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Autore: Melanto    15/12/2011    8 recensioni
Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Alla disperata ricerca del Principe scomparso, mentre nel cielo rosseggia un'alba che odora di guerra. Una lotta contro il tempo per ritrovare la Chiave Elementale, prima che finisca nelle mani del Nero, e salvare il pianeta.
Siete pronti a partire?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Elementia Esalogy'
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ELEMENTIA
- The War -





CAPITOLO 11: I segreti di Mamoru (parte I)

Dhyla – Regno degli Ozora, Terre del Sud Nord-occidentali

La serenità del viaggio aveva cominciato a vacillare quando mancava una settimana per giungere alla nuova meta.
In tutto quel tempo, né Hajime né Teppei avevano capito il perché, tuttavia si erano astenuti dal fare domande poiché Mamoru sembrava così avverso e malevolo che una sola parola sbagliata avrebbe potuto scatenare una catastrofe.
Anche Yuzo se n’era accorto, mostrandosi più accondiscendente del solito, ma diversamente dai compagni i motivi li conosceva.
Erano a Dhyla, la città natale di Mamoru e quest’ultimo non nascondeva il desiderio di essere altrove.
Il famoso mercato perenne li aveva accolti appena varcata la porta Nord, lasciando Aria, Acqua e Terra di stucco: dopo Raskal, quella era senza dubbio la più grande città che avessero mai visto. Il mercato era ovunque per un tratto che si perdeva a vista d’occhio e la gente che lo popolava, spostandosi tra le bancarelle, non era stimabile.
Il gruppo si era fermato sul limitare per ammirarlo dall’esterno prima di lasciarsene inghiottire.
In confronto, a Dhèver c’erano stati quattro gatti.
“I-io… non ho mai visto una cosa simile.” Teppei ne era rimasto ben oltre l'affascinato. Sgomento era il termine più adatto. Continuava a guardarsi attorno mentre camminavano adagio, cercando di farsi spazio assieme ai cavalli.
A una prima occhiata si sarebbe potuto dire che vendevano di tutto, dagli oggetti di uso più comune, ai gioielli; dagli abiti al cibo, dalle armi agli animali da lavoro. E le merci provenivano dai luoghi più disparati del Regno degli Ozora.
A qualcuno servivano semi di Ibisco di Punta Maar, la località più a Sud del continente?
Li avevano.
A qualcuno servivano uova di folandra bianca, un pesce che viveva a dieci chilometri di profondità, per fare la più gustosa zuppa di mare di Elementia?
Le avevano.
A qualcuno serviva siero di zaikotto, merce rarissima per i Naturalisti?
Lo avevano.
A Dhyla si poteva trovare tutto, anche le cose di cui si ignorava l’esistenza.
Yuzo era sopraffatto. Aveva più volte tentato di esprimere un parere, ma si era reso conto che ogni commento non sarebbe stato abbastanza esaustivo, così aveva preferito tacere. Dhyla era un posto che poteva essere solo osservato e vissuto, per poter tirare le somme alla fine.
Il suo sguardo si perse in tutto ciò che c’era da vedere, ed era troppo per i suoi occhi abituati a realtà molto più piccole. A dire il vero, quel tutto così denso lo spaventò un po’.
D’istinto si girò a cercare Mamoru. Quella era la sua città, ci era nato, avrebbe potuto scorgere una maggiore sicurezza in lui che la conosceva meglio. Eppure, quando i suoi occhi lo trovarono, percepirono sì sicurezza, ma così gelida da fargli dimenticare che fosse un Elemento di Fuoco. Il suo sguardo era rigido, dritto in avanti, ignorava l’immensità spropositata in cui erano immersi come se non fosse degna di nota o, peggio, come se non esistesse.
“Non perdiamo tempo e organizziamo il lavoro” esordì la Fiamma con un tono perentorio che nulla aveva a che fare con quello cui erano abituati. Adesso sembrava davvero il comandante di una missione, anzi, forse era addirittura peggio. “La prima cosa da fare è andare alla locanda, dopo mi recherò subito dal Doge. Provvedete a girare per la città come da prassi e tu, Teppei, vedi di non distrarti con il mercato” sottolineò freddamente tanto che l’interpellato non protestò dicendogli che era un musone, ma si limitò ad assentire.
Leggermente più arretrato, Yuzo era preoccupato.
Aveva sempre saputo che le cose sarebbero state diverse lì, ma più il tempo passava, più uno strano sentore di pericolo sembrava rendere l’aria densa e pesante. Un pericolo inevitabile.
Yuzo sospirò piano anche se, con la confusione che c’era, non l’avrebbero udito comunque. Sperando di trovare rassicurazioni e consiglio nel cielo, come faceva spesso, sollevò il capo e si fermò. Era incredibile come avesse fatto a non notarli. Il clima teso aveva rubato tutta la sua attenzione, ma ora la maestosità dei ciliegi di Dhyla gli riempiva gli occhi, cancellando tutto il resto. Il mercato sembrò non esistere più, le bancarelle si dissolsero assieme al rumore caotico. C’erano solo il silenzio e quel tripudio di bianco e rosa che pioveva delicatamente e con discrezione, senza fare il minimo rumore.
I filari sembravano infiniti, si perdevano tra i banchi del mercato, ed erano così belli che a Yuzo parve di non aver mai visto niente di simile.
Poi si ricordò.
Quella stessa sensazione di magnificenza e calma insieme, quell’esplosione di petali lui le aveva già viste e vissute, mesi prima a Raskal, in quella terrazza che era un piccolo giardino nascosto.
E ricordò anche che, tra quei ciliegi, non era stato da solo.
Volante, ma che diavolo fai? Ti sei addormentato? Datti una mossa!”
Il brusco richiamo di Mamoru interruppe la sua contemplazione, ma questa volta Yuzo osservò la Fiamma con occhi diversi. Anche se non faceva niente per nascondere quanto odiasse quel posto, anche se ignorava ciò che nessuno sarebbe mai stato in grado di ignorare, Mamoru era legato a quella città ancora e nonostante tutto. Una parte di lui, connessa a quegli alberi, seguitava a rimanergli accanto ovunque andasse.
