parola a Catherine o… o stava piangendo. E, cazzo, il solo pensiero mi faceva stare male. Perché aveva ancora tutto quel potere su di me nonostante quello che aveva fatto?
“E’ complicato, Catherine. Non… niente è come sembra e io… Io davvero non volevo. Davvero… non volevo…”
Iniziai a fissare il pavimento e non riuscii più a distogliere lo sguardo da una macchia sul tappeto sotto i miei piedi. Che macchia era? Come si era formata? Era caduto del cibo? Della tempera? Quando era successo? Chi era stato?
Non sapevo nulla di tutto ciò. Solo che avrei dovuto saperlo. Noi dovevamo vivere insieme, continuare a recitare o fare musica o produrre film, realizzare i nostri progetti.
E invece mi trovavo in una casa sconosciuta a fissare una macchia sconosciuta su un tappeto e chiedermi come cazzo era successo.
Avevo perso il filo della telefonata tra Cath e Kristen e tornai in me solo per sentirle dire: “Okay, senti. Posso dirglielo quando sarà sicuro al cento per cento? Non vorrei illuderla...”
Se avevo capito bene…
“Sì. Infatti. D’accordo. Grazie Catherine. No, non preoccuparti. Tranquilla. Okay… Ciao…”
E fu quella la battuta del mio ingresso.
“Chi era?” chiesi come se nulla fosse, come se avessi davvero un effettivo diritto di chiedere con chi parlava al telefono.
Lei si voltò subito verso di me.
“Catherine. Pare che Haley abbia avuto la parte…”
“Davvero? È fantastico!”
“Già…” annuì lei poco convinta. “Ma comunque deve sentire il resto della produzione per cui vorrei aspettare di essere sicuri prima di dirglielo… Se… se per te va bene…”
Stava chiedendo la mia opinione e non potei non apprezzarlo nonostante su questo avessi un vero e proprio diritto.
“Certo, va bene.”
Annuì ancora. Sembrava che non riuscisse a fare altro e dato l’imbarazzo decisi di alleggerire l’atmosfera.
“A proposito, lo sapevi che nostra figlia ha un fidanzato?” ripresi sistemando la tavola e rendendomi conto solo dopo un po’ di aver usato le parole nostra e figlia nella stessa frase per la prima volta, e suonavano dannatamente bene; come avevo sempre immaginato. Finalmente vidi l’ombra di un sorriso sul suo viso.
“Certo” disse infine. “So tutto su di lei. Strano ma vero, si confida con me.”
“E tu lo permetti?”
“Hanno sette anni, Rob. Cosa vuoi che facciano?”
“Io guardavo sotto le gonne delle bambine a sette anni.”
“Questo perché tu eri un maniaco.”
“E cosa ti dice che non lo sia anche questo qui?”
Lei alzò gli occhi al cielo e percepì la leggerezza della conversazione. “Dai, giocano solo e qualche volta fanno insieme i compiti…”
“Giocano anche al dottore e all’infermiera per caso? Perché a passare dal gioco ai fatti non ci vuole niente, eh!”
Lei scoppiò a ridere e sentii nascere un sorriso automatico sul viso. Dio, da quanto tempo non sentivo la sua risata così vera, pura. La sua risata. E non mi ero mai reso conto di quanto mi fosse davvero mancata finché non l’avevo sentita di nuovo.
“Secondo te perché sono così permissiva? Almeno quando vorrà fare sesso me lo dirà e non sarà impreparata.”
Persi l’equilibrio e la bottiglia d’acqua che stavo posando sul tavolo si rovesciò bagnando tutta la tovaglia.
“Credo… credo di dovermi sedere…”
D’accordo che volevo alleggerire l’aria ma così era troppo.
“Non hai idea di quanto siano precoci i bambini di oggi…”
“Allora le metterò una cintura di castità fino ai trent’anni.”
“Lo farebbe lo stesso. Tanto vale che sia preparata…”
Lei sorrise ma in realtà l’argomento mi preoccupava seriamente. “Non permetterò che qualche teppistello si porti via il fiore della mia bambina a quindici anni…”
“Ma a diciotto sì, vero?”
Non so se lo disse con senno o se fu solo un riferimento alla maggiore età, eppure lei chinò il viso subito dopo e colsi la frecciatina.
Non ricordare, Rob. Non ricordare o sei finito.
Grazie a Dio per una volta il mio cervello collaborò con la mia forza di volontà e riuscii a rispondere senza perdermi negli anni ormai passati. “No, nemmeno a diciotto anni” conclusi, infine.
“Senti, che ne dici se ne riparliamo tra qualche anno? Non credo sia il caso di preoccuparci adesso.”
“Tu invece mi preoccupi eccome.”
“Di che parlate?” Haley, nel suo tornado di vivacità, era piombata in cucina correndo e si era arrampicata sulla lunga sedia accanto alla mia.
“Del tuo fidanzato e di come non lo vedrai più” sentenziai e mi beccai un’occhiata omicida.
“Ma davvero? E perché mai?”
“Perché sei ancora troppo piccola.”
“Spiacente ma non lo lascio. Io e Michael ci amiamooooooo.”
“Ecco. Già il nome è tutto un programma.”
Kristen rise. Anche Haley si lasciò sfuggire un sorrisino, si mise un pezzo di pane in bocca e masticò voracemente.
“Senti, Rob. Mi piaci, davvero. Ma se pensi di essere venuto qui a dettare regole, ti sbagli di grosso. Intesi?”
La guardai scioccato e Kristen evitò il mio sguardo. Stavo per rispondere quando mi resi conto di non sapere davvero cosa rispondere. Quella bambina mi prendeva totalmente in contropiede. Il silenzio imbarazzante fu finalmente interrotto dal telefono.
