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Autore: L_Fy    16/12/2011    41 recensioni
...Se lo disse anche a fior di labbra, sottovoce: "Veronica Alberice Scarlini della Torre, sei uno schianto."
Aveva diciotto splendidi anni, era raffinata, ricca, alla moda, trendy da morire, più fashion di Paris Hilton, più glamour di Anna Wintour, più sensuale di Monica Bellucci. Nessuno del centinaio abbondante di ragazzi della sua scuola poteva non sbavare mentre lei passava senza degnarli di un solo sguardo, nessuna delle 2000 oche della sua scuola poteva non morire d’invidia, nessuno del corpo insegnanti poteva non rimpiangere di non avere avuto un solo grammo del suo allure nella loro triste, patetica esistenza.
Quindi, non poteva essere altrimenti: lui finalmente l’avrebbe guardata.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Paolo Bianchi stava studiando chino sui libri; per un osservatore esterno sarebbe sembrata una scena surreale, in quanto la sua aria concentrata e composta stonava con il contorno, ovvero il fratello Dante intento a giocare con una palla che gli faceva la riga in mezzo ogni volta che rimbalzava contro il muro, due sorelle che cicalavano passando dal bagno alla camera alla sala, una nonna petulante che le seguiva sbagliando regolarmente stanza, un cane che ogni tanto palesava la sua presenza con rumori di varia natura e un gatto affamato che si strusciava contro la sua caviglia. Dalla cacofonia rumorosa che riempiva l’appartamento non si sarebbe notato probabilmente nemmeno un martello pneumatico a pieno regime: Paolo invece riuscì persino a sobbalzare sorpreso quando il campanello iniziò a suonare insistentemente.
“Porta!” esclamò sollevando il naso dal libro, ma nessuno lo sentì, o volle sentirlo.
Siccome il campanello continuava a ronzare fastidiosamente, Paolo chiuse il libro con un sospiro e guadagnò il citofono.
“Chi è?” chiese rassegnato.
“Bianchi! Maldito, ci hai messo una vita!”
Per un attimo Paolo ebbe un tuffo al cuore: Gladi! La stessa voce acuta, apparentemente sicura ma sotto sotto incerta… ma Gladi non esisteva. Non era mai esistita. Gladi era Grimilde travestita da agnellino.
“Veronica?” domandò dubbioso.
“Esatto! Vieni giù che quiero hablar.”
“Hablar… parlare?”
“Te l’ho appena detto, no? Handale!”
Bianchi ci mise un po’ a decidere di scendere per davvero: chiamare su Veronica era fuori discussione in mezzo a quella bolgia infernale. D’altronde, averla sottocasa che per qualche misterioso motivo gli parlava in spagnolo, lo rendeva decisamente inquieto. Non si era del tutto bevuto la favola di Grimilde che lo perdonava magnanima. Benché con la sua coscienza fosse finalmente a posto e gli dispiacesse sul serio del danno che aveva causato, avere intorno Veronica non era affatto rassicurante. Scese quindi le scale titubante: Veronica era davanti al portone che guardava su verso il cielo: indossava una pelliccia viola e stivali in tinta ed era perfettamente anacronistica così elegante e chic in quel contesto popolare. E anche bella da togliere il fiato, meditò Paolo, col viso rivolto verso il pallido sole, gli occhi socchiusi e l’aria rapita.
“Veronica?” domandò dubbioso.
Lei sembrò risvegliarsi bruscamente: aprì gli occhi, ondeggiò un attimo e finalmente lo inquadrò.
“Bianchi? Era ora! Ti aspetto da un millennio, dove ti eri nascosto?”
“Stavo studiando.” rispose Paolo sul chi vive: Grimilde era innaturalmente cordiale e il suo sorriso largo e falso come una moneta di cioccolato.
“Sempre dietro studiare, il povero Bianchi… vaya por Dios!” gorgogliò infatti mollandogli una pacca sulla spalla: Paolo si irrigidì ancora di più.
“Allora, ehm… avevi bisogno?”
Veronica ci pensò un po’ su.
“Certo che avevo bisogno. Sennò cosa ci farei qui? Oh… ma guarda che cielo….maravilloso.”
Si perse di nuovo a fissare il cielo con aria vagamente sognante: l’inquietudine crebbe a dismisura nel petto di Paolo.
“Veronica, stai bene?” domandò preoccupato.
Veronica ripeté la performance del brusco risveglio, ondeggiamento e inquadratura.
“Bianchi! Ah, giusto… come? Certo che sto bene. Va de mùsica! Volevo prenderti le misure per lo smoking. Sai, è da ordinare… uno smoking come si deve va fatto su misura, no? Càrgate de razòn! Non vorremo mica sfigurare.”
“Scusami, ma non capisco di cosa tu stia parlando.”
Veronica gli piantò gli occhi in faccia e a Paolo sembrò che ci mettesse qualche secondo di troppo per metterlo a fuoco.
