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Autore: Frytty    15/12/2011    4 recensioni
Arlyn ha perso la memoria. Non ricorda di avere una vita, ma diverse cose, al suo rientro a casa, non quadrano e lei decide che se vuole ritornare ad essere felice come un tempo, non può semplicemente aspettare, ma agire.
E Robert, che ruolo ha nella sua vita?
E Tom? E' solo il suo migliore amico, come vuole farle credere?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon salve a tutte!

Finalmente eccomi qui ad aggiornare <3 Scusate il ritardo (anche se, effettivamente, sarei in tempo, visto che avevo preventivato che avrei potuto aggiornare anche una volta ogni due settimane ù.ù), ma l'università quest'anno mi sta davvero uccidendo e credo che, fino alla fine di luglio, potrebbe anche riuscirci -.-"

Ciance a parte, questo capitolo è un capitolo di passaggio e, se non teniamo conto di Tom e del piccolo, non succede quasi nulla. Avverto sin da ora che non ho intenzione di far succedere altri drammi/disastri/cataclismi universali e che, ormai, la Ff sta volgendo al termine. Non so con precisione quanti capitoli manchino, ma di certo non sarà una versione dei "Promessi Sposi" :)

Detto ciò, faccio soltanto presente che le recensioni sono calate di molto rispetto al capitolo precedente l'ultimo e mi sto arrovellando da giorni a capire il perché, visto che le visite ci sono. Ora, non è che io voglia una giustificazione scritta del perché non avete recensito, sia chiaro, ma se vi avesse dato fastidio qualcosa, o vorreste solo dirmi che il capitolo faceva schifo perché blablabla, io sono qui anche per affrontare le critiche costruttive e per cercare di migliorare. Se non avete recensito per puri problemi di tempo, altro da fare, fatti-vostri, chiedo venia, non intendevo obbligarvi a farlo, ci mancherebbe ;D

Ringrazio comunque le persone che hanno letto, quelle che hanno recensito *.* e tutti coloro che hanno inserito la Ff tra le preferite/seguite/da ricordare e anche tutti coloro che mi hanno inserita tra gli autori preferiti (che è una cosa per cui non ringrazio mai ù.ù). GRAZIE, SIETE, COME SEMPRE, FANTASTICI ED IO VI VOGLIO UN MONDO DI BENE, SAPPIATELO <3

Ultima nota importante: probabilmente non riuscirò ad aggiornare la prossima settimana, quindi ci tenevo ad augurarvi un buonissimo e felicissimo Natale in compagnia delle persone alle quali volete più bene <3 Mi raccomando, non mangiate troppo panettone/pandoro, scartate un mucchio di regali e riposatevi dallo studio/lavoro/qualunque cosa facciate *.* AUGURI!!! <3

Siccome a momenti le note introduttive sono più lunghe del capitolo stesso, vi lascio alla lettura e vi auguro, al solito, un buon fine settimana, un buono shopping natalizio e, ovviamente, una...

 

 

 

Buona Lettura! <3

 

P.S Perdonate gli errori, ma non ho riletto ù.ù

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Trentacinque minuti dopo ero in libreria, affannata per via della corsa. Le luci erano già accese e dalle vetrine riuscivo a scorgere la figura di Alex che si affaccendava tra gli scaffali, uno dei cartellini che aveva costretto anche me ad indossare, nuovamente al collo. Sorrisi, perché era bello averla di nuovo accanto a me e perché, in fondo, non sarei riuscita a vederla impegnata in un altro lavoro che non implicasse libri e centinaia di scaffali.

La osservai sistemare per qualche istante le pile ordinate di libri sulla mensola a metà strada tra i divanetti e lo scaffale delle nuove uscite e, proprio quando avevo deciso di entrare, scorsi anche la figura di Tom, esattamente dietro di lei.

Indossava una delle sue solite felpe nella quale aveva nascosto le mani e stava parlando, anche se non riuscivo a sentire quello che diceva. Seguiva Alex in ogni suo spostamento, ma lei non sembrava molto interessata alle sue parole e, spesso e volentieri, l'aveva scansato in maniera brusca per passare, non alzando mai lo sguardo su di lui.

