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Autore: terrastoria    15/12/2011    8 recensioni
“Andrò lontano.”
“Sas'ke...mi hai detto una bugia.”
“Domani tornano qui.”
“Mi avevi detto che non volevi andare via.”
“Andrai via anche tu, Sakura.”
“Dovevamo stare assieme per sempre”
Quando il maestro Kakashi aveva visto Sakura incontrare gli occhi di Sasuke Uchiha per la prima volta si era sentito scaraventato lontano, quei due avevano escluso il mondo con un semplice contatto visivo.

[SasuSaku]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Do you feel like a puzzle, you can't find your missing piece?*
[SasuSaku]


1.Dicono che è vero che quando si nasce sta già tutto scritto dentro ad uno schema. [Ora - Jovanotti]


L'Istituto Senju era una casa gialla a tre piani che stonava un po' nel complesso residenziale grigio e poco curato, era una macchia di colore in una delle tante zone periferiche della città.
Trenta bambini e ragazzi lo popolavano, dai 0 ai 18 anni, divisi per fasce d'età su tre appartamenti distinti, uno su ogni piano dell'edificio, provenienti da nuclei famigliari distrutti o neanche mai esistiti, lasciati da donne che non riuscivano ad essere madri, tolti dal buio più totale, salvati.
Ogni piano aveva il suo responsabile e i suoi volontari più o meno fissi, Shizune si occupava dei ragazzini dagli undici ai diciotto anni al secondo piano, Kurenai Yuhi della fascia 0-5 al terzo piano, Kakashi dei bambini dai sei ai dieci al primo piano.
Kakashi, Shizune, Kurenai: non si fermavano mai e se non avessero avuto l'aiuto costante di volontari durante il giorno e l'attenzione costante della direttrice nonché creatrice dell'Istituto Tsunade Senju, probabilmente non sarebbero riusciti a fare la cosa che più gli premeva al mondo, per il quale forse erano nati: salvare e custodire piccole vite, prepararle a spiccare il volo, affidarle all'amore di coppie che di amore ne avevano da dare tanto.
Ci sono vite che sono state segnate fin dall'inizio, che vanno riscattate.
Ed il riscatto comincia proprio da lì.
Dall'Istituto Senju.


Sakura era una bambina dai vispi occhi verdi e i capelli di uno strano colore tendente al rosa, tagliati a caschetto, la fronte ampia coperta da qualche ciuffo che le scappava dal cerchietto rosso, era uno di quei tipini che facevano sempre domande e stavano molto attenti al mondo degli adulti. Era sempre addosso a Kakashi, il nasino all'insù e le manine dietro la schiena. Aveva per il mastro o – come lo chiamavano tutti lì a Konoha, il primo piano della casa gialla – una specie di adorazione.
“Sei in ritardo. Di quindici minuti.”
Kakashi abbassò lo sguardo e si ritrovò la bambina di fronte, gli arrivava a stento alla vita. Le sorrise pacifico.
“Dormivo. Stanotte a causa di qualcuno non ho dormito praticamente nulla...”
Sakura assottigliò gli occhi e li fece roteare alla sua sinistra in direzione del suo amico Naruto che però alzò le spalle e scosse la testa per farle capire che no, non era mica stato lui. Lui aveva dormito benissimo.
“Per colpa di Sasuke!” esclamò una voce alle loro spalle. Apparteneva a Karin, una piccola peste dai capelli rossissimi che era arrivata all'Istituto Senju solo da qualche mese a quella parte.
Kakashi inspirò forte prima di guardare verso il bambino nominato dalla peste.
“No, lui non c'entra nulla” disse e senza darlo a vedere a Sakura, Naruto e Karin fece l'occhiolino a Sasuke che si limitò ad alzare le spalle e ad annuire quasi impercettibilmente.
“Cominciamo?” domandò quello che per Kakashi era il bimbo più biondo e più determinato che avesse mai incontrato nei suoi anni di esperienza lì alla casa gialla e che ora saltellava sul posto, non stando nella pelle.
“Sì, esatto, vogliamo cominciare?”
Sakura si voltò verso la porta d'entrata del salotto, il punto da cui era provenuta la voce della sua amica Ino e così fecero tutti ad eccezione di Sasuke chè si avviò verso il divano e vi si sedette sopra sbuffando appena.
“Chi mi aiuta a portare dentro la stanza questo scatolone?” domandò Kakashi indicando la scatola di cartone, con dentro tutti gli addobbi necessari, ai suoi piedi.
Una mano sfrecciò di colpo in aria.
Al maestro non servì nemmeno guardare in direzione di quella piccola mano per capire a chi appartenesse. Sorrise tra sé e sé e coi suoi dieci bambini diede avvio al rito della preparazione dell'albero di Natale.
Era la loro festa più grande.
Suijetsu, appena arrivato in salotto, seguito dal suo inseparabile amico Juugo, si mise a cantare Jingle Bels e come per magia, dopo le occhiatacce di Karin per le stonature, si misero a cantare tutti assieme.
Persino Sasuke fece dondolare le gambe a tempo già dal divano e Sakura Haruno, che si era seduta accanto a lui, giurò di averlo visto muovere le labbra.
Kakashi a vedere lo sguardo col quale Sakura guardava Sasuke sentì una fitta allo stomaco: era l'amore. Un affetto incondizionato, uno sguardo materno.
Fin dalla prima volta in cui aveva visto Sakura e Sasuke assieme aveva avuto la sensazione che esistessero solo quelle due creature al mondo, era come se si isolassero inconsciamente dal resto del mondo, che si toccassero anche se i loro corpi nemmeno si sfioravano.
Quando aveva visto Sakura incontrare gli occhi di Sasuke Uchiha per la prima volta si era sentito scaraventato lontano, quei due avevano escluso al mondo con un semplice contatto visivo.
Non appena gli occhi della bambina avevano incontrato quelli scuri e profondissimi del nuovo arrivato, avevano preso luminosità. Dal loro primo incontro quelle iridi verdi non erano state più spente.
E Kakashi era convinto che l'unica persona che fosse riuscita, da un anno a quella parte, a entrare prepotentemente nel cuore rigido dell'Uchiha fosse proprio quella bambina dai capelli rosa. E Naruto, ma Naruto entrava nel cuore di tutti. Era tutta un'altra storia.
Nemmeno lui o Tsunade riuscivano a farlo esporre come riusciva lei.
Faceva quasi male guardarla mentre decideva di star seduta accanto a Sasuke, in silenzio e con le guance rosse invece che preparare l'albero assieme agli altri suoi amici, perchè era ancora una bambina di sette anni ma sembrava una donna con lo sguardo serio e coraggioso, sguardo che sfidava il mondo, sfidava qualsiasi persona si fosse messa contro Sasuke, contro di lei, contro di loro. Perchè Sasuke spesso non reagiva, frapponeva un muro da buttare giù costantemente. Perchè Sakura e Sasuke non sarebbero stati assieme ancora a lungo e quasi sempre i bambini della casa gialla non si rivedevano più, si disperdevano nel mondo ognuno per la sua strada sigillando l'Istituto da qualche parte nel loro inconscio.

