{Sesta classificata al Wicked and lovely Contest}
Crazier
E' un lungo scambio di sguardi il
loro.
Nessuna parola, niente che possa esprimere ciò
che provano nei loro cuori che pure pulsavano freneticamente nel
petto.
Hinata lo guarda da sotto le ciglia nere,
aspettando qualcosa di cui nemmeno lei sa la natura; sa solo che lo riconoscerà,
qualunque cosa sia.
Itachi la guarda, soppesando i gesti e le parole
da pronunciare.
Gli occhi bianchi di lei gli ricordano quanto
fosse pura prima di incontrare lui; quanto in fondo lo sia ancora.
Intorno a loro il tempo sembra essersi congelato, l'aria stessa è
immobile e allo stesso tempo freme di attesa.
Brucia di
passione, crepita come fuoco, scalpita come un cavallo
impaziente.
Hinata sa che amare Itachi come le suggerisce il
cuore è la scelta sbagliata, la peggiore che potrebbe fare. Perchè lui è il
pericolo; lui è ciò che la condurrà alla pazzia, qualunque cosa
succeda.
Impazzirà, Hinata, se lui starà con lei per
troppo amore; impazzirà se Itachi se ne andrà per troppo
dolore.
Lui è il Male, la dannazione del corpo e, ancor
peggio, dell'anima.
Se fosse saggia fuggirebbe, correndo veloce come
può solo chi scappa dalle tenebre perpetue; se fosse saggia si nasconderebbe
dove esse non possano mai trovarla, costruendosi un nuovo frammento di eternità
lontano da lì.
Ma Hinata non è saggia, non è accorta; è solo
affascinata...e innamorata. Itachi si avvicina e Hinata sente l'ineluttabile
fato muoversi con lui. Itachi la cinge con le sue braccia forti e sembrano
quelle della Morte.
Eppure non ha voglia di fuggire da
quell'abbraccio. Anzi, desidera seppellirvici ancora più a fondo fino a
diventare parte di esso. Non ha paura; sente solo la necessità pulsante,
ardente, di fondersi con il proprio destino, con Itachi.
L'adrenalina scorre
nelle vene al contatto con la pelle calda di lui e la sensazione del proibito,
del folle volo a cui solo gli stolti si arrischiano, la
sovrasta.
Hinata non vi bada; è la vertigine.
L'ottenebrante, irresistibile desiderio di cadere. La vertigine potremmo anche
chiamarla ebbrezza della debolezza. Ci si rende conto della propria debolezza e
invece di resisterle, ci si vuole abbandonare a essa.
Quando la baciò e
le loro lingue iniziarono a danzare insieme.
Fu allora che
seppe con certezza di voler cadere, di volersi lasciare andare a quel desiderio,
di bramare il salto nel vuoto. Non le sarebbe
importato di sfracellarsi al suolo, di essere sopraffatta dal fato immutabile se
ciò avesse voluto dire unirsi a Itachi per l'eternità.
Se lui era davvero
la Morte, avrebbe accettato l'oscurità eterna volentieri.
Pur di essere con
lui, la Pazzia sembrava un prezzo equo.
Fine.
Note
dell’autore:
Non ho mai scritto niente di simile a questa storia
però, allo stesso tempo, mi trovo ad essere piuttosto soddisfatta del mio
risultato. Forse perchè è un periodo che l'ispirazione
giunge raramente e i risultati di questo sono storie
incomplete.
Inizialmente anche questa era destinata ad essere
qualcosa di diverso: il progetto iniziale era un'altro, credo completamente
diverso.
E poi è venuto fuori questo; forse farà schifo,
forse sarà il lavoro peggiore mai visto. Non saprei
dirlo.
Per quanto riguarda le note sulla contenuto dello
scritto, vorrei dire che in qualche modo è stato “Amleto” di Shakespeare a
ispirarmi, anche se non so dire in che modo o in quale
misura.
Itachi è il male, colui che conduce Hinata al
peccato, alla pazzia e poi alla morte. E' pericoloso,
quindi, perchè porta prima al peccato e poi alla dannazione eterna,
all'impossibilità di salvezza.
Ma, come ogni
pericolo che si rispetti, affascina la giovane e, in fondo, innocente Hyuuga che
cede e si abbandona, pur consapevole delle conseguenze.
A trattenere
Hinata però è qualcosa di pù della semplice attrazione: è l'amore, un amore la
cui forza è tale nell'animo della ragazza che preferisce accettare ciò che sarà
di lei piuttosto che lasciare Itachi.
Non mi viene in
mente altro da dire, perciò concludo qui prima di scrivere n.d.a più lunghe
della stessa storia.
Vorre solo specificare che il “folle volo” citato
verso la fine è tratto dalla Divina Commedia di Dante, in riferimento ad Ulisse;
non ricordo con esattezza il canto, ma è uno degli ultimi della cantica
dell'Inferno.
Ciò detto, mi congedo.
Ma prima, che ne direste di lasciare un commentino?
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