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Autore: aki_penn    14/12/2011    7 recensioni
Mentre il condominio Chupa Cabras si prepara ad affrontare l'estate più calda degli ultimi quindici anni, i suoi inquilini più giovani dovranno imparare a sopravvivere a loro stessi. Tra portinaie pettegole, padri apprensivi, furti di ventilatori e agognate quanto temute prime volte, l'estate di Soul Eater.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Death the Kid, Liz Thompson, Patty Thompson, Tsubaki | Coppie: Black*Star/Tsubaki, Soul/Maka
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Trentotto scalini'
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Trentotto scalini

Capitolo Diciassettesimo

Gender Bender

 

Tsubaki sospirò di piacere nell’infilarsi nella vasca piena d’acqua bollente. Era estate e faceva caldo, ma un bagno caldo era sempre maledettamente rilassante.

Era stato un fine settimana stancante, erano andati al mare e Black*Star aveva fatto il diavolo a quattro presentandosi nel cuore della notte con indosso un impermeabile giallo e azzuffandosi con Mifune, ma, grazie al cielo, era tutto finito per il meglio. Certo, c’erano ancora un po’ di questioni da risolvere, ad esempio il signor Mifune non aveva accettato di buon grado il tatuaggio del ragazzo. Black*Star aveva ribattuto che quel tatuaggio era una stella nera come lui. Mifune, del canto suo, gli aveva chiesto serio, ma allo stesso tempo sarcastico, se aveva dei problemi a ricordare il suo nome dato che se l’era tatuato addosso. Per poco non era scoppiata di nuovo la una zuffa, ma anche quella seconda volta lord Shinigami aveva avuto la buona creanza di mettersi in mezzo offrendo dell’arrosto. Black*Star ovviamente non aveva resistito e si era servito dimentico del conflitto.

Tsubaki si era chiesta se arrosto e grappa fossero la giusta libagione da portarsi in spiaggia.

Varie questioni erano rimaste irrisolte, ovvero come Black*Star avrebbe dovuto provvedere al proprio sostentamento, ma per lo meno gli era permesso di incontrare Tsubaki quando e come voleva.

Sospirò ancora godendosi l’aroma delle candele profumate alla lavanda. Probabilmente Black*Star avrebbe avuto da ridire a riguardo, si ricordava della loro discussione sulla camelia e la lavanda, ma Black*Star non era lì a importunarla, in quel momento.

Cambiò idea quando sentì picchiettare alla finestra. Alzò lo sguardo e incrociò quello di Black*Star, appollaiato sul davanzale. Era la seconda volta che si presentava a casa sua in quel modo, ma la sorpresa rimaneva sempre la stessa.

Con un rantolo cercò di coprirsi con le mani, mentre lui entrava indisturbato in bagno, saltando dal davanzale al bordo esterno della vasca con l’agilità di un gatto.

“Perché ti copri. Come se non ti avessi mai vista nuda” esclamò lui perplesso.

“Mi vergogno lo stesso!” rispose un po’ stizzita lei, continuando a nascondersi.

“Tsubaki? Tutto a posto?” domandarono dalla cucina.

“Sì, mamma!” strillò la ragazza, cercando di apparire calma. Black*Star aggrottò le sopracciglia “Qual è il problema adesso? I tuoi sanno che stiamo insieme, no?” fece lui, con l’aria di chi ha perso un pezzo del ragionamento.

Tsubaki annuì comprensiva “Sì, che sanno che stiamo insieme, ma non sanno che ho fatto sesso con te e non lo devono sapere. Quindi preferirei che non ci beccassero in questa situazione” spiegò agitata, a bassa voce.

“Ah” esalò lui con l’aria di chi ha avuto un’illuminazione. Alzò le spalle “Vorrà dire che parlerò piano”

Tsubaki non ebbe tempo di ribattere che lui si era già buttato nella vasca, vestito di tutto punto.

“Ma sei vestito!” esclamò cercando di tenere un tono di voce consono alla situazione e dimenticandosi di coprirsi.

Black*Star alzò le sopracciglia come per dire E allora? e le diede un bacio.

