Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: Marguerite Tyreen    16/12/2011    4 recensioni
Si sono chiesti perchè abbia raccolto nelle mie mani queste moltitudini di uomini.
Ti ho amato ed è l’unica motivazione. Per te ho desiderato imprimere la mia volontà nel cielo, tra le stelle. Perchè il tuo amore è stato il dono più grande e la Libertà mi sembrava un regalo accettabile, una dote onorevole da portarti.
Ho voluto conquistarti quella Libertà, la Casa preziosa dai Sette Pilastri. La nostra casa, dove i tuoi occhi avrebbero brillato per me, quando fossi venuto.

Al termine della prima guerra mondiale, T. E. Lawrence, scrittore, archeologo e protagonista della rivolta araba, torna con la memoria ad un antico, profondo e struggente amore.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento
- Questa storia fa parte della serie 'Sulle tracce di T. E.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Premessa:
 
Prima di passare alla storia come Lawrence d’Arabia, uno dei protagonisti della rivolta araba, Thomas E. Lawrence prese parte ad una spedizione archeologica in Siria, a Carchemish, dal 1911 al 1913.
Lì conobbe Selim Ahmed, detto “Dahoum”, suo aiutante presso il sito di scavo.
Non ci sono prove che i due avessero una relazione di tipo fisico ma, certamente, l’amicizia era talmente profonda da spingere Lawrence a portare Dahoum con sé in Inghilterra al momento della sua partenza.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, Lawrence venne mandato in Egitto, mentre Selim tornò  in Siria. Non si incontrarono più, dato che il ragazzo morì di tifo nel 1916.
Presumibilmente è proprio Selim Ahmed quell’ S. A. , dedicatario del capolavoro di Lawrence “I Sette Pilastri della Saggezza”.
Di lui, Lawrence stesso dichiarò in una lettera: “Ho amato molto un Arabo in particolare e ho creduto che la libertà per il suo popolo potesse essere un regalo accettabile”.
 
La one shot è ambientata alla fine del conflitto quando, di ritorno in patria, l’ufficiale e scrittore inglese apprenderà della scomparsa dell’amato e, naturalmente, è una mia personalissima e immaginaria ricostruzione dei pensieri di Lawrence.
 

*

 
Scusate per il papiro e grazie a chiunque avrà la pazienza di arrivare fin qui o fino in fondo. ^^
Spero vi piaccia e, se volete, sentitevi liberi di commentare :)
Buona lettura!
 
Marguerite

*


La Casa dai Sette Pilastri
 

 
 

È più difficile spostare l'esistenza
un po' più giù del cielo
e diventare un uomo, per te.
(R. Vecchioni)

 
 

