# In
trappola
Lo shock del teaser
cominciò a scemare e la detective
riprese lentamente i sensi.
Si accorse di essere legata ad una
sedia. Sentiva
caviglie e polsi immobilizzati; provò a dimenarsi ma anche
vita e collo erano
bloccati.
Quando riuscì a mettere
a fuoco vide l’uomo davanti a
lei passarsi il teaser da una mano all’altra, avvicinandosi.
“Ben svegliata detective,
dormito bene?” le domandò
fermandosi in piedi davanti a lei.
Beckett non rispose, continuava a
guardarsi attorno
incredula. C’era cascata di nuovo.
Il caso di sua madre continuava a
risucchiarla in quel
vortice di morte e lei si era lasciata inghiottire nuovamente.
Montgomery aveva fatto bene a non
rivelarle quel nome, mesi fa.
Sarebbe andata di
corsa in contro alla morte proprio come aveva appena fatto. Si sarebbe
precipitata in capo al mondo pur di avere giustizia per sua madre e per
se
stessa.
Ora lo capiva, negandogli quel
nome, Montgomery, le
aveva salvato la vita.
E Castle stava cercando di fare lo
stesso. Ma come una
stupida aveva voluto fare di testa sua.
L’individuo le sorrise
malefico “Che c’è bambolina?
Sei ancora un po’ stordita?” afferrandole il viso
fra le sue grosse mani.
Kate scosse vigorosamente la testa,
pur di non essere
toccata da quelle mani.
La corda che serrava il collo
sfregò violentemente la
sua gola, togliendole per un secondo il
respiro.
Un lampo illuminò quel
volto diabolico.
La risata dell’uomo
irruppe nella stanza con la stessa
intensità del tuono che pochi secondi dopo si infranse nel
cielo.
Quante volte gli era stata seduta
accanto al tavolo da
poker? Quante volte le aveva versato da bere? Quante volto si era
rivolto a lei
con fare benevolo?
E lei non se n’era mai
accorta. Non aveva mai capito
di avere a che fare con un attore nato.
Un perfetto dottor Jackill e mr.
Hyde, perché di certo
quello che aveva di fronte ora non era l’uomo che ammirava in
televisione o che
scherzava con Castle e con il giudice Markway.
Castle…
chissà come doveva sentirsi. Un altro amico
perso per sempre, come Daniel.
Eppure ora tutto quadrava.
Le risuonarono in testa le parole
di Montgomery “...quando lui ha
scoperto che cosa avevamo
fatto avrebbe potuto ricattarci e invece ha chiesto i soldi dei
riscatti e li
ha usati per diventare quello che è...”.
Ora sì, capiva il senso di quelle
parole.
“Liberami”
farfugliò cercando di muovere la gola il
meno possibile.
“Kate, Kate, Kate..che
cosa devo fare con voi Beckett,
eh? Mi mettete sempre i bastoni fra le ruote” rispose invece,
il sindaco di New
York ”Anche se stasera non sei stata per niente furba, mia
cara. Troppa la
voglia di prendermi a calci in culo, vero?”
Passeggiava avanti e indietro
osservandola.
“Allora, dimmi, come
l’hai capito?”
Il silenzio della donna lo
spronò a darle un incentivo
per parlare.
La schiaffeggiò con il
dorso della mano. Il grosso
anello che indossava le tagliò la guancia destra.
Il colpo assestatole fece
traballare la sedia, ma non
cadde.
Kate respirò
profondamente e si ricompose, guardandolo
con odio.
Sentì il sangue colarle
dalla ferita ma non diede a
vedere nessun segno di debolezza; non gli avrebbe dato anche questa
soddisfazione.
“Riproviamo..”
continuò lui “...come sei arrivata sino
a me?” domandò appoggiando le mani sulle sue
ginocchia bloccate e chinandosi su
di lei.
Kate non resistette. Avere il volto
dell’uomo che ha
commissionato l’omicidio di sua madre a così poca
distanza era una tentazione
troppo forte.
Lo guardò dritto negli
occhi e gli sputò in faccia,
guadagnandosi un secondo schiaffo sull’altra guancia.
Stavolta il colpo fu più
potente e la sedia si
ribaltò, trascinandola a terra con essa.
La botta alla testa le fece perdere
i sensi per
qualche attimo.
Un secondo lampo
illuminò il suo viso.
Bob risollevò la sedia
con rabbia, stringendole il
mento con la mano.
“Vediamo se ora sei
più propensa a collaborare”
ridendole in faccia.
Kate capì che era
arrivato il momento di cominciare ad
assecondarlo o l’avrebbe massacrata di botte.
“L’ho capito da
sola” mentì Kate, cercando di rabbonirlo.
Il sindaco Weldon si
allontanò e con calma si sedette
al suo posto, dietro la scrivania e si pulì il volto. Kate
notò immediatamente
le sue due pistole sul tavolo.
Bob scosse negativamente la testa
“Così non va bene
Kate...”