Un quarto d’ora dopo, mentre l’acqua della vasca finiva per bagnare il pavimento, Tsubaki, gemendo e tenendosi stretta al bordo della vasca con le unghie e le nocche bianche per lo sforzo, constatò che effettivamente la seconda volta è molto migliore della prima.

 

§

 

Il giorno dopo erano tutti a casa di Black*Star, non c’era mai stato un raduno simile, e Soul se ne stava placidamente sdraiato a pancia in giù sul biliardo.

“Quindi qual è il problema?” chiese Maka, seduta per terra. Era la prima volta che entrava in quella casa, se così si poteva definire, e in fin dei conti non era male come aveva temuto. Se solo fosse stata provvista di letto sarebbe quasi sembrata accogliente.

Tsubaki sospirò, toccava a lei spiegare la situazione, probabilmente Black*Star non ne aveva le facoltà e poi era intento a trangugiare quintali di patatine fritte.

“Alla fine di tutto Black*Star non vuole accettare i soldi di Mifune per mantenersi, anche se ha accettato di nuovo che lui sia il suo tutore” spiegò un po’ imbarazzata.

Liz sbuffò “Ce l’avessi io uno che vuole mantenermi. Non so più che spese tagliare!” brontolò, mentre sua sorella se ne fregava altamente delle condizione finanziarie della famiglia.

“Quindi ha bisogno di una nuova fonte di reddito” concluse, ignorando l’entrata in scena di Liz.

Maka si morse l’interno delle guance, Soul stava giocando con una delle sue codine e le stava facendo venire sonno.

“Potrebbe vendere questo inutile biliardo” propose con aria stanca, appoggiandosi alla gamba di legno del suddetto.

“Giammai! Non sai cosa ci ho fatto lì sopra!” sbottò Black*Star irritato, sputacchiando patatine.  Tsubaki s’irrigidì e arrossì paurosamente ma, grazie al cielo, nessuno afferrò l’allusione. Maka non rispose nemmeno a tono a Black*Star, preferendo lasciarsi accarezzare i capelli. Era così maledettamente rilassante, non si ricordava di essere mai stata così tranquilla in vita sua.

“Potrebbe trovarsi un lavoro. Il cameriere ad esempio” propose Kid che sistemava il pesce e la carne nella ghiacciaia, secondo il proprio gusto.

Tsubaki alzò gli occhi al cielo “Hai visto in che condizione sono i piatti di questa casa?” domandò seria.

Kid s’incupì. “Io l’armadio dei piatti non lo apro. Sono tutti sbeccati, perché me l’hai ricordato?”

“Qualcuno ha qualche altra proposta?” domandò Tsubaki, dato che Black*Star pareva disinteressato al proprio futuro e mangiava patatine senza ascoltarla.

“Il facchino?”

“Scherzi?”

“Beh, con quel ventilatore giù per la grondaia è andato alla grande”

“Credi che ce la potrebbe fare senza combinare qualche casino?”

Ci fu un attimo di silenzio, Maka si era quasi addormentata addosso al biliardo. Kim, che stava parlando con Tsubaki, tentennò “No, in effetti non ce la farebbe”

Tsubaki abbassò la testa depressa “Cosa possiamo fare?” piagnucolò.

“Darsi all’illegalità?” propose ancora Kim, che quel giorno pareva piena di entusiasmo.

“Eh?” sbottò la sua interlocutrice, convinta di aver capito male. “Tipo il ladro?” domandò Patty sibillina intenta a fare la verticale appoggiata al muro.

“Eeh?” strillò Tsubaki in preda al panico.

“Non mi sembra una grande idea. Conoscendolo entrerebbe nelle case altrui urlando guardatemi, sono venuto a derubarvi” commentò Soul con voce piatta. 

Tsubaki sospirò di sollievo, ringraziando Soul per il suo intervento.

“Qualcuno ha mai dato un’occhiata alla serra del signor Stein?” fece Kim con aria cospiratoria. Patty alzò le sopracciglia.

“Non ci tiene il prezzemolo e il rosmarino?” chiese la ragazzina, continuando a stare a testa in giù.

