Do
you feel like a puzzle, you can't find your missing
piece?*
[SasuSaku]
1.Dicono che è vero che quando si nasce sta già tutto scritto dentro ad uno schema. [Ora - Jovanotti]
L'Istituto
Senju era una casa gialla a tre piani che stonava un po' nel
complesso residenziale grigio e poco curato, era una macchia di
colore in una delle tante zone periferiche della città.
Trenta
bambini e ragazzi lo popolavano, dai 0 ai 18 anni, divisi per fasce
d'età su tre appartamenti distinti, uno su ogni piano dell'edificio,
provenienti da nuclei famigliari distrutti o neanche mai esistiti,
lasciati da donne che non riuscivano ad essere madri, tolti dal buio
più totale, salvati.
Ogni piano aveva il suo responsabile
e i suoi volontari più o meno fissi, Shizune si occupava dei
ragazzini dagli undici ai diciotto anni al secondo piano, Kurenai
Yuhi della fascia 0-5 al terzo piano, Kakashi dei bambini dai sei ai
dieci al primo piano.
Kakashi, Shizune, Kurenai: non si fermavano
mai e se non avessero avuto l'aiuto costante di volontari durante il
giorno e l'attenzione costante della direttrice nonché creatrice
dell'Istituto Tsunade Senju, probabilmente non sarebbero riusciti a
fare la cosa che più gli premeva al mondo, per il quale forse erano
nati: salvare e custodire piccole vite, prepararle a spiccare il
volo, affidarle all'amore di coppie che di amore ne avevano da dare
tanto.
Ci sono vite che sono state segnate fin dall'inizio, che
vanno riscattate.
Ed il riscatto comincia proprio da
lì.
Dall'Istituto Senju.
Sakura
era una bambina dai vispi occhi verdi e i capelli di uno strano
colore tendente al rosa, tagliati a caschetto, la fronte ampia
coperta da qualche ciuffo che le scappava dal cerchietto rosso, era
uno di quei tipini che facevano sempre domande e stavano molto
attenti al mondo degli adulti. Era sempre addosso a Kakashi, il
nasino all'insù e le manine dietro la schiena. Aveva per il mastro o
– come lo chiamavano tutti lì a Konoha, il primo piano della casa
gialla – una specie di adorazione.
“Sei in ritardo. Di
quindici minuti.”
Kakashi abbassò lo sguardo e si ritrovò la
bambina di fronte, gli arrivava a stento alla vita. Le sorrise
pacifico.
“Dormivo. Stanotte a causa di qualcuno non ho
dormito praticamente nulla...”
Sakura assottigliò gli occhi e
li fece roteare alla sua sinistra in direzione del suo amico Naruto
che però alzò le spalle e scosse la testa per farle capire che no,
non era mica stato lui. Lui aveva dormito benissimo.
“Per colpa
di Sasuke!” esclamò una voce alle loro spalle. Apparteneva a
Karin, una piccola peste dai capelli rossissimi che era arrivata
all'Istituto Senju solo da qualche mese a quella parte.
Kakashi
inspirò forte prima di guardare verso il bambino nominato dalla
peste.
“No, lui non c'entra nulla” disse e senza darlo a
vedere a Sakura, Naruto e Karin fece l'occhiolino a Sasuke che si
limitò ad alzare le spalle e ad annuire quasi
impercettibilmente.
“Cominciamo?” domandò quello che per
Kakashi era il bimbo più biondo e più determinato che avesse
mai incontrato nei suoi anni di esperienza lì alla casa gialla e che
ora saltellava sul posto, non stando nella pelle.
“Sì, esatto,
vogliamo cominciare?”
Sakura si voltò verso la porta d'entrata
del salotto, il punto da cui era provenuta la voce della sua amica
Ino e così fecero tutti ad eccezione di Sasuke chè si avviò verso
il divano e vi si sedette sopra sbuffando appena.
“Chi mi aiuta
a portare dentro la stanza questo scatolone?” domandò Kakashi
indicando la scatola di cartone, con dentro tutti gli addobbi
necessari, ai suoi piedi.
Una mano sfrecciò di colpo in aria.
Al
maestro non servì nemmeno guardare in direzione di quella piccola
mano per capire a chi appartenesse. Sorrise tra sé e sé e coi suoi
dieci bambini diede avvio al rito della preparazione dell'albero di
Natale.
Era la loro festa più grande.
Suijetsu, appena
arrivato in salotto, seguito dal suo inseparabile amico Juugo, si
mise a cantare Jingle Bels e come per magia, dopo le occhiatacce di
Karin per le stonature, si misero a cantare tutti assieme.
Persino
Sasuke fece dondolare le gambe a tempo già dal divano e Sakura
Haruno, che si era seduta accanto a lui, giurò di averlo visto
muovere le labbra.
Kakashi a vedere lo sguardo col quale Sakura
guardava Sasuke sentì una fitta allo stomaco: era l'amore. Un
affetto incondizionato, uno sguardo materno.
Fin dalla prima volta
in cui aveva visto Sakura e Sasuke assieme aveva avuto la sensazione
che esistessero solo quelle due creature al mondo, era come se si
isolassero inconsciamente dal resto del mondo, che si toccassero
anche se i loro corpi nemmeno si sfioravano.
