“L’indizio
è… uhm… Ecco. Lo dici sempre delle mie
mani”.
“Che sono morbide” rispose subito Blaine, deciso.
“E che mi piace toccarle e accarezzarle e se fosse per me le
stringerei sempr-” ma si bloccò, notando
l’espressione perplessa di Kurt. “Forse
è un altro particolare… Sono fredde come il
ghiaccio? Oh, e aggiungo sempre che le mie sono calde e per questo
siamo perfetti insieme. Oh! Ci sono, Kurt! La
canzone è Hot ‘n Cold di
Katy Perry!” esultò, battendo le mani e
illuminando la stanza con il suo sorriso.
“No…”
“E… il tempo è appena
finito!” fece notare Finn, compiaciuto.
“Oh…” si rammaricò Blaine.
“Le mie mani sono fredde e tu le stringi sempre! I’ll
hold your hands they’re just like ice! Siamo in
mezzo alla neve bloccati in questo posto e a te non viene in mente Baby
it’s cold outside?” sbottò
Kurt.
“Ora in effetti ha senso” ammise l’altro.
“E poi perché deve sempre esserci una donna tra di
noi? E perché sempre Katy
Perry?”
“Kurt, non mi sembra il caso di prendersela così
con lui, visto che tu non hai indovinato Last
Friday Night. E io che pensavo perfino di non farvi valere
il punto perché era come imbrogliare…”
commentò Rachel.
“Tu e i tuoi giochi idioti... Non so nemmeno cosa ci fai
qui!” le disse, agitato. No, doveva rimanere calmo.
Non sapeva neanche come erano arrivati a quella situazione. Dopo che
Rachel e Finn erano entrati in casa due lunghissime ore prima, sgraditi
come i tre spiriti del Natale di Dickens, non ricordava molto: aveva
sentito dire dal suo fratellastro che Burt si era preoccupato per la
telefonata che aveva ricevuto e lo aveva mandato fino a Cleveland per
assicurarsi che il suo unico figlio naturale stesse bene – o
almeno, questa era la scusa ufficiale – e Rachel…
be’, appena aveva sentito della gita fuori programma si era
semplicemente fatta trovare davanti l’auto di Finn con la sua
scorta personale di CD e un sorriso smagliante. Amico, non
potevo dirle di no, gli aveva detto, e Kurt era convinto che
dovesse lavorare ancora molto per insegnargli che un –
minuscolo – paio di tette non valevano
un’emicrania. Soprattutto se era la sua.
Dopodiché non c’era voluto molto
affinché Finn iniziasse ad aprire tutti gli sportelli della
cucina per cercare del cibo mentre Rachel si sedeva sul tappeto di
fronte al camino dando sfoggio della sua fervida immaginazione.
Così fervida che le aveva permesso di indossare calze rosse
insieme a un vestito verde acido, anche se lui pensava fosse solamente
carenza di buongusto.
E visto che Blaine aveva accolto calorosamente l’idea,
accomodandosi accanto a lei e passando a Finn il resto della torta di
mele del pranzo, Kurt aveva solo potuto cedere.
E ora che ci pensava, la situazione non era così
terrificante come pensava all’inizio: dopo aver giocato a
“Mima il mio musical preferito”, “Disegna
la miglior performance che ho cantato” e “Indovina
la canzone in un indizio – e no, niente Broadway,
ve lo concedo, tarpo la mia conoscenza per mettermi al vostro livello”,
con la neve che continuava a cadere incessante e il vento che sbatteva
inquietantemente contro le finestre, e senza poter toccare Blaine di
fronte a lui – “Perché si gioca a
coppie, per valutare l’affiatamento!” –,
poteva ammettere che era ben peggio. Quel pomeriggio era un
vero inferno. C’era anche un timido fuoco nel
camino a creare la giusta atmosfera, dato che Finn era stato in grado
di utilizzare qualche tronco più asciutto per
l’occasione.