“Può darsi di sì, ma può anche darsi di no” fece sorniona la ragazza.

“Quella ha tutta l’aria di roba che ti sballa. Se la vedesse l’amministr…no, vabbè, probabilmente finanzierebbe la coltivazione.  Diciamo che se invece lo scoprissero Liza e Arisa ci sarebbe davvero da ridere” sentenziò Liz limandosi le unghie.

“Potremmo rubargliela venderla e farci dei soldi!” esclamò Kid rispuntando dalla cucina.

Liz trasalì “Queste cose non le devi neanche dire! Ti ricordo che noi due siamo gli unici maggiorenni in questa stanza! Dovremmo dare il buon esempio!” strillò Liz, rendendosi conto di ciò che aveva appena detto.

“Sì, è una pessima idea. Credo che dovremo trovare un’altra soluzione” commentò Soul, con un’aria così pacata e distratta che mise fine alla discussione, permettendo a Tsubaki di non morire di crepacuore.

Maka, un po’ intorpidita, alzò la testa a guardare il ragazzo che fino ad allora le aveva accarezzato i capelli. Gli sorrise, le faceva piacere sapere che anche lui la pensava così. Era proprio un bravo ragazzo.

Tutto questo lo pensò ignorando il fatto che neanche dieci ore dopo, col favore delle tenebre, lui e Black*Star si sarebbero mossi nel giardino del Chupa Cabras con aria furtiva.

Poco tempo prima che i due si trovassero tra l’erba incolta, Kid si affaccendava esagitato nella propria camera. Faceva un caldo inusitato, ma lui era vestito di tutto punto. Attaccato in cintura aveva anche un piede di porco, che non si sa mai, e anche una cuffietta nera per camuffare le sue stramaledette strisce bianche. Doveva mimetizzarsi col buio, se questo voleva dire morire di caldo, avrebbe sofferto. Death the Kid era un professionista, non uno stronzo qualunque, ma prima di coricarsi a letto fingendosi dormiente era meglio ricontrollare che, tra i suoi arnesi da scasso, non mancasse nessuno all’appello.

Drizzò le orecchie sentendo un rumore sospetto provenire dal disimpegno, che portava alla sua camera. In un attimo s’infilò sotto alle coperte con addosso anche le scarpe e spense la luce.

Quando la porta si aprì con un flebile cigolio, Kid aveva chiuso gli occhi e recitava la parte del bell’addormentato.

Liz, in camicia da notte, attraversò la stanza a passo felpato. Se Kid non fosse stato in modalità rapina non l’avrebbe nemmeno sentita muoversi.

La ragazza alzò un poco il lenzuolo e si infilò sotto con un balzo, accucciandosi accanto al suo coinquilino.

“Kid, sei sveglio?” chiese in un sussurro dolce. “Nì” rispose lui, fingendosi assonnato “stavo per addormentarmi” mentì sfacciatamente.

“Oh” sospirò lei un po’ delusa. Avrebbe voluto fargli una sorpresa, non disturbarlo mentre dormiva o quasi.

Si coricò al suo fianco appoggiando la mano col palmo aperto al petto del ragazzo. “Posso rimanere?” domandò sottovoce. Kid rimase zitto per qualche secondo prima di rispondere. Doveva scendere ad aiutare gli altri, però allo stesso tempo la mano di Liz era davvero calda e piacevole addosso a lui.

“Sì che puoi rimanere” decretò infine. Chi se ne fregava delle piante del dottor Stein, era pronto a scommettere che in quella serra ci fosse un gran casino e a lui il casino non piaceva. Molto meglio rimanere nella sua cameretta ordinata.

Stava ancora ragionando sui vantaggi di tenere in ordine la propria stanza quando sentì il peso del corpo di Liz su di sé. Non era fastidiosa, era piacevole, come quando si erano sdraiati sulla sabbia. Anzi, volendo era anche più piacevole dato che non si stava strinando la schiena.

La sentì cercare le sue labbra al buio, passando la bocca sul mento e gli zigomi, fino ad arrivare a destinazione. L’alito caldo della ragazza era quanto di meglio potesse desiderare, se lo ricordava dal loro bacio in spiaggia ed era ugualmente piacevole.