Quando aveva visto
Sakura incontrare gli occhi di Sasuke Uchiha per la prima volta si
era sentito scaraventato lontano, quei due avevano escluso al mondo
con un semplice contatto visivo.
Non appena gli occhi della
bambina avevano incontrato quelli scuri e profondissimi del nuovo
arrivato, avevano preso luminosità. Dal loro primo incontro quelle
iridi verdi non erano state più spente.
E Kakashi era convinto
che l'unica persona che fosse riuscita, da un anno a quella parte, a
entrare prepotentemente nel cuore rigido dell'Uchiha fosse proprio
quella bambina dai capelli rosa. E Naruto, ma Naruto entrava nel
cuore di tutti. Era tutta un'altra storia.
Nemmeno lui o Tsunade
riuscivano a farlo esporre come riusciva lei.
Faceva quasi
male guardarla mentre decideva di star seduta accanto a Sasuke, in
silenzio e con le guance rosse invece che preparare l'albero assieme
agli altri suoi amici, perchè era ancora una bambina di sette anni
ma sembrava una donna con lo sguardo serio e coraggioso, sguardo che
sfidava il mondo, sfidava qualsiasi persona si fosse messa contro
Sasuke, contro di lei, contro di loro. Perchè Sasuke spesso non
reagiva, frapponeva un muro da buttare giù costantemente. Perchè
Sakura e Sasuke non sarebbero stati assieme ancora a lungo e quasi
sempre i bambini della casa gialla non si rivedevano più, si
disperdevano nel mondo ognuno per la sua strada sigillando l'Istituto
da qualche parte nel loro inconscio.
“Andrò
lontano.”
“Mi hai detto una bugia.”
“Domani tornano
qui.”
“Mi avevi detto che non volevi andare via.”
“Andrai
via anche tu.”
“ Dovevamo stare assieme per sempre”
“Puoi
vederli anche tu.”
“Sas'ke...sei cattivo!”
Sasuke
Uchiha mollò il joystic nelle mani di Suijetsu che mugugnò un
“grazie” tirato - solo perchè era lì presente il maestro -
visto che aveva passato gli ultimi dieci minuti a pregare Sausuke di
lasciarlo giocare.
Si avviò nelle camere con passo strascicato
passando davanti al tavolo dove Ino, Shikamaru, Sakura e Naruto
stavano giocando e Shikamaru come sempre stava vincendo.
“Dove
vai Sasuuuuke?” gli domandò Naruto sporgendosi dalla sedia per
vedere meglio il suo amico, e sorridergli.
“Dove voglio.”
Il
bambino biondo che a detta di tutti i maestri sorrideva sempre
tramutò il sorriso in una smorfia e poi fece la linguaccia. “Sei
fastidioso!” esclamò puntandogli un dito contro e nella foga
buttando a terra diverse carte da memory del Re Leone.
Sasuke fece
spallucce e riprese a camminare, le mani in tasca, un qualcosa di
simile ad un sorriso divertito aleggiava sul suo volto. Era colpa
dell'occhiata fulminante che Sakura aveva lanciato a Naruto e poi a
lui.
E del fatto che era certo che presto se la sarebbe ritrovata
nei paraggi.
Era questione di tempo. Sakura avrebbe perso apposta
la partita per prima.
Per andare da lui.
Kakashi vide Sakura
allontanarsi dal salotto e dirigersi verso il corridoio delle camere,
era tentato di fermarla, si alzò pure dal divano per correre da lei
ma alla fine non ce la fece. Mandò al diavolo per l'ennesima volta
la regola che tutti i bambini dell'appartamento dovessero stare in
salotto, a quell'ora del pomeriggio in attesa della cena, e la lasciò
andare in camera di Sasuke Uchiha.
Si passò una mano tra i
capelli e tornò a sedersi.
“Maestro sa dove è andata
Sakura_chan?”
La voce di Naruto fu come una doccia
fredda.
Tendeva ad escludere il bambino biondo dai pensieri che
riguardavano Sakura e Sasuke, ma sbagliava di grosso. Ogni volta lui
si presentava più forte di prima.
Naruto era un angelo biondo
destinato ad amare troppo. E ad essere lasciato solo dalle persone
che amava di più, era una convinzione assurda, questa che si era
messa in testa a furia di osservare le dinamiche di gruppo e a
passare ventiquattro ore al giorno con quei bambini, e Kakashi si
chiese se fosse davvero così. Dopotutto Naruto era ancora troppo
piccolo per non poter ancora avere delle eccezioni.
Non gli
rispose, gli chiese se voleva sedersi accanto a lui e presto, col
parlare, Naruto sembrò distrarsi dal pensiero di Sakura e Sasuke e
Kakashi potè allentare un po' la tensione.
Avrebbe tanto voluto
che lì alla casa gialla non ci fossero carenze d'amore o
esclusivismi, ma c'erano cose più forti di lui e di tutti gli
altri.
Cose che nessuno poteva controllare, che stavano tutte
scritte dentro ad uno schema.
Schema che li aveva portati tutti
lì, momentaneamente.
“Ciao”
Sakura si affacciò alla
porta della camera, in punta di piedi, un timido sorriso stampato
sulle labbra rosse.
