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Autore: midorijpg    14/12/2011    7 recensioni
E se. Ecco cosa guida questa storia, due semplici paroline.
E se... Brian, oltre al suo ruolo di chitarrista, svolgesse come hobby quello di scienziato?
E se... costruisse una macchina del tempo?
E se... qualcuno del gruppo si ritrovasse nel futuro, per sbaglio?
E se... eh, sta a voi scoprire tutto!
Genere: Commedia, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 2.  Where the light of day will find us? (Pt. 1)
 

 "Ke 2 palle, eh?"
"Ma no, è interessante..."
"Sì, se qst lezione è interessante io sono Lady Gaga u.u"
"Cantami Poker Face, allora xD"
                                                  
All'uscita da scuola, la ragazza tirò un sospiro di sollievo. Era solo passata una settimana da quando aveva messo piede in quella nuova città, solo tre giorni da quando era entrata in quell'edificio educativo, e già ne aveva le palle piene. Eppure doveva inseguire lo scopo che aveva nella vita. Quindi si limitò a non commentare, sfogandosi solo con dei grandi sospiri. Indossò la sua pesante felpa verde e si avviò verso casa, facendo sbattere la tascapane contro le ginocchia mentre camminava.
Ad un certo punto, sentì una voce da lontano.
- Hey! Aspetta! -
Si girò e vide il ragazzo con cui aveva parlato quella stessa mattina tramite i bigliettini, il suo compagno di banco.
In poco tempo la raggiunse e le chiese:
- Dove vai? -
- A casa, non vedo l'ora di farmi una dormita. - rispose.
- Ti dispiace se facciamo la strada insieme? Anche io abito da queste parti. -
- Perché no? Almeno avrò qualcuno con cui parlare. -
Per un po' non dissero niente, poi lui esordì di nuovo:
- Che stanchezza, oggi! -
- A chi lo dici... quella lezione di biologia era davvero noiosa, scherzi a parte. - sorrise lei.
- Quando assisti alle lezioni di Stevenson, puoi star sicura che entro i primi due minuti crolli sul banco. - disse, facendola ridacchiare. - Io, comunque, sono Jeff. -
- Piacere, Alexis. - e gli strinse la mano. - Di solito la gente mi chiama Alex, quindi se vuoi puoi farlo anche tu. -
- Ok, cercherò di abituarmi. - rise Jeff. - Non sei di Londra, vero? -
- No, americana. -
Alex era solita rispondere con monosillabi e frasi brevi con le persone che ancora non conosceva. Un po' perché era timida, un po' perché non desiderava concedere molta confidenza alla prima chiacchierata.
- Wow, che figo! Di dove? -
- Los Angeles. -
- Allora saprai anche un po' di spagnolo... -
- Beh, quasi. Mia madre è nativa di Barcellona, sai, ma mio padre è americano, quindi anche io posso considerarmi tale. -
- Io ho sempre desiderato imparare lo spagnolo. Peccato che sia molto più portato nelle scienze, di qualunque tipo. - si vantò Jeff.
- Modestia portami via, eh? - lo schernì Alex.
Lui ridacchiò.
- Sai, sei simpatica, Alex. Sei una ok. - le disse mostrandole il pollice in su.
- Una ok. Beh, come prima impressione direi che non è male, no? - sorrise. - Senti, forse è un po' azzardata come domanda, ma io la faccio sempre per prima alle persone nuove che conosco... -
- Dimmi tutto. -
- Che musica ascolti? -
Quella domanda lo lasciò abbastanza sorpreso, nessuno aveva mai iniziato un approccio con lui in quel modo. Era rimasto stupito dalla particolarità di quella ragazza. Aveva capito subito che lei era diversa, non come le altre che aveva conosciuto o come quelle che aveva visto girare per l'università, tutte trucco e niente cervello. Si sentiva stranamente affascinato da quella sua peculiarità.
- Oh, beh... sai, quella che oggi definiscono "musica sorpassata, antiquata, fuori moda". - rispose semplicemente grattandosi la testa.
- Cioè? -
Alex era incuriosita da quel suo modo di rispondere e aveva uno strano ma sorridente sospetto nella mente, il quale non aspettava altro che essere avverato, se così era.
- Gruppi come Led Zeppelin, The Who, Pink Floyd... li hai mai sentiti? -
Alexis esultò nella propria testa.