Forse si stava semplicemente giustificando circa il comportamento che aveva assunto con me qualche sera prima, eppure, perché così tanto accanimento se lui stesso aveva ammesso che Alex non era il suo tipo e che con lei non avrebbe mai potuto intraprendere una relazione?

Non potevo continuare a spiarli così, perciò mi feci forza ed entrai, facendo tintinnare lo scacciapensieri appeso alla porta.

Sia Alex che Tom alzarono lo sguardo su di me e, se la prima accolse con sollievo il mio ingresso, sorridendomi e avvicinandomisi per baciarmi entrambe le guance con trasporto, il secondo rimase fermo al suo posto, osservandomi come se si aspettasse una sfuriata.

Gli lanciai un'occhiata indifferente prima di dirigermi sul retro per disfarmi del cappotto e della borsa e per indossare il mio cartellino di titolare. 

Quale atteggiamento avrei mai potuto mantenere in sua presenza, dopo averlo respinto e praticamente cacciato via di casa solo poche mattine prima?

Sostenevo il suo sguardo se mi capitava di incrociarlo, ma non riuscivo a rivolgergli la parola e, a quanto pare, neanche Alexandra. Avevo ferito entrambe e sapevo che, ipoteticamente, sarei dovuta essere più arrabbiata con Alexandra per avermi tradita alle spalle e non con Tom, eppure era tutto il contrario, tutto l'opposto: sembrava paradossalmente più semplice perdonare un'amica che, in un modo o nell'altro, con i suoi sbagli e i suoi difetti, ti era stata vicino, che non qualcuno che, inizialmente ti aveva spinto tra le braccia del suo migliore amico, cercando di fare da paciere, e poi, non solo ti aveva confessato i suoi sentimenti, cosa, oltretutto, alquanto innocua, ma aveva anche abusato di te e della tua fiducia nei suoi confronti per portarti a letto, approfittando dell'assenza del suo migliore amico e dei bicchieri di troppo che non si era fatto scrupolo di farti bere.

Mi rendevo conto che suonava tutto alquanto meschino, ma era la verità, era come mi ero sentita subito dopo aver realizzato ciò che avevo fatto, ciò che Tom era stato in grado di fare.

Servii i clienti persa nei miei pensieri, dispensando consigli a giovani mamme in cerca di un libro adatto per i loro bambini, a ragazze in cerca di un buon libro appassionante da regalare per il compleanno di una loro amica e a fidanzati in cerca di qualcosa di romantico da leggere in due, senza neanche rendermi bene conto delle parole che pronunciavo, dei consigli che elargivo.

Tom, alla richiesta di Alex di essere lasciata in pace a fare il proprio lavoro, non aveva fatto altro che prendere posto in una delle poltroncine all'ingresso, fingendo di leggere un saggio di psicologia della mente, occhieggiando ora a me ora ad Alex, uno sguardo indecifrabile, un misto tra delusione e tristezza; poi, poco prima della pausa pranzo, ripose il libro sulla mensola dove l'aveva trovato, senza impilarlo tra gli altri e scomparve, con grande sollievo di Alexandra, che sospirò e si diresse a chiudere la porta a vetri con un giro di chiave, girando il cartello su in pausa. 

Non sarei riuscita a mangiare neanche un boccone dei tramezzini che si era offerta di andare a comprare nella caffetteria al piano di sopra, perciò li lasciai da parte, accettando di buon grado, però, la tazza di tè caldo e un piattino di biscotti al burro che sembravano essere gli unici di cui riuscissi a sopportare il profumo.

< Non vuoi sapere perché era qui? > Mi chiese, masticando uno dei suoi tramezzini al tonno e maionese.

< Non sembra tu abbia voglia di parlarne. > Risposi, giocherellando con una penna. 

Sospirò profondamente, come a prendere coraggio.