Sasuke non rispose ma si sedette a bordo letto
e allora lei fece altrettanto, prese posto sul letto di fronte,
quello su cui dormiva Naruto. Si guardò attorno ma ben presto
l'attenzione cadde sul bambino che aveva dinnanzi e si accorse che
lui la stava fissando.
Sentì le guance farsi calde calde ed una
gran voglia di sorridere.
“Hai sentito prima?! Il maestro ha
detto che tra due settimana si va al mare!” disse con entusiasmo
battendo le mani per l'improvvisa felicità datale dal pensiero che
di lì a soli quindici giorni sarebbe andata in gita con il maestro
Kakashi e Kurenai, i piccoli, Shizune e tutti gli altri, proprio
tutti. E con il bambino più
bello al mondo.
Sasuke
abbassò lo sguardo ai piedi, cupo.
“Non mi piace il mare.”
sussurrò tornando a fissare la bambina che ora aveva gli occhi
leggermente umidi. Si chiese se stesse per piangere per un qualche
motivo che lo avrebbe infastidito, allora spostò l'attenzione sulle
ciabattine rosse di Sakura, sulle gambe incrociate e dondolanti,
sulla gonnellina rossa che lei stava torturando con le mani. “Non
mi piace il mare” ripetè.
Non
gli piaceva da quando suo fratello Itachi non partecipava alle gite
perchè non c'era più. Una coppia di sposi lo aveva portato via
dall'Istituto un giorni piovoso di un mese prima, e Sasuke non aveva
saputo niente per una settimana intera, dopo la quale era stato
Kakashi a parlargli, proprio in quella camera, e a ricevere tutta la
rabbia di cui un bambino offeso era capace.
Sakura
aveva già vissuto momenti del genere, nonostante fosse piccola
sapeva già riconoscere i momenti positivi da quelli negativi, con
lui. Più che altro era una cosa inconscia, aveva voglia di scusarsi
perchè il suo inconscio sapeva di aver detto qualcosa di sbagliato.
E così fece, con voce bassa.
“Scusami, non volevo.”
Sasuke
schiuse le labbra e scosse la testa.
“Ti scusi troppo, tu.”
disse dando un calcio all'aria e distendendo la schiena sul letto, le
mani incrociate dietro la nuca.
Sakura sentì un groppo alla gola
e avrebbe pianto senza sapere bene il perchè, lo sapeva solo una
parte di sé che era rincuorata per la risposta ricevuta, nonostante
suonasse tanto un rimprovero, se non si fosse concentrata sulla
ciabatta che Sasuke stava per lasciar cadere per terra e sul calzino
antiscivolo bucato dei Looney Toones che indossava. Quel particolare
le mise voglia di ridere.
“Hai un buco nel calzino!” asserì
alzandosi dal letto e andando a toccare il sotto del piede di Sasuke
che in risposta scalciò, ma Sakura si scansò velocemente e
altrettanto velocemente ritoccò la pelle che sbucava dal calzetto,
facendo cadere a terra una ciabatta blu.
“Smettila.” mugugnò
Sasuke mal celando a stento le risate “Altrimenti mi devo
vendicare.” disse mettendosi a sedere e fissandola con lo sguardo
duro, ma non quello di sempre, Kakashi lo avrebbe definito uno
sguardo “normale”.
“Devi avvertire Kakashi del buco!”
esclamò Sakura ma non riuscì a dire altro poiché Sasuke con un
balzo le era piombato addosso e l'aveva spinta sul letto di
fronte.
“Ora ti faccio vedere io cosa è il solletico..”
Cercò di divincolarsi della presa di Sasuke sulle spalle con
l'effetto di finire completamente stesa sul letto. “
“No, no
Sas'ke no!”
A nulla valsero le sue implorazioni, lui prese a
farle il solletico sulla pancia, sotto ai piedi, e non rimase che
lottare.
“Te la sei cercata.” le disse Sasuke parando con le
braccia un pugno che la bambina aveva cercato di tirargli. “Tanto
vinco io, lo sai.” insistette ma si ritrovò le mani di Sakura a
solleticargli le ascelle e allora scoppiò in una risata rumorosa che
proprio non riuscì a trattenere. “Vinco io, sono come Vegeta!”
esclamò riprendendo il controllo della situazione e borbandando
l'avversario di solletico.
“E' più forte Goku. Molto più
forte!”
Sakura a furia di ridere non aveva quasi fiato, le
guance erano rossissime e i aveva perso il cerchietto da qualche
parte sul letto.
Era sfinita. Riuscì a scagliare ancora un
attacco che fece centro, visto che Sasuke si coprì la pancia da
eventuali successivi attacchi inaspettati, dopo di che si rannicchiò
a riccio più che poteva, le risate mozzate contro le braccia che
coprivano il volto.
“Ti arrendi già?!” domandò Sasuke
interrompendo l'azione, una mano sulla vita l'altra su una gamba di
Sakura.”
“Non è valido, a te non fa effetto come a me il
solletico!”
“Non inventare scuse!” le disse in un tono che
tanto sembrava quello della grande Tsunade quando era arrabbiata con
tutti loro e con forza le scoprì il volto.