“Lo smoking per il ballo” gli disse poi scandendo bene le parole “Non me ne importa un fico se il tema adotta un plebeo ha offeso il tuo animo gentile di servo della gleba, mi devi ettari e latifondi interi di favori, dopo la smerdata che mi hai rifilato al canile con quella ridicola cuffia… Non azzardarti a fare la suffragetta anche tu!”
“Io non ho detto niente.” si difese Bianchi sulla difensiva, ma Veronica sembrava improvvisamente partita per una tangente tutta sua.
“Ma ti rendi conto che mi sono messa quella cuffia per te…? Cioè, io, Veronica Scarlini della Torre… mio bisnonno era parente acquisito dei Savoia… Ancora non riesco a capire come ho potuto permetterlo… credo sia tutta colpa dei tuoi occhi azzurri come il cielo.”
Tornò a puntare il naso in su con aria ispirata e Paolo fece del suo meglio perché la mandibola non gli si schiantasse per terra.
“Hai sempre avuto quei cavolo di parabrezza che chiami occhiali a coprirli, ma quando decantavi Verlaine li ho visti per bene e, maldito!, sono così… azzurri! Come in una di quelle dozzinali poesiole che vi scambiate voi plebei, quelle farcite di sole, cuore, amore… Io ho avuto sempre e solo un sacco di oro, intorno. L’oro è giallo, non ha niente a che fare con l’azzurro. Ragazzi, que estùpida a pensarci sempre.”
 “Veronica…?”
“Io non lo so se è colpa tua o colpa mia, l’età, l’oroscopo o un massaggio ayurvedico venuto male… non so nemmeno perché te ne parlo visto che è crollato tutto e almeno io dovrei rimanere in piedi. Ma sono così stanca di stare in piedi. A che pro, poi?”
Tornò ad abbassare gli occhi e a guardare Paolo con una franchezza disarmante.
“Ho voglia di mettermi a sedere, Paolo. Perché non posso?”
Bianchi, completamente frastornato, fu assalito dal forte sospetto di stare avendo un’allucinazione.
“Ti… prendo una sedia…?”
Il pallido sorriso di Veronica in risposta risultò quasi triste.
“Ma che sedia e sedia… che cabron. Voi maschi siete l’apoteosi della mancanza di tempismo: se dovete muovervi non lo fate nemmeno a mettervi un petardo tra le chiappe, e quando dovreste stare fermi partite a muzzo come i cani quando sentono odore di tartufo. D’altronde, perché poi mi aspettavo che sarebbe stato facile? Solo negli Harmony lei incontra un lui etero che è bello, sensibile e figo come un gay. E’ proprio vero che quella robaccia tossica ti rovina la vita. Aveva ragione Inocencia a lasciare in giro solo la Bibbia e il Financial Time.”
Bianchi decise di non tentare più di capire il filo del discorso di Veronica: in fondo, non era così importante. Quello che contava di più, si sorprese a scoprire, era ascoltarla parlare: con quel tono complice, con quella voce un po’ sognante e un po’ pragmatica, con quel viso bellissimo e curiosamente sconosciuto…
“E’ questa Inocencia che ti ha insegnato lo spagnolo?” chiese quindi, perché gli sembrava la cosa più innocente da dire.
Claro che si! Come lo hai capito?”
“Così… intuito. Chi è Inocencia?”
“La mia governante. O meglio, il mio surrogato di madre. L’unica persona a questo mondo fornita di sufficienti testicoli da osare contraddirmi. A parte Tebaldo: ma lui è un testicolo unico, dalla testa a i piedi. Come tutti i della Torre, del resto. Del tal palo, tal astilla!”
“Occhio a quel che dici: non sei una della Torre anche tu…?”
“Io devo aver preso dal ramo aggiunto, come i Riccobono. Ma non troppo, spero, perché se sono davvero sciroccata come quell’Oleana Odescalchi, potrei ritrovarmi senza volere nuda nel tuo armadio. Morta soffocata dai palloni di tuo fratello Dante, però.”
“Veronica… ma hai bevuto?”
“Solo un paio di grappe: e che sarà mai, anche la dieta macrobiotica contempla lo spuntino del pomeriggio!”
“Tu sei tutta matta.”
Lo disse piano, col sorriso nella voce e la leggera titubanza di chi prende confidenza senza essere certo di poterlo fare: Veronica gli lanciò uno sguardo in tralice.
Hay que estar a la ùltima.” disse poi sostenuta, avvicinandosi a Paolo tenendo lo sguardo fisso su di lui.
“Che vuol dire?”
“Che bisogna adattarsi alle cose nuove. Che se la vita ti dà limoni, devi fare limonate. Anche se io personalmente farei maschere astringenti… è molto più nelle mie corde.”