“E allora? Ti vuoi muovere?!” Mamoru lo afferrò malamente per un braccio, strattonandolo. “Si può sapere che hai da guardarmi con quella faccia? Non ho voglia di perdervi nel mercato come è successo a Dhèver.”
“Ora capisco perché conoscevi così bene i ciliegi” replicò Yuzo. “Qui sono ovunque.”
Mamoru si irrigidì, cambiando espressione. Di colpo ricordò di Raskal e del giardino, del volante che non ne aveva mai visti e di lui che era andato lì per rifugiarsi su quegli alberi che avevano un significato particolare e doloroso allo contempo. Indissolubile.
“Sono bellissimi” Yuzo rivolse loro un’ultima occhiata di sincera ammirazione.
Mamoru si disincagliò dalla rete con forza. “Sta’ zitto. Non sai nemmeno di che parli” bofonchiò, trascinandolo via per raggiungere anche Hajime e Teppei, fermi poco più avanti. Questa volta era intenzionato a tenerli tutti uniti, non poteva rincorrerli.
“Mamoru?”
Una voce di donna, però, lo fermò. Anche nel caos l’aveva riconosciuta subito e la stretta attorno al polso del volante si fece di colpo serrata, tanto che l’espressione dello stesso Yuzo virò in preoccupazione.
La Fiamma si volse e le sue iridi nere incontrarono quelle di un caldo color miele che ridevano, cordiali.
La donna, sconosciuta agli altri, apparve bella ed elegante, di media statura. I capelli, di un bronzo lucente, erano raccolti in una crocchia e indossava abiti dai tessuti ricchi. Si proteggeva dal sole con un grazioso ombrellino.
Mamoru sembrò volerla incendiare sul posto. Aveva gli occhi spalancati e le labbra piegate in una smorfia carica di sdegno. Yuzo si allarmò ancora di più.
“Mamoru, sei proprio tu. Quando sei tornato?”
La dama allungò incautamente una mano verso la Fiamma nel tentativo di fargli una carezza, ma il giovane l’allontanò con uno schiaffo, gelando il Tritone e il tyrano sul posto. Yuzo addirittura sussultò.
“Non toccarmi” sibilò velenoso. “Come osi rivolgerti a me con tanta confidenza? Mi sembrava di essere stato chiaro: noi non abbiamo niente da spartire.”
Gelava, Mamoru lo sentiva. Il suo sangue s’era spento all’improvviso. Aveva freddo anche se il sole era a picco sulle loro teste.
Non era possibile che in tutta quella confusione avessero incontrato proprio lei. Non era possibile, ci doveva essere una qualche congiura in atto, di sicuro.
La donna parve mortificasi. Il sorriso perse il genuino entusiasmo iniziale, ma restò comunque cortese.
“Sì, hai ragione. Perdonami.” Notò solo allora gli altri Elementi e tentò di essere accogliente almeno nei loro confronti. “Hai portato degli amici-”
“Questi non sono affari che ti riguardano.”
Yuzo era sconvolto: Mamoru non si era mai comportato in quel modo, con nessuno, nemmeno con gli estranei. Nemmeno con lui.
“Non essere maleducato” tentò di intervenire ma l’unica risposta che ottenne fu un’occhiata così minacciosa da seccargli la gola in un istante. La stretta attorno al polso iniziò a fargli male.
“Non importa.” La donna sorrise ancora, ma dal viso trapelava un’espressione di palese dispiacere.
“Vedi di non intralciarmi. Stammi alla larga e stai alla larga da loro. Intesi?”
Mamoru non attese nemmeno che rispondesse e se ne andò, trascinando un recalcitrante Yuzo. Quest’ultimo tentò di divincolarsi, volgendo di tanto in tanto lo sguardo alle sue spalle dove la donna sconosciuta appariva e spariva tra le persone.
“Vuoi smetterla di agitarti, dannazione?!” sbottò la Fiamma.
“Lasciami andare, devo scusarmi con lei! Sei stato scortese! Non ti aveva fatto nulla-”
Mamoru si fermò di colpo e in maniera inaspettata, tanto che Yuzo gli sbatté contro.
Il volante si ritrovò il suo viso a un palmo e poté quasi avvertire il calore bollente dei tizzoni che ardevano nei suoi occhi.
“No, tu non farai proprio un bel niente, mi hai capito? Niente!” ringhiò la Fiamma. Sembrava un golkorhas inferocito. “E lo stesso vale per voi!” Ad Hajime e Teppei rivolse solo la coda dell’occhio. “State lontani da quella donna. Se vi pesco a parlarle, ve ne farò pentire amaramente. Questo è un ordine.”
Acqua e Terra si scambiarono prima un’occhiata tra loro, poi annuirono. Mamoru tornò a fissare il volante.
“E tu, mi hai capito?”
“Ma… lei non-”
“Mi. Hai. Capito?”
Yuzo distolse lo sguardo.
“Sì, ho capito…”
“Sto parlando sul serio, Yuzo. Questa volta non tollererò disobbedienze, fai una mossa falsa e ti ritroverai a pregare di non esser morto prima.” Con un gesto secco lo lasciò andare per rimettersi alla testa del gruppo.
“Posso almeno sapere perché?”
La Fiamma lo incenerì con un’occhiata che tradiva sconcerto: possibile che il volante non si rendesse conto quando era meglio non impicciarsi degli affari altrui?
“Non ti riguarda.”
“Non mi riguarda? Non sei da solo in questa missione-”
“Lei non fa parte della missione e tutto ciò che non vi rientra non sono affari tuoi. Non voglio sentire una parola di più. Muoviamoci.”
“Sappi che non approvo il tuo comportamento.”
“Problema tuo, non devi approvare, ma solo eseguire. Avevamo fatto un patto a Sendai, se non sbaglio è ancora valido” fu la sua ultima parola. Neanche si volse, anzi, aveva già ripreso a camminare, lasciando indietro i compagni che ora apparivano ancora più confusi.
“Di quale patto sta parlando?” domandò Hajime ma Yuzo gli passò accanto assieme al proprio cavallo senza rispondere.
Il tyrano affiancò il Tritone, emettendo un sospiro preoccupato.
“Ho paura che questa sarà una tappa molto, molto difficile.”
“Lo temo anche’io. Teniamoci pronti.”