Sakura era decisamente
meno noiosa così tutta in disordine, coi capelli scompigliati, le
guance rossissime e gli occhi che mandavano bagliori.
“E' tutto
vero.”
Sakura cercò di divincolarsi con le poche forze che le
rimanevano, ma non ci riuscì.
Chiuse gli occhi e aspettò il suo
destino.
Di solito arrivava sempre il maestro a porre fine alla
lotta, o Naruto, o era Sasuke stesso a stufarsi.
Aspettò
chiudendo gli occhi.
“Karin ha detto che ieri sera ha baciato
Sujetsu”
Sgranò gli occhi, Sakura, fissandoli in quelli ora
serissimi di Sasuke. Sembravano brillare, quelle pozze scure.
Aveva
sentito anche lei del bacio, Karin, quando Kakashi non era nei
paraggi, le aveva raccontato tutto. Aveva due anni più di loro, ma a
lei già sembrava grandissima, inoltre era una bambina molto forte.
Era rimasta ammutolita e le era battuto forte il cuore a sentir
parlare di bacio, di labbra che si toccano come nei film alla tv,
come nei cartoni.
E le batteva il cuore in quel momento.
Fortissimo dentro al petto.
“Come gli adulti dei film che vede
Kakashi.” riuscì solo a dire, un filo di voce.
“Come loro. E
tu vuoi baciare me.”
Sasuke si era avvicinato al suo volto, lo
sguardo fisso, quasi spiritato ma vivo,
ciuffi di capelli che ricadevano sulla fronte di Sakura.
Tu-tum.
Tu-tum.
Era davvero il bambino più bello al mondo: un principe
azzurro.
Sakura sentì tanto caldo. Oramai era ad un passo dalle
labbra di Sasuke: avrebbe potuto fare come Karin. Provare. Fare
quella cosa da grandi: baciare.
Fu
lui però a baciare
lei: una sensazione morbida, un corto circuito.
Il principe
azzurro dagli occhi neri e tristi stava baciando la bambina che lo
amava. Dopotutto non era così triste
come sembrava. Era vivo.
Fu
in quel momento che Kakashi entrò in camera e vide i due bambini che
più gli erano entrati irrimediabilmente dentro, assieme a Naruto,
l'uno sopra all'altro nell'aria viziata dai loro respiri affannati, e
una parte di lui avrebbe voluto tornare indietro, non intervenire,
rimandare a più avanti o anche a mai più l'umiliazione di
interromperli, di sgridarli, di separarli, mentre l'altra parte –
prevalente – lo fece mandare via Sakura da lì in un silenzio
gelido e chiudere la porta alle spalle per rimanere solo faccia a
faccia con Uchiha Sasuke. E i suoi occhi tornati profondi e
nerissimi, un labirinto senza via d'uscita.
Kakashi
Hatake era parte dello schema, ma non poteva saperlo.
Mentre
chiedeva un inutile perchè al bambino e trovava mille regole violate
e mille parole vuote si trovò a rendersi conto di quanto fosse
difficile occuparsi di minorenni abbandonati, distrutti
psicologicamente, e di quanto imperfetto fosse a farlo; dopotutto
stava sbagliando.
Non avrebbe dovuto permettere che lo sguardo di
Uchiha Sasuke si indurisse ancora, avrebbe dovuto
lasciargli il gioco, i bambini erano fatti per quello: Sakura e
Sasuke stavano semplicemente giocando, ma lui era adulto e ci aveva
visto solo del male, si era proiettato in avanti
e li aveva visti soli, separati, lacerati ancor più: non avrebbero
avuto più solo il dolore dell'abbandono, ma anche quello della
separazione.
Quando quella sera si ritrovò nell'ufficio di
Tsunade, non riuscì a trattenere il senso di colpa che sgorgò
assieme alla rabbia. Urlò a Tsunade che lui non poteva nulla per i
bambini come Sakura, Sasuke, Naruto e tutti gli altri, nessuno lì
dentro poteva, l'Istituto era un paradiso d'illusioni, un'oasi
estemporanea, che mandava i piccoli in pasto ad un mondo infernale
facendo le scelte sbagliate.
“Kakashi, va tutto bene.”
Lo
sguardo con cui Tsunade avvolse uno dei suoi tre essenziali
sottoposti sembrò quello di Sakura con Sasuke, era lo stesso che
ella rivolgeva a tutti i suoi
bambini, che aveva rivolto ad un ragazzino di nome Jiraya tanti anni
fa, in un orfanotrofio di suore, prima di perdere le sue tracce.
Poi,
dopo che ebbe lasciato che l'uomo finisse di sfogarsi, decise che era
ora di agire.
“Te la senti di incontrare la coppia che dovrebbe
adottare Sakura Haruno, lunedì?”
Kakashi Hatake schiuse le
labbra per la leggera sorpresa, capì subito dove la direttrice
volesse arrivare. Le fu grato per questo.
La
bambina dagli occhi verdi sarebbe stata poco più di due mesi in una
casa gialla priva di Sasuke.
“Conta
su di me.”
Presto
avrebbe avuto una mamma ed un papà a colmarle le assenze.