Haley lo afferrò prima di Kristen che le ordinò di andare a lavare le mani e poi venire a tavola.
“Susyyyyyyyy!” urlò dopo aver sentito chi era dall’altra parte della cornetta. “Tutto bene! È stato troppo divertente e ti devo raccontare tutto però oggi non posso venire! È tornato il mio papà e voglio stare un po’ con lui…”
Quella frase mi scaldò il cuore ma si gelò all’istante quando un’altra rimbombò dal corridoio. “No, te l’avevo detto che era sempre esistito…”
Dopo di che non riuscii a sentire più nulla, se non tutta la mia fiducia e l’autostima calpestate dagli anni di lontananza e dalla paura di non riuscire a conquistare il suo amore e il suo cuore.
“Credo di non piacerle particolarmente…” sussurrai più a me stesso che a Kristen ma lei ovviamente sentì e si voltò mentre metteva la pentola in tavola.
“Ma che dici?”
“Lei non… Non penso che mi accetti davvero.”
“Rob, l’hai sentita. Ha detto che vuole passare del tempo con te…”
“Ma senti come mi risponde?”
“È molto sveglia, lo ammetto.”
“Chissà da chi ha preso…” accennai un’occhiata ironica e lei la colse al volo.
“Non vuol dire niente. È una bambina dolcissima…”
“Non riesce nemmeno a chiamarmi papà. Siamo stati divisi troppo tempo.” Era stato più forte di me, avevo dovuto aggiungerne una; una di quelle frasi cattive pensate appositamente per liberarsi dal senso di colpa e rigettarlo sul vero colpevole perché, dopotutto, io davvero non avevo colpe in tutto ciò se non l’avere amato una persona che si era rivelata diversa da quella che avevo sempre creduto.
Sentii una mano di Kristen sfiorarmi la schiena, insicura.
“Rob, non so dirti quanto mi dispiace.”
“Risparmiati, Kristen.”
E la sua mano abbandonò la mia schiena con molta più velocità di quanta leggerezza aveva usato nel posarla dolcemente.
Non la guardai in faccia ma percepii il suo dolore anche a distanza. Dopo anni e anni ero ancora collegato a lei da un filo sottile che mi permetteva di capire esattamente cosa stesse provando in quel momento.
Dolore, tanto dolore. Ma non poteva minimamente pensare di poterlo paragonare al mio. Non poteva permettersi.
“Ti chiamerà papà, vedrai. Dalle tempo.”
Furono le ultime parole prima che Haley rientrasse in cucina e portasse un briciolo di allegria in tavola.
Ancora una volta la conversazione tra me e Kristen era tornata a un livello primordiale e non conoscendo le loro abitudini pomeridiane sentii in dovere di spezzare l’imbarazzo nato dopo aver lavato i piatti perché ero sempre io a lavare i piatti dopo che lei aveva cucinato. E gli anni l’avevano trasformata in una cuoca migliore di quella che ricordavo. Evitai di dirlo, tuttavia. I complimenti non avrebbero semplificato niente.
“Bene, allora… C’è qualche albergo qui? Il più vicino?” chiesi in difficoltà passando ad Haley l’ultimo piatto da asciugare.
“Tu resti qui, Rob.”
“No, davvero. Non voglio approfittare.”
“E’ il minimo” rispose lei con tutti i sottintesi connessi alla situazione.
“Sì, dai Rob. Resta. Ti preeeeego!”
Haley mi aveva afferrato la mano e saltellava sul posto pregando letteralmente. Come se ce ne fosse stato bisogno. In realtà speravo davvero che fosse lei a chiedermelo.
“Se me lo chiedi tu, allora resto!” confermai azzardando un abbraccio che lei ricambiò senza la minima titubanza.
“Rob resta, Rob resta, Rob restaaaa.”
Quanto avrei voluto sentirle dire la parola papà invece del mio nome che sembrava così freddo; ma immaginai che, considerando la situazione e gli eventi delle ultime ore, non potevo lamentarmi dopotutto.
Le urla di Haley furono interrotte dal campanello.
“Awwwww deve essere Miky!” esclamò entusiasta per volare alla porta d’ingresso.
“Viene da solo?”
“Abita di fronte.”
“Avevi detto che era un quartiere tranquillo.”
Altro sorriso. Altra pugnalata al cuore.
Dovevo decisamente smetterla o almeno prendere una decisione.
O ce l’avevo con lei o non ce l’avevo. O la odiavo o no.
Eppure non potevo scegliere ancora. Non potevo davvero odiarla perché era, dopotutto, la madre di mia figlia e farla crescere nell’odio non era nemmeno da considerare… anche se nemmeno il rancore era da meno. Eppure per il momento non potevo farci niente. Non potevo controllare l’enorme risentimento che sentivo nei suoi confronti e mi portava ad avere atteggiamenti diversi e attacchi lunatici imprevisti.
“Sii gentile” sussurrò quando Haley tornò in cucina accompagnata da una bambino dai capelli scuri e gli occhi più azzurri che avessi mai visto. Era una bel bambino, in fondo.
“Rob, lui è Michael. Michael, lui è il mio papà Rob.”
“Piacere di conoscerla, signore.” Allungò la mano e, esterrefatto, mi sforzai di rispondergli trattandolo da vero uomo e presentandomi in modo altrettanto formale.
“Bene, fatte le presentazioni puoi giurare solennemente di non dargli la caccia, di non ucciderlo e di non venire sopra a controllare così possiamo giocare in pace?”
“Ma non avete compiti da fare?”
“No, la scuola finiva oggi per le vacanze di Natale.”
“Oh, bè allora…”
“Giura, Rob!”
“D’accordo, lo giuro, lo giuro” fui costretto a soccombere facendomi anche un croce sul cuore.