Bianchi sorrise e quasi senza accorgersene si avvicinò anche lui, come a voler proteggere quel neonato barlume di confidenza che aleggiava tra di loro.
“Io invece farei crostate” le confidò poi sottovoce “Vado pazzo per la crema di limone. Ma non dirlo a nonna Adalgisa, o comincerà a sfornare una torta ogni dieci minuti fino a sterminare tutti gli agrumeti amalfitani.”
Veronica rispose al suo sorriso: poi, con un gesto che risultò spontaneo e allo stesso tempo sconvolgente, alzò la mano e gliela posò sulla guancia. Paolo trattenne il fiato bruscamente e arrossì come un pomodoro da sugo… ma non si spostò.
Non disse niente, rimase lì in un silenzio che diventava via via sempre più denso, ma non fastidioso. Veronica allora, con lentezza, gli tolse gli occhiali e lo guardò intensamente, come se volesse scavargli dentro e trapassarlo da parte a parte.
“Perché non è facile?” mormorò poi quasi a se stessa “Anche in questo momento… basterebbe un attimo, solo il momento dove tu ti avvicini e mi baci, come negli Harmony. E invece no, è sempre tutto complicato e nebuloso e incerto. Penso a te o non ci penso? Sei uno stronzo o sei un agnellino? Voglio baciarti o voglio strozzarti? Tu mi vuoi baciare o semplicemente ti terrorizzo?”
I suoi occhi erano così pieni di sincerità che Paolo smise di trattenersi e lasciò che qualcosa di se fluisse verso di lei.
“Facciamoci una domanda per volta” suggerì con la voce che tremava “Tu… pensi a me?”
“Si” rispose Veronica in un soffio dopo un lungo silenzio “E tu sei uno stronzo?”
“No. E tu mi… mi vuoi…?”
“Si. E tu…?”
Non finì la frase perché Paolo finì per baciarla davvero.
Con una dolcezza struggente, posandole le dita tremanti sulla guancia come per accertarsi che stesse succedendo davvero. E benché fosse mezza brilla e le venisse spontaneo esclamare qualche colorito epiteto spagnolo, Veronica si rese conto che quello era forse il momento più limpido e autentico che aveva vissuto con Bianchi. Si baciarono a lungo, con discrezione. “Bueno” gorgogliò la voce di Inocencia nella testa di Veronica “Che momento hermoso. Beh, niente castagnole dell’ultimo dell’anno, ma chi l’ha detto ti deve per forza scoppiare il cranio a furia di ormoni ogni volta che qualcuno ti bacia?
A quel pensiero così giusto e allo stesso tempo così deprimente Veronica si staccò da Paolo e riaprì gli occhi: non erano nemmeno appannati, mentre quelli del giovane sembravano fatti di nuvole.
“Ciao.” le disse lui: appannato anche dentro, povero Bianchi.
Ora non ti azzardare a sentirti in colpa” la sgridò la voce di Inocencia severamente “Andrà meglio. Diablo!, el chico è o non è un secchione? Imparerà adelante, e dopo vedrai, altro che castagnole! Sembrerà capodanno a Napoli!”
“E adesso che succede?” continuò Paolo senza recepire la benché minima increspatura.
Già, ottima domanda. Veronica fece un passo indietro e si schiarì la voce, cercando faticosamente di fare mente locale.
“Adesso la prima cosa a cui pensare è lo smoking” decise netta “Perché è chiaro che verrai al ballo, vero?”
“Sì” rispose Paolo sempre con quella vocetta sognante “Anche se questo mi fa sentire un po’ come una Cenerentola fuori posto, visto che mi sono sempre immaginato dalla parte del principe.”
“Un cambio di prospettiva non può che giovare all’esperienza di vita.” sentenziò Veronica con la voce della loro professoressa di filosofia e Paolo ridacchiò.
“E’ tutto così surreale” disse poi quasi dispiaciuto “Tu che parli spagnolo, io che indosserò uno smoking… poi, cos’altro succederà?”
Dopo una breve meditazione, Veronica realizzò che proprio non lo sapeva.
“Come hai saggiamente detto tu poc’anzi, facciamoci una domanda per volta” suggerì posandogli le mani sulle spalle “Quindi, la prossima che dobbiamo porci è: sarà il caso di baciarci ancora un po’ o ti fai prendere subito quelle benedette misure per lo smoking?”
*          *          *
Quando Tebaldo entrò nel locale, un buon terzo di teste femminili si girò a guardarlo: Oleana Odescalchi si costrinse a non sorridere serafica mentre il cugino la individuava, le faceva un cenno con la testa e si avvicinava al suo tavolo, seguito dal terzo di occhiate, arrivato ora ai ¾ dell’utenza.
“Non è fastidioso se tutti ti guardano il culo mentre cammini?” chiese Oleana senza preamboli mentre Tebaldo si chinava a sfiorarle le guance con due baci di benvenuto.