Andrò lontano.”
“Mi hai detto una bugia.”
“Domani tornano qui.”
“Mi avevi detto che non volevi andare via.”
“Andrai via anche tu.”
“ Dovevamo stare assieme per sempre”
“Puoi vederli anche tu.”
“Sas'ke...sei cattivo!”

Sasuke Uchiha mollò il joystic nelle mani di Suijetsu che mugugnò un “grazie” tirato - solo perchè era lì presente il maestro - visto che aveva passato gli ultimi dieci minuti a pregare Sausuke di lasciarlo giocare.
Si avviò nelle camere con passo strascicato passando davanti al tavolo dove Ino, Shikamaru, Sakura e Naruto stavano giocando e Shikamaru come sempre stava vincendo.
“Dove vai Sasuuuuke?” gli domandò Naruto sporgendosi dalla sedia per vedere meglio il suo amico, e sorridergli.
“Dove voglio.”
Il bambino biondo che a detta di tutti i maestri sorrideva sempre tramutò il sorriso in una smorfia e poi fece la linguaccia. “Sei fastidioso!” esclamò puntandogli un dito contro e nella foga buttando a terra diverse carte da memory del Re Leone.
Sasuke fece spallucce e riprese a camminare, le mani in tasca, un qualcosa di simile ad un sorriso divertito aleggiava sul suo volto. Era colpa dell'occhiata fulminante che Sakura aveva lanciato a Naruto e poi a lui.
E del fatto che era certo che presto se la sarebbe ritrovata nei paraggi.
Era questione di tempo. Sakura avrebbe perso apposta la partita per prima.
Per andare da lui.
Kakashi vide Sakura allontanarsi dal salotto e dirigersi verso il corridoio delle camere, era tentato di fermarla, si alzò pure dal divano per correre da lei ma alla fine non ce la fece. Mandò al diavolo per l'ennesima volta la regola che tutti i bambini dell'appartamento dovessero stare in salotto, a quell'ora del pomeriggio in attesa della cena, e la lasciò andare in camera di Sasuke Uchiha.
Si passò una mano tra i capelli e tornò a sedersi.
“Maestro sa dove è andata Sakura_chan?”
La voce di Naruto fu come una doccia fredda.
Tendeva ad escludere il bambino biondo dai pensieri che riguardavano Sakura e Sasuke, ma sbagliava di grosso. Ogni volta lui si presentava più forte di prima.
Naruto era un angelo biondo destinato ad amare troppo. E ad essere lasciato solo dalle persone che amava di più, era una convinzione assurda, questa che si era messa in testa a furia di osservare le dinamiche di gruppo e a passare ventiquattro ore al giorno con quei bambini, e Kakashi si chiese se fosse davvero così. Dopotutto Naruto era ancora troppo piccolo per non poter ancora avere delle eccezioni.
Non gli rispose, gli chiese se voleva sedersi accanto a lui e presto, col parlare, Naruto sembrò distrarsi dal pensiero di Sakura e Sasuke e Kakashi potè allentare un po' la tensione.
Avrebbe tanto voluto che lì alla casa gialla non ci fossero carenze d'amore o esclusivismi, ma c'erano cose più forti di lui e di tutti gli altri.
Cose che nessuno poteva controllare, che stavano tutte scritte dentro ad uno schema.
Schema che li aveva portati tutti lì, momentaneamente.