< Mi ha spiegato come sono andate le cose tra di voi e mi ha detto di quella sera, quando ti ha chiesto di uscire e tu pensavi volesse parlarti di me. > Disse ed io dovetti assumere un'espressione alquanto sorpresa, perché la vidi sorridere e abbassare lo sguardo.

< Credo di aver reagito allo stesso modo, ma lui mi ha detto di voler partire dall'inizio. > Spiegò, pulendosi le mani con un tovagliolino di carta e prendendo un sorso di Coca dalla lattina che aveva poggiato sulla scrivania.

< Non eri contenta che fosse qui. > Osservai, continuando a sorseggiare il tè, ormai quasi tiepido.

Sembrò rifletterci un po' su prima di rispondere.

< Non so cosa pensare di lui. Non è solo la questione dell'avermi tradita, non è solo il fatto che mi abbia dato fastidio che abbia confessato i suoi sentimenti per te dopo avermi quasi illusa che avremmo potuto avere un futuro insieme o, perlomeno, che avremmo potuto provarci; non so se sono ancora innamorata di lui, ecco. > Rispose con tranquillità e capii quanto dovesse costarle un'affermazione del genere.

< Insomma, so di essermi comportata come una stupida bambina viziata quel giorno, accusandoti di avermi rubato un ragazzo che non era neanche mio, e so di averti giudicata in maniera sbagliata: in fondo, non era colpa tua se Tom era innamorato di te, ma forse ho esasperato tutto, forse ho semplicemente fatto in modo che diventasse un'ossessione, neanche non potessi più vivere senza di lui e poi, quando mi sono allontanata da voi, mi sono resa conto che non sentivo la sua mancanza; mi mancavate tu e Robert, perfino, ma per lui provavo solo tanta indifferenza. > Continuò, facendo spallucce.

La osservai e capii che era sincera, non stava inventando nulla, si era sentita davvero così.

< Credi di non averlo mai amato? > Le domandai, mettendo da parte la tazza e afferrando un altro biscotto.

< Forse sì, o forse ero solo alla disperata ricerca di qualcuno per non sentirmi tanto sola e inferiore. > Ribadì, torturando il tovagliolo che ancora reggeva tra le mani.

< Insomma, era qui per scusarsi e per chiederti di perdonarlo per quello che aveva fatto? > Mancava un tassello a tutta quella storia, decisamente.

< Ha detto che gli sarebbe piaciuto ripartire da zero, cominciare a conoscerci nuovamente, un po' come hai dovuto fare tu con tutti noi, che, forse, anche la sua infatuazione per te era solo frutto della sua fantasia, del suo essere rimasto troppo a lungo da solo. > Chiarì.

< E allora perché quella faccia sconsolata? Non è una cosa positiva? > Sorrisi, anche se era intuibile che c'era qualcosa che Alex non mi aveva ancora detto.

Poteva succedere di accorgersi di essere stata infatuata per anni di una persona per la quale poi, in realtà, non provavamo tutto questo sentimento, e capivo che realizzarlo all'improvviso, rendersi conto di aver speso tempo ed energie per qualcosa che neanche esisteva, potesse essere, in qualche modo, devastante, ma avevo la sensazione che non fosse solo questo.

< Lui non sa di quello che è successo tra me e Robert, non sa neanche che ho abortito... > Cominciò, scuotendo il capo, gli occhi ancora bassi.

< Pensi che possa cambiare le cose? > Sì, lo pensava e la mia era una domanda retorica.

< Avrei dovuto dirglielo fintanto che era ancora qui, ma non ne ho avuto il coraggio. Insomma, probabilmente non sarà un problema, probabilmente ci riderà anche sopra e mi considererà una stupida per aver pensato che una cosa del genere avrebbe potuto compromettere la nostra relazione, ma ho paura... > Concluse, sospirando e fissandomi negli occhi come se possedessi io tutte le risposte.

< Posso comprendere quello che provi, davvero, e capisco che spesso la paura ci costringe a tirarci indietro, a farci da parte, ma non sarebbe giusto tenergli nascosta una cosa così grande e sai benissimo che i segreti non portano a nulla. > Le feci presente.