“E’ stato un vero piacere conoscerla. Ciao Kristen.” E sparì.
“Allora? Non è uno schianto?” aggiunse Haley facendomi un occhiolino per poi raggiungerlo.
Non potei davvero trattenere un sorriso stupito.
“Ma in che scuola la mandi…?”
“La migliore” rispose, ovvia, per poi prendere un paio di birre dal frigo e passarmene una.
Avevamo appena finito di mangiare e non eravamo soliti bere ancora dopo pranzo ma sapevo che era un modo per allentare la tensione. Mi sentii quasi come a un primo appuntamento. Nervoso, impacciato, terrorizzato di poter dire qualcosa di sbagliato.
“Ti va di vedere delle foto?”
“Certo” risposi senza nemmeno pensarci e la seguii in salone.
Mi accomodai sul divano e lei mi raggiunse poco dopo con due album che aveva ripescato da uno scaffale pieno.
Procedendo in ordine cronologico guardai ogni foto a partire da quelle in ospedale, rivivendo la sua vita attraverso una serie di istantanee e le parole di Kristen, promettendo a me stesso di non farle pesare la sua colpa, non quel pomeriggio almeno. Non aveva alcun senso; quel che era fatto, era fatto.
Guardammo qualcosa come trecento o quattrocento foto. Forse anche di più. E ridevo mentre le guardavo e ascoltavo gli aneddoti che accompagnavano ogni foto.
“Non posso credere di aver perso tanto…” commentai amaramente quando girai un’altra pagina e trovai una foto di Haley con la faccia completamente sporca di gelato al cioccolato.
E c’erano tante persone che non conoscevo in quelle foto. Tanta gente che era entrata nella sua vita mentre io non ne ero nemmeno a conoscenza. C’era di nuovo quell’uomo, Sthepan. Lo vedevo con lei in diverse foto e… Dovevo esserci io in quelle foto, cazzo.
Evitai di commentare con Kristen per non perdere i miei buoni propositi.
“Ci sono anche molti video. Domani possiamo vedere quelli.”
“Perfetto” acconsentii nello stesso momento in cui una foto scappò dall’album. L’afferrai al volo e quando la voltai, c’eravamo noi tre. Io, Kris e Tom.
Inseparabili, completamente brilli e dannatamente felici.
“Non… non so come sia finita lì…”
Mi trovai a sorridere nonostante sentissi un gran peso sul cuore al pensiero di quello che eravamo e di quello che saremmo potuti essere. Se solo…
“Lui… lui come sta?”
Mi ridestai dai miei pensieri e posai la foto dov’era.
“Sta bene. Ti saluta.”
Le si illuminarono gli occhi. “Davvero?”
“Sì bè, era un po’ scioccato dalla notizia, ma…”
“Gliel’hai detto?”
“Sì, non ho potuto evitarlo. Sai com’è fatto.”
“Già. Lo so.”
E nonostante lessi la tristezza nei suoi occhi, di nuovo non potei evitare di farle pesare le conseguenze che le sue scelte avevano portato. “E’ stato davvero male, sai Kris? Tu eri la sua migliore amica…”
Per un secondo mi sentii potente ma quando la vidi chinare il viso nel tentativo di nascondere il labbro tremante, e di nuovo quel polso che andava velocemente agli occhi, mi sentii una vera merda.
Ero riuscito a farla piangere. Questo era il mio unico potere su di lei: riuscire a farla piangere.
Lei respirò con voracità e, da ottima attrice quale era sempre stata e ancora era, slittò su altro molto velocemente.
“L’hai detto ai tuoi? Come l’hanno presa?”
Scossi il capo. “Penso che a loro la mostrerò, prima o poi. Non ho idea di come dirlo.”
“Capisco. Ma immagino che tu l’abbia detto a…” lasciò la frase a metà e indicò la rivista di gossip che avevo raccolto il pomeriggio prima e che, chissà come, era sul tavolino proprio di fronte a noi.
“Shelby.”
“Shelby” confermò come se avesse appena ricordato un nome che aveva sempre saputo ma le sfuggiva al momento per qualche motivo.
“Non sono riuscito a dirlo nemmeno a lei.”
“Ma voglio sperare che tu abbia intenzione di farlo…”
“Io… ehm… Ma sì, sì.”
“Rob.”
“Glielo dirò, Kristen.”
“E quando? Il giorno delle nozze?”
Notai una piccola vena acida nel suo tono ma gliela lasciai passare.
“Ma no. Domani glielo dico, davvero.”
“E cosa le dirai? Cosa sa ora?”
“Che sono a Vancouver per risolvere una faccenda. Non sa che sono con te.”
“Lei sa di me?”
“Ovviamente sa di te, Kristen. Chiunque sapeva di te. Chiunque mi vedesse sapeva che stavo male per te.”
E nello stesso istante in cui l’ennesima cattiveria travestita da verità mi usciva da bocca mi trovai a pregare: ti prego, non piangere. Ti prego.
Ma quando alzai lo sguardo lei mi sorrideva. “Sono felice per te, Rob. Ti auguro davvero tutto il bene di questo mondo dopo il male che hai passato con me.”
E prima che potessi fermarmi le parole uscirono, incontrollate. “Con te non ho passato il male. Con te l’ho toccato, tu mi hai portato l’inferno in terra. Ma il tempo passato con te non è mai stato male.”
Lo dissi senza guardarla negli occhi perché sapevo che se l’avessi fatto non avrei resistito dall’impulso di toccarla. Infatti quando, nonostante ogni logica, alzai il viso e trovai i suoi occhi lucidi e umidi, la mia mano sfuggì al controllo e completamente attratta dal suo volto lo sfiorò appena prima di ritirarsi scossa dalla porta di casa che si chiudeva con forza.
Haley apparve in un lampo incrociando le braccia sullo schienale del divano.