Rachel sorrise serafica, sistemandosi una ciocca dei lunghi capelli
castani dietro l’orecchio e stirando la piega della sua
gonna, bene attenta a non piegare i preziosi spartiti che si era
portata fin lì, e da cui non accennava a separarsi. Rispose
alla precedente domanda di Kurt senza scomporsi: “Avresti
lasciato tuo fratello da solo per queste strade pericolose ricoperte di
neve? I miei papà ci hanno dato un navigatore satellitare e
hanno stampato le mappe da Google, ma è stata la mia voce a
tenerlo sveglio e ad evitargli un colpo di sonno”
precisò, pacata. “Comunque il nuovo punteggio
è… trentadue a zero per noi!”
esultò, controllando il foglio davanti a lei e
scribacchiando qualcosa.
“Siete partiti alle due del pomeriggio!” la
ignorò.
“Però è vero, ha cantato per tre ore di
seguito” ammise Finn, contento di poter dare ragione alla sua
ragazza.
“Inoltre, potevo rinunciare a un’atmosfera del
genere, in una casa di montagna con la neve che cade
all’esterno?”
“Veramente siamo sulla riva di un lago…”
precisò Blaine, sottovoce.
“… Potevo rinunciare all’idea di passare
un pomeriggio con i miei migliori amici accanto al fuoco bevendo
cioccolata calda?”
“C’è della cioccolata calda?”
s’informò Finn.
“Non c’è nulla del genere,
Finn” sibilò Kurt, alzandosi in piedi.
“Grazie a questa bufera di neve siamo rinchiusi in questa
casa fino a non so quando, costretti a vivere un mash-up piuttosto
agghiacciante tra Shining e La
compagnia dell’anello visto come siamo malamente
assortiti” alzò la voce, muovendo le braccia per
dare più enfasi e indicando casualmente la sua sciarpa di
Burberry e le calze a pois rossi di Rachel. “E non posso
avere nemmeno il mio bicchiere di latte caldo prima di andare a dormire
dato che il frigo è vuoto”
finì con tono vagamente triste, incrociando le braccia sul
petto e voltandosi verso il camino.
“Kurt, ma non riesci mai a dormire se sei nervoso e non bevi
il latte” fece presente Finn.
“Lo so!”
Doveva calmarsi. Doveva. Calmarsi.
Blaine si alzò immediatamente e gli andò vicino.
“Kurt, mi dispiace per come sono andate le cose, forse non
era il week-end adatto per venire fino a Cleveland. Appena finisce
questa tempesta ti riporto a casa, fosse anche in piena notte... Lo so
quanto tieni ai tuoi rituali serali. Ma Finn e Rachel hanno portato con
loro la cena, ed è avanzato qualcosa del tuo meraviglioso
pranzo, vedrai che andrà bene” provò,
regalandogli un sorriso sincero e allungando la mano verso di lui.
“No che non andrà bene!” Non
finché non trovo uno stupido regalo perfetto per te, visto
che sei uno stupido ragazzo perfetto. E ho soltanto uno stupido dollaro
e ottantasette centesimi!
Blaine si ritrasse leggermente, sfiorandolo appena su una spalla per
poi fare un passo indietro. “Vado a prenderti
un’altra coperta. Nel caso avessi freddo più
tardi” disse, fingendo un sorriso e correndo verso le scale
che davano al piano superiore.
Kurt sembrò riscuotersi in quel momento, notando il tono
basso e vagamente… triste con cui
l’altro aveva parlato. Che gli era preso? Non doveva calmarsi
proprio per evitare problemi?
Erano mesi che assillava Blaine per farsi portare nella casa dei suoi
genitori sul lago Erie, e una volta realizzato il suo sogno di una
vacanza giornaliera insieme, loro due da soli senza il solito stress
della vita liceale del McKinley, dei drammi del Glee Club e
dell’impossibilità di dimostrarsi apertamente il
loro affetto come degli adolescenti normali, rovinava tutto?
Magari Blaine non era portato per indovinare le canzoni al primo
indizio, ma era sempre stato accanto a lui e non gli aveva mai chiesto
costosi regali in cambio. Lui voleva solo Kurt, con tutti i suoi
atteggiamenti da diva, con la sua mania di rubargli i vestiti solo per
poter respirare ancora un po’ il suo profumo, e con le sue
mani fredde.
“Ho la canzone adatta per questa situazione”
s’intromise Rachel, ma Finn la bloccò subito
dandole un leggero colpo sul braccio con il gomito. “Era per
risollevargli il morale!” ammise sottovoce rivolta al suo
ragazzo, intento invece a chiedersi se si sentiva più un
ramingo o un re umano.