E’ strano, sai, tornare con la mente a quei giorni.
Tornarvi ora che la luce di una assurda fama mi avvolge.
Ora vorrei soltanto che il sipario calasse sulla mia persona, che il mondo si dimenticasse di me e mi restituisse finalmente la mia vita.
Sento che avrei mille cose da fare, adesso: forse più di quante non ne abbia compiute finora. Forse, semplicemente diverse.
Avrei bisogno di pensare, di pensarti, Dahoum. Di prendere tempo, di ascoltare il silenzio attorno a me, dopo il clamore delle battaglie, di sedere nel buio del mio studiolo e provare a mettere su carta quello che è stato.
È freddo, qui, Dahoum. La pioggia, come un sipario di acqua, avvolge l’Inghilterra. Ho paura che scolori a poco a poco la mia memoria, allo stesso modo in cui può scolorare l’inchiostro di una lettera che mai ti spedirò.
Piove. Grosse gocce battono sui vetri, la notte. Cupe, gravi, non mi lasciano dormire. Cancellano, d’un tratto, il suono della tua risata, che era un tintinnare di cristalli.
Oppure, una trama sottile e fitta attraversa i miei vestiti, mi bagna la pelle e mi entra nell’animo. Raffredda quel poco di vita che è rimasto, ora che non ci sei. Un tempo, almeno, ci stringevamo: dormivamo abbracciati e nudi, il corpo stretto al corpo, e tutto pareva avere senso.
Vedi, per ritrovarlo, ho dovuto bruciarmi la pelle e il cuore tra le sabbie del deserto. Ma neppure questo è davvero servito.
Cammino per le strade, cercando qualcosa che nemmeno io so. Mi sento uno straniero nella mia terra, impacciato nel vestito della festa, circondato da due ali di folla, occhi che mi fissano con morbosa curiosità, quasi fossi un pezzo da museo.
Al cinematografo proiettano documentari su di me, sulle mie imprese. La gente si insinua, sviscera, violenta i miei giorni.
Oh, sì, lo sai che sono sempre stato un egocentrico esibizionista, che non mi sono mai negato all’obiettivo. Ma quello che essi devono vedere è ciò che io ho deciso di mostrare loro.
Le motivazioni più profonde, i moti segreti del cuore, quelli non potranno mai comprenderli. Che si sforzino pure di trovarli. Che si perdano a fantasticare ossessivamente di panorami esotici, promiscuità e stordimento dei sensi. Che continuino pure a ignorare che la guerra è sangue, dolore e morte.
Io, intanto, mi nascondo nel fondo della sala e ringrazio Dio che le tenebre negano loro il mio viso, tranne che per il breve istante in cui sono costretto a lasciarmi ferire gli orecchi dallo scroscio degli applausi. Poi mi perdo, nella notte e nella pioggia.
Vorrei soltanto che calasse il sipario sulla mia persona e, invece, mai come ora mi sono sentito tanto esposto sulla scena. Lettere arrivano fino a me, lettere in cui sconosciuti mi dichiarano il loro amore, in cui pare che davvero alcuni stiano perdendo la testa, quando io ho già perduto il cuore.
Perché il mio cuore giace nella terra, assieme a te.
Vorrei riprendermi quello che sono stato, quello che abbiamo avuto: tutto quello che avrò.
Vorrei chiudere gli occhi, forse per sempre. Dormire, sognare.
Sognare di te.
Sognare di quando i miei occhi hanno incontrato i tuoi, pozze ardenti, piccoli brillanti bagliori di fiamma.
Sognare di momenti felici, fatti di giovanile, inconsapevole spensieratezza, di arte, di amore, di antico, di nuovo.
Sognare la tua piccola bocca che mi bacia come allora, che bacia tutta la mia pelle, lasciando dietro di sé una scia di fremiti, caldi e piacevoli come stelle. La tua bocca! Vorrei che fosse sulla mia, per sentire di nuovo quel sapore di miele e spezie sulle mie labbra.
E le tue mani disegnavano le linee del mio corpo. E le mie, tremanti, sfioravano le tue forme sottili, di giunco esile e perfetto. Correvano sul tuo petto, sul tuo ventre, lungo le tue gambe.
Carezzavano, prendevano tutto di te, si impossessavano della tua purezza. Ed il mio sguardo si compiaceva di tanta bellezza, del tuo viso arrossato, di quel pudore che, di volta in volta, si disperdeva come la sabbia in un pomeriggio di vento.
La luna, in quelle sere, affondava i suoi raggi nelle dune, Amore il suo dardo nel mio cuore ed io dentro di te. Naufragavo in te. La mia mente, nel momento più alto, si inabissava in un nulla bianco e lattiginoso.
Abbiamo avuto tutto: le notti di passione assoluta, in cui la pelle chiedeva di più, sempre di più, e le albe di totale tenerezza, quando tutta l’aria odorava di consumato desiderio, di oli esotici, di incensi. Di noi.
Ricordi? Ricordi l’Inghilterra? Allora passeggiavamo per le vie, incuranti delle maldicenze. Gli sguardi della gente erano vuoti, come gli occhi vitrei delle bambole, e noi eravamo specchi che riflettevano soltanto la nostra felicità.
Abbiamo avuto la nostra casa, la nostra casa con le imposte di legno: se la pioggia vi batteva sopra, se la pioggia vi batteva violentemente, noi ci stringevamo ancora più forte e non ci faceva paura.
Ora mi spaventa. Mi spaventa la pioggia e mi spaventano le persone. Ogni cosa corporea adesso mi è odiosa. Non potrei più toccare nessun’altra creatura. Non desidero più. Non desidero più nulla.
Scrivere! Ho bisogno di scrivere! Se dimenticare mi è impossibile, voglio rendere eterno il tempo in cui siamo stati felici.
 