“Miky è andato. Mangiamo?”
Solo in quel momento ci rendemmo conto di quanto tardi fosse. Un intero pomeriggio persi in ricordi che io non avrei mai avuto se non attraverso parole e pezzi di carta. Avrei dovuto imparare ad accontentarmi e recuperare il tempo perduto.
Fu probabilmente quel pensiero che mi spinse ad alzarmi velocemente, prendere Haley in braccio e farla volare sulle mie spalle. Perché era lì che sarebbe dovuto sempre stare. Non sulle spalle di uno Stephan qualsiasi, non sulle spalle di uno zio, ma su quelle di suo padre.
Lanciò un urlo quando l’afferrai velocemente.
“Andiamo a fare le pizzeeeee!”
“Davvero le sai fareee?” urlò chinando il capo mentre io stesso mi abbassavo per passare da una porta all’altra.
“Se le so fare? Si dia il caso che il tuo papà è il miglior pizzaiolo di Londra!”
“Bè, notizia flash. Qui siamo a Vancouver, non a Londra!”
“E allora diventerò anche il miglior pizzaiolo di Vancouver!”
Lei rideva e la sua risata era la mia soddisfazione maggiore.
“Non ci credo nemmeno se lo vedo. La Loggetta fa le migliori pizze di tutte Vancouver! Perciò devi per forza portarmi a Londra così lì potrai essere tu il migliore e mi farai le pizze più buone! Mi porti a Londra?”
A quelle parole fu spontaneo per me tirarla giù con un movimento tanto veloce da farla urlare di paura ma anche di eccitazione. La fermai a una spanna dal pavimento.
“Certo che ti porto a Londra, amore mio. Certo che ti porto!”
E la strinsi a me, beandomi, finalmente, della sua presenza tra le mie braccia.
Dopo cena e svariati complimenti per le mie pizze ben riuscite, proposi ad Haley di guardare i cartoni. Grazie a Dio avevo dei nipoti che mi informavano costantemente sui nuovi sviluppi delle serie televisive per cui ero anche abbastanza informato.
Dopo che Kristen mi ebbe mostrato la mia camera, una piccola stanza degli ospiti leggermente più distante dalla sua, io e Haley ci sistemammo sul divano con tanto di pop-corn e coperta. Stavo quasi aspettando che Kristen si unisse a noi quando annunciò che sarebbe andata a dormire perché troppo stanca.
Immaginai che volesse lasciarmi un po’ di tempo solo con Haley e gliene fui grato, almeno di quello.
Intenzionato a spegnere il cellulare per non essere distratto da niente e da nessuno, risposi a un messaggio di Tom.
-Avete parlato?
-Sì. Tutto okay. Tranquillo.
Certo, non si poteva proprio dire che le cose tra me e Kristen erano totalmente okay, ma avevamo fatto enormi passi avanti.
Mandai anche un messaggio a Shelby, ripromettendomi di dirle la verità quanto prima. Infine spensi il cellulare e potei concentrarmi totalmente su mia figlia.
Guardammo le sue serie televisive preferite e rideva alle battute e alle parodie che facevo dei personaggi che odiava.
Presto si accoccolò sul mio petto e strinse un braccio attorno alla mia vita.
“Mi sei mancato, papà, sai? Mi sei mancato proprio tanto…”
E con un ultimo sbadiglio piombò nel sonno mentre io sentivo gli occhi quasi inumidirsi. Le carezzai i capelli e vi lasciai un bacio.
“Anche tu, amore mio. Anche tu…”
 
Aprii gli occhi quando il salone era già abbastanza illuminato dalla prima luce del mattino, ma non era stata quella ad avermi svegliato bensì le mani di Kristen che tentavano di aggiustare la coperta attorno a noi.
“Scusa, non volevo svegliarti” sussurrò mortificata.
“No… no, tranquilla…” dissi in un sussurro altrettanto basso ma decisamente più impastato dal sonno.
“Mi dispiace… ci siamo addormentati sul divano…” indicai Haley ancor accoccolata su di me e per quanto non volessi separarmene ci tenevo a mantenere fede alla tacita promessa che le avevo fatto.
“Ma figurati…” rispose Kristen mentre io, con molta delicatezza, la scostavo da me e la stendevo sul divano per poi coprirla al meglio.
Le baciai il capo e seguii Kristen in cucina dove potevamo parlare come persone normali.
“Ma da quanto tempo sei sveglia?” le chiesi mentre mi passava una tazza di caffè.
“Da un po’.”
Afferrai il caffè e mi trovai a sorridere ripensando alla sera prima.
“Perché sorridi come uno scemo?”
Bevvi un goccio di quel caffè americano che avevo imparato a schifare nuovamente. “Mi ha chiamato papà ieri sera.”
Non sembrò molto sorpresa ma era decisamente felice per me. “E’ fantastico, Rob. Te lo avevo detto.” Sorrise sincera.
“Già… Senti, mi ha parlato di non so che colazione voleva fare in hotel…”
“Sì, ma poi siamo scese presto e non c’è stato tempo.”
“Infatti. Pensavo di poterle fare qualcosa del genere… Magari, magari con le sue cose preferite. Solo che… non… non so…”
“Ti aiuto io.”
Non ci fu bisogno di dire altro e con un sorriso riconoscente da parte di entrambi ci mettemmo all’opera.
Preparammo qualsiasi cosa piacesse ad Haley e imparai che le piaceva praticamente tutto quello che potesse essere cucinato per colazione. Uova, pancetta, frittelle, cornetti, succo, latte, cereali, burro e marmellata, fette biscottate…
“Però, come fa ad essere così mingherlina?”
“Quello l’ha preso da me!”