Se tre
killer
professionisti non erano riusciti a farla desistere, cosa poteva? pensò fissandola.
“Cambiamo tattica ti
va?” le disse, sporgendosi in
avanti, poggiando i gomiti sul tavolo, come ad una qualsiasi riunione
amministrativa “Parliamo un po’ del tuo fedele
cagnolino?”
Kate spalancò gli occhi
terrorizzata.
“Quanto credi che ci
metterà Castle a farsi vivo?”
domandò con un ghigno.
Una fitta al cuore le
spezzò il respiro.
“L-lui, lui non sa che
sono qui!” cercò di dire
ansimando.
“Mi stai mentendo
Kate?” chiese calmo.
“Nessuno sa che sarei
venuta”
“Sarà, ma
quell’uomo ha la fastidiosa abitudine di
starti sempre incollato alle costole, non trovi? Come lo sopporti, eh?
Tutte
quelle chiacchiere al vento...” l’uomo si
alzò girando attorno alla scrivania e
continuando il suo monologo “Voi due insieme fate proprio una
bella squadra di
guastafeste lo sai? E io che credevo che il problema fosse quella
Johanna
Beckett!”
La stava provocando apposta.
Kate digrignò i denti,
ma non diede segno di reagire.
“Sai
cos’è ironico? Sono stato proprio io a
permettergli di seguirti nei casi! Ah! La credevo una trovata geniale!
Insomma,
con Castle tra i piedi come avresti potuto seguire il caso di tua
madre? Fare
la babysitter ti avrebbe tenuta occupata e io me ne sarei stato
tranquillo per
il resto del mio mandato. E invece cosa fa il nostro caro scrittore? Ti
aiuta a
riaprire il caso! Davvero non me l’aspettavo, comunque non
siete mai riusciti
ad arrivare a me, eppure questa sera chi mi vedo spuntare dai monitor
di
sorveglianza mentre scassina il retro del municipio?”
domandò retorico
avvicinandosi nuovamente a lei.
Si fermò ad un metro da
lei, questa volta.
“Te lo chiedo di nuovo,
detective, come sei arrivata a
me?!”
Doveva prendere tempo. Doveva
liberarsi. Sapeva che
Castle non ci avrebbe messo molto a trovarla e non voleva metterlo in
pericolo.
Cercò di muovere i polsi
legati dietro la schiena. Le
corde sfregavano sulla pelle facendole male ma continuò
lentamente a cercare di
allentare i nodi.
Per tenerlo occupato decise di
raccontargli una
piccola verità e guadagnare tempo.
“Per una frase che mi
disse Montgomery prima di
morire”
“Ah, Roy, Roy, che triste
fine quella degli
eroi...cerca di tenerlo a mente!”
Bloccò istintivamente le
mani, credendo di essere
stata scoperta.
Ma Weldon proseguì
“E sentiamo un po’ quale perla di
saggezza ti avrebbe lasciato il caro Roy prima di perire?”
Cauta ricominciò a
muovere le mani e i polsi nel
tentativo di liberarsi.
“Mi disse che lui
aveva usato i soldi dei riscatti per diventare quello che è
oggi..” Kate lo
vide vacillare per qualche secondo perciò con più
sicurezza proseguì con quella
che credeva una teoria piuttosto verosimile“..ho solo
collegato i pezzi e fatto
due più due. Ho controllato le più alte cariche
politiche di oggi e l’unico che
vent’anni fa era solo un misero e patetico portaborse eri
proprio tu.” concluse
ridendogli in faccia.
Aveva fatto centro. Kate
capì che quello era il suo
punto debole.
E lo capì dal modo in
cui lui si difese. Colpendola,
allo stesso modo, nella sua debolezza.
“Sono passati quasi 20
anni ormai. Direi che è ora che
questa bambina se ne faccia una ragione” disse avvicinandosi
a lei. Poi
chinandosi con fare amorevole proseguì “Tesoro,
mammina è morta!”
Bob si allontanò appena
in tempo.
Kate aveva provato a dargli una
testata con uno
strattone così violento che la corda tesa attorno alla sua
gola le lacerò la
pelle e una scia di sangue caldo si fece strada lenta sino al colletto
della
camicia.
Le mancò il respiro e
credette di svenire, ma la
risata schernitrice di quell’essere la riportò
alla realtà.
Ritornò di fronte a lei
con il teaser in mano “A chi
l’hai detto Kate?”
Ancora debole sussurrò
“Nes-suno”
Bob accese il teaser e lo premette
con forza sulla
gamba della detective.
Più che il dolore fu
l’odore di carne bruciata a
spaventarla tanto da gridare, irritando nuovamente la gola.
Un bip sullo schermo del pc
costrinse il sindaco a
spegnere l’aggeggio.
Si sedette alla scrivania e
controllò il monitor.
Rise forte per quello che vide
“Indovina che è venuto
a farci visita?”