La sentì mentre gli passava le braccia attorno al collo e faceva scivolare la lingua tra le sue labbra, languida. Sospirò sulla sua bocca, aprendo la propria e beandosi del contatto delle loro due lingue.

Seguì, con la testa vuota da qualsiasi pensiero, la mano di lei che passava dal petto agli addominali, scendendo sempre più in basso. Sapeva dove stava andando e fece un mezzo sorriso pensando a dove era diretta. La mano di Liz però si fermò.

“Kid, perché dormi con la cintura?” domandò perplessa. Lui non fece in tempo a rispondere che Liz aveva aggiunto, stizzita “E quest’affare cos’è?”

“Il piede di porco!” strillò Kid in preda al panico, ricordandosi solo in quel momento di essere andato a letto completamente vestito.

“Che cavolo ci fai a letto con un piede di porco?” chiese Liz a voce fin troppo alta. Nel buio non si capiva più niente. Ci fu un po’ di trambusto, poi finalmente qualcuno riuscì ad accendere l’abat-jour. I due si guardarono negli occhi.

Kid era completamente vestito con tanto di piede di porco, anfibi e cuffietta per celare le sue tre strisce bianche sui capelli.

“Che cavolo stavi facendo?” sbottò lei, che ancora stava tenendo saldamente in mano l’arnese.

“Beh…” Kid la guardò tentennando. “Io, Black*Star e Soul volevamo andare a rubare le piante di Stein” ammise infine, senza girarci intorno.

“Voi siate scemi!” sbottò Liz arrabbiata.

“Ma se vuoi rimango qui” propose lui di getto. Lei proprio non lo capiva, ma non poteva dire di non approvare l’idea.

“Vuoi fare sesso con me?” chiese per sincerarsene, guardandolo sottecchi.  Ormai l’imbarazzo sembrava passato, ognuno diceva quello che gli veniva in mente e Liz non aveva ancora mollato il piede di porco.

“Ah” esalò Kid preso alla sprovvista. Diversamente dalle aspettative, a quella cosa in particolare non aveva proprio pensato.

“Oh, beh…volendo…” accettò “ma prima, devo fare due calcoli!” esclamò, saltando giù dal letto, afferrando un blocco da disegno appoggiato ordinatamente sulla sua scrivania e scappando in cucina.

Liz lo seguì con lo sguardo finché non sparì oltre la porta. Rimase in ginocchio sul letto sfatto per qualche secondo prima di sbottare “Cretino!”

 

§

 

Soul e Black*Star, vestiti di nero, entrambi con le mani in tasca, stavano fermi in mezzo al giardino.

Soul guardò l’orologio constatando che Kid era in ritardo di ben mezzora.

“Secondo me non viene. Kid non è tipo da arrivare in ritardo. Mi stupisce che non abbia neanche lasciato un biglietto” sentenziò.

“Il sottoscritto non ha bisogno di lui per rubare due piante!” esclamò Black*Star a voce alta, ignorando il chiaro segno di silenzio che gli stava facendo Soul.

“Dove cacchio è questa serra?” domandò. Soul, senza parlare, gliela indicò ed entrambi si avviarono in quella direzione.

La serra non era molto grande e si trovava sul retro del cortile del Chupa Cabras, i due rimasero a guardare la serratura, illuminandola con la torcia di Soul.

“Io ho portato il martello” annunciò Black*Star estraendolo da una tasca capiente dei suoi pantaloni.

“Magari è meglio usare una soluzione meno invasiva” consigliò Soul. Si stupiva quasi di essere lui il ragionevole della situazione. Black*Star lo guardò con sospetto “Non mi vorrai mica rubare la scena?” domandò arcigno.

Soul fece una smorfia “Ho una graffetta, se apriamo il lucchetto con questa darà meno nell’occhio che un colpo di martello. E poi è meno rumoroso”

A quel punto toccò a Black*Star fare una smorfia, avrebbe voluto ribattere, ma il ragionamento filava. Rimase in silenzio a fare luce a Soul con la torcia, mentre quest’ultimo infilava la graffetta nel lucchetto cercando di aprirlo.