“Ciao”
Sakura si affacciò alla porta della camera, in punta di piedi, un timido sorriso stampato sulle labbra rosse.
Sasuke non rispose ma si sedette a bordo letto e allora lei fece altrettanto, prese posto sul letto di fronte, quello su cui dormiva Naruto. Si guardò attorno ma ben presto l'attenzione cadde sul bambino che aveva dinnanzi e si accorse che lui la stava fissando.
Sentì le guance farsi calde calde ed una gran voglia di sorridere.
“Hai sentito prima?! Il maestro ha detto che tra due settimana si va al mare!” disse con entusiasmo battendo le mani per l'improvvisa felicità datale dal pensiero che di lì a soli quindici giorni sarebbe andata in gita con il maestro Kakashi e Kurenai, i piccoli, Shizune e tutti gli altri, proprio tutti. E con il bambino più bello al mondo.
Sasuke abbassò lo sguardo ai piedi, cupo.
“Non mi piace il mare.” sussurrò tornando a fissare la bambina che ora aveva gli occhi leggermente umidi. Si chiese se stesse per piangere per un qualche motivo che lo avrebbe infastidito, allora spostò l'attenzione sulle ciabattine rosse di Sakura, sulle gambe incrociate e dondolanti, sulla gonnellina rossa che lei stava torturando con le mani. “Non mi piace il mare” ripetè.
Non gli piaceva da quando suo fratello Itachi non partecipava alle gite perchè non c'era più. Una coppia di sposi lo aveva portato via dall'Istituto un giorni piovoso di un mese prima, e Sasuke non aveva saputo niente per una settimana intera, dopo la quale era stato Kakashi a parlargli, proprio in quella camera, e a ricevere tutta la rabbia di cui un bambino offeso era capace.
Sakura aveva già vissuto momenti del genere, nonostante fosse piccola sapeva già riconoscere i momenti positivi da quelli negativi, con lui. Più che altro era una cosa inconscia, aveva voglia di scusarsi perchè il suo inconscio sapeva di aver detto qualcosa di sbagliato. E così fece, con voce bassa.
“Scusami, non volevo.”
Sasuke schiuse le labbra e scosse la testa.
“Ti scusi troppo, tu.” disse dando un calcio all'aria e distendendo la schiena sul letto, le mani incrociate dietro la nuca.
Sakura sentì un groppo alla gola e avrebbe pianto senza sapere bene il perchè, lo sapeva solo una parte di sé che era rincuorata per la risposta ricevuta, nonostante suonasse tanto un rimprovero, se non si fosse concentrata sulla ciabatta che Sasuke stava per lasciar cadere per terra e sul calzino antiscivolo bucato dei Looney Toones che indossava. Quel particolare le mise voglia di ridere.
“Hai un buco nel calzino!” asserì alzandosi dal letto e andando a toccare il sotto del piede di Sasuke che in risposta scalciò, ma Sakura si scansò velocemente e altrettanto velocemente ritoccò la pelle che sbucava dal calzetto, facendo cadere a terra una ciabatta blu.
“Smettila.” mugugnò Sasuke mal celando a stento le risate “Altrimenti mi devo vendicare.” disse mettendosi a sedere e fissandola con lo sguardo duro, ma non quello di sempre, Kakashi lo avrebbe definito uno sguardo “normale”.
“Devi avvertire Kakashi del buco!” esclamò Sakura ma non riuscì a dire altro poiché Sasuke con un balzo le era piombato addosso e l'aveva spinta sul letto di fronte.
“Ora ti faccio vedere io cosa è il solletico..”
Cercò di divincolarsi della presa di Sasuke sulle spalle con l'effetto di finire completamente stesa sul letto. “
“No, no Sas'ke no!”
A nulla valsero le sue implorazioni, lui prese a farle il solletico sulla pancia, sotto ai piedi, e non rimase che lottare.
“Te la sei cercata.” le disse Sasuke parando con le braccia un pugno che la bambina aveva cercato di tirargli. “Tanto vinco io, lo sai.” insistette ma si ritrovò le mani di Sakura a solleticargli le ascelle e allora scoppiò in una risata rumorosa che proprio non riuscì a trattenere. “Vinco io, sono come Vegeta!” esclamò riprendendo il controllo della situazione e borbandando l'avversario di solletico.
“E' più forte Goku. Molto più forte!”
Sakura a furia di ridere non aveva quasi fiato, le guance erano rossissime e i aveva perso il cerchietto da qualche parte sul letto.
Era sfinita. Riuscì a scagliare ancora un attacco che fece centro, visto che Sasuke si coprì la pancia da eventuali successivi attacchi inaspettati, dopo di che si rannicchiò a riccio più che poteva, le risate mozzate contro le braccia che coprivano il volto.
“Ti arrendi già?!” domandò Sasuke interrompendo l'azione, una mano sulla vita l'altra su una gamba di Sakura.”
“Non è valido, a te non fa effetto come a me il solletico!”
“Non inventare scuse!” le disse in un tono che tanto sembrava quello della grande Tsunade quando era arrabbiata con tutti loro e con forza le scoprì il volto.
Sakura era decisamente meno noiosa così tutta in disordine, coi capelli scompigliati, le guance rossissime e gli occhi che mandavano bagliori.
“E' tutto vero.”
Sakura cercò di divincolarsi con le poche forze che le rimanevano, ma non ci riuscì.
Chiuse gli occhi e aspettò il suo destino.
Di solito arrivava sempre il maestro a porre fine alla lotta, o Naruto, o era Sasuke stesso a stufarsi.
Aspettò chiudendo gli occhi.
“Karin ha detto che ieri sera ha baciato Sujetsu”
Sgranò gli occhi, Sakura, fissandoli in quelli ora serissimi di Sasuke. Sembravano brillare, quelle pozze scure.
Aveva sentito anche lei del bacio, Karin, quando Kakashi non era nei paraggi, le aveva raccontato tutto. Aveva due anni più di loro, ma a lei già sembrava grandissima, inoltre era una bambina molto forte. Era rimasta ammutolita e le era battuto forte il cuore a sentir parlare di bacio, di labbra che si toccano come nei film alla tv, come nei cartoni.
E le batteva il cuore in quel momento. Fortissimo dentro al petto.
“Come gli adulti dei film che vede Kakashi.” riuscì solo a dire, un filo di voce.
“Come loro. E tu vuoi baciare me.”
Sasuke si era avvicinato al suo volto, lo sguardo fisso, quasi spiritato ma
vivo, ciuffi di capelli che ricadevano sulla fronte di Sakura.
Tu-tum. Tu-tum.
Era davvero il bambino più bello al mondo: un principe azzurro.
Sakura sentì tanto caldo. Oramai era ad un passo dalle labbra di Sasuke: avrebbe potuto fare come Karin. Provare. Fare quella cosa da grandi:
baciare.
Fu lui però a baciare lei: una sensazione morbida, un corto circuito.
Il principe azzurro dagli occhi neri e tristi stava baciando la bambina che lo amava. Dopotutto non era così
triste come sembrava. Era vivo.