- Ma certo! - esclamò con un sorriso, spalancando gli occhi color cioccolato al latte. - Anche a me piacciono tantissimo! Solo che io preferisco una diversa faccia di quel tipo di musica... conosci i Queen? -
- I Queen? - chiese Jeff, quasi perplesso. - Oh, beh, li ho sentiti nominare. Ma non mi sono mai interessati più di tanto. -
- Credimi, non sai cosa ti perdi. - affermò lei mettendogli una mano su una spalla. - Beh, comunque, io sono arrivata. Ci vediamo domani? -
- Certo. Vieni alla lezione di fisica? -
- Sicuramente. Ciao! -
Con quella frase Alex entrò nel condominio e si avviò verso il suo piccolo appartamento, all'ultimo piano, in Whittlesey Street. Adorava quella sua piccola dimora, la faceva sentire emancipata e allo stesso tempo la confortava, come una calda coperta che ti avvolge dopo che sei stato sotto la neve per tanto tempo.
Alex, come Jeff aveva ben inteso, era sempre stata una ragazza molto particolare. La musica le aveva cambiato la vita. La amava da sempre, da quando aveva iniziato ad ascoltare quel che ascoltava le sembrava di essere rinata, come se avesse trattenuto il fiato per tanto tempo e, all'improvviso, lo avesse rilasciato e fosse ritornata a respirare normalmente.
Come stava spiegando al suo nuovo amico, i Queen in modo particolare le avevano cambiato l'esistenza. Aveva incominciato ad ascoltarli e ad informarsi sempre di più su di loro, fino a sapere a memoria quasi tutte le loro canzoni e conoscere per filo e per segno tutta la loro storia, da quando erano semplici Smile ai tour con Paul Rodgers. Non aveva un preferito in particolare, solo quando era ragazzina si era presa una cotta per Roger, (il più affascinante del gruppo, secondo lei), che era svanita qualche anno più tardi poiché Alex si era resa conto che il bel batterista era solo un sogno. Ormai non ci pensava neanche più.
Nei momenti in cui si sentiva più giù, c'era sempre Spread Your Wings a risollevarla; adorava quella canzone, le dava un sorprendente buonumore e la faceva sentire libera e in grado di fare qualsiasi cosa. Si immedesimava nel suo testo e la viveva, letteralmente.
In quel momento, però, non aveva voglia di ascoltarla. Voleva solo riposarsi e rilassarsi, visto che per il giorno dopo, fortunatamente, aveva già studiato.
Così sbatté con grazia la sua tascapane in un angolo della stanza da letto e si diresse verso le sue adorate casse, nelle quali inforcò il fedele iPod e fece partire My Melancholy Blues, da News Of The World.
Ormai la sera stava arrivando e il buio si stava piano piano impossessando della stanza, sebbene fossero solo le cinque e mezza di pomeriggio. Perciò la ragazza accese la luce della lampada sul suo comodino, così da avere una fonte luminosa soffusa e rilassante al punto giusto.
Si era sdraiata sul letto e aveva appena iniziato a pensare a quello che avrebbe fatto il giorno dopo, visto che la lezione sarebbe iniziata alle undici, quando sentì uno strano rumore, simile ad un tonfo, proveniente da sopra di lei.
Aprì gli occhi, nella penombra della stanza. Che lei sapesse, sopra il suo appartamento non c'era niente, a parte un solaio inutilizzato che si era ben guardata dal visitare per la presupposta presenza di ospiti indesiderati. Nel corridoio dell'appartamento spuntava dal soffitto una di quelle scale che si azionano tirando un cordino verso il basso, ma ad Alex non era mai importato più di tanto usarla.
Per scaramanzia, provò a mettere in pausa la canzone e mettersi meglio in ascolto. E infatti lo sentì. Tump. Uno strano colpo, seguito da una specie di voce, molto soffocata.
Alexis incominciò a preoccuparsi. Non poteva essere un topo. Si alzò in fretta, prese una torcia e si avviò verso la tanto temuta scala. Tirò il cordino ed essa si drizzò davanti a lei, come a conferirle l'accesso a un mondo sconosciuto ed incantato.
Incominciò a salire, lentamente, gradino a gradino, con una leggera ma sincera paura, tenendo la torcia accesa in una mano e facendo attenzione a non cadere.
Era a metà quando sentì di nuovo il tonfo, stavolta più forte, subito seguito da una specie di lamento. Allora era vero. Deglutì e continuò a salire.