“Già, in effetti devo dire che ricordo come se fosse ieri il modo in cui ti ingozzavi da In&Out. E non ingrassavi mai un chilo.”
“Dote naturale.”
Sorrisi e preparai il vassoio senza dimenticare un fiore appena raccolto dal giardino.
Dire che Haley fu felice della sorpresa sarebbe stato un eufemismo. Mi gettò le braccia al collo facendomi perdere l’equilibrio ed entrambi cademmo a terra ridendo mentre Kristen, poggiata allo stipite della porta, ci guardava sorridendo.
“Oddio, oddio. Mamma, mammaaaaa! Facciamo l’albero di Nataleeeeee?” saltò su, dopo colazione, come se avesse appena avuto un’illuminazione.
Era adorabile con quel pigiamino rosso a fiocchi di neve. I capelli biondi come i miei, gli occhi verdi come Kristen. Era così bella da non riuscire a staccarle lo sguardo di dosso.
“Ehm, certo. Bisogna prendere l’albero in cantina però.”
Mi offrii subito volontario, ovviamente. Quale migliore occasione per legare se non approfittare dello spirito natalizio e addobbare l’albero insieme?
Haley saltò felice per tutta la casa e cercò anche di aiutarmi a trascinare lo scatolone su per le scale ma riuscii a convincerla a lasciarmi fare da solo o si sarebbe fatta male.
Era un albero non eccessivamente alto ma decisamente pieno. Impiegammo tutta la mattina solo per aprirlo e riempirlo di luci. Facemmo una pausa per pranzo e notai con piacere che Kristen aveva preparato la sua famosa tortilla soup. Una delle prime ricette che mi aveva fatto assaggiare.
“Non ti smentisci mai…” fu il mio commento e per qualche motivo quasi mi sentii in colpa.
Non avevo ancora detto nulla a Shelby nonostante avessi avuto modo di parlare quella mattina; volevo vivere questa cosa da solo, senza dirlo a nessuno. E mi sentii un verme nel pensarlo ma niente riusciva a distogliermi dall’immagine di me, Haley e Kristen come una famiglia, come stavamo vivendo e come avremmo sempre dovuto vivere.
Mandai un altro messaggio a Shelby.
-Ti Amo. Non dimenticarlo.
Tanto per sentirmi meno in colpa e meno ipocrita.
Ma poi perché avrei dovuto sentirmi ipocrita? Io l’amavo davvero.
Me lo ripetei tutto il pomeriggio mentre addobbavamo l’albero e costringemmo Kristen ad aiutarci e a non rintanarsi in cucina come aveva fatto quella mattina.
Non avrei mai creduto che addobbare un albero di Natale richiedesse tanto tempo.
In realtà ne richiedeva tanto solo perché Haley sembrava molto… esigente.
“Infatti. Sul Natale sono esigente. Voglio tutto perfetto. Sposta quella palla, papà. Non vedi che è storta?”
Quando sedemmo a tavola per la cena mancava solo il pezzo finale.
“Lo mettiamo dopo con la mamma, okay?” sussurrai ad Haley chinandomi alla sua altezza e abbracciandola da dietro.
“Okay, papi” concordò con me per poi voltare il visino e darmi un veloce bacio sulla guancia.
Ancora non potevo credere di avere avuto tanto da un giorno all’altro.
Ormai anche il pranzo e la cena era diventato un momento familiare ed era passato un solo giorno; e io mi sentivo così bene che non potevo non pensare a come mi sarei sentito dopo una settimana o un mese o un anno. O una vita intera.
Tornammo in salone e spegnemmo le luci per vedere l’albero illuminato.
Era un vero spettacolo.
“Abbiamo fatto un bel lavoro” commentò Haley.
“Già, ma manca qualcosa.”
La presi in braccio e l’allungai in modo che potesse mettere l’enorme stella in cima.
“Che cosa figa. Abbiamo sempre dovuto usare una sedia prima” disse carezzandomi il viso per poi chinarlo nell’incavo del mio collo. “Ma ora ci sei tu…”
E non so per quale motivo lo feci, non so quale forza spinse i miei movimenti ma un mio braccio salì piano accanto a me fino a posarsi alla vita di Kristen e avvicinarla a noi.
Sembrava semplicemente giusto così e potevo giurare di sentirla rabbrividire.
“Mamma. Papà. Vi voglio bene…” sussurrò Haley con voce decisamente assonnata.
“Anche noi…” dicemmo io e Kristen all’unisono e sorridemmo insieme.
“Anche noi…” ripetei io.
“Guardate! Nevica!” esclamò lei d’un tratto destandosi completamente e scivolando come un’anguilla dalla mia presa per correre alla finestra.
“Che bello! Che bello! Posso uscire? Posso? Vi preeego!”
Guardai Kristen lasciando che fosse lei a decidere. “Amore, ora fa troppo freddo, è tardi. È ora di andare a dormire…”
“Ma io non voglio dormireeee” si lamentò lei trascinandosi di nuovo verso di noi.
Io la presi in braccio e lei si accoccolò di nuovo su di me. “Vedila così. Prima vai a dormire, prima si fa mattina e possiamo giocare con la neve. Ora andiamo a letto e ti racconto una storia così ti addormenti subito. Okay?”
“Ooookay!”
Kristen le diede un bacio e le augurò la buonanotte prima che io salissi per le scale.
Mi accertai che si lavasse i denti, la misi a letto e mi stesi accanto a lei per raccontarle quante storie volesse finché non fui sicuro che dormisse tranquilla e profondamente.
Lasciai la lucetta accesa e andai in camera da Kristen per darle la buonanotte.
Bussai piano alla porta. “Hey, che fai?” le chiesi notando che osservava con uno strano sorriso una maglia che aveva tra le mani.