Fu in quel momento che Kakashi entrò in camera e vide i due bambini che più gli erano entrati irrimediabilmente dentro, assieme a Naruto, l'uno sopra all'altro nell'aria viziata dai loro respiri affannati, e una parte di lui avrebbe voluto tornare indietro, non intervenire, rimandare a più avanti o anche a mai più l'umiliazione di interromperli, di sgridarli, di separarli, mentre l'altra parte – prevalente – lo fece mandare via Sakura da lì in un silenzio gelido e chiudere la porta alle spalle per rimanere solo faccia a faccia con Uchiha Sasuke. E i suoi occhi tornati profondi e nerissimi, un labirinto senza via d'uscita.
Kakashi Hatake era parte dello schema, ma non poteva saperlo.
Mentre chiedeva un inutile perchè al bambino e trovava mille regole violate e mille parole vuote si trovò a rendersi conto di quanto fosse difficile occuparsi di minorenni abbandonati, distrutti psicologicamente, e di quanto imperfetto fosse a farlo; dopotutto stava sbagliando.
Non avrebbe dovuto permettere che lo sguardo di Uchiha Sasuke si indurisse ancora, avrebbe
dovuto lasciargli il gioco, i bambini erano fatti per quello: Sakura e Sasuke stavano semplicemente giocando, ma lui era adulto e ci aveva visto solo del male, si era proiettato in avanti e li aveva visti soli, separati, lacerati ancor più: non avrebbero avuto più solo il dolore dell'abbandono, ma anche quello della separazione.
Quando quella sera si ritrovò nell'ufficio di Tsunade, non riuscì a trattenere il senso di colpa che sgorgò assieme alla rabbia. Urlò a Tsunade che lui non poteva nulla per i bambini come Sakura, Sasuke, Naruto e tutti gli altri, nessuno lì dentro poteva, l'Istituto era un paradiso d'illusioni, un'oasi estemporanea, che mandava i piccoli in pasto ad un mondo infernale facendo le scelte sbagliate.
“Kakashi, va tutto bene.”
Lo sguardo con cui Tsunade avvolse uno dei suoi tre essenziali sottoposti sembrò quello di Sakura con Sasuke, era lo stesso che ella rivolgeva a tutti i
suoi bambini, che aveva rivolto ad un ragazzino di nome Jiraya tanti anni fa, in un orfanotrofio di suore, prima di perdere le sue tracce.
Poi, dopo che ebbe lasciato che l'uomo finisse di sfogarsi, decise che era ora di agire.
“Te la senti di incontrare la coppia che dovrebbe adottare Sakura Haruno, lunedì?”
Kakashi Hatake schiuse le labbra per la leggera sorpresa, capì subito dove la direttrice volesse arrivare. Le fu grato per questo.
La bambina dagli occhi verdi sarebbe stata poco più di due mesi in una casa gialla priva di Sasuke.
“Conta su di me.”
Presto avrebbe avuto una mamma ed un papà a colmarle le assenze.
Kakashi volle credere che fosse così, nonostante sapesse di sbagliarsi ancora.