Kakashi
volle credere che fosse così, nonostante sapesse di sbagliarsi
ancora.
“E'
una promessa, vero Sas'ke?”
“Me lo hai già chiesto.”
“Voglio
sentirlo ancora una volta. Tu e io ci rivedremo! Come Goku ritorna
sulla terra e vede i suoi figli e i suoi amici.”
“Ciao,
Sakura.”
“E' una promessa.”
“Una
conchiglia! Guardate che bella!”
Naruto corse da Sakura, Ino,
il maestro e tutti gli altri e mostrò tutto orgoglioso una grande
conchiglia color madreperla, una di quelle nella quale si poteva
sentire il mare.
“Bravo, Naruto. Qui ne abbiamo raccolte molte
di più di una.” ribattè Ino scoccando al biondo un'occhiata di
sufficienza.
“Quarantasei, per l'esattezza.” intervenne
Shikamaru prima di lasciarsi andare ad uno sbadiglio rumoroso, tutta
quella sabbia intorno gli metteva sonno.
Naruto guardò il tesoro
tra le sue mani con sconforto.
“Ti do un po' delle mie.”
Era
stata Hinata Hyuuga a parlare, abitava al secondo piano sotto le cure
di Shizune, ma aveva occasione di vedere Naruto quasi ogni giorno,
grazie alla scuola che conteneva sia elementari che medie, alle
domeniche tutti assieme e alle gite. Era stato grazie a tutte queste
occasioni che aveva cominciato a provare un grande e impulsivo
affetto verso quel bambino biondo con gli occhi azzurri.
“Grazie
Hinata!”
Gli sorrise abbassando la testa, le gote vagamente
arrossate.
“Tieni” mormorò prendendo tra le sue le mani di
Naruto e girandole coi palmi all'insù vi posò una decina di
piccole conchiglie madreperla che lei stessa, assieme ai suoi amici
Kiba e Shino, aveva raccolto quella mattinata.
“Sei sempre
molto gentile, Hinata.”
Kakashi le sorrise pacifico, delle
volte, pensava, meno male che esisteva quella ragazzina dolce e pura,
sembrava che provasse davvero un affetto incondizionato verso
Naruto, anche se il piccolo non se ne era accorto e, forse, non
averebbe potuto accorgere mai. Allora sì che sbagliava a pensare il
peggio per l'angelo biondo, ma anche in quel caso, l'amore, era
comunque a senso unico.
La ragazzina fece un mezzo inchino e corse
ad una decina di metri di distanza da loro, verso il suo gruppo che
si stava sbracciando in sua direzione per una camminata in riva al
mare capitanata dalla maestra Shizune.
“Dove è andato Sasuke?”
Kakashi si sentì tirare per il giubbotto verde senza maniche:
Sakura lo stava guardando con gli occhi verdi preoccupati.
Naruto
si aggiunse alla domanda guardandosi attorno con la fronte
corrucciata, il vento che gli sferzava le guance e gli scompigliava i
capelli biondi. “Dove è il musone?!”
Hatake Kakashi si sentì
gelare il sangue nelle vene per qualche istante ma poi vide Karin e
Sujetsu indicargli un punto in riva al mare, lontano da loro ma
sufficientemente vicino da riconoscere in quel punto una figura esile
e scura.
“Ecco dove è.” disse ticchettando la spalla di
Sakura per farla girare in direzione dell'Uchiha che, a quanto
pareva, si era isolato dal gruppo ed era seduto in riva al mare,
stretto nel suo giubbotto blu scuro col colletto sollevato fin oltre
il mento, le mani nella sabbia, lo sguardo diretto verso la distesa
d'acqua.
“Posso andare da lui?!” chiese Naruto alzando una
mano e dipingendo sul viso un'espressione di pura
implorazione.
“Voglio andare anche io!” si aggiunse Karin
cominciando già ad avanzare, affiancata da Sujetsu .
Ino si
accodò alla richiesta, stava tenendo per mano Shikamaru e
Choji.
Kakashi guardò i bambini uno ad uno, indeciso sul da
farsi.
“E' ora di andare a mangiare!”
Era stata Tsunade ad
urlare, si trovava già al fondo della spiaggia, verso l'ufficio
spiaggia ora disabitato, e stava muovendo le braccia in direzione dei
suoi.
Kakashi la benedì e comandò ai bambini di dirigersi verso la
giovane
Vecchia,
come la chiamava sempre Naruto per via di quell'aspetto sempre
giovanile nonostante l'età.
“Andate avanti, arriverà anche
Sasuke.”
Naruto fu il primo a correre verso la donna urlando che
chi arrivava ultimo doveva fare penitenza, non dopo aver lanciato uno
sguardo verso l'Uchiha.
Fu quando se ne furono andati via tutti,
lasciando un gran silenzio interrotto solo dal sferzare del vento
sulle cose, che il maestro si accorse di non essere rimasto
solo.
Sakura se ne stava immobile davanti a lui, le manine strette
a pugno lungo i fianchi.
“Sakura.” la chiamò a voce bassa e
le toccò una spalla.
Era stata l'unica a non parlare.
“Puoi
andare a chiamare Sasuke?” le domandò abbassandosi a parlare con
la bocca all'orecchio.