Annuì soltanto, quasi stesse pensando la stessa, identica cosa.

< Sarà difficile fidarsi di lui dopo quello che ha... fatto con te. > Fece spallucce ed io sospirai. Allora era questo il vero problema?

< Alex, nessuno di noi sa come andranno le cose: probabilmente non lo rifarà più, probabilmente sarà così innamorato di te, da non lanciare uno sguardo neanche ad una ragazza bellissima a cui farà cadere la spesa a terra, ma la verità potrebbe anche essere il contrario. Andare a letto insieme è stato uno sbaglio; lo è stato per me, tanto quanto lo è stato per lui e di questo ne sono sicura. A quest'ora, in fondo, dovrei nutrire gli stessi dubbi su Robert. > Ammisi con candore, sorridendole per infonderle coraggio e forza.

< E' successo tanto tempo fa... > Cominciò, ma io la interruppi, scuotendo la testa.

< Non è questo il punto; è successo tanto tempo fa e da allora sono successe tante cose, ma chi mi assicura che non lo rifarà? Chi mi assicura che quando è via per lavoro, magari ad uno di quei party post-premiere, non si ubriachi e non finisca a letto con una ragazza qualsiasi? Non sono una maga, non posso predire il futuro, ma posso ancora fidarmi di lui e posso concedergli un'altra possibilità e la stessa cosa puoi fare tu con Tom. > Non potevo certo negare di non averci pensato quando Alex mi aveva confessato tutto. Lui avrebbe potuto pensare la stessa cosa di me, ma se volevamo andare avanti e costruire qualcosa, non potevamo rivangare continuamente sui nostri errori e sul nostro passato.

< Ci proverò. > Sorrise. < Come vanno le nausee? > Continuò, indicandomi.

< Non sono riuscita a fare colazione stamattina e pare che l'unica cosa che riesca a mangiare siano i biscotti al burro con il tè. > Feci spallucce, ricambiando il sorriso.

< Hai già pensato a qualcuno che possa seguirti? > Afferrò la sua borsa e cominciò a rovistarvi dentro alla ricerca di qualcosa.

< Effettivamente no; pensavo di chiedere un po' in giro. > Allungai il collo per cercare di capire cosa avesse preso in mano e cominciato a sfogliare con così tanta furia.

< Ecco, ti ho segnato qualche numero; ho chiesto a mia sorella e, visto che lei ha già avuto tre bambini, se ne intende di dottoresse. > Mi porse la sua agenda.

Osservai i numeri con i rispettivi nomi, sentendomi immediatamente in imbarazzo: mi sembrava di essere tornata bambina e di aver ancora bisogno della mamma che svolgesse per me questi compiti.

< Vuoi che chiami io per te? > Alex doveva aver letto il disagio sul mio volto.

< No, no, penso di farcela. Grazie per i numeri. > Risposi, sorridendole.

Sventolò una mano, segno che l'aveva fatto con piacere, dopodiché si allontanò, lasciandomi la privacy giusta per poter telefonare.

 

< Ho prenotato una visita per domani sera, pensi di esserci? > Alla fine mi ero decisa a telefonare e avevo optato per una donna, una certa dottoressa Grey. Non mi sarei mai sentita sufficientemente a mio agio con un uomo e poi, aveva un cognome molto più rassicurante rispetto agli altri e la sua voce al telefono, materna e sicura, mi aveva definitivamente convinta.

< Certo che sì! Non potrei mai mancare. > Notai i suoi occhi illuminarsi di gioia e pensai che non sarei potuta essere più fortunata di così: Robert era davvero tutto quello di cui avevo bisogno per sentirmi felice, in pace con il mondo intero.

< Ho sentito Tom. Pare abbia intenzioni piuttosto serie con Alex, adesso. > Mi rivolse uno sguardo stranito, come se fosse convinto fino in fondo di quelle parole.