Ci volle parecchio tempo, parecchio sudore e parecchie imprecazioni, prima che la chiusura finalmente cedesse.

Rimasero entrambi basiti. Ci era voluto un secolo, ma finalmente ci erano riusciti. Soul, con due dita, aprì la porticina cigolante della serra, trovandosi infine a contatto col tesoro che conteneva.

“Yahuuu! Con questa roba diventeremo ricchi!” urlò Black*Star al culmine della felicità. Soul non fece in tempo a zittire l’amico che una mano  pesante si posò su entrambe le loro spalle.

“Buonasera ragazzi” salutò una voce lugubre che i due riconobbero come quella del dottor Stein. Entrambi si voltarono sudando freddo. Dietro alle lenti degli occhiali non riuscivano a vedergli gli occhi. Soul non ricordava di aver mai avuto così tanta paura in vita sua, le portinaie dicevano che il dottor Stein mangiava i gatti, si dilettava nell’organizzare sacrifici umani e vivisezionava i serpenti. Lui non aveva mai creduto a quelle dicerie, ma vedendo l’espressione dell’uomo non poté far altro che pensare che tutto quello che era uscito dalla bocca di Liza e Arisa fosse vero.

“Allora ragazzi, queste signorine sono tutti maschi e non producono nulla di commerciabile. Sto conducendo uno studio per farle diventare tutte femmine, quindi, se non volete che faccia cambiare sesso anche a voi, state alla larga dalla mia serra”

 

§

 

Un cellulare vibrò nel buio, svegliando la sua padrona, che dormiva beatamente a pancia in giù nel suo letto. Maka aprì un occhio e fissò con astio la luce azzurrina che si era accesa sul comodino. Lo afferrò senza riuscire ad aprire gli occhi abbastanza da riuscire a vedere il nome sul display.

“Chi è?” fece assonnata e astiosa a seguito di uno sbadiglio.

“Maka? Sono Soul. Non è che potresti scendere in giardino?” domandò dall’altra parte il ragazzo. Maka, svegliandosi di colpo, guardò il telefono con un’espressione tra la rabbia e la perplessità.

“Ma sono le tre di notte! Sei scemo?” esclamò a voce più alta di quanto avrebbe voluto. Soul sospirò, consapevole della sua colpa “Lo so. Se non fosse stato importante non ti avrei chiamata. Io e Black*Star abbiamo avuto…ecco…un…inconveniente. Sì, un inconveniente, e dato che ci troviamo in una posizione un po’ scomoda…mi chiedevo per caso non potessi venire a darci una mano, ecco…” spiegò con il terrore che la ragazza buttasse giù il telefono da un momento all’altro.

Strizzò gli occhi e incrociò le dita, terrorizzato all’idea che lei potesse chiudere la chiamata e rimettersi semplicemente a dormire.

Maka strinse il telefono come se volesse romperlo poi alla fine sussurrò un Va bene conciso e non troppo entusiasta, prima di mettersi le scarpe e scendere ancora in pigiama.

Si avviò per il giardino stringendosi nelle spalle, era caldo, ma appena svegliata sentiva sempre freddo. Si guardò in giro stupita, non vedeva Soul da nessuna parte. Perché cavolo l’aveva chiamata? E poi cosa stava facendo, si nascondeva? Era furiosa, stringeva in mano il cellulare quasi convulsamente, vestita soltanto con un paio di pantaloncini troppo corti e una canottiera.

Soul, del canto suo, la vedeva benissimo invece, era proprio sotto la luce della luna, che quella sera era incredibilmente luminosa.

“Maka” chiamò piano, vedendola pigiare sui tasti del telefonino con tutta l’intenzione di chiamarlo, probabilmente.

La ragazza alzò la testa e guardò nella direzione della voce, ma continuò a non vedere nessuno. Sbatté le palpebre, ma individuò due grossi stracci di stoffa appesi alla recinzione del giardino.

Sbatté nuovamente le palpebre e aggrottò le sopracciglia avvicinandosi con fare circospetto. Sembravano quasi dei baccelli.