“You only see what your eyes want to see /
Vedi solo quello che i tuoi occhi vogliono vedere.
How can life be what you want it to be? /
Come può la vita essere quella che tu vuoi che sia?
You’re frozen /
Sei gelido,
when your heart’s not open /
quando il tuo cuore non è aperto.

 

Camminarono spediti senza chiedere informazioni nemmeno una volta e senza mai consultare la cartina.
Ad Hajime parve molto strana tutta la sicurezza con cui Mamoru si destreggiava per la città, sembrava quasi che la conoscesse e pure molto bene. Senza contare, poi, la comparsa di quella donna. Sì, la Fiamma era già stato a Dhyla, ne era sicuro, ma lui preferì continuare a non fare domande, la situazione era già abbastanza tesa così.
Mamoru rimaneva davanti a tutti, facendo da guida, e senza mai voltarsi indietro. Sapeva già in quale locanda fermarsi, era la stessa dove alloggiava quelle rare volte che tornava in città. Non si sognava neppure di dormire a casa. Con quel posto, lui non aveva niente da spartire se non un’unica cosa, che era anche il solo motivo per cui rientrava a Dhyla.
La Fiamma avanzava senza guardare in faccia nessuno o fermarsi un solo momento, voleva chiudere quella tappa il prima possibile e passare oltre. Magari per sempre. In più ci si era messo anche Yuzo a farlo irritare con quel suo solito atteggiamento troppo cortese e corretto.
Andare a scusarsi con lei?!
Tsk! Non sapeva niente. Niente.
E Mamoru sentiva che più restava lì, più gli risultava difficile contenere la rabbia. Ci provava, ma lo sforzo diveniva inumano a ogni passo.

“Ora capisco perché conosci così bene i ciliegi.”