“Qualche domanda cominci a portela solo se ti guardano la faccia come se fosse il culo.” rispose con nonchalance il giovane sedendosi e alzando un sopracciglio arrogante verso la cameriera che si fiondò diligentemente al loro tavolo.
“Allora, cugina Odescalchi, qual buon vento? Per me un Dry con due olive, grazie.”
“Sei sempre il più schifosamente figo, cugino della Torre. Per me un tè caldo con biscotti, invece.”
“Tè caldo? Siamo in fase rehab?”
“No, ma come ti ho detto al telefono ho dovuto supportare la nostra comune cugina Grimilde mentre si concedeva una sbronza pomeridiana a base di grappa e visto che qua non vedo nessun palo da lap dance per sfogare eventuali esuberi alcolici, forse è meglio se mi contengo.”
“La tua inaspettata telefonata” disse Tebaldo con la faccia inespressiva e le ciglia calate sui begli occhi verdi, disegnando con le dita pigri ghirigori sulla tovaglia “Non potevo certo resistere a una tale accozzaglia di gossip e mala informazione. Mi sembra ancor impossibile che Veronica sia davvero venuta a cercarti.”
“Già. E’ per questo che ti ho chiamato. Posso parlare con te?”
“Sono qui ad ascoltarti.”
Oleana si allungò verso di lui posandogli una mano sul ginocchio e ignorando il suo altezzoso ritegno.
“No, Tebaldo, te lo chiedo sul serio: possiamo parlare? Fuori dai denti, senza inutili giri di parole? Non c’è davvero tempo per le solite guerriglie verbali. So che sei bravissimo a infiocchettare i discorsi fino a renderli assolutamente inutili, ma questa volta… puoi non farlo, per favore?”
“Dovrei?” chiese Tebaldo arrogante ma Oleana non abbassò gli occhi.
“Dovresti.” rispose flemmatica.
Tebaldo finse un sospiro esasperato e con un gesto stizzito della mano la esortò a proseguire.
“Sai, Veronica mi ha raccontato della fantastica festa che state organizzando, tra una litigata e un massacro famigliare” disse quindi Oleana salottiera “Lasciatevelo dire, dal momento che avete iniziato a coinvolgere persone innocenti nella vostro reciproco massacro, le cose cominceranno a degenerare.”
“Hanno cominciato a degenerare già da un po’” rispose tranquillo Tebaldo, sempre con gli occhi ostinatamente bassi e inespressivi “Speravo quasi che fosse una cosa positiva. Una specie di catarsi da cui rinascere come arabe fenici.”
“E invece Grimilde sta mollando tutto per uno stoccafisso biondo dalla personalità di un brodino scondito.”
Tebaldo azzardò un breve sguardo sospettoso.
“E tu che ne sai del biondino?”
“Un cazzo, come al solito, ma intromettermi e sparare giudizi non ponderati è la mia specialità, quindi lascia che faccia il mio mestiere senza interrompermi, grazie. Grimilde oggi mi ha cercato. E questo è già un segno importante, perché Grimilde non cerca mai nessuno, tantomeno me, la cugina scomunicata perché implebeita. Quando è venuta da me sai che ho visto?”
“Come hai amabilmente suggerito, non ti interromperò con inutili supposizioni, ma mi limiterò ad ascoltarti sorseggiando il mio Martini.”
“Ho visto che Grimilde è morta. Così, di botto. Chissà che brutta malattia si è beccata per andarsene così in fretta. Ho persino pensato che si fosse davvero innamorata di quel tale, Bianchi.”
Fece una pausa fissando Tebaldo con aria scaltra, ma lui si limitò a rigirare le olive nel proprio bicchiere cogitabondo.
“Andiamo, Tebaldo” sbottò infine Oleana “Non hai niente da dire a riguardo?”
“E che cosa dovrei dire?” rispose Tebaldo con voce insolitamente dura “Grimilde è morta, si, ho visto anche io. Pace all’anima sua. Veronica però è viva e a quanto pare sta facendo le sue scelte, giuste o sbagliate che siano. Io… sono io che ho sbagliato a litigare con lei e a mettere su questa inutile farsa della festa. Non volevo rassegnarmi all’idea che le potesse piacere davvero quel capretto sacrificale di Bianchi, ma come dici tu, lei è innamorata e…”
“Io non ho detto che lei è innamorata di Bianchi. Ho detto che per un attimo l’ho pensato. Ma poi ci ho ragionato su e mi sono accorta che questo non può essere vero. Perché Grimilde non doveva morire per avere Bianchi; bastava che allungasse un artiglio e se lo sarebbe potuto pappare a colazione in qualsiasi momento. No, Grimilde doveva morire per un motivo ben diverso. Doveva morire perché Veronica voleva venire finalmente fuori, visto che si è innamorata.”
Tebaldo si concesse uno sguardo perplesso.
“Scusami, ma non ti seguo più.”