Si impietrì rimanendo ferma a qualche metro dal cancello rendendosi conto che uno dei due baccelli la stava salutando.

Maka si avvicinò con una smorfia che preannunciava guai “Che cavolo state facendo lì?” sbottò rabbiosa.

“Abbiamo avuto qualche inconveniente…col dottor Stein…ecco…” fece Soul senza guardarla negli occhi, mentre lei si era avvicinata così tanto da guardarli da sotto.

Con le mani sui fianchi arricciò le labbra “Il dottor Stein…non sarete mica andati nella sua…”cominciò senza trovare la forza di finire la frase.

“…serra” concluse Soul mogio.

“Siete due cretini!” urlò lei, guardandoli minacciosa, incurante del fatto che fosse piena notte. Soul distolse lo sguardo, colpevole. Maka si morsicò l’interno delle guance irritata, avrebbe voluto salire le scale e tornarsene a letto lasciandoli appesi come due salami, come si meritavano.

Probabilmente si fece impietosire dal fatto che Soul non la guardasse in faccia, vergognoso. Si morse il labbro, indecisa sul da farsi, e infine andò a recuperare una scala tra gli arnesi da giardinaggio intenzionata a farli scendere. Vedendola tornare con in mano la scala, Black*Star alzò il pollice in segno d’assenso e lei lo guardò male. probabilmente fu in quel momento che il ragazzo iniziò a trovare un po’ più di simpatia per Maka.

Non era nemmeno sceso del tutto che aveva già iniziato a dire “Bene Soul, torniamo alla carica?”

Maka lo incenerì con uno sguardo e Soul fece un salto indietro, non credeva fosse possibile aprire così tanto gli occhi.

“Che cacchio dici!?” sbottò spiritata e Soul non si sarebbe stupito se le codine le si fossero rizzate in testa come due corna.

“Black*Star” cominciò a dire Soul, a voce bassa “forse è meglio lasciar perdere. Non credo che il dottor Stein d’ora in poi starà meno attento alla sua coltivazione”

Black*Star sbuffò, iniziando a borbottare tra sé a braccia conserte. “E poi non sarebbe una buona cosa se Mifune venisse a scoprire che volevamo metterci a rubare roba del genere” aggiunse il ragazzo. Black*Star alzò gli occhi al cielo. Non era nel suo stile arrendersi, ma doveva ammettere che in quel caso c’era ben poco da fare.

“Quindi mi consigli di tornare a casa?” chiese cupo. Soul fece una smorfia che poteva essere un mezzo sorriso ma anche un’espressione di dolore, dalla quale il suo interlocutore dedusse che, in effetti, fosse meglio ritirarsi.

Sospirò rumorosamente, guardando sottecchi Maka. Deduceva che uno dei motivi del passo indietro di Soul fosse dovuto alla presenza di lei. “Per ora vado, ma quando sarò Re, tutte le piante bisessuali del mondo saranno mie”

Soul annuì serio mentre Maka strabuzzava gli occhi nel vedere Black*Star correre via.

“Piante bisessuali?” domandò e per un secondo si dimenticò di essere arrabbiata. Soul scosse la testa.

“Lascia perdere. Il dottor Stein ha detto che se ci trova ancora in mezzo alle sue cose ci fa cambiare sesso. Non mi ha descritto la procedura che intende usare, ma non ci tengo a venirne a conoscenza” spiegò con un sospiro abbacchiato.

Maka gonfiò le guance e incrociò le braccia, ricordandosi perché era tanto arrabbiata.

“Siete due cretini. Tu in particolare sei un cretino” sbottò adirata, dando segno di volersene andare. Lui l’afferrò per un braccio “Maka” chiamò. In realtà non aveva nulla da dire, non sapeva neanche se chiederle scusa, alla fin fine non le aveva fatto direttamente nessun torto.

Lei decise che avevano ancora qualche cosa da dire perché lo guardò masticandosi l’interno delle guance con un’espressione che dava da pensare che stesse trattenendo in bocca un fiume di parole “Cretino!” esclamò ancora. Era l’unica cosa che le veniva da dire e se solo Soul non si fosse sentito così incredibilmente mortificato avrebbe notato come il tono della ragazza fosse simile a quello del signor Excalibur.