Ancora si ricordava di quella sera a Raskal?
Era una cosa talmente insignificante che lui l’aveva rimossa. O almeno così tentò di convincersi, fingendo di dimenticare, invece, come le parole che il volante che gli aveva detto quella stessa sera fossero rimaste impresse dentro di lui ben più di prima, in maniera inesorabile.
A Sendai, molte cose erano cambiate e continuavano a cambiare velocemente, ma lì, in quella maledetta città, le avrebbe fermate una volta per tutte. Perché erano inaccettabili, perché aveva promesso e quella promessa era tutto ciò gli fosse rimasto di sua madre. Non poteva permettere al volante di intromettersi, di insinuarsi ancora di più di quanto già aveva fatto. Doveva arrestare la sua avanzata tra le fiamme del suo spirito che non aveva mai sentito tanto fredde.
Poteva farlo.
Lui era più forte di qualsiasi legame.
“Bene, fermiamoci qui” ordinò, bloccandosi davanti all’ingresso della locanda. Mollò le briglie a Teppei e si portò le mani ai fianchi. “Lascio a voi i convenevoli: affitto delle stanze e sistemazione bagagli. Una volta a posto, sparpagliatevi per Dhyla e cercate quante più informazioni possibili. Ovviamente, con questo caos non pretendo miracoli. E non dimenticate ciò che vi ho detto: state alla larga da quella donna. Non fermatevi a parlare con lei, non ascoltatela e, se la vedete, cambiate strada. Ci siamo capiti?”
“Sì” risposero in coro i suoi compagni anche se privi del solito entusiasmo. A lui non importò.
“Vado dal Doge, ci ritroveremo in serata.”
Yuzo si mosse per seguirlo, ma la Fiamma lo bloccò puntellandogli due dita sul petto.
“No volante, tu non vieni.”
Il giovane non nascose la perplessità. “Ma… è mio compito-”
“Non questa volta. Vado da solo.”
Yuzo tirò un profondo sospiro. Si portò una mano al fianco e massaggiò con l’altra il centro della fronte.
“Mamoru, devo ricordarti che le uniche volte che-”
“E’ diverso. Ma non voglio stare qui a discutere: il mio è un ordine e tu obbedirai.” Era irremovibile. “Non ti voglio, non mi servi.”
Si fissarono in silenzio fino a che non fu Yuzo a distogliere per primo lo sguardo, sconfitto. Gli occhi di Mamoru erano… indecifrabili. Ardevano d’ira repressa, odio, poi, d’improvviso, diventavano freddi come il ghiaccio e la pece si cristallizzava e si faceva tagliente, come ossidiana. Erano schiaccianti. La loro superiorità era paragonabile a una mano gigante che lo sfracellava al suolo.
Non replicò, ma ingoiò con forza.
Mamoru si volse, incamminandosi verso la sua destinazione senza chiedere nemmeno di dare un’occhiata alla mappa di Hajime, tanto non ne aveva bisogno.
Yuzo richiamò un’ultima volta la sua attenzione, ma lui non si girò.
“Hai dimenticato il permesso reale!”
“Non mi serve.”
Lo sguardo del volante si fece ancora più allarmato e confuso.
“Ma che-”
“Lascialo fare." Hajime lo trattenne per un braccio. "Se dice di non averne bisogno, ci sarà un perché.”
“Ma Mamoru non è mai andato d’accordo con i Doge! Non sa come trattarli! E senza il permesso non-”
“Yuzo, lo so. Mamoru si sta comportando in maniera molto strana da quando abbiano iniziato a viaggiare per raggiungere questa città e in altre occasioni avrei appoggiato ogni tua osservazione, ma per questa volta sarebbe il caso di obbedire senza fare storie. Anche tu.”
Il volante abbassò il braccio che stringeva il permesso, cessando le proteste.
“Mamoru è come un vulcano, basta un niente per farlo esplodere. Evitiamo di creare scintille.”
Teppei annuì alle parole sagge dell'amico di infanzia e cercò di stemperare il clima di tensione.
“Dai, vedrai che una volta che ce ne saremo andati, tornerà il Mamoru di sempre. Non prendertela.”
Yuzo ricambiò come poté il sorriso del tyrano e annuì.
“Prendo i vostri cavalli?” chiese loro un garzone.
“Sì, grazie” accettò Hajime.
Scaricarono i bagagli e tutti insieme entrarono nella locanda. L’interno si presentò interamente in legno di abete rosso, luminoso. Sulla parete erano disegnati petali di fiori, gli stessi che riempivano il cielo di Dhyla.
“Benvenuti, viaggiatori. In cosa posso servirvi?” domandò l’oste dal sottile baffo scuro e il sorriso cordiale. Hajime si fece portavoce del gruppo.
“Avremmo bisogno di quattro camere.”
L’uomo controllò il registro, aggrottando le sopracciglia.
“Mi dispiace, ma al momento disponiamo solo di una doppia; si potrebbe adattarla come tripla, ma visto che siete in quattro…”
Hajime picchiettò il dito sul bancone, pensieroso. Guardò i suoi compagni.
“Allora dovremo provare altrove…”
“Ma Mamoru è convinto che alloggeremo qui, come lo avvisiamo?” domandò Teppei.
“Perdonatemi, avete detto Mamoru? Mamoru Izawa, Elemento di Fuoco?”
“Sì…” rispose il Tritone alla curiosa domanda dell'oste e questi allargò un caloroso sorriso.
“Ma potevate dirlo subito di essere amici del figlio del Doge!” Senza prestare minimamente attenzione alle espressioni di pura sopresa dei tre giovani avventori, prese dal muro due mazzi di chiavi e li appoggiò sul bancone. “Ecco, questa è la doppia rimasta libera e questa è la chiave della stanza che noi riserviamo sempre al signorino quando torna a casa. Possiamo adattarla per essere una doppia a sua volta. Vi farò portare subito un altro letto.” L’oste nemmeno si rese conto di quanto li avesse lasciati sgomenti. “Voi due portate di sopra i bagagli dei signori!” ordinò a un paio di ragazzi che si misero subito in movimento, poi si rivolse nuovamente a loro, porgendo il registro. “Prego, se volete mettere una firma.”
Yuzo oppose una sorta di scarabocchio illeggibile, tentando di mantenere la lucidità che ad Acqua e Terra era venuta a mancare.
“Vi ringraziamo.” Il volante fece un breve inchino, sorridendo, ma l’oste non poteva certo riconoscere gli incantesimi di Alastra.
I giovani tornarono all’esterno della locanda e la prima cosa che fecero, una volta fuori, fu di scambiarsi una lunga occhiata allibita.
“Il figlio del Doge?” sbottò Teppei, rubando quasi le parole di bocca al Tritone. "Ma nessuno sapeva che il più alto funzionario di questa città faceva cognome Izawa?!"
“No, la lista con tutti i nomi e le destinazioni ce l'ha Mamoru..." Hajime annuì adagio. "Ecco perché sapeva esattamente come muoversi in questo caos ed ecco perché non aveva bisogno di essere accompagnato.” Si passò una mano tra i capelli. “Yuzo, tu ne eri proprio all'oscuro?”
Il volante sospirò, guardandosi le mani. “Mi aveva detto di essere di Dhyla, ma non aveva specificato chi fosse suo padre.”
“Tutto questo mi piace poco. Perché nasconderci una cosa simile? Non c’è niente di male! E poi che voleva dire l’oste con: ‘è la camera che gli teniamo da parte’? Perché dorme in una locanda?”
“Mamoru sembra non andare molto d’accordo con il padre, stando a quando mi ha detto” spiegò Yuzo. “Ma non mi ha rivelato il perché. Non so altro.”
Il Tritone respirò a fondo, passandosi ancora una volta una mano tra i capelli. Il ciuffo ribelle tornò a scivolare sull’occhio. “D’accordo, sentite. Meno ci immischiamo e meglio sarà. Mamoru non lo tollererebbe e potrebbe finire davvero male questa volta. Seguiamo i suoi ordini e non discutiamo. Ovviamente non una parola o domanda in merito al Doge.”
“Va bene” annuì Teppei, ma Yuzo era meno convinto. Ed era preoccupato. Sapendo cosa si provasse a trovarsi senza genitori, si sentiva ferito nel vedere la famiglia di un amico così frammentata e poi l’aveva avvertito quella sera a Rhanka, nel modo in cui gli aveva stretto gli abiti, che anche Mamoru ne soffriva profondamente, anche se tentava di nasconderlo in tutti i modi.
Da quando erano arrivati a Dhyla, il giovane si era sempre mostrato gelido, come se avesse bloccato la sua fiamma nel ghiaccio, ma lui sapeva quanto invece ardesse dietro l’apparenza.
La voce di Hajime lo riscosse.
“Yuzo, vale anche per te. Soprattutto per te” disse con preoccupazione. “Io lo so che le tue azioni sono sempre mosse dai buoni propositi ma, almeno per questa volta, non intervenire, va bene? Fai sempre quello che ti dice.”
Il volante capitolò, eppure continuava ad avvertire un senso di irrequietezza.
Hajime diede disposizioni dopo aver guardato la cartina. Lui e Teppei decisero di proseguire verso l’interno, mentre Yuzo si offrì di ritornare nella zona del mercato e costeggiarla. Si sarebbero ritrovati alla locanda per l’ora di cena.