Ma Kurt non era dell’umore adatto nemmeno per
l’ennesimo duetto di Wicked o chissà quale canzone
di Barbra, e nemmeno per dire a Finn che lo vedeva più come
uomo albero che altro.
Le sue mani erano stranamente più fredde del solito ora che
Blaine non le teneva più tra le sue.
*
La camera di Blaine era piuttosto semplice: pareti
ricoperte da una carta color castagna, mobili in legno scuro e un letto
singolo al centro, comodo e caldo. Kurt era seduto proprio su di esso
con una coperta attorno alle spalle, per proteggersi dal freddo
pungente che la mancanza del riscaldamento in quella casa rendeva
insopportabile, e sfogliava un vecchio album di famiglia che aveva
trovato sulla scrivania. Il suo ragazzo era particolarmente carino da
bambino, con quei grandi occhi sinceri e un sorriso contagioso, anche
se quei capelli ricci asciugati al sole gli si arruffavano e cadevano
sopra agli occhi. Era adorabile. Non che adesso non lo fosse
più, anzi, ma era anche molto altro ancora. Affidabile,
amorevole, qualche volta un po’ impulsivo, ma sempre,
irrimediabilmente sexy.
Sospirò, chiudendo con un colpo secco l’album di
foto; aveva perso il conto del tempo che aveva passato chiuso in quella
stanza, e dopo aver sbirciato ogni libro presente, aver letto ogni
foglio scritto a mano e controllato ogni fotografia, era giunto alla
conclusione che la sua auto-reclusione poteva definirsi finita, e che
fosse meglio scendere di nuovo al piano di sotto e sperare che Blaine
perdonasse ancora una volta il suo comportamento da primadonna. E
magari anche spiegare a Blaine cosa gli era preso.
Kurt era convinto che “Ehi, non ho nemmeno due dollari per
farti un regalo di Natale, e tutto grazie alla mia insaziabile voglia
di shopping” non fosse la migliore delle scuse, ma doveva
almeno provare. E chissà, forse poteva anche sperare di
passare il resto della serata tra le sue braccia, se riusciva a
ignorare la presenza rumorosa e ingombrante di Rachel e Finn.
Sospirò, di nuovo, alzandosi e stringendo meglio la coperta
attorno alle spalle, aprendo poi la porta della camera.
Lanciò un ultimo sguardo all’interno e decise che
era il momento di comportarsi da uomo, si assicurò quindi
che i capelli fossero in ordine e scese i gradini con rinnovata
sicurezza.
Il salotto era innaturalmente vuoto, con il tenue fuoco acceso nel
camino e i cuscini del divano finiti per terra, così si
lasciò guidare dalla dolce melodia cantata da Rachel verso
l’angolo dedicato alla cucina, dove Finn stava controllando
il contenuto degli scaffali mentre teneva tra le labbra una fetta di
pane imburrato, mentre la ragazza affettava un pomodoro su un tagliere,
con un grembiule azzurro a coprirle quell’orrendo vestito che
si era messa e i capelli raccolti in una coda bassa. Era stranamente
familiare vederli così, ma prima che Kurt potesse registrare
il suo pensiero notò che mancava all’appello
proprio l’unica persona di cui aveva bisogno.
“Dov’è Blaine?” chiese,
stringendosi con più forza nella coperta e non riuscendo a
impedirsi di lanciare un’occhiata critica alla cena preparata
dai due.
“Ehi Kurt! Pensavamo ti fossi addormentato!” lo
salutò Finn, avendo la decenza di sfilarsi la fetta di pane
dalla bocca.
“Ho preparato una cena vegetariana con quello che Finn ed io
abbiamo portato, unito ai resti del tuo pranzo” gli fece
sapere la ragazza, fiera del suo lavoro. “Lo sai che
è un’abitudine di Broadway mangiare leggeri la
sera per avere maggiori energie la mattina e migliorare
l’estensione vocale?”
“Dov’è Blaine?”
ripeté l’altro guardandosi attorno, ignorandola.
I due si fissarono per un attimo, e poi scrollarono le spalle.
“