I loved you, so I drew these tides of men into my hands
 and wrote my will across the sky in stars
To earn you Freedom, the seven pillared worthy house

 that your eyes might be shining for me
When we came.   [1]  
 
Si sono chiesti perchè abbia raccolto nelle mie mani queste moltitudini di uomini. Ho sentito dire di me che sono votato soltanto al danaro, alla carriera, da alcuni. Da altri, che la follia e l'esibizionismo mi hanno portato a macchiarmi del sangue di una causa che non era nemmeno la mia.
Ma io ti ho amato ed è questa l’unica motivazione.
È per questo che ho voluto imprimere la mia volontà nel cielo, tra le stelle.
L’amore è la forza più potente. Il tuo amore è stato il dono più grande, pertanto la Libertà mi sembrava un regalo accettabile, una dote onorevole da portarti.
Ed io volevo conquistarti quella Libertà, la Casa preziosa dai Sette Pilastri. La nostra casa, dove i tuoi occhi avrebbero brillato per me, quando fossi venuto.
 
Death seemed my servant on the road, till we were near
and saw you waiting:
When you smiled, and in sorrowful envy he outran me

and took you apart:
Into his quietness.
 
Dov’è ora la nostra casa? I tuoi occhi non hanno brillato per me e mai più brilleranno.
La morte sembrava il mio servo, sulla strada. Ma quando ti ha veduto, ha veduto che mi aspettavi, che mi sorridevi, ha provato invidia per me, che godevo di un simile tesoro. Ti ha preso e ti ha portato via, nella sua quiete.
A cosa è servito, dunque, combattere, soffrire, uccidere, amare? A rendermi meno amari gli anni a venire, con l’illusione di una imperitura memoria?
Non è questo che volevo. Non è la gloria, non è la fama.
Ho amato l’Arabia, è vero, mi è entrata nel sangue. Ma il mio sogno è andato in frantumi, abbattuto dal gioco della politica.
Volevo scrivere il destino per te. Volevo cambiare il mondo, per lasciarti un domani diverso.
E se, inconsciamente, ho fatto tutto per un mio desiderio di gloria, ora mi domando se davvero sia stata la via giusta. Se non sarebbe stato più corretto lasciare che la Storia seguisse il suo corso.
Forse sì, forse sarebbe stato meglio costruire altrove la nostra casa, portare questa mia esistenza un po’ più in giù del cielo, delle stelle. Diventare un uomo, soltanto un uomo, per te.
Ma è così difficile essere uomini. Essere eroi, dopotutto, è semplice: basta qualche fotografia, un paese che abbia bisogno del suo mito e una buona ragione per cui lottare o morire.
Lascia che si chiedano perché l’abbia fatto, che si perdano in mille congetture, che mi chiamino leggenda, che mi chiamino folle, illuso o impostore. Lascia che si chiedano chi sia il dedicatario della mia opera, quale sia la donna, l’uomo o l’idea che mi abbia spinto a raccontare.
Solo tu ed io sappiamo la verità. Essa è scritta indelebilmente nel mio cuore.
Tutto ciò che ho. Tutto ciò che mi rimane.
Adesso, quando il rumore dei ricordi nella mia testa diviene troppo frastornante, salgo in sella alla mia moto, correndo veloce, correndo lontano, sperando che il rombo del motore riesca a coprirlo.
Ma in questa notte, in questa notte di pioggia inglese, ho freddo, tanto freddo.
Abbracciami, Dahoum, come allora. Abbracciami, stringimi forte. Tienimi sul tuo cuore.
Calerà il sipario su di me. Caleranno le tenebre eterne.
E allora saremo insieme, liberi.
Costruiremo insieme la nostra casa. La nostra Casa dai Sette Pilastri.
 

 
 


[1] Si tratta delle prime due strofe del poemetto dedicatorio de “I Sette Pilastri della Saggezza”. Riporto la mia traduzione:
 
“Ti ho amato, così ho raccolto queste moltitudini di uomini nelle mie mani
E ho scritto la mia volontà nel cielo, tra le stelle
Per conquistarti la Libertà, la preziosa casa dai sette pilastri
Affinché i tuoi occhi brillassero per me
Quando saremmo arrivati.
 
La morte sembrava il mio servo durante il viaggio, finché non fummo vicini
E ti vide aspettarci:
Finché non hai sorriso e in una dolorosa invidia mi ha lasciato
E ti ha preso con sè:
nella sua quiete.”

_____________

Vi lascio i link alle foto che sono servite a me da ispirazione. Non ricordo, sinceramente, grazie a quale sito le abbia trovate, ma so che sono state scattate in Siria nell'estate del 1912 (questo almeno me l'ero scritto ^^). Ecco qui: Dahoum e Lawrence.

 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Marguerite Tyreen