“Hey! Niente… mettevo a posto dei panni e ho trovato questa maglia pre-maman. Dio… Ero enorme…”
Mi avvicinai e la toccai, tanto per sentire una parvenza di consistenza di un altro ricordo che non potevo avere.
“Hai… hai foto di quando eri incinta?”
Una domanda insolita ma del tutto comprensibile dopotutto.
Lei si alzò ed uscì dal suo bagno con una cornice in mano.
“Perché ce l’hai in bagno?”
“Perché ero davvero enorme…” rispose mostrandomi la foto senza esitazioni.
Era… era bellissima. Dicono che le donne incinte siano più solari e anche solo attraverso una foto riuscivo a percepirlo.
Pensai che dal vivo Kristen dovesse risplendere di luce propria.
Con le dita toccai la cornice e poi la foto, tutto il suo corpo fino a soffermarmi sul pancione. Dio solo sa quanto avrei voluto baciarlo e toccarlo e sentire i calci di Haley e…
“Parlami un po’ della tua vita, Kristen.” Mi costrinsi a pensare ad altro.
“Cosa vuoi sapere?”
“Cos’hai fatto tutti questi anni?”
“Ho lavorato per lo più. E ho cresciuto Haley, ovviamente.”
“E l’hai cresciuta benissimo. E’ una bambina fantastica, Kris. Tu sei fantastica. Una fantastica madre.”
“Ho le mie pecche.”
“Perché hai lasciato Los Angeles?”
“I ricordi” rispose senza nemmeno pensarci. “I ricordi facevano male.”
“E hai pensato bene di venire in un posto altrettanto pieno. A Vancouver dove…”
“…dove è iniziato tutto. Sì, lo so. Sono un po’ masochista ma… Questo è l’unico posto in cui mi sento protetta. Quei ricordi non mi fanno male. Nessuno è mai riuscito a capirlo.”
“Io sì. Lo capisco.”
Sorrise ma non riuscii a ricambiare.
“James.” Dire il suo nome mi dava la nausea e Kristen rabbrividì. “Che fine ha fatto?”
Sembrò pensarci molto prima di rispondere. Era incerta e si vedeva benissimo.
“Oh… Bè lui se l’è squagliata quando gli ho detto che ero incinta.”
“Che bastardo.” Non rispose. “E Stephan?”
“Che ne sai di lui?”
“Haley.”
Sorrise ironica. “Stephan è stata l’unica storia. Era più per far contenta mia madre in realtà.”
“E perché è finita?”
Alzò il viso e scrutò il mio. Scrollò le spalle. “Lui era perfetto ma…”
“Ma?”
“Ma non era te. Nessuno è mai stato te.” E il silenzio piombò tra noi. Forse avrei dovuto chiedere di più, forse avrei dovuto chiedere cosa intendesse, forse avrei davvero dovuto chiederle perché mi avesse tradito, ma non lo feci.
“Tu piuttosto. Ti sposi, wow! Parlami di lei! Non mi hai detto praticamente niente e lei sa tutto di me…”
Sorrisi quasi imbarazzato. “Shelby.  Bè, lei è stata la mia salvezza. Bevevo tanto in quel periodo. Frequentavo ragazze diverse, molte ragazze. E poi, non lo so, è arrivata lei e mi ha ascoltato. E non volle entrare in casa. ‘Ci risentiamo quando sei sobrio’ disse. E io la richiamai. Il resto è storia, ma senza di lei non so che fine avrei fatto. Fa la costumista, sai? È molto bella e piena di vita. Anche se…”
Non sapevo perché mi ero fermato ma l’avevo fatto.
“Anche se?”
“Anche se non è te.” L’avevo detto. “Nessuna sarà mai te.” E l’avevo ribadito.
Restammo a fissarci negli occhi per un tempo così lungo che mi parve interminabile e, probabilmente, avremmo continuato a guardarci per molto tempo ancora se il pianto di Haley dall’altra stanza non ci avesse fatto sussultare e correre da lei.
“Amore, cos’è successo?”
Ci avvicinammo entrambi al letto che la vedeva seduta e in lacrime.
“Papaaaaà! Papaaaaà! Non te ne andare! Non te ne andareeeee” urlò e appena mi vide si aggrappò a me così forte da farmi quasi male.
“Amore, sono qui. Non vado da nessuna parte.” La baciai ovunque stringendola a me.
“E’ stato solo un incubo, tesoro.”
“Un brutto, orrendo incubo. Non vado da nessuna parte…”
Ma lei continuava a piangere e calmarla fu difficile per diversi minuti.
“Dormite con me stasera?” tirò su con il naso e… come poterle dire di no?
“Sì. Certo. Dormiamo qui” la rassicurai ottenendo completa approvazione da Kristen.
Ci infilammo sotto le coperte insieme a lei che si strinse tra di noi.
“Abbiamo fatto davvero un bel lavoro…” commentai mentre le carezzavo le guance lisce e i lineamenti perfetti.
“Sì. È perfetta.”
E restammo svegli a guardarla e ad accarezzarla finché non fu di nuovo addormentata, ma nessuno dei due ebbe il coraggio di lasciarla di nuovo sola o forse mancava semplicemente la voglia di farlo.
Ci addormentammo così e, quando mi svegliai, prima dell’alba, sapevo solo che Haley era riuscita in qualche modo a spostarsi al mio lato e io stavo stringendo Kristen. Una mia mano era dietro la sua schiena, il suo capo chino sul mio petto e non mi ero mai sentito così bene.
Sorrisi e continuai a dormire.

POV Kristen

 
“Mi raccontate un po’ di quando stavate insieme?”