E' una promessa, vero Sas'ke?”
“Me lo hai già chiesto.”
“Voglio sentirlo ancora una volta. Tu e io ci rivedremo! Come Goku ritorna sulla terra e vede i suoi figli e i suoi amici.”
“Ciao, Sakura.”
“E' una promessa.”

Una conchiglia! Guardate che bella!”
Naruto corse da Sakura, Ino, il maestro e tutti gli altri e mostrò tutto orgoglioso una grande conchiglia color madreperla, una di quelle nella quale si poteva sentire il mare.
“Bravo, Naruto. Qui ne abbiamo raccolte molte di più di una.” ribattè Ino scoccando al biondo un'occhiata di sufficienza.
“Quarantasei, per l'esattezza.” intervenne Shikamaru prima di lasciarsi andare ad uno sbadiglio rumoroso, tutta quella sabbia intorno gli metteva sonno.
Naruto guardò il tesoro tra le sue mani con sconforto.
“Ti do un po' delle mie.”
Era stata Hinata Hyuuga a parlare, abitava al secondo piano sotto le cure di Shizune, ma aveva occasione di vedere Naruto quasi ogni giorno, grazie alla scuola che conteneva sia elementari che medie, alle domeniche tutti assieme e alle gite. Era stato grazie a tutte queste occasioni che aveva cominciato a provare un grande e impulsivo affetto verso quel bambino biondo con gli occhi azzurri.
“Grazie Hinata!”
Gli sorrise abbassando la testa, le gote vagamente arrossate.
“Tieni” mormorò prendendo tra le sue le mani di Naruto e girandole coi palmi all'insù vi posò una decina di piccole conchiglie madreperla che lei stessa, assieme ai suoi amici Kiba e Shino, aveva raccolto quella mattinata.
“Sei sempre molto gentile, Hinata.”
Kakashi le sorrise pacifico, delle volte, pensava, meno male che esisteva quella ragazzina dolce e pura, sembrava che provasse davvero un affetto incondizionato verso Naruto, anche se il piccolo non se ne era accorto e, forse, non averebbe potuto accorgere mai. Allora sì che sbagliava a pensare il peggio per l'angelo biondo, ma anche in quel caso, l'amore, era comunque a senso unico.
La ragazzina fece un mezzo inchino e corse ad una decina di metri di distanza da loro, verso il suo gruppo che si stava sbracciando in sua direzione per una camminata in riva al mare capitanata dalla maestra Shizune.
“Dove è andato Sasuke?”
Kakashi si sentì tirare per il giubbotto verde senza maniche: Sakura lo stava guardando con gli occhi verdi preoccupati.
Naruto si aggiunse alla domanda guardandosi attorno con la fronte corrucciata, il vento che gli sferzava le guance e gli scompigliava i capelli biondi. “Dove è il musone?!”
Hatake Kakashi si sentì gelare il sangue nelle vene per qualche istante ma poi vide Karin e Sujetsu indicargli un punto in riva al mare, lontano da loro ma sufficientemente vicino da riconoscere in quel punto una figura esile e scura.
“Ecco dove è.” disse ticchettando la spalla di Sakura per farla girare in direzione dell'Uchiha che, a quanto pareva, si era isolato dal gruppo ed era seduto in riva al mare, stretto nel suo giubbotto blu scuro col colletto sollevato fin oltre il mento, le mani nella sabbia, lo sguardo diretto verso la distesa d'acqua.
“Posso andare da lui?!” chiese Naruto alzando una mano e dipingendo sul viso un'espressione di pura implorazione.
“Voglio andare anche io!” si aggiunse Karin cominciando già ad avanzare, affiancata da Sujetsu .
Ino si accodò alla richiesta, stava tenendo per mano Shikamaru e Choji.
Kakashi guardò i bambini uno ad uno, indeciso sul da farsi.
“E' ora di andare a mangiare!”
Era stata Tsunade ad urlare, si trovava già al fondo della spiaggia, verso l'ufficio spiaggia ora disabitato, e stava muovendo le braccia in direzione dei
suoi.
Kakashi la benedì e comandò ai bambini di dirigersi verso la
giovane Vecchia, come la chiamava sempre Naruto per via di quell'aspetto sempre giovanile nonostante l'età.
“Andate avanti, arriverà anche Sasuke.”
Naruto fu il primo a correre verso la donna urlando che chi arrivava ultimo doveva fare penitenza, non dopo aver lanciato uno sguardo verso l'Uchiha.
Fu quando se ne furono andati via tutti, lasciando un gran silenzio interrotto solo dal sferzare del vento sulle cose, che il maestro si accorse di non essere rimasto solo.
Sakura se ne stava immobile davanti a lui, le manine strette a pugno lungo i fianchi.
“Sakura.” la chiamò a voce bassa e le toccò una spalla.
Era stata l'unica a non parlare.
“Puoi andare a chiamare Sasuke?” le domandò abbassandosi a parlare con la bocca all'orecchio.
Sakura si voltò di scatto verso l'uomo, colma di stupore.
“Davvero maestro?”
Kakashi annuì e vide la piccola scattare in avanti e correre all'impazzata, come fosse l'ultima e la prima cosa che faceva nella vita, pensò, incamminandosi pian piano verso Tsunade.
Chissà quante volte di lì al futuro si sarebbe pentito di quella scelta, ma in quel momento non avrebbe potuto fare null'altro. Aveva ancora nella mente, immagine nitida e ferita fresca, la delusione e la paura negli occhi di Sasuke di quindici giorni prima.