< Sì, ne ho parlato oggi anche con lei. Tom non ha fatto altro che gironzolare per la libreria fino all'ora di pranzo, mentre lei cercava di ignorarlo. > Spiegai, lasciandomi massaggiare le gambe: le sentivo così gonfie e stanche, che non avevo fatto altro che brontolare per tutta la cena che mi sentivo come un'ottantenne, riuscendo soltanto a far ridere Robert.

< Mi ha spiegato un po' la situazione e pare che si sia finalmente reso conto di quali siano i suoi veri sentimenti per lei. > Continuò, ritornando con lo sguardo sullo schermo della tv dove stavano trasmettendo un vecchio film in bianco e nero, una storia d'amore tormentata.

< Non sei arrabbiato con lui? > Domandai esitante.

Fece spallucce, indifferente.

< Gli voglio bene, è mio amico e ho cercato di essere ragionevole: gli errori li commettiamo tutti e lui sa di aver sbagliato, è questo quello che conta. > Rispose sicuro.

Era lo stesso atteggiamento che avevo assunto nei confronti di Alexandra, eppure mi aspettavo che si sarebbe infuriato, se non con me, quantomeno con lui, il suo migliore amico di sempre. Forse eravamo più simili di quello che credevo, solo che non avevo mai avuto modo di rendermene conto.

 

La sera successiva Robert venne a prendermi in libreria. Non mi ero mai sentita così agitata; forse, soltanto quando Alex mi aveva accompagnata a vedere l'abito del mio matrimonio avevo sentito il cuore battere così forte.

Avevo trascorso la giornata in febbrile attesa: non avevo fatto altro che lanciare occhiate nervose all'orologio e durante la pausa pranzo non ero stata neanche in grado di scambiare due chiacchiere con Alexandra, perché non avevo fatto altro che assillarla sul fatto che sarebbe stata la prima vera ecografia e che speravo andasse tutto per il meglio. Lei, d'altronde, aveva sopportato i miei sfoghi con entusiasmo, sorridendomi e rassicurandomi sul fatto che sarebbe andato tutto bene e che non avrei avuto problemi.

Quando vidi Robert al di là della vetrina, gli corsi incontro ancora prima che lui avesse la possibilità di entrare in libreria, salutando Alex con un bacio veloce sulla guancia, promettendole che l'avrei chiamata appena rientrata a casa.

< Nervosa? > Mi chiese lui, sorridente, mentre camminavamo verso lo studio della ginecologa, a pochi isolati di distanza da Oxford Street.

< Molto. > Ammisi. Mi tremavano le mani e sentivo i battiti del cuore persino nelle orecchie.

Robert mi afferrò una mano, stringendola forte, tentando di far calmare il tremore. Il calore della sua pelle era confortante, così come lo era la sua presenza, eppure, quando salimmo le scale che ci avrebbero condotto al portone numero centosettantatre, mi aggrappai al suo cappotto, costringendolo a fermarsi.

< Ho cambiato idea: torniamo a casa? > Pigolai spaventata.

< Arlyn, è solo una visita di controllo, cosa vuoi che succeda? > Mi abbracciò, accarezzando la mia solita treccia.

< Ho paura. > Borbottai, aggrappandomi a lui. Dovevamo, come minimo, sembrare due pazzi a starcene così abbracciati sulle scale di un portone assolutamente anomalo.

< Ti prometto che andrà tutto bene e che non ti lascerò mai. > Mi assicurò, sollevandomi per portarmi di fronte al citofono. Suonò lui e il portone, tempo qualche secondo, si aprì automaticamente.

Mi separai dal suo abbraccio e salii la rampa di scale rimanente per raggiungere lo studio, il cuore in gola. La porta era aperta, così la spinsi e la schiusi quel tanto che bastava per permettere ad entrambi di passare, ritrovandomi in un appartamento confortevole e ben riscaldato, trasformato in studio privato.

Nella sala d'aspetto c'erano altre due donne, probabilmente di una decina d'anni più grandi di me, ed entrambe con il pancione che, sia io che Robert, osservammo quasi affascinati.