Dire che le cose erano migliorate col passare dei giorni sarebbe stato un eufemismo. Avere Rob a casa, vederlo accanto ad Haley che lo chiamava papà e ci teneva per mano mentre camminavamo e la facevamo saltare tra la neve era… era tutto quello che avevo sempre desiderato.  Ero quasi arrivata a credere che Rob non mi odiasse. Soprattutto quando mi riservava quei sorrisi che sembravano dimenticare il resto e aprirsi solo nel vedere il mio viso.
Eppure non potevano significare nulla. Lui stava per sposarsi e io dovevo davvero iniziare ad abituarmi all’idea. Non l’aveva ancora detto a Shelby nonostante io continuassi a spingerlo a farlo. Ci mancava solo che, una volta scoperto, avesse incolpato me per averlo costretto a tacere anche se non avrebbe avuto molto senso.
‘Tanto domani torniamo. Credo che la mostrerò direttamente anche a lei.’ mi aveva risposto quando gli avevo ribadito il concetto quel pomeriggio prima di uscire a fare due passi.
‘Mostrerai anche me?’ Avrei voluto chiedere ma avevo preferito evitare. Il solo pensiero di dover tornare a Londra dopo anni e affrontare… tutti, mi faceva stare male ma me lo meritavo. Ai loro occhi me lo meritavo e non potevo fare nulla per cambiare le cose, non ora. Non più.
“Sai, è strano che tu ce lo chieda. Stiamo passando proprio accanto a un posto dove abbiamo passato la maggior parte del tempo…” iniziò Rob mentre camminavamo accanto a uno dei set esterni di Twilight. Mi chiesi cosa stesse provando lui in quel momento. Io ci passavo spesso e ormai mi ero abituata all’inevitabile ondata di ricordi, ma lui?
“Ma la storia la sooooo. Tu che eri pazzo della mamma prima di conoscerla, hai fatto il provino per lei, lei ti ha scelto, e vi siete innamorati.”
Lo faceva sembrare così semplice.
“Voglio sapere qualcosa che non si legge da nessuna parte! Qualche dettaglio piccante tipo, il vostro primo bacio? O la vostra prima volta di qualche altra cosa?”
Sorrisi e chinai il viso al ricordo...
 
“Rob, che diavolo ci fai qui?” esclamai trovandomelo avvolto su se stesso al freddo, fuori il mio trailer.
“Non trovo le chiavi. Fammi entrare, ti prego. Sto gelando.”
Alzai gli occhi al cielo e lo lasciai passare. “Sei un idiota. Potevi prenderti una polmonite. Perché non sei tornato dentro?” dissi mentre gli sfilavo la maglia e gliene davo una mia, ma lui non la mise. Portò le sue mani alla mia vita e avvicinò i nostri corpi d’un tratto bollenti.
“Volevo vederti. Dio, quanto ti voglio…” disse contro il mio collo. “Fai l’amore con me, Kristen. Non lo saprà mai. Ti prego, non ce la faccio più. Fallo con me la prima volta.”
“Rob, non… non possiamo…” mugolai mentre lottavo tra cuore e ragione.
“Non mi vuoi?” chiese prendendo il mio viso tra le mani e incatenando il suo sguardo al mio; come se potesse esserci altra risposta a quella domanda se non: “Sì. Sì, ti voglio.”
E divenni creta nella sue mani. Per la prima volta. La mia prima volta.
 
“So a cosa stai pensando?” sussurrò Rob al mio orecchio e io sentii le guance andare in fiamme.
“Non so di cosa parli…”
“Sei arrossita, Kristen. So a cosa stavi pensando, perché ci pensavo anche io.”
Mi persi nei suoi occhi finché sentii Haley far scivolare la mano dalla mia presa e farla entrare in contatto con quella di Rob.
Sorridemmo entrambi, consapevoli di quello che nostra figlia stava facendo e, nonostante forse ci saremmo fatti ancora del male, restammo mano nella mano e la seguimmo camminando sulla neve.
Dopotutto non significava nulla, vero?
Solo due vecchi amici che si tenevano per mano sulla neve.
Non significava nulla.
 
“Non credere che non sappiamo quello che stai cercando di fare, signorina” dissi ad Haley con tono perentorio quando inserì il DVD di Twilight per poi venire a posizionarsi tra di noi sul divano.
“Iooo? Che ho fatto ora?”
“Vuoi dirmi che la scelta del film è totalmente casuale?”
“Mmm… Mi appello al quinto emendamento.”
Rob scoppiò a ridere. “Ma sai cosa vuol dire almeno?”
“Veramente no. Ma in TV lo dicono sempre quando non vogliono rispondere a qualcosa.” Rise e noi con lei. “E ora zitti, inizia.”
Vedere il film in silenzio era impossibile con Haley che si divertiva a commentare ogni minima cosa ma aveva anche la capacità di restare in silenzio durante le scene più intense e, mio dio, rivedere quel film dopo anni ed anni ebbe un effetto su di me che non potevo credere possibile e che era stato il motivo per cui non l’avevo più rivisto dall’ultima volta in cui, per scherzo, lo avevo visto insieme a lui.
“Bello eh? Voglio dire, tutta quella chimica e quell’attrazione… si tagliava col coltello…” fu il suo commento alla fine del libro al che io e Rob ci scambiammo uno sguardo divertito ma anche carico di intesa.
“Bene, io vado a dormire. È tardi e domani andiamo a Londraaaa! Awwwww.”
“Nessuna storia della buonanotte stasera?” chiese Rob che già aveva preso la mano con quell’abitudine.
“No, stasera no. Notte mami, notte papi.” Diede un bacio ad entrambi e sparì su per le scale.
“E’ tremenda…” commentò Rob e io mi limitai ad annuire. Ero ancora troppo scossa dal film. Possibile che quei due ragazzi, quei due piccoli ragazzi che a malapena si conoscevano erano arrivati a tanto?
“Hey, che hai?” mi chiese Rob, dolce. Dolce.