Sasuke mi faceva sempre dispetti.”
“Ma poi facevate pace.”
“Oh sì! Sempre!”
“Gli volevi molto bene, piccola mia. E lui doveva volerne a te.”
“”Ma è stato cattivo!”
“No, tesoro mio.”
“Ma se ne è andato!”
“Sei andata via anche tu, piccola mia.”

Ciao.”
Sasuke con la coda dell'occhio vide Sakura sedersi accanto a lui, aveva il solito profumo di fragole, lei.
Provò un moto di rabbia che partì da chissà dove, non poteva saperlo, e rimase zitto a tirar conchiglie nel mare, una dopo l'altra, con gesti nervosi.
Sakura raccolse le ginocchia al petto, abbracciandosi un po' da sola.
“E' ora di pranzo.” disse eseguendo il suo compito, la voce un po' troppo squillante.
Sasuke era così...così freddo.
Non si erano quasi rivolti la parola in due settimane, Sasuke si era isolato dagli altri sempre di più, nonostante giocasse, mangiasse e facesse le solite cose con tutto il gruppo, era sempre serio, sembrava un grande, la mandava via allorchè gli si avvicinava, le rispondeva male, la feriva. Come se Sakura avesse fatto qualcosa di male, e se lo stava chiedendo, lei così piccola, se aveva fatto del male a Sasuke.
“Non ho fame.”
Sasuke si alzò e le diede le spalle.
Era colpa sua se i fantasmi erano tornati. Quei fantasmi notturni che lo facevano urlare.
“Anche io.”
Sakura alzò la testolina rosa e vide il bambino incamminarsi da solo.
“Sas'ke...aspettami.” sussurrò con gli occhi che le bruciavano, alzandosi di scatto e raggiungendolo affannata.
“Non voglio stare con te.”
Sasuke l'aveva osservata con sguardo duro,
cattivo.
Sakura si portò le mani davanti al volto.
“Sei un...antipatico.” disse scoppiando a piangere, le maniche troppo lunghe del giaccone rosso che cercavano di coprire gli occhi intrisi di lacrime.
Sasuke rimase qualche istante a fissarla senza espressione, una mano in tasca avvolta attorno a una conchiglia che sotto il peso della stretta si spezzò, gli ferì il palmo.
Il dolore fisico lo smosse, andò avanti da solo.
“Perchè sei così cattivo con me?”
Sakura si tolse il cerchietto e lo buttò sulla sabbia con rabbia, prima di correre via, superando il bambino e rifugiandosi tra le braccia calde del suo maestro.
Qualcosa dentro di lei si ruppe, un altro pezzo di sé che si frantumava. Altro dolore da immagazzinare nell'inconscio.