“Veronica è innamorata, Tebaldo.”
“Sì, fino a qui sembravamo d’accordo entrambi.”
“No, tu ti ostini a non ascoltarmi. Veronica, non Grimilde, è innamorata. Di te, non di Bianchi.”
Tebaldo rimase in silenzio con lo sguardo di pietra mentre Oleana sorrideva sicura di sé.
“Esco con una ragazza” puntualizzò di punto in bianco Tebaldo riabbassando gli occhi sul proprio intatto aperitivo “Una certa Serena Colombi. Ex di Bianchi. Plebeissima. Insignificante. Veronica la chiama Topo Gigio.”
Oleana sembrò sorpresa soltanto per un secondo.
“Ah, ecco il perché delle grappe. Povera Veronica. E tu, che cazzo combini?”
“In che senso?”
“Perché esci con questo Topo Gigio se sei innamorato di Veronica?”
Tebaldo fece per alzarsi in piedi ma Oleana lo bloccò posandogli la mano sul ginocchio.
“Tebaldo, siediti. Avevamo detto di parlare fuori dai denti, no?”
“Parlare, non farneticare” ribatté Tebaldo di evidente pessimo umore “Adesso cosa mi dirai, che i venusiani sono sbarcati nel tuo salotto?”
“A cuccia, Fido! Madonna, che suscettibile che sei… va bene che sei Tebaldo e i veri Tebaldi non devono chiedere mai come le pubblicità degli aftershave, ma insomma, così diventi quasi caricaturale. Sii umano, almeno per oggi. Non è poi così improponibile! E che sarà mai, ammettere di essere cotti…”
Di nuovo Tebaldo cercò di alzarsi e di nuovo Oleana lo ricacciò giù sulla sedia.
“… cotti, stracotti, fatti a puré, tu e Veronica siete una poltiglia disossata… che male c’è? Non pensi che sia finalmente ora? Avete più di diciotto anni. Non vedete che è ora di crescere e di chiamare le cose col loro nome da adulte?”
“Tu non sia nemmeno perché sei al mondo, cugina cara” sibilò Tebaldo inviperito “Francamente non accetto consigli da una mentecatta sessuomane che parla esclusivamente perché si ritrova la lingua in bocca.”
“Sei cattivo” rispose Oleana alzando il mento “E’ il tuo metodo di difesa. Mica solo il tuo, sai… tanta gente sputa veleno per paura di scoprirsi troppo. Anche Marco fa così. Ma io ho la fortuna di essere rivestita da questo tessuto liscio e idrorepellente, su cui nessun insulto riesce ad aggrapparsi. Mi scivola via, puf!, già sparito. Quello che invece rimane, mio buon cugino, è che tu e Veronica siete fatti l’uno per l’altro. E non ho detto Grimilde e Reuccio della Torre… ma Veronica e Tebaldo. Voi, i vostri veri voi. Capisci la differenza abissale?”
“Capisco tante cose” ribatté Tebaldo alzandosi in piedi definitivamente “La più importante è che tu sei una povera cosina che spara boiate in do maggiore. Non ho abbastanza tempo né il buon cuore necessari a sopportarti.”
“Ok, metabolizza pure” gli concesse Oleana bloccandogli garbatamente la falda della giacca “Quando avrai elaborato abbastanza ne riparleremo. Ma sbrigati, perché a forza di incaponirvi a farvi piacere i due plebei, rischiate di crederci per davvero. E allora si che sarebbero guai.”
Tebaldo quasi le strappò la falda della giacca dalle mani.
“Fatti curare.” sibilò marciando via a testa alta.
“A presto anche a te, cugino adorato!” gli trillò dietro Oleana, arraffando e vuotando il residuo di Martini prima che la cameriera si accorgesse che avevano finito.
*          *          *
Tebaldo se ne stava steso sulla chaise lounge di pelle lasciando che Sancho lo emulasse stravaccato sul Buchara del salotto, con Byron che a rispettosa distanza che li guardava perplesso. Quando Veronica entrò con passo riflessivo, Byron la avvisò dell’anomalia con un discreto guaito, puntando poi subito lo sguardo accusatore sull’umano colpevole dell’atroce mancanza di etichetta.
“Lo so, Byron, lo so” sospirò Veronica lasciandosi cadere sul divano “I cani non potrebbero nemmeno annusare il Buchara, ma Tebaldo sai che ha delle regole tutte sue. Di Sancho scusami, ma non ho ancora capito se è un cane o un bisonte naturalizzato.”
Tebaldo le lanciò un breve sguardo meditabondo mentre Sancho, intuendo l’incidente diplomatico, si rotolò sulla schiena mostrando magnanimamente la pancia arruffata a Veronica per farsela grattare.