Mamoru si muoveva svelto per quelle strade che conosceva solo in maniera sommaria e quanto bastava per sapere sempre, da qualsiasi posizione, come raggiungere il palazzo dogale e il cimitero.
Il resto non gli era mai interessato, per questo non si era sforzato di approfondirne la conoscenza. Non sentiva vincoli affettivi legarlo a Dhyla. L’unica città che riconosceva importante era solo Fyar.
La gente gli passava accanto velocemente e, nonostante si stesse addentrando, allontanandosi sempre di più dal mercato, la folla sembrava non esaurirsi mai.
Lui tirò dritto non degnando nessun negozio o passante del suo sguardo. Le iridi erano puntate alla sommità del palazzo che si scorgeva già nitido e possente tra le altre costruzioni. Era l’edificio più grande della città. Tetto spiovente, di colore rosso scuro, e facciata bianco latte. Un cancello enorme delimitava la proprietà.
Mamoru lo vedeva farsi più vicino a ogni passo e ogni particolare divenire netto. Contemporaneamente, la sua espressione si induriva e assumeva sfumature astiose. Dentro di sé, la fiamma era ridotta a un fumo sottile che si levava da braci non ancora spente. Non c’era calore, ma gelo tombale.
Quando arrivò davanti al cancello le due guardie, che presiedevano l’entrata, lo riconobbero subito. Anche se tornava lì raramente, perfino i soldati che lo vedevano per la prima volta sapevano chi fosse. I capelli neri degli Izawa e dei Takarazuka erano quasi un elemento distintivo perché sembravano godere di vita propria. Poi l’andatura fiera, lo sguardo di brace, l’espressione severa. Tutti riconoscevano il Doge nel suo portamento e nell’incedere.
Appena Mamoru passò tra i miliziani, questi si misero sull’attenti.
“Bentornato, giovane signore.”
Mamoru non li degnò nemmeno di un cenno, mentre entrava nell’enorme cortile della tenuta col suo passo da leone e lo sguardo dritto, la testa alta.
La gente, che anch’essa si stava dirigendo dal Doge, fermò con maggiore attenzione gli occhi su di lui.
Per quanto non li stesse osservando, perché non gli importava nulla di quelle persone, poteva sentire i loro bisbigli.
“Il figlio del Doge? È tornato ancora?”
“Non si può dire che non sia tenace.”
“Tanto suo padre non acconsentirà mai alla sua richiesta.”
“Mi domando come possa essere divenuto Elemento una persona pericolosa come lui…”
“Beh, considerando chi era la madre.”
“Forse è pazzo allo stesso modo!”
Stanco di quei brusii, Mamoru rilasciò il potere per alcuni momenti, quasi ad avvisarli di tacere prima che avesse perso del tutto la pazienza.
Sottili lingue di fuoco si levarono da sotto le suole, avvinghiandosi attorno alle gambe e ai tessuti; divennero un velo, un secondo abito.
Gli astanti recepirono il messaggio e tacquero.
Nessuno intralciò il suo cammino verso l’ingresso che portava direttamente all’ala del palazzo che suo padre aveva riservato al lavoro. Si attraversava il cortile principale e ci si portava alla facciata laterale. Dhyla era tutt’attorno al palazzo dogale, che rappresentava il cuore della città.
Mamoru salì le scale e attraversò il lungo e alto corridoio senza mai guardarsi attorno. Si fermò solo quando scorse la fila di persone che attendevano il proprio turno davanti allo studio del Doge.
“Signorino Mamoru?”
Si sentì chiamare, titubante e con leggera trepidazione.
Il vecchio Rhadan era invecchiato ancora di più. Serviva la sua famiglia da prima che lui nascesse. Lo ritrovò al suo fianco; i capelli candidi risaltavano sulla pelle color caffèlatte. Tra le mani portava un vassoio in argento con teiera fumante e una tazza di porcellana finissima. Stava andando sicuramente dal Doge.
“Signorino, finalmente siete tornato.”
Era davvero felice di rivederlo, probabilmente l’unico lì dentro. Fu per questo che Mamoru, almeno con lui, stemperò l’espressione di gelo.
“Non è una visita di cortesia.”
“Non lo è mai, signorino” sorrise il domestico e lui non riuscì a non fare altrettanto. Lì attorno, le occhiate dei presenti erano tutte su di lui, le sentiva pur senza vederle direttamente. Se ne accorse anche Rhadan.
“Attirate sempre gli sguardi. Ignorateli.”
Il sorriso divenne un ghigno malevolo, volto a incutere timore: funzionò, le occhiate cessarono.
“Non mi fanno né caldo né freddo.”
Rhadan si lasciò sfuggire un mezzo sospiro rassegnato di chi sapeva scorgere più in profondità di quello che la vista gli proponeva.
“Siete tornato solo per la solita richiesta?” domandò poi, ma la risposta che ottenne lo stupì.
“La mia è anche una visita ufficiale. Sono qui per conto del Re.”
“Allora non è il caso che aspettiate e-”
“No.” Lapidario. “Non ho intenzione di avere alcun trattamento di favore da quell’individuo e per quanto io sia qui con uno scopo importante, aspetterò il mio turno.”
“Ma signorino-”
“Ho detto di no. E’ un ordine.” Mamoru si poggiò spalle al muro, incrociando le braccia al petto. Di lì non si sarebbe mosso, non prima del tempo.
Il servitore capitolò.
“Come volete, signorino…”
“Ah, sia chiaro: mio padre saprà che sono qui solo quando mi vedrà varcare quella porta. Perché rovinargli la sorpresa? Non sei d’accordo?” Implicito invito a tacere cui l’uomo rispose con un inchino e un altrettanto implicito: ‘sì’.
La Fiamma rimase a osservare Rhadan che si allontanava, poi volse lo sguardo a una delle enormi finestre che illuminavano l’ambiente.
Di fuori, il cielo era di un fastidioso colore azzurro.