I responsabili non poteva fare differenze all'interno della comunità, ne andava non solo della loro professionalità, ma anche della serenità stessa dei bambini nella casa gialla.
Così per Kakashi Hatake era assai difficile non rendere esclusivo il suo rapporto con la bambina che da venti giorni a quella parte che lo seguiva, cercava, necessitava ovunque.
Sakura si era sempre addormentata senza problemi, da sola, era stata una di quelle bambine che fin dal primo momento avevano dimostrato di non avere paura del buio, di poter piombare nelle braccia di Morfeo, spesso un mostro cattivo, con coraggio e sena l'ausilio di alcuna presenza; ma nell'ultimo periodo le cose erano radicalmente cambiate, la piccola Haruno piangeva quasi ogni sera nella cameretta che condivideva con Ino e Karin e solamente l'arrivo del maestro calmava le sue lacrime e chiudeva i suoi occhi.
Kakashi Hatake aveva avvertito Tsunade che la situazione era degenerata, ma quest'ultima gli aveva risposto di agire secondo il suo buon senso promettendo di fare il possibile per ultimare al meglio le pratiche dell'adozione.
Aveva avuto due incontri, Kakashi, con la coppia alla quale era stata destinata Sakura in affido, gli era sembrata gente per bene, l'uomo addirittura era di una somiglianza impressionante con la piccola. C'erano voluti due anni, per quella coppia che non era riuscita ad avere figli e aveva deciso di rivolgersi alle Associazioni per l'adozione nazionale, prima di poter vedere almeno una foto della
loro bambina.
Kakashi si era sentito dire dalla donna, al primo colloquio, che aveva pensato quasi di non poter farcela a vivere con una “
bambina tanto orgogliosa, bella, lontana.”, mentre l'uomo girava e rigirava la foto tra le mani, sul tavolo della scrivania dell'ufficio. Non aveva mai ricevuto tanta sincerità da parte di un genitore pronto ad adottare, e a discapito delle parole della donna, aveva deciso in quell'istante che i signori Haruno erano la coppia adatta per la sua Sakura.
Quel mese di marzo era l'ultimo che la piccola Sakura trasorreva in Istituto, ed anche i più duri.
Kakashi stava facendo di tutto per colmarle l'ansia, per rafforzare di nuovo l'autostima che dopo mesi e mesi di lavoro era riuscito, assieme ad aiuti psicologici esterni di routine in una struttura come l'Istituto Senju, un po' ad alzare. E adesso era tornata a non esistere, a lasciarla in preda all'ansia, a boccheggiare a scuola, a danza, anche in casa quando si trattava di
competere con gli altri bambini.
La bestia del rifiuto si faceva sentire più forte di prima.
Proprio all'inizio del mese aveva cominciato a parlare a Sakura della coppia che stava per andare da lei, coppia che Sakura aveva incontrato una settimana di fine febbraio e sulla quale, simbolicamente, era stata proprio lei a porre il sigillo definitivo di una futura adozione esclamando un “Sì” quando gli era stato richiesto, da Tsunade, se sarebbero stati quei due giovani lì a diventare i suoi nuovi ed unici genitori.
Alla fine Kakashi non riusciva proprio a dividersi in parti uguali per tutti i piccoli abitanti
dell'appartamento Konoha e la presenza dei volontari si era fatta più costante e numerosa.
C'erano delle volte in cui doveva portare la bambina a dormire con sé e lei non lo mollava un secondo, aggrappandosi al suo corpo, dormendo con la testolina sulla sua spalla. Delle volte in cui la prendeva e la portava fuori, giravano assieme per la piccola piazza di quello che era uno dei tanti sobborghi della metropoli contravvenendo ad ogni regola della casa gialla, ore in cui c'era solo Sakura e che avrebbero reso molto più difficile il distacco per entrambi.
Man mano che passavano i giorni Kakashi si sentiva sempre più impotente, ma una era la certezza che aveva preso possesso della sua mente:
Sakura aveva un disperato bisogno di lasciare la casa gialla.
Soprattutto ora che mancavano pochi giorni all'addio di Sasuke Uchiha.

E questa bella bambina chi è?”
Sakura arrossì un poco e curvò le labbra in un timido sorriso, mentre lasciava la mano di Kakashi e stringeva quella fredda della donna mora e dolce che aveva dinnanzi.
“Mi chiamo Sakura.” si presentò e con lo sguardo chiese al maestro se stava facendo bene a presentarsi, lo faceva sempre, ne aveva bisogno.
“Io sono Mikoto.”
Alla bambina piacque il nome, le sapeva di dolce, di rosso, di bello.
“Mi piace Mikoto!” esclamò e mentre la donna mora e alta rispondeva che aveva sempre amato i fiori di ciliegio, entrò nella camera Sasuke accompagnato da un uomo che gli assomigliava in modo incredibile: stessi capelli neri, stessi occhi scuri. La differenza stava nei lineamenti, quelli dell'adulto erano molto più pronunciati, mentre Sasuke si vedeva lontano un miglio che anche da adulto avrebbe mantenuto la delicatezza del volto.
Sakura sgranò gli occhi: le sembravano secoli che non lo vedeva.
Che fine aveva fatto il suo principe azzurro?
Kakashi circondò la piccola con braccio, una mano sul fianco di lei, sapeva rispondere alla muta domanda della bambina, si trattava solo di non voler vedere, di allontanare da sé le situazioni che avevano portato ad essere rifiutata.
Quel pomeriggio speciale, in cui Mikoto e Fugaku incontravano Sasuke in quella che era stata la sua casa per un anno e mezzo per la prima volta, aveva deciso di portare Sakura con sé per qualche istante, presentare a coloro che si sarebbero occupati di Sasuke nel futuro prima lei di tutti gli altri bambini del piano. Presentarla nel luogo in cui aveva trascorso più tempo con Sasuke.
E stavolta era convinto di aver fatto la scelta giusta.
La donna di nome Mikoto stampò un bacio sulla guancia rosea della bambina e andò incontro a suo marito e al bambino che sarebbe diventato suo figlio.
Sakura vide Sasuke accanto a quei due adulti, gli occhi le si colmarono di lacrime.
Sasuke, Sasuke, Sasuke.
Aveva solo un nome in testa.
“Mi piacete.” disse solenne, senza accorgersene e i suoi occhi rotearono in direzione di quelli di Sasuke che la stava fissando intensamente, le gote rosse, nessuna rabbia.
Allora non sei arrabbiato con me.
Kakashi sentì la bambina scivolare via dalla presa e prima che potesse ancora pensare di fermarla la vide camminare leggera verso il bambino e i due nuovi adulti che lo circondavano.
Questi sono i grandi che ti porteranno via, Sasuke?
Osservò l due adulti che rimasero muti, immobili, quasi non respiravano: non avevano mai visto una bambina con uno sguardo simile. Era seria, solenne, sicura, sfrontata, quasi, giudicante, intensa. Era tutte quelle cose che Kakashi era certo avessero spaventato la donna che sarebbe diventata la madre di Sakura.
Era una Sakura che, molto presto, sarebbe andata persa col tempo, man mano che le sarebbe stata restituita l'infanzia perduta.