Le lacrime scesero senza che lei
nemmeno se ne
accorgesse “Perché gli fai questo?”
La sua voce era un sussurro. La
gola bruciava.
Il sindaco seduto tranquillamente
alla scrivania,
teneva gli occhi puntati sullo schermo.
“Nel nostro ambiente non
c’è spazio per l’amicizia
Kate” rispose con un ghigno “Non è
tenero? Crede di venire a salvarti. Vuole
fare l’eroe! Te l’ho detto vero che fine fanno gli
eroi, si?”
“Lui ti considera un suo
amico, non puoi fargli del
male!!” agitandosi sulla sedia.
“Vediamola in un altro
modo. Io mi sto solo difendendo
da due intrusi. E poi, siamo sinceri, Castle non è altro che
un bambino viziato
buono solo a giocare a poker! Ecco, a poker è davvero
bravo!”
Castle nel frattempo stava
lentamente arrivando al
loro piano.
Il sindaco si alzò dalla
sua postazione di lavoro e accese
il teaser.
“Andiamo a dare il
benvenuto al tuo boy scout!” disse
qualche secondo prima di tramortirla nuovamente.
Castle
ispezionò velocemente l’edificio fino a trovare la
porta forzata da Kate.
Entrò
cautamente cercando di fare il meno rumore possibile. Doveva sbrigarsi
a raggiungere
la tromba delle scale per salire sino al piano dell’ufficio
del sindaco, dove
era sicuro che l’avrebbe trovata.
Vide
per terra le pozzanghere lasciate da Kate e come se fossero briciole di
pane,
le seguì lasciandosi guidare.
Era
così teso che il minimo rumore avrebbe potuto causargli un
infarto.
Cercava
di tenere gli occhi bene aperti, nonostante
l’oscurità, e di pensare
velocemente ad un piano.
Era
disarmato e non sapeva nulla di come si tendeva un’imboscata.
La
miglior soluzione che gli si prospettava davanti era quella di fermare
Kate un
secondo prima di premere il grilletto. Ci sperava da morire.
L’avrebbe salvata
persino da se stessa se fosse stato necessario.
La
peggiore invece era l’esatto opposto. Non riuscire a fermare
Weldon e lasciare
che uccidesse un’altra Beckett. La sua Beckett. Kate, la
donna che amava più di
se stesso.
Ma in quel caso, il caro Bob,
doveva prepararsi ad
uccidere anche lui, perché non avrebbe lasciato
quell’edificio vivo senza di
lei.
La scia d’acqua lasciata
da Kate lo condusse alle
scale del palazzo. Da lì in poi conosceva bene la strada,
l’aveva fatta
svariate volte.
Il pensiero lo fece vacillare.
Aveva scoperto da non
molti mesi che Daniel Westlake, l’uomo che lo convinse a
tentare la carriera di
scrittore, si era rivelato un assassino e ora l’ennesima
batosta.
Ma questa volta era diverso.
Il sindaco Weldon aveva commesso
l’errore di
prendersela con Kate.
Di aver commissionato il suo
omicidio.
Di aver ingaggiato Lockwood e gli
altri due killer
professionisti.
Di avere torturato Ryan e Esposito.
Di avere decretato la fine di
Montgomery.
Quello che considerava un amico,
aveva minacciato
quasi tutti i suoi affetti più cari e questo Castle non
l’avrebbe mai potuto
perdonare.
Arrivato all’ultimo piano
si fece largo tra le
scrivanie degli impiegati per giungere alla porta
dell’ufficio del sindaco.
Guardò in terra. Le
goccioline d’acqua si fermavano
lì. Kate era sicuramente dietro quella porta e
sperò con tutto se stesso di
vedere la scena che poco prima stava immaginando.
Lei in piedi che teneva sotto
scacco Weldon in
ginocchio, implorante pietà.
Ma quando scostò di uno
spiraglio la porta e sbirciò
all’interno, l’immagine di Kate legata ad una sedia
con la testa piegata in
avanti su sé stessa, lo colpì come un pugno.
Non ebbe il tempo di fare nulla.
Sentì un dolore forte
alla base della nuca e in un attimo fu tutto nero.
Angolo
dell’autrice:
chiedo perdono per il ritardo nel
pubblicare, ma sono
rimasta a corto di capitoli!!!
Comunque manca poco ragazze e poi
per un po’ mi darò
alle oneshot!! xD
Allora, in molte avevate capito del
coinvolgimento del
sindaco. Brave! Clap clap!
Che dire, sarà veramente
lui anche nel tf? Mah,
vedremo...
Questa frase di Monty “...quando lui ha scoperto che cosa
avevamo fatto avrebbe potuto
ricattarci e invece ha chiesto i soldi dei riscatti e li ha usati per
diventare
quello che è...” sembrerebbe adatta al
sindaco o ad un giudice o... boh,
solo Marlowe ce lo dirà!!! xD
Buona serata e buona lettura a
tutte!
Baci baci
Ivi87