 

“You’re so consumed in how much you get /
Sei così consumato da quello che ottieni,
you waste your time with hate and regret /
perdi il tuo tempo con odio e rancore.
You’re broken /
Sei spezzato,
when you’re heart’s not open /
quando il tuo cuore non è aperto.

 

“Davvero una brutta storia.”
Teppei aveva le mani intrecciate dietro la testa e lo sguardo per aria.
Assieme ad Hajime avevano camminato per ore eppure entrambi avevano la sensazione di non essere nemmeno a un quarto della città. Dhyla sembrava infinita e si perdeva nel rosa dei petali di ciliegio che erano ovunque.
Si erano fermati solo per sbocconcellare qualcosa, mentre entravano e uscivano nelle serpentine di strade più strette o più larghe. Avevano incontrato uno dei Minister del Fuoco – lì ce n’erano addirittura tre; Dhyla era votata alla divina Maki –, ma non avevano ottenuto nessuna informazione utile in merito alla visita del Principe Tsubasa.
“Già.” Hajime aveva un’espressione pensierosa, mentre si guardava attorno pur senza vedere nulla. “Chi mi preoccupa di più però è Yuzo. Temo che il suo innato istinto a volere a tutti i costi far del bene porterà a una catastrofe, questa volta.”
“Lui sente molto le questioni familiari, dopotutto non è il vero figlio del Console.”
“Sì, lo so. Ma da che ci siamo mossi per raggiungere Dhyla, Mamoru è cambiato in maniera radicale e non ti nascondo che il suo atteggiamento mi intimorisce.”
Teppei annuì con vigore, lasciando che il silenzio accompagnasse per un po’ i loro passi.
Entrambi temevano la reazione di Mamoru, che di solito era solo fumo. Questa volta però percepivano nettamente il pericolo provenire dalla Fiamma e non sapevano immaginare quello che sarebbe potuto accadere se infastidita più del necessario.
D’un tratto, il tyrano cercò di allentare la tensione, sorridendo.
“Non pensavo che questo viaggio finisse col portarci nella città natale di uno di noi. Pensa che bello se fossimo arrivati anche a Ilar.” Gongolò alla sola idea, mentre Hajime appariva di tutt’altro avviso. “I nostri genitori sarebbero stati così orgogliosi di vederci insieme in missione ufficiale!”
“E sentirmi chiamare ‘pesciolino’ davanti a tutti?! Che Yoshiko mi scampi! Anche no!”
“Oh, andiamo! Non fingere che non ti piacerebbe. Da quanto tempo non vedi tua madre?”
Il Tritone nascose il sorriso, fingendo di guardare altrove.
“Più di un anno, ormai.”
“Io due. Tyran è troppo lontana e tra l’andata e il ritorno perderei troppo tempo.” Sospirò.
Non avevano mai affrontato il discorso della lontananza da casa; ogni volta che si vedevano, o anche nelle lettere che si scambiavano, parlavano sempre d’altro, ma non si erano mai fermati, seriamente, a rimuginare su quanto distanti erano divenuti dalle loro radici.
“Mi mancano tutti. Mamma, papà, zio Shiro, zia Arin. E tu. Ti vedo ancor meno dei miei genitori, per questo sotto sotto sono felice di questa missione. Era da tanto che non passavamo tutto questo tempo insieme.”
“Sei sempre stato il più sentimentale tra noi.”
“Come se non ti conoscessi, so bene che manchiamo molto anche a te.”
Hajime non rispose, ma girò nuovamente il viso. Teppei aveva sempre saputo vedere sotto i suoi modi più distaccati quello che provava davvero. Non per niente era il suo migliore amico.
“Però, anche se non li vedo spesso, i miei, mi sento comunque molto fortunato” riprese il tyrano e aveva un’espressione più seria, ma velata. “So che ci saranno sempre, anche se distanti. Yuzo invece non ha mai conosciuto sua madre. Deve essere stato… difficile.”
“Sì, lo penso anche io. Per fortuna ha suo padre.”
“Ma non è quello vero.”
“Non credo che dopo tutti questi anni ci sia differenza.”
“Tu dici? Forse hai ragione. Non abbiamo mai avuto modo di parlarne, ma le volte che Yuzo racconta del Console mi sembra veramente felice.” Poi sospirò. “E Mamoru, invece?”
Hajime tese le labbra. “Hai sentito Yuzo, no?”
“Devono avere dei caratteri molto simili per essere così in contrasto.”
“Ho avuto il tuo stesso pensiero. I conflitti generazionali uniti alla distanza forzata a causa dello studio non devono aver giovato al loro rapporto.”
“Mah, non saprei, Hajime. Io e te vediamo pochissimo i nostri genitori, ti sembra che siamo così ai ferri corti?”
Il Tritone non seppe rispondere. Doveva esserci per forza qualcos’altro di cui loro non erano a conoscenza. E poi c’era anche la figura di quella donna misteriosa e il modo aspro con cui Mamoru le si era rivolto.
“Certo che però, seppur in conflitto col padre, potrebbe anche farla una visita a sua madre, quello zuccone.” Teppei infilò le mani nelle tasche, deformando le labbra in una smorfia. “Secondo me deve essere una donna molto bella.”
“Tutte le madri sono belle.”
“Ecco, lo vedi che sei sentimentale anche tu?” Lo punzecchiò Teppei e Hajime rise, dandogli una leggera gomitata.
Camminarono ancora e sulle loro teste il cielo imbruniva. Si incendiava nel tramonto che lì sembrava davvero diventare di fuoco. Quest’ultimo era ovunque. Si rincorreva nel frequente colore rosso della case o insegne delle botteghe, nei piccoli simboli incisi sulle mura, sotto i cartelli. Appariva in maniera discreta ma decisa per rimarcare che Dhyla era una città interamente votata a questo Elemento.
Hajime se ne accorse nell’andare avanti della giornata e delle strade.
Lungo una viuzza sterrata, che portava alle campagne più esterne, incrociarono un piccolo altare alla divina Maki intagliato in pietra lavica.
Davanti alla statuina vi era un fuoco che bruciava lentamente e di continuo e ceste ricolme di petali di ciliegio: la gente passava, ne prendeva una manciata, la gettava nel braciere e rivolgeva una preghiera alla Dea.
Il Tritone si fermò a osservare quell'altare con intensità.
Fuoco e ciliegi.
Erano questi i veri simboli della città.
Fuoco e ciliegi.
“Se non sbaglio, la più importante Sacerdotessa del Fuoco dell’ultimo secolo ha vissuto a Dhyla.” Teppei aveva le braccia conserte e lo sguardo serio, contrariato. “So che è vista come un modello di integrità. Un Mito. E non sono d’accordo. È per questo che non nutro molta ammirazione in loro: hanno una mentalità arcaica, certe volte, che mi lascia perplesso. Sono troppo chiuse in loro stesse e nel loro mondo fatto di clausura e preghiera.”
Hajime sembrò ricordare solo in quel momento quella storia, letta su qualche libro. Se non ricordava male, la donna si chiamava Sakura.
Ciliegio.
Fuoco e ciliegi.
- Sakura Takarazuka - pronunciò il nome per esteso nei suoi pensieri, mentre le parole che aveva letto di sfuggita venivano a galla. - Moglie del Doge di Dhyla. -
Il Tritone venne percorso da un brivido improvviso.
Lentamente realizzò il senso della frase che, un tempo, gli era sembrata solo nozionistica e senza importanza. Ora gli parve fondamentale.
Lei era parte della risposta ai numerosi perché di quella tappa.
“Teppei” Hajime sembrava scolpito nel ghiaccio. “Credo che quella donna sia la madre di Mamoru.”