Sakura si voltò di scatto verso l'uomo,
colma di stupore.
“Davvero maestro?”
Kakashi annuì e vide
la piccola scattare in avanti e correre all'impazzata, come fosse
l'ultima e la prima cosa che faceva nella vita, pensò,
incamminandosi pian piano verso Tsunade.
Chissà quante volte di
lì al futuro si sarebbe pentito di quella scelta, ma in quel momento
non avrebbe potuto fare null'altro. Aveva ancora nella mente,
immagine nitida e ferita fresca, la delusione e la paura negli occhi
di Sasuke di quindici giorni prima.
“Sasuke
mi faceva sempre dispetti.”
“Ma poi facevate pace.”
“Oh
sì! Sempre!”
“Gli volevi molto bene, piccola mia. E lui
doveva volerne a te.”
“”Ma è stato cattivo!”
“No,
tesoro mio.”
“Ma se ne è andato!”
“Sei andata via
anche tu, piccola mia.”
“Ciao.”
Sasuke
con la coda dell'occhio vide Sakura sedersi accanto a lui, aveva il
solito profumo di fragole, lei.
Provò un moto di rabbia che
partì da chissà dove, non poteva saperlo, e rimase zitto a tirar
conchiglie nel mare, una dopo l'altra, con gesti nervosi.
Sakura
raccolse le ginocchia al petto, abbracciandosi un po' da sola.
“E'
ora di pranzo.” disse eseguendo il suo compito, la voce un po'
troppo squillante.
Sasuke
era così...così freddo.
Non
si erano quasi rivolti la parola in due settimane, Sasuke si era
isolato dagli altri sempre di più, nonostante giocasse, mangiasse e
facesse le solite cose con tutto il gruppo, era sempre serio,
sembrava un grande, la mandava via allorchè gli si avvicinava, le
rispondeva male, la feriva.
Come se Sakura avesse fatto qualcosa di male, e se lo stava
chiedendo, lei così piccola, se aveva fatto del male a Sasuke.
“Non
ho fame.”
Sasuke si alzò e le diede le spalle.
Era
colpa sua se i fantasmi erano tornati. Quei fantasmi notturni che lo
facevano urlare.
“Anche
io.”
Sakura alzò la testolina rosa e vide il bambino
incamminarsi da solo.
“Sas'ke...aspettami.” sussurrò con gli
occhi che le bruciavano, alzandosi di scatto e raggiungendolo
affannata.
“Non voglio stare con te.”
Sasuke l'aveva
osservata con sguardo duro, cattivo.
Sakura
si portò le mani davanti al volto.
“Sei un...antipatico.”
disse scoppiando a piangere, le maniche troppo lunghe del giaccone
rosso che cercavano di coprire gli occhi intrisi di lacrime.
Sasuke
rimase qualche istante a fissarla senza espressione, una mano in
tasca avvolta attorno a una conchiglia che sotto il peso della
stretta si spezzò, gli ferì il palmo.
Il dolore fisico lo
smosse, andò avanti da solo.
“Perchè sei così cattivo con
me?”
Sakura si tolse il cerchietto e lo buttò sulla sabbia con
rabbia, prima di correre via, superando il bambino e rifugiandosi tra
le braccia calde del suo maestro.
Qualcosa
dentro di lei si ruppe, un altro pezzo di sé che si frantumava.
Altro dolore da immagazzinare nell'inconscio.
I
responsabili non poteva fare differenze all'interno della comunità,
ne andava non solo della loro professionalità, ma anche della
serenità stessa dei bambini nella casa gialla.
Così per Kakashi
Hatake era assai difficile non rendere esclusivo il suo rapporto con
la bambina che da venti giorni a quella parte che lo seguiva,
cercava, necessitava ovunque.
Sakura si era sempre addormentata
senza problemi, da sola, era stata una di quelle bambine che fin dal
primo momento avevano dimostrato di non avere paura del buio, di
poter piombare nelle braccia di Morfeo, spesso un mostro cattivo, con
coraggio e sena l'ausilio di alcuna presenza; ma nell'ultimo periodo
le cose erano radicalmente cambiate, la piccola Haruno piangeva quasi
ogni sera nella cameretta che condivideva con Ino e Karin e solamente
l'arrivo del maestro calmava le sue lacrime e chiudeva i suoi
occhi.
Kakashi Hatake aveva avvertito Tsunade che la situazione
era degenerata, ma quest'ultima gli aveva risposto di agire secondo
il suo buon senso promettendo di fare il possibile per ultimare al
meglio le pratiche dell'adozione.
Aveva avuto due incontri,
Kakashi, con la coppia alla quale era stata destinata Sakura in
affido, gli era sembrata gente per bene, l'uomo addirittura era di
una somiglianza impressionante con la piccola. C'erano voluti due
anni, per quella coppia che non era riuscita ad avere figli e aveva
deciso di rivolgersi alle Associazioni per l'adozione nazionale,
prima di poter vedere almeno una foto della loro
bambina.