I was dreaming of a past
A
nd my heart was beating fast.

Sakura protese un braccio e prese nella sua la fredda mano del bambino che dilatò le iridi, colto di sorpresa.
“Sakura.” la chiamò, non ritraendo la mano.
“Sasuke.” disse lei, sorridendo appena. Un sorriso dolcissimo al quale lui rispose mordendosi un labbro, confuso.
Non hai capito che non ti voglio stare vicino?
Sakura tornò a guardare i due adulti, stavolta più luminosa e dolce, li vide sorridere come lei e allora si girò verso il maestro che annuì.
Era sul punto di dire qualcosa, gli occhi di nuovo fissi in quelli del bambino.
Non hai capito che non puoi starmi vicino?
La mando di Sasuke ora non era più fredda, era un tocco caldo che Sakura non avrebbe mai dimenticato, nemmeno quando quei due anni passati alla casa gialla sarebbero stati chiusi chissà dove a livello del suo inconscio, e non avrebbe dimenticato nemmeno il sorriso di Sasuke dopo che finalmente lei ebbe detto ciò che le premeva.
“Ti voglio bene, devi ricordarlo quando sarai lontano qua.”
Non avrebbe mai potuto dimenticare neanche il cenno che il suo principe fece con la testa, un segno positivo, un fare pace, un lieto fine.
Non hai capito che voglio che tu venga via con me?
Sakura aveva capito, invece.
E nonostante avesse fatto di tutto per non farlo, Sasuke non avrebbe scordato mai quegli occhi verdi bagnati di lacrime, né la mano di Sakura così calda nella sua. Nemmeno il sorriso, nemmeno il suo respiro leggero, il suo profumo di fragole, i suoi capelli rosa e il suo bene.
Avrebbe capito molto più tardi, quando avrebbe cominciato ad affacciarsi all'adolescenza, che per lei aveva rappresentato il primo amore, seppur fossero stati entrambi così piccoli.
E avrebbe preso coscienza del fatto aveva permesso a quella bambina di prendergli il cuore, nonostante una parte di lui che agiva inconsciamente avesse deciso di lasciar fuori il mondo per non soffrire più.
Le giornate alla casa gialla finirono presto per Sasuke Uchiha.
Se ne andò un'alba di un mese dopo, senza riuscire a dirle nemmeno “ciao”; ma si erano già detti tutto.
Sakura pianse ancora prima di addormentarsi, cercò ancora la presenza del maestro, ma presto andò via anche lei, tra il pianto ininterrotto di Ino e Karin, le urla di Naruto abbracciato a Choji sotto gli sguardi attoniti di Suijetsu e Shikamaru.
Kakashi, Kurenai, Shziune e Tsunade rimanevano soli in un circolo senza mai fine, perchè la casa gialla era sì un posto fondamentale per la vita dei piccoli che vi entravano, ma era semplicemente un punto di passaggio.

Tutti i bambini andavano via dalla casa gialla, prima o poi.




*Talk. Coldplay


Note autrice senza molto senno.
Ce l'avete fatta ad arrivare fino in fondo? Vi stimo. (L).
Seriamente...mi scuso per la lunghezza della one shot ma se l'avessi divisa in capitoli avrebbe perso, credo, la sua integrità. Spero che comunque non vi siate annoiati e che anzi vi possa aver...mh, lasciato qualcosina, ecco. ;)
Che dire in merito se non che..l'idea
di base in generale è ispirata a fatti realmente accaduti. E mi limito qui! Era da un po' che volevo catapultare Sasuke e Sakura in un universo di questo tipo, all'inizio pensavo di scriverli come adulti che semplicemente “ricordano” la loro infanzia, ma poi è come se questi due avessero preso vita e puff son diventati bambini. Oh, ho amato dare un ruolo fondamentale a Kakashi, assumendo il suo punto di vista per gran parte della storia. (L).
Prima che me ne dimentichi! Le motivazioni per le vite in Istituto dei protagonisti le lascio alla vostra immaginazione, mi sembrava non troppo importante ai fini della storia inserirle, ecco. ^^
Forse la fanfic è un po' troppo intensa (dura?) - nel mio stile, insomma XD - ma vi svelerò che io ci vedo un gran lieto fine. Secondo me... bè avete capito, non è finita lì, per loro due. Voi che ne pensate?
Ringrazio il SasuSaku per avermi ispirato e per aver calzato – spero bene – una tematica del genere.
Ringrazio Voi lettori, recensori, pezzi di cuore qua su efp. :3
A presto, spero prima di Natale! ;)
Vi stritolo (L)
terrastoria

   
 
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