Robert mi porse una rivista per distrarmi, ma a malapena riuscii a leggere un articolo, tesa com'ero e lui dovette accorgersene, perché mi afferrò nuovamente la mano, rafforzando la presa di tanto in tanto e lanciandomi un'occhiata sorridente che io intercettavo puntuale come un orologio svizzero, cercando di ricambiare il sorriso.

< Prima ecografia? > Mi chiese la donna seduta accanto a me, che sembrava non aver distolto l'attenzione dalla sua rivista per tutto il tempo da quando eravamo arrivati.

Io arrossii e fu Robert a rispondere positivamente per me.

< Ero anch'io così nervosa. > Sorrise e il suo volto si illuminò, diventando, per un istante, ancora più felice e bello. Robert doveva aver ragione: le donne incinta diventavano davvero più belle.

< Ho come l'impressione che sverrò. > Ammisi, ridendo nervosamente e scatenando anche la sua ilarità e quella della sua vicina di posto.

< Lei è mia cognata, siamo entrambe all'ottavo mese. > Ci spiegò, indicandola.

< Congratulazioni! > Esclamò Robert, sorridendo beato.

< Ci arriverete anche voi; i mesi sembrano volare dopo l'ottava settimana. > In quell'istante la dottoressa chiamò un nome ed entrambe le donne si alzarono, dirigendosi verso la stanza accanto, chiudendosi la porta alle spalle.

Era poi così strano essere spaventata? Lanciai un'occhiata a Robert.

< Posso fare qualcosa per farti rilassare? > Mi domandò preoccupato.

Scossi la testa.

< Suppongo di no, sono tesa come la corda di un violino. > Risposi, poggiando la testa sulla sua spalla e chiudendo gli occhi.

Qualche minuto dopo la dottoressa chiamò il mio nome e Robert si alzò con me, seguendomi. Incrociammo i volti sorridenti delle donne di prima che mi augurarono buona fortuna e strinsero la mano a Robert, poi entrammo.

La prima cosa che notai, fu che era uno studio piuttosto singolare per essere quello di un medico: le pareti erano dipinte di una tonalità di verde pastello molto rilassante e alle pareti, oltre ai vari attestati conseguiti in università di prestigio, vi erano quadri raffiguranti volti di bambini e di madri, tutti molto colorati e rassicuranti.

La dottoressa Grey era una donna di mezza età, piuttosto robusta, ma dal sorriso cordiale e dolce. Ci fece accomodare entrambi e strinse la mano sia a me che a Robert, tranquillizzandomi.

Le spiegai la situazione, dopodiché mi invito a spogliarmi e ad indossare la vestaglia di carta che mi porse, per procedere alla visita.

Robert mi affiancò non appena fui pronta, sistemandosi dietro di me e stringendomi la mano, l'altra che aveva automaticamente trovato posto sulla mia fronte, accarezzandole con delicatezza per tranquillizzarmi.

Mi rivestii degli slip e della maglia non appena la dottoressa mi diede l'ok, poi mi distesi nuovamente sul lettino per procedere all'ecografia vera e propria.

< Ecco qui il vostro fagiolino. > Sorrise, indicando una zona più chiara delle altre. Era impossibile distinguere qualcosa di umano, ma tanto bastò a riscaldarmi il cuore. Strinsi più forte la mano di Robert.

La dottoressa stampò i fotogrammi e mi confermò quello che avevo appreso attraverso il test di gravidanza: ero incinta di circa cinque settimane..

Quando ci salutò, rinnovando l'appuntamento per il mese seguente, tirai un sospiro di sollievo e Robert, appena fuori dallo studio, catturò il mio viso tra le sue mani e mi baciò le labbra, facendomi sorridere.

< Quasi non ci credo che sia vero. > Mi sussurrò, poggiando la fronte contro la mia, guardandomi negli occhi.

< Non dirlo a me. > Risposi, facendolo ridere, baciandolo ancora e ancora, felice come non lo ero mai stata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


   
 
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