“Non ti toccherei nemmeno con un bastone disinfettato.” lo smontò Veronica lapidaria e Sancho, versato l’obolo, tornò a stravaccarsi sul fianco, con la lingua leggermente penzoloni e l’aria beata di chi non ha un solo pensiero al mondo, tranne il proprio benessere.
Un insolito silenzio calò sul salotto: Veronica si decise a lanciare un breve sguardo a Tebaldo che la stava fissando aggrottato.
“Sei sbronza” la informò poi lui con voce tranquilla “O almeno, lo sei stata nelle ultime ore. Hai causato qualche deragliamento cosmico mentre eri sotto il delirio alcolico?”
Veronica arrossì di rabbia e sconcerto: eppure, si era sciacquata la faccia e i polsi, aveva fatto i gargarismi col colluttorio e aveva ripetuto a fior di labbra tre volte di fila uno scioglilingua prima di esibire al cugino la propria recuperata sobrietà!
“Non ho causato proprio niente” ringhiò offesa, prima di rettificare “E non sono sbronza!”
“Guarda che non era un’accusa” sospirò Tebaldo accomodante “Francamente, mi sono stufato di provocarti: ho bisogno di un po’ di sana, piacevole, inconsistente conversazione con la mia cugina adorabilmente ubriaca. Avanti racconta a zio Tebaldo, chi ti ha condotto sulla via della perversione?”
“Tua cugina Oleana.” si decise ad ammettere Veronica: inutile contestare le verità incontestabili di Tebaldo… e poi anche lei si era stufata di litigare. E aveva pure lei voglia di conversare con quello stronzetto snob del cugino, una voglia intensa e puerile che solo gli ultimi residui alcolici potevano provocare.
“Oleana” abbozzò Tebaldo “Odescalchi ramo Riccobono.”
“Più fiorito che mai.”
“Incontro fortuito o mossa strategica?”
“Mossa strategica: l’ho arruolata per organizzare un catering adatto anche ai plebei. Non vorrei sprecare del buon caviale scambiato da qui buzzurri per glassa decorativa.”
“E’ vero che Oleana si è fidanzata con un plebeo: sua madre continua a usarlo come scusa per strafogarsi di antidepressivi. Se dovessero mollarsi, chissà cosa dovrebbe inventarsi… anche se non penso succederà a breve: ho visto Oleana scandalosamente felice di sé e del plebeo. Le cose stanno ancora così?”
“Fastidiosamente si. Ovviamente ti contatterà per vedere come abbinare il buffet alle decorazioni che sceglierai… sperando non siano a tema sciopero in fabbrica, non saprei proprio che bevande analcoliche collegare agli striscioni sindacalisti.”
“A dire il vero stavo pensando a qualcosa di più agreste e bucolico: che ne dici del tema l’allegro salumificio rurale?”
“Direi che se molli Sancho in una stanza due ore prima, ti ritrovi poi con l’ambientazione perfettamente adeguata. Sul serio, sto già soffocando nel puzzo e sono qui solo da due minuti… come fai a resistere?”
“Sono raffreddato” si scusò Tebaldo con un sorriso “E comunque sono più sorpreso di te nel dover ammettere che apprezzo la sua miasmatica compagnia. Sancho è così perfettamente a suo agio in ogni dove: è puzzolente, antiestetico, fatidioso e pure gay, e lui in barba a tutto e a tutti invece di vergognarsi di sé sta come un pascià dovunque lo metti. Mio malgrado, lo adoro.”
“Già. E’ uguale per te.” si lasciò sfuggire Veronica cogitabonda: Tebaldo le piantò addosso due chiari occhi incuriositi.
“Se permetti, smentisco appassionatamente: io non puzzo, sono bellissimo, garbato e certamente etero.”
“Intendevo per il resto… quella cosa dello stare come un pascià dovunque ti metti e ... e il resto, insomma.”
Il sorriso di Tebaldo splendette ironico ma anche segretamente complice.
“Vuoi dire che mi trovi adorabile? Uhm, non so se devo prenderlo come un complimento. Facciamo di si, dai: voglio essere accomodante.”
“Evento singolarmente epocale. Il Tebaldo stronzetto e snob si è preso una pausa meditativa?”  
Tebaldo fece spallucce, rilassato e ancora sorridente.
“Non so: a volte mi diverto da impazzire a vedere la gente che si arrabatta per non rendersi ridicola, a volte sono semplicemente stufo di tutto e di tutti. Adesso è uno di quei momenti.”
“Ah, a proposito: mi sono fidanzata con Bianchi.”
Tebaldo sbatté le ciglia: il suo sguardo rimase insondabile e il suo viso liscio, il sorriso indulgente.
“Perfetto: immagino sia prematuro dirti auguri e figli maschi. Anche perché ti augurerei di più la sterilizzazione, non vorrei davvero che un invertebrato come Bianchi si riproducesse.”
“Il solito caro cugino… non eri in pausa meditativa?”
E quel fremito di ciglia… c’era stato davvero? Cos’era significato?