 

“Now there’s no point in placing the blame /
Ora non ha senso dare la colpa
and you should know I suffer the same /
e dovresti sapere che anche io soffro lo stesso.
If I lose you /
Se perdo te
my heart will be broken /
il mio cuore si romperà.

 

Si era offerto di tornare indietro perché sperava che la confusione del mercato lo distraesse e lo aiutasse a non pensare ad altro che alla missione. Invece, nel continuo vociare e fluire di persone e merci che passavano di mano in mano e attorno a lui, il suo compito, l’intera missione sembravano non esistere più.
Fino ad allora, ed erano trascorse parecchie ore da che si era separato dai suoi compagni, non aveva fatto altro che vagare, trascinato dalla fiumana come un pesce nella corrente. Non aveva cercato informazioni né indizi, non ci aveva nemmeno pensato.
La sua testa era presa da altro e non riusciva a scrollarsene semplicemente perché non voleva. Non voleva tacere e obbedire passivamente anche se sembrava la cosa migliore da fare. Non voleva vedere Mamoru… che non era Mamoru. Perché il giovane gelido che abbaiava ordini, che sembrava un cane rabbioso costretto al guinzaglio e si contorceva per riuscire a mordere chiunque gli capitasse a tiro, non era l’ardente Fiamma di Fyar. Non era la persona brusca ma giusta, che faceva sempre tante storie, ma che si preoccupava di tutti e capiva i propri errori. Non era la persona che aveva imparato a conoscere e non riusciva a vederla così perché… gli faceva male.
Il gioco dei legàmi tornava ancora a stringere un po’ di più quei fili che, accettati o meno, facevano già parte di loro.
Mentre un mercante gli mostrava ninnoli di tutti i tipi che lui non vedeva neppure, Yuzo si domandò se non fosse per quello che Mamoru rifiutasse di legarsi alle persone: per la morte di sua madre e l’odio verso suo padre. Forse si sentiva tradito e lui, che allo stesso modo conosceva il dolore di certi legàmi, poteva capirlo. La differenza era che lui continuava a crederci e gli risultava impossibile non legarsi alle persone, mentre Mamoru aveva deciso che non sarebbe più caduto nella stessa trappola. Modi diversi per un identico scopo: non ferirsi di nuovo.
Ma la Fiamma sembrava non accorgersi di come la sua ostinazione e il suo gelo stessero avendo un effetto deleterio.
Non poteva accettare che si distruggesse in questo modo. Era più forte di lui. Perché per quanto Mamoru avesse cercato di spezzarlo, come aveva fatto con gli altri, c’era un legame tra loro e Yuzo non l’avrebbe mai lasciato morire.
Il problema, però, era che non aveva la minima idea di quello che avrebbe dovuto fare.
Il volante sospirò mentre fingeva di valutare la qualità di un ricco pezzo di stoffa. La seta era bordeaux scuro e scivolava morbidissima tra le dita.
Se si fosse intromesso, Mamoru gliel’avrebbe fatta pagare.
Sotto la pelle si affollarono tutte le sensazioni negative che aveva provato da quando aveva osato rispondergli nel modo sbagliato: i suoi occhi di fuoco freddo, l’impressione di venire schiacciato al suolo.
Yuzo avvertì un brivido corrergli lungo la schiena per diramarsi poi nel resto del corpo.
Un’improvvisa folata di vento lo investì con la sua pioggia di petali di ciliegio. Si schermò il viso con un semplice gesto della mano e, mentre tutt’attorno c’era chi borbottava, a lui sfuggì finalmente un sorriso. Sollevò il capo per godere del tocco leggero dei fiori che sembravano accarezzargli il viso e quando abbassò lo sguardo scorse un ombrellino da sole rotolare, spinto dal vento, fino a fermarsi ai suoi piedi. Un grazioso ombrellino rosso con dei tintinnanti pendagli.
Yuzo lo osservò muoversi come a rallentatore prima di chinarsi a raccoglierlo. Lo aveva già viso, stretto in mani ben precise.
L’attimo dopo, i suoi occhi incrociarono quelli della donna misteriosa da cui Mamoru gli aveva ordinato di stare alla larga.
La vide raggiungerlo con passo svelto, destreggiandosi tra la folla. Dietro di lei, una signora più paffuta e goffa – probabilmente della servitù – cercava di seguirla come poteva.
Yuzo sapeva che non avrebbe dovuto essere lì. Sapeva che avrebbe dovuto solo restituirle l’ombrellino e andarsene via il più in fretta possibile, ma il pensiero della brezza improvvisa che faceva cadere quell’ombrello proprio davanti a lui rallentò le sue reazioni.
“Il vento me lo ha rubato dalle mani!” rise la donna. “Ti ringrazio per averlo raccolto.”
“Non dovete ringraziarmi, mia signora” rispose con cortesia, porgendole l’oggetto.
“Sei uno dei ragazzi che erano con Mamoru, vero?”
Il volante indietreggiò di un passo. “I-io…”
“Posso rubarti qualche minuto?”
“No… no, io… io non posso…” indietreggiò ancora. Mamoru non gliel’avrebbe perdonata se gli avesse disobbedito. Eppure nel suo sguardo si leggeva chiaramente quanto fosse combattuto.
“Ti prego, sarò veloce…”
“Mi… mi dispiace, ma Mamoru… Mamoru non… non posso. Perdonatemi, non posso!”
“Per favore…”
“Non posso! Devo andare!” indietreggiò ancora fino a voltarle le spalle. Non riusciva a sostenere il suo sguardo che lo supplicava di ascoltarlo. Doveva allontanarsi altrimenti sapeva che avrebbe ceduto. Cercò di ignorare il segno del vento che sembrava averli fatti incontrare, ma non poté non fermarsi di colpo quando udì quelle parole. Non poté.
“Sono sua madre!”