Kakashi si era sentito dire dalla donna, al primo
colloquio, che aveva pensato quasi di non poter farcela a vivere con
una “bambina tanto
orgogliosa, bella, lontana.”,
mentre l'uomo girava e rigirava la foto tra le mani, sul tavolo della
scrivania dell'ufficio. Non aveva mai ricevuto tanta sincerità da
parte di un genitore pronto ad adottare, e a discapito delle parole
della donna, aveva deciso in quell'istante che i signori Haruno erano
la coppia adatta per la sua
Sakura.
Quel mese di marzo era l'ultimo che la piccola Sakura
trasorreva in Istituto, ed anche i più duri.
Kakashi stava
facendo di tutto per colmarle l'ansia, per rafforzare di nuovo
l'autostima che dopo mesi e mesi di lavoro era riuscito, assieme ad
aiuti psicologici esterni di routine in una struttura come l'Istituto
Senju, un po' ad alzare. E
adesso era tornata a non esistere, a lasciarla in preda all'ansia, a
boccheggiare a scuola, a danza, anche in casa quando si trattava di
competere con
gli altri bambini.
La
bestia del rifiuto si faceva sentire più forte di prima.
Proprio
all'inizio del mese aveva cominciato a parlare a Sakura della coppia
che stava per andare da lei, coppia che Sakura aveva incontrato una
settimana di fine febbraio e sulla quale, simbolicamente, era stata
proprio lei a porre il sigillo definitivo di una futura adozione
esclamando un “Sì” quando gli era stato richiesto, da Tsunade,
se sarebbero stati quei due giovani
lì a diventare i suoi nuovi
ed unici genitori.
Alla fine Kakashi non riusciva proprio a
dividersi in parti uguali per tutti i piccoli abitanti
dell'appartamento Konoha e
la presenza dei volontari si era fatta più costante e
numerosa.
C'erano delle volte in cui doveva portare la bambina a
dormire con sé e lei non lo mollava un secondo, aggrappandosi al suo
corpo, dormendo con la testolina sulla sua spalla. Delle volte in cui
la prendeva e la portava fuori, giravano assieme per la piccola
piazza di quello che era uno dei tanti sobborghi della metropoli
contravvenendo ad ogni regola della casa gialla, ore in cui c'era
solo Sakura e che avrebbero reso molto più difficile il distacco per
entrambi.
Man mano che passavano i giorni Kakashi si sentiva
sempre più impotente, ma una era la certezza che aveva preso
possesso della sua mente: Sakura
aveva un disperato bisogno di lasciare la casa gialla.
Soprattutto
ora che mancavano pochi giorni all'addio di Sasuke Uchiha.
“E
questa bella bambina chi è?”
Sakura arrossì un poco e curvò
le labbra in un timido sorriso, mentre lasciava la mano di Kakashi e
stringeva quella fredda della donna mora e dolce che aveva
dinnanzi.
“Mi chiamo Sakura.” si presentò e con lo sguardo
chiese al maestro se stava facendo bene a presentarsi, lo faceva
sempre, ne aveva bisogno.
“Io sono Mikoto.”
Alla bambina
piacque il nome, le sapeva di dolce, di rosso, di bello.
“Mi
piace Mikoto!” esclamò e mentre la donna mora e alta rispondeva
che aveva sempre amato i fiori di ciliegio, entrò nella camera
Sasuke accompagnato da un uomo che gli assomigliava in modo
incredibile: stessi capelli neri, stessi occhi scuri. La differenza
stava nei lineamenti, quelli dell'adulto erano molto più
pronunciati, mentre Sasuke si vedeva lontano un miglio che anche da
adulto avrebbe mantenuto la delicatezza del volto.
Sakura sgranò
gli occhi: le sembravano secoli che non lo vedeva.
Che
fine aveva fatto il suo principe azzurro?
Kakashi
circondò la piccola con braccio, una mano sul fianco di lei, sapeva
rispondere alla muta domanda della bambina, si trattava solo di non
voler vedere, di allontanare da sé le situazioni che avevano portato
ad essere rifiutata.
Quel pomeriggio speciale, in cui Mikoto e
Fugaku incontravano Sasuke in quella che era stata la sua casa per un
anno e mezzo per la prima volta, aveva deciso di portare Sakura con
sé per qualche istante, presentare a coloro che si sarebbero
occupati di Sasuke nel futuro prima lei di tutti gli altri bambini
del piano. Presentarla nel luogo in cui aveva trascorso più tempo
con Sasuke.
E stavolta era convinto di aver fatto la scelta
giusta.
La donna di nome Mikoto stampò un bacio sulla guancia
rosea della bambina e andò incontro a suo marito e al bambino che
sarebbe diventato suo figlio.
Sakura vide Sasuke accanto a quei
due adulti, gli occhi le si colmarono di lacrime.
Sasuke,
Sasuke, Sasuke.
Aveva
solo un nome in testa.
“Mi piacete.” disse solenne, senza
accorgersene e i suoi occhi rotearono in direzione di quelli di
Sasuke che la stava fissando intensamente, le gote rosse, nessuna
rabbia.
Allora non
sei arrabbiato con me.
Kakashi
sentì la bambina scivolare via dalla presa e prima che potesse
ancora pensare di fermarla la vide camminare leggera verso il bambino
e i due nuovi adulti che lo circondavano.
Questi
sono i grandi che ti porteranno via, Sasuke?