 “Lo sono, ma ammetterai che la notizia merita. Avete già copulato? Devo preoccuparmi per il discorso della sterilizzazione di cui sopra?”
“Non abbiamo copulato. Ci siamo solo baciati. E gli ho preso le misure per lo smoking.”
“Siete proprio a un passo dal matrimonio, allora.”
“Ho anche mangiato le lasagne di sua nonna. Buone, devo dire la verità, anche se mangiare lasagne al pomeriggio suona strano…”
“Come bere grappa per aperitivo?”
 Veronica gli lanciò uno sguardo oltraggiato ma il sorriso di Tebaldo era ancora intatto, stranamente pacifico.
“Dì la verità, tu hai parlato con Oleana.”
“Non eri nemmeno uscita da casa che mi stava già chiamando. Mi ha fatto il terzo grado su Bianchi, raccontato tutto della sua liason con un certo vichingo finlandese e plebeo, descritto locuzione per locuzione il vostro precedente frizzante dialogo, e tutto in meno di un minuto. Le ho dovuto sparare una cannonata a salve in segno di rispetto per l’ammirevole gestione del fiato in apnea, che le verrà sicuramente utile in svariate e interessanti occasioni. Comunque mi ha invitato fuori per un aperitivo e ha farneticato un po’ di romanticherie assurde… l’ho piantata in asso quando mi è parsa vicina all’estasi mistica.”
“Quindi, hai incontrato Oleana dieci minuti fa e lo stesso hai finto di non vederla da mesi. Chissà perché tutte le volte che ti dimostri un porco bugiardo continuo a sorprendermi.”
“Che bugie ti avrei detto, scusa?”
“Hai ragione, riformulo la frase: chissà perché tutte le volte che ti dimostri un porco manipolatore della verità continuo a sorprendermi.”
“Touché. Non vuoi sapere quali sono state le impressioni di Oleana?”
“Su cosa? Il tema agreste e bucolico della festa?”
“Su te e sul tuo pasticcio sentimentale con Bianchi.”
Veronica si agitò leggermente a disagio.
“Beh, se aveva qualcosa da dire poteva dirlo a me direttamente.”
“Magari l’ha fatto ma con il tuo consueto egocentrismo non l’hai ascoltata.”
“Proprio tu che dai dell’egocentrica a me! L’asino che da del somaro al… a chi lo dava? Al mulo?”
“Mi cogli vergognosamente impreparato.”
“Comunque Oleana l’ho ascoltata parola per parola. Mi ha detto che ho una cotta. Come se fosse possibile che in una della Torre attecchisca qualcosa di così indecoroso.”
“Curiosa coincidenza: ha detto la stessa cosa a me. Inconcepibile, vero?”
Veronica gli piantò gli occhi addosso, ma Tebaldo non si scosse d’una virgola.
“E per chi avresti la cotta, signor della Torre?”
“Suppongo dovrei averla per la piccola Colombi. A proposito, anche io mi sono fidanzato ufficialmente con lei.”
Veronica sentì così chiaramente uno scricchiolio dentro il suo petto che dovette alzarsi bruscamente a sedere, per non farlo sentire anche al cugino.
“Oh” disse a voce alta attirandosi lo sguardo curioso di Byron e di Sancho “Beh, ah… complimenti. Insomma, magari terrò per me la certezza che potevi trovare di meglio, ma con qualche meches, un buon push up e una rivisitazione completa del look potresti tirarci fuori qualcosa di passabile da quella pecorella mal rasata.”
“Non sei molto carina con la mia neo fidanzata” suggerì Tebaldo sorridendo “Ma in qualità di parente e ex fidanzata ti concedo il privilegio di dirmi liberamente cosa pensi di lei.”
Veronica ci pensò un po’ su.
“La Colombi mi sta sulle balle” sentenziò infine in un chiaro rigurgito alcolico “Mi irrita il fatto che sia tu che Bianchi le abbiate ronzato intorno. Me la trovo sempre fra le scarpe quando si tratta dei miei uomini.”
“Oh. Capisco Bianchi, ma anche io sarei un tuo uomo?”
“Atenciòn, querida…”
“Sai cosa intendo dire.”
“No che non lo so.”
“Non importa. Comunque auguri. E figli maschi, naturalmente.”
“Grazie.”
Si guardarono: c’era qualcosa di speculare tra loro, e non era solo il colore degli occhi. Poteva essere una domanda, forse…
“Sei felice?” pigolò Veronica quasi senza accorgersi di parlare.
“Come un esercito di coniglietti pasquali. E tu?”
“Certo che sono felice. Non si vede?”
“Una volta da piccola ti regalarono la Barbie Beverly Hills che volevi da un mese, solo che non avevano potuto comprartela prima perché non era ancora in produzione. Quando finalmente riuscisti ad avere la bambola, ancora fresca di fabbrica, sorridesti con gli occhi lucidi, le guance rosa e gli occhi splendenti. Si vedeva che eri felice. Adesso, non sembri così.”