“Mmmmh, if I could melt your heart /
Mmmmh, se io potessi sciogliere il tuo cuore
Mmmmh, we’d never be apart /
Mmmmh, non saremmo mai separati.
Mmmmh, give yourself to me /
Mmmmh, dammi te stesso.
You /
Tu
hold /
stringi
the key /
la chiave.

Madonna - Frozen




…Il Giardino Elementale…

 

Finalmente... Dhyla.
Come già annunciato da Teppei, questa non sarà affatto una tappa facile e anche per me è stato lunghissimo scriverla (XD infatti è divisa in cinque parti). Quindi, seguendo il consiglio del Tritone: tenetevi pronte! X3
E' arrivato il momento di cominciare ad aprire le porte rimaste chiuse, di mostrarvi cosa c'è in fondo al cuore di Mamoru, i suoi segreti.
E Yuzo?
Adesso che quella donna lo ha fermato affermando di essere la madre di Mamoru... che avverrà?
Scopritelo su Melantuchescional Ciannel! Scopriamolo insieme! **
Consiglio moltissimo di vedere il video di "Frozen" perché rende abbastanza bene l'idea di Sakura Takarazuka. Il cognone, 'Takarazuka', non è stato scelto a caso: il Teatro Takarazuka è una forma di teatro leggero - simile all'operetta - composto da soli membri femminili, che coprono anche ruoli maschili. L'ho scelto perché si accosta molto all'immagine matriarcale delle Sacerdotesse Elementali.

Grazie di cuore a tutti coloro che seguono questa storia :*




Galleria di Fanart (nessuna aggiunta)

- Elementia: Fanart

Enciclopedia Elementale (nessuna aggiunta):

1) Enciclopedia Elementale – Volume Primo: Le Scuole Elementali e l’AlfaOmega

  • Capitolo 1: La Scuola di Tyran
  • Capitolo 2: La Scuola di Alastra
  • Capitolo 3: La Scuola di Fyar
  • Capitolo 4: La Scuola di Agadir
  • Capitolo 5: Gli Stregoni dell’AlfaOmega


  • 2) Enciclopedia Elementale – Volume Secondo: Elementia: storia e caratteristiche

  • Capitolo 1: La Storia
  • Capitolo 2: La Magia in Elementia
  • Capitolo 3: Le Divinità di Elementia


  • 3) Enciclopedia Elementale - Volume Terzo: Cicli di Studio e Titoli

  • Capitolo 1: Cicli di Studio
  • Capitolo 2: Titoli


  • 4) Enciclopedia Elementale - Volume Quarto: Gli Ozora ed i Gamo

  • Capitolo 1: La faida tra gli Ozora ed i Gamo
  • Capitolo 2: L'Armata Reale della famiglia Ozora
  • Capitolo 3: Le Legioni della famiglia Gamo


  • 5) Enciclopedia Elementale - Volume Quinto: Classi Magiche e Professioni

  • Capitolo 1: Elementi e Sacerdotesse Elementali
  • Capitolo 2: Erboristi e Stregoni
  • Capitolo 3: Naturalisti e Alchimisti


  • 6) Enciclopedia Elementale - Volume Sesto: Il Calendario Elementale

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Mesi
  • Capitolo 3: Festività (pagg 1 e 2)

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