Io scossi il capo. “Niente… il film mi ha messo malinconia” confessai e, a quel punto, afferrai l’occasione per tirare tutto fuori. “Io… io non volevo, Rob. Mi dispiace davvero. Non volevo che le cose andassero così… è tutto sbagliato. Dovevano andare diversamente. Dovevamo vivere insieme con la nostra bambina e.. e magari sposarci e… e invece ho rovinato tutto. E ora tu mi odi e…”
Prima che potessi anche solo finire di parlare, sentii le sue braccia avvolgermi e il suo viso chino nel mio collo. Morii per un istante, ma in quell’istante mi sentii in paradiso.
Si staccò dopo molto tempo, quando ormai le lacrime avevano avuto il sopravvento su di me e le sentivo addensarsi come crema prima di rigarmi le guance.
Lui mi carezzò gli zigomi e ne asciugò una. “Io ti ho amato più di chiunque altro potrò mai amare in questa vita, e tu mi hai spezzato il cuore. Mi hai mentito, mi hai tradito, mi hai tenuta nascosta una figlia per sette anni.”
Chinai il viso ma lui lo alzò un secondo dopo.
“E nonostante tutto… non riesco ad odiarti. Ci ho provato. Vorrei tanto riuscire ad odiarti, sarebbe tutto più facile, ma non ci riesco. Dopo tutti questi anni tu sei… sei ancora troppo per me…”
Le nostri fronti a contatto, il mio cuore che batteva più velocemente di quanto avesse mai fatto in vita sua, le sue parole che mi riscaldavano l’anima.
E quando una lacrima si addensò all’angolo della mia bocca, lui si avvicinò, molto lentamente, e la raccolse con le labbra.
Sentii il corpo gelarsi e riscaldarsi allo stesso tempo, la voglia di avvicinarlo ancora di più, di affondare le mani tra i suoi capelli, di incastrare i nostri corpi, ancora e ancora.
Mossi le labbra insieme alle sue e ci baciammo. Un bacio così semplice, pure e carico che mi sembrò di tornare al nostro primo bacio. Niente aveva più senso, niente importava più mentre le sue mani stringevano la mia vita, le mie volavano al suo viso e le nostre lingue si toccavano ancora, dopo tanto tempo.
Dio, da quanto non baciavo un uomo così. Da quanto non baciavo lui così…
Non lo ricordavo più e non volli ricordare nulla per molto tempo. Volevo solo perdermi tra le sue labbra ma quando il suo corpo fece pressione sul mio per farmi stendere sentii quanto tutto fosse sbagliato. E non solo perché lui stava per sposarsi ma perché c’erano ancora tante cose che non sapeva e io… io…
“Io… non… Non posso, Rob. Non possiamo…”
Mi staccai aggrappandomi ad ogni forza di volontà rimastami e lo scostai mentre mi alzavo dal divano e mi dirigevo in cucina.
Sperai davvero che non mi seguisse ma sentii i suoi passi dietro i miei prima di quanto mi aspettassi.
Non disse nulla. Mi afferrò il braccio costringendomi a voltarmi e incollò di nuovo le sue labbra alle mie.
E fu impossibile per me rinunciare. Mi erano mancate così tanto che sentivo di poter morire se le avessi lasciate andare. Mi aggrappai a lui che mi alzò sul ripiano della cucina. Era tutto sbagliato eppure… perché sembrava così giusto ai miei occhi in quel momento? Tutto poteva sistemarsi e forse… forse un giorno…
“No… no…” mugugnai ancora quando lui scese a baciare il mio collo facendomi impazzire. “Rob, aspetta. Devo… devo dirti ancora delle cose… Non…”
“Me le dirai dopo…” e la sua voce rauca ed eccitata fu il colpo di grazia.
Creta nelle sue mani, di nuovo.
“Dio, quanto mi sei mancata…”
“Dio, anche tu… troppo…”
Mi lasciai andare ai suoi baci, alle sue carezze, alle sue labbra e alla sua lingua.
“Andiamo sopra…” mormorò nella mia bocca.
“Haley…” riuscii a mugugnare in risposta.
“Il divano…” ed io annuii e mi aggrappai a lui aspettando che mi stringesse per portarmi di là quando il suono del campanello ci fece staccare improvvisamente.
Ci guardammo negli occhi consapevoli di avere appena fatto una grande cazzata e, con la fronte una contro l’altra, respirammo gli ultimi gemiti di entrambi prima di tornare alla realtà.

 

O_____________O omg omg omg! Si sono baciatiiiiiiiiiiiii! *___* Awwww Di certo non può più sposare Shelby ora! Sicuramente la ripudierà e dichiarerà a Kristen tutto il suo amore e vivranno felici e contenti! *__* Awwwww No, okay u.u forse non andrà proprio così! Muhahahahaha Che dire... lo scoprirete solo leggendo! ;) Hahaha Ovviamente essendo una ff di cinque capitoli le cose succedono un pò velocemente ma... siamo abbastanza sicure che abbiate apprezzato! LOL Fatecelo sapere in una recensioncina che ci fanno sempre tanto piacere *___* Siete the best! *___* 
Vi ricordiamo ancora il nostro 
profilo Facebook, dove troverete un piccolo spoiler al giorno nell'attesa del prossimo capitolo ;)
Che altro dire...? Niente... secondo voi chi è al campanello? Chi può mai essere a rovinare tutto così? u.u Io punto tutto su Shelby o James u.u Ho questo presentimento u.u Ma sarà perchè so cosa succede nel prossimo e voi noooo lalalala Okay, ammetto di essere un pò infantile .___. meglio che mi ritiro! hahahaha
Grazie mille di tutto, ancora una volta! 


Un bacio enorme! ♥
Cloe&Fio 

 

   
 
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