Infatti, Veronica non si sentiva felice. Era moderatamente arrabbiata, inesplicabilmente triste e furiosamente stufa. Anche se non sapeva perché e con chi. Forse era colpa del dopo sbronza: in quel momento aveva solo voglia di ficcarsi sotto le coperte e piangere.
“Una cotta è una cotta” spiegò la voce saccente di Inocencia nella sua testa “Forse aver un novio plebeo fa sentire così.”
Possibile che, dopo tutto ciò che aveva rivoluzionato di sé stessa per sentirsi più felice, avere finalmente un ragazzo la facesse invece sentire così sbagliata?  
“Devo andare.” disse bruscamente alzandosi in piedi: Tebaldo la imitò e con una faccia insolitamente seria le si parò davanti.
“No, sono io che devo andare” ribatté con voce piana “Se ti sto sempre intorno è per forza dell’abitudine. Tediarti ormai fa parte dei miei compiti quotidiani, come farmi lucidare i mocassini e la passeggiata a cavallo. Credo sia ora di darci un taglio.”
No!, strillò disperatamente una voce dentro Veronica. In barba a quella di Inocencia e quella della defunta Gladi, quella voce non era estranea, ma era proprio la sua stessa e medesima.
“Reuccio Tebaldo preferisce andare a tediare la sua fidanzatina della gleba?” brontolò sottovoce: le veniva quasi da piangere al pensiero.
“Serena?” sorrise Tebaldo indulgente “Non reggerebbe nemmeno dieci minuti con reuccio Tebaldo. Ma mi piace passare del tempo con lei e sorprendermi di quanto possa essere ingenua e divertente una ragazzetta così onesta… è così delicata. Così fragile. Io sono uno stronzo di natura e per me è normale ferire: anche senza volere rischio di farle male sempre.”
“Quindi, ti limiterai a fare sesso con lei per non ferirla?”
“Può darsi” rispose Tebaldo dopo averci pensato su “O forse lascerò che il vero io sia quello che sta con lei senza demolirla. In ogni caso… credo sia arrivato il momento di lasciar stare te. Anche se mi… addolora ammetterlo, non è più tempo di battibecchi inutili. Perché stai cambiando davvero. E non per capriccio, ma perché non puoi fare altrimenti. Magari stai diventando grande, Grimilde.”
“Dio ci scampi.” sussurrò Veronica spaventata e Tebaldo le sorrise: fece una mossa strana con la mano, come se avesse voluto accarezzarla e poi avesse cambiato idea all’ultimo secondo.
“Non devi aver paura.” le disse poi dolcemente.
Allora Veronica sentì fortissimo un impulso che le veniva da dentro, da una profondità che non pensava nemmeno di possedere. Un impulso che fu come sete improvvisa nel deserto, che la fece tremare, diventare debole. Un pensiero più grosso della sua stessa mente, la sua voce limpida senza accenti spagnoli che supplicava: Stringimi.
“Veronica? Stai male?”
Veronica sbatté le ciglia perché aveva gli occhi così appannati che a malapena riusciva a mettere a fuoco Tebaldo in piedi davanti a lei.
Stringimi, Tebaldo. Avvolgimi col tuo odore, sgridami, prendimi in giro, litiga con me… poi baciami. Lasciami senza fiato. E stringimi ancora, forte, fortissimo, non farmi mai andare via…
 “Si” disse con la gola secca “Anzi, no, cioè… forse ho bevuto troppa grappa oggi. Beh, naturalmente hai ragione, cioè… v-vai da Topo Gigio, allora?”
Aveva gli occhi enormi e tratteneva il fiato: Tebaldo si sforzò di distogliere lo sguardo spostandolo su Sancho che si era rizzato a sedere e li fissava con un orecchio su e uno giù, interrogativo.
“Si, vado da Serena.” sentenziò con voce malferma.
Veronica dovette stringersi i gomiti con le mani: le sembrava che sennò le sarebbero cadute le braccia per terra, tanto si sentiva a pezzi.
E’ perché aspetto che tu mi stringi, Tebaldo… stringimi, per favore…
“Ok. Beh, allora ciao.”
Tebaldo non rispose e se ne andò, leggero come un gatto. Veronica non riuscì a smettere di tremare nemmeno quando sentì chiudersi il portone… nemmeno quando Sancho si parcheggiò con tutto il suo miasmatico peso sui suoi piedi, guardandola da sotto in su con occhi pieni di fiduciosa comprensione. Veronica lo scostò con un calcio che suscitò l’abbaiare oltraggiato di Byron, cercando qualcosa da urlare che potesse esprimere il confuso, esterrefatto disagio del momento.
“Porco cazzo.” disse infine, ma non si sentì per niente meglio.
  
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