“Avevi detto che era meglio lasciar perdere e l’avevi detto solo perché c’ero io e non volevi che mi arrabbiassi, no?” strillò fuori di sé dalla rabbia, stringendo le labbra in attesa di una sua risposta.

Soul distolse lo sguardo e si grattò la testa.

“Vero” ammise faticosamente.

“Cretino!” rincarò la dose lei. “Cosa credevate di fare davvero? Avete i cavolfiori nel cervello?”

Lo guardò in attesa che ribattesse, mentre il suo piedino batteva nervoso nella polvere del cortile. Ci volle un po’ perché sussurrasse “Mi sembrava una buona idea”

“Non è una buona idea” sentenziò lei, che non si era calmata nonostante lui le stesse dando ragione.

“Adesso lo so” fece notare.

“Adesso io, invece, torno a letto” annunciò, sempre piuttosto indignata voltandogli di nuovo le spalle con la ferma intenzione di tornarsene a casa propria.

“Maka” chiamò di nuovo, altrettanto mestamente, il ragazzo.

“Che c’è?” chiese brusca voltandosi a guardarlo.

“Hai sonno? Io adesso non riuscirei a dormire” disse guardandola negli occhi, con le spalle un po’ chine.

“Hai qualche idea migliore?” domandò lei, sempre con poca gentilezza. Non gliela avrebbe fatta passare liscia a quel cretino.

Soul alzò le spalle “Io dopo essere stato appeso alla recinzione non ho per niente sonno. Stiamo un po’ in giardino, tanto adesso Spirit dorme, non si accorgerà che non ci sei”

Maka lo guardò sospettosa. In effetti era una bella serata e adesso che si era svegliata non aveva più freddo. Quella era davvero un’estate torrida.

“Guarda che sono ancora arrabbiata con te” rese noto, dirigendosi nel mezzo di una macchia d’erba relativamente verde. Si lasciò cadere per terra di peso e si mise a guardare le stelle. Soul le si avvicinò e si sdraiò accanto a lei. Rimasero in silenzio per un po’, finché Maka non esordì, scocciata “Per colpa di quel lampione non si vedono le stelle. È un fregatura”

Sembrava che la sua rabbia verso Soul fosse, almeno in parte, evaporata. La terra era fresca e c’era un’atmosfera incredibilmente tranquilla, non lo si sarebbe nemmeno detto che quello era il Chupa Cabras.

“Boh, non lo so. Mi sta vendendo sonno” pigolò Soul, sbadigliando a occhi chiusi.

La ragazza si puntellò sui gomiti “Allora sei scemo!” brontolò anche se non era davvero arrabbiata. Soul aprì gli occhi allarmato. “Non avevi detto che non avevi sonno?” domandò ispida. Lui si mise nella stessa posizione in cui stava lei e la fissò “E’ che non stiamo facendo niente. Mi annoio” lamentò.

Maka soffiò facendo volteggiare la frangia “E cosa vorresti fare? Parlare di come Black*Star potrebbe mantenersi?”

Soul fece spallucce “Perché, hai qualche idea?” la sfidò. Maka aggrottò le sopracciglia “Quello è così scemo che se si trovasse i soldi di Mifune in una busta bianca, nella cassetta delle lettere li accetterebbe senza pensarci” disse tra sé. Soul sbatté le palpebre qualche volta e lei si voltò a guardarlo stupita che non ribattesse, lui la guardava fisso. “Stavo scherzando” spiegò, seria.

“Secondo me potrebbe funzionare” esalò invece lui, prendendola alla sprovvista. Fece una risatina mostrando la sua dentatura da lupo “Credo che dirò a Tsubaki di consigliarlo a Mifune”

“Bah” sbuffò la ragazza gonfiando le guance. Soul le diede un buffetto sulla pancia “Sei un genio!” ridacchiò.