Osservò
l due adulti che rimasero muti, immobili, quasi non respiravano: non
avevano mai visto una bambina con uno sguardo simile. Era seria,
solenne, sicura, sfrontata, quasi, giudicante, intensa. Era tutte
quelle cose che Kakashi era certo avessero spaventato la donna che
sarebbe diventata la madre di Sakura.
Era una Sakura che, molto
presto, sarebbe andata persa col tempo, man mano che le sarebbe stata
restituita l'infanzia perduta.
I
was dreaming of a past
And
my heart was beating fast.
Sakura
protese un braccio e prese nella sua la fredda mano del bambino che
dilatò le iridi, colto di sorpresa.
“Sakura.” la chiamò, non
ritraendo la mano.
“Sasuke.” disse lei, sorridendo appena. Un
sorriso dolcissimo al quale lui rispose mordendosi un labbro,
confuso.
Non
hai capito che non ti voglio stare vicino?
Sakura
tornò a guardare i due adulti, stavolta più luminosa e dolce, li
vide sorridere come lei e allora
si girò verso il maestro che annuì.
Era sul punto di dire
qualcosa, gli occhi di nuovo fissi in quelli del bambino.
Non
hai capito che non puoi starmi vicino?
La
mando di Sasuke ora non era più fredda, era un tocco caldo che
Sakura non avrebbe mai dimenticato, nemmeno quando quei due anni
passati alla casa gialla sarebbero stati chiusi chissà dove a
livello del suo inconscio, e non avrebbe dimenticato nemmeno il
sorriso di Sasuke dopo che finalmente lei ebbe detto ciò che le
premeva.
“Ti voglio bene, devi ricordarlo quando sarai lontano
qua.”
Non avrebbe mai potuto dimenticare neanche il cenno che il
suo principe fece con la testa, un segno positivo, un fare pace, un
lieto fine.
Non
hai capito che voglio che tu venga via con me?
Sakura
aveva capito, invece.
E nonostante avesse fatto di tutto per non
farlo, Sasuke non avrebbe scordato mai quegli occhi verdi bagnati di
lacrime, né la mano di Sakura così calda nella sua. Nemmeno il
sorriso, nemmeno il suo respiro leggero, il suo profumo di fragole, i
suoi capelli rosa e il suo bene.
Avrebbe capito molto più tardi,
quando avrebbe cominciato ad affacciarsi all'adolescenza, che per lei
aveva rappresentato il primo amore, seppur fossero stati entrambi
così piccoli.
E avrebbe preso coscienza del fatto aveva permesso
a quella bambina di prendergli il cuore, nonostante una parte di lui
che agiva inconsciamente avesse deciso di lasciar fuori il mondo per
non soffrire più.
Le giornate alla casa gialla finirono presto
per Sasuke Uchiha.
Se ne andò un'alba di un mese dopo, senza
riuscire a dirle nemmeno “ciao”; ma si erano già detti
tutto.
Sakura pianse ancora prima di addormentarsi, cercò ancora
la presenza del maestro, ma presto andò via anche lei, tra il pianto
ininterrotto di Ino e Karin, le urla di Naruto abbracciato a Choji
sotto gli sguardi attoniti di Suijetsu e Shikamaru.
Kakashi,
Kurenai, Shziune e Tsunade rimanevano soli in un circolo senza mai
fine, perchè la casa gialla era sì un posto fondamentale per la
vita dei piccoli che vi entravano, ma era semplicemente un punto di
passaggio.
Tutti i bambini andavano via dalla casa gialla, prima o poi.
*Talk. Coldplay
Note
autrice senza molto senno.
Ce
l'avete fatta ad arrivare fino in fondo? Vi stimo.
(L).
Seriamente...mi scuso per la lunghezza della one shot ma se
l'avessi divisa in capitoli avrebbe perso, credo, la sua integrità.
Spero che comunque non vi siate annoiati e che anzi vi possa
aver...mh, lasciato qualcosina, ecco. ;)
Che dire in merito se non
che..l'idea di
base in generale è ispirata a fatti
realmente accaduti. E mi
limito qui! Era da un po' che volevo catapultare Sasuke e Sakura in
un universo di questo tipo, all'inizio pensavo di scriverli come
adulti che semplicemente “ricordano” la loro infanzia, ma poi è
come se questi due avessero preso vita e puff son diventati bambini.
Oh, ho amato dare un ruolo fondamentale a Kakashi, assumendo il suo
punto di vista per gran parte della storia. (L).
Prima che me ne
dimentichi! Le motivazioni per le vite in Istituto dei protagonisti
le lascio alla vostra immaginazione, mi sembrava non troppo
importante ai fini della storia inserirle, ecco. ^^
Forse la
fanfic è un po' troppo intensa (dura?) - nel mio stile, insomma XD -
ma vi svelerò che io ci vedo un gran lieto fine. Secondo me... bè
avete capito, non è finita lì, per loro due. Voi che ne
pensate?
Ringrazio il SasuSaku per avermi ispirato e per aver
calzato – spero bene – una tematica del genere.
Ringrazio Voi
lettori, recensori, pezzi di cuore qua su efp. :3
A presto, spero
prima di Natale! ;)
Vi stritolo (L)
terrastoria