Appena i suoi piedi toccarono il pavimento di legno marcio del solaio, Alex starnutì per la polvere in giro, cercando però di non farsi sentire.
Notò con grande piacere di essere riuscita nel suo intento, perciò incominciò a puntare la torcia in tutti gli angoli della soffitta.
Improvvisamente notò qualcosa muoversi nel buio che la circondava. Provò a seguirla con la torcia, ma la mano ormai era tremolante di paura e non riusciva più a controllare i movimenti.
Ad un tratto, sentì uno starnuto. Capì che proveniva da un ammasso non identificato in un angolo lontano del solaio, prese una padella che aveva visto di sfuggita in uno scaffale lì vicino e si avvicinò con timore. Chi aveva starnutito si trovava probabilmente sotto un piccolo cumulo nascosto e avvolto da un plaid rattoppato.
Quando fu abbastanza vicina, posò la torcia su un mobile lì accanto, in modo che potesse sempre illuminare quello strano ammucchiamento e provò a toccare quest'ultimo con un dito. La coperta non si mosse. Provò di nuovo, stavolta toccando un po' più a fondo.
Il plaid ebbe un sussulto, poi Alex, completamente paralizzata dalla paura, vide che da sotto di essa cadevano degli oggetti rettangolari, della stessa forma dei libri e che una figura spaventosa si stava alzando lentamente.
La povera ragazza cacciò un urlo e fece partire un colpo alla padella, facendo ritornare a dormire quella... cosa, che si accasciò a terra subito preceduta da un sonoro sdeng!, uno dei suoni più rassicuranti che le orecchie di Alex avessero mai sentito.
Restò immobile per qualche secondo, poi buttò la sua arma da una parte, riprese la torcia in mano e osservò da più vicino quella figura. Sollevò la coperta con due dita, come se toccarla avesse significato contrarre una delle malattie più terribili al mondo, e alla luce fioca, vide un ragazzo, più o meno della sua età, girato a pancia in giù, con la testa sul pavimento, ancora intontito dalla padellata appena ricevuta.
Oh, cavoli. Forse lo aveva colpito un po' troppo forte, pensò Alex. Magari, se lo avesse fatto tornare a parlare, l'avrebbe ringraziata e le avrebbe gentilmente spiegato che ci faceva nella sua soffitta. Perciò decise di lasciare il suo arsenale di armi a terra e trascinò quel corpo inerme per una mano fino alla scala, poi gli prese tutte e due le mani e, facendo attenzione, lo trascinò giù con sé mentre scendeva, facendogli rimbalzare i piedi ad ogni scalino. Infine, Alex, stremata da peso di quel corpo, lo mise sul suo letto. Andò in cucina a prendere la borsa del ghiaccio e ritornò in camera. Il corpo era sdraiato ancora a pancia in giù e la decisione di Alex era più che sensata quando pensò di ribaltarlo per medicarlo.
Appena ebbe finito nel suo lavoro di precisione, Alex lo guardò in faccia.
Non era molto male, in effetti. Una bionda criniera da leone che si sognava solo di vedere in circolazione, due occhi grandi, rilassati e chiusi, un naso perfetto, dritto ma leggermente curvato verso il basso, dei bei basettoni come piacevano a lei e la linea della mascella sensuale e mascolina. Caspita, se era bello.
Eppure le ricordava qualcuno. Era sicura di averlo già visto da qualche parte, ma qualcosa le sfuggiva. Sicuramente era molto affascinante.
Affascinante quasi come... no.
Adesso stava viaggiando un po' troppo con la fantasia. Non poteva essere lui. Assolutamente.
Anche se, in effetti, gli assomigliava proprio tanto. Si sarebbe potuto dire che erano gemelli.
Scuotendo la testa ritornò in cucina e si fece una tisana, per poi ritornare in camera ad aspettare che quello strano ragazzo si svegliasse.
Era davvero sicura di aver battuto quella padellata in testa a lui e non a se stessa?



 Everything we do is driven by you.
Guten Abeeend!

Allora, siore e siori (ma in realtà solo siore, a quanto sembra xD), here it is, another chapter!
Scusate il ritardo, i compiti mi uccidono letteralmente o__o
Beh, niente, sappiate solo che la citazione è di Long Away, che io adoro :3
Thank you!
See you,
Midori

   
 
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