“Ma piantala!” sbottò lei stizzita alzando un braccio, con tutta l’intenzione di colpirlo e fargli del male. il ragazzo fu più veloce ad afferrarle la mano, prima di venir colpito, e a rotolare sopra di lei.

“Soul…”iniziò a dire prima che tutte le possibili lamentele venissero soffocate dalla bocca di lui.

Lei gli prese la faccia tra le mani e lo spostò a forza “Sono ancora arrabbiata con te!” sbottò mordendosi il labbro inferiore.

Soul annuì “Lo so” ammise ridacchiando, prima di mettersi a baciarle il collo. Fu allora che gli arrivò un cazzotto.

“Oh” piagnucolò rotolando via e rimettendosi seduto, tenendosi la testa tra le mani. Maka, in ginocchio, sbuffò sonoramente e incrociò le braccia.

“Cretino” brontolò tra sé, mentre lui la guardava sottecchi con gli occhi lucidi.

Rimasero di nuovo in silenzio per un po’, senza guardarsi negli occhi. Finché Soul non allungò un poco la mano nella sua direzione, tenendola raso terra.

Lei guardò le dita di Soul e le afferrò, mantenendo però un’espressione piuttosto severa.

“Non mi devi zittire quando sono arrabbiata” borbottò stringendo le mano attorno a quella di lui.

Soul non disse niente, ma tirò abbastanza da far spostare Maka dalla sua posizione in ginocchio e mettersela addosso. Chiuse gli occhi quando vide che le labbra di lei si stavano avvicinando alle sue. Sospirò sentendole calde e morbide, anche lei era meravigliosamente calda. Poteva toccarle le gambe nude e bearsi del solletico che i capelli biondi gli facevano sul collo. Ansimò, nel sentirla muoversi, strisciando involontariamente i fianchi contro il suo bassoventre. Le gambe si erano intrecciate, non avrebbe saputo dire come, ma gli sembrava che fosse impossibile poterla allontanare da sé.

Le accarezzò il sedere, la schiena e i fianchi, fino a ritrovarsi con le mai appoggiate sull’elastico dei pantaloncini del pigiama della ragazza. Sospirò sentendo la lingua di Maka lungo il collo e senza altre remore infilò una mano sotto l’orlo degli slip. Le accarezzò il sedere e poi scivolò più in basso. Aprì gli occhi per osservarla mentre si mordeva le labbra e lo guardava con lo sguardo deciso. Si appropriò nuovamente della sua bocca per martoriarla più di quanto già non fosse, mentre lei ansimava sempre più rumorosamente. La sentì inarcarsi sopra di sé e sospirare nel suo orecchio, mentre col le braccia stringeva sempre di più il suo collo, fino a che, strizzò gli occhi così tanto da avere le ciglia umide.

Deglutì e alzò il viso per guardarlo negli occhi. Soul ricambiò lo sguardo e si morsicò le labbra prima di chiedere “Maka…vuoi?”

 

 

Aki_Penn parla a vanvera:

Spero che il titolo del capitolo non sia stato fuorviante, anche se credo lo sia stato. Ho odiato da morire questo capitolo, spero davvero che non si veda troppo leggendolo. *-*

Comunque, se la cosa vi interessa, sono molto emozionata al pensiero di dover scrivere il prossimo pezzo. Spero che l’entusiasmo non svanisca. Vi avverto subito che probabilmente sarà quasi tutto incentrato su Soul e Maka. Ci tengo anche a precisare che la fine del capitolo non è una bastardata fatta apposta. Essendoci il rating arancione non avrei comunque potuto descrivere la lemon, quindi ho optato per tagliarla del tutto. ù.ù

Anche se a qualcuno l’ho fatto sapere individualmente, lo scrivo anche qui: ho deciso di non scrivere, per ora, la one-shot di Natale, un po’ perché ho poco tempo, un po’ perché sarebbe stata un po’ spoilerante, in quanto ambientata due anni dopo la fine degli scalini.

Per concludere non posso far altro che ringraziarvi dei commenti e di tutto il sostegno, non immaginate quanto mi faccia piacere sapere che seguite questa storia! Grazie grazie grazie!*-*

 

Aki_Penn

 

 

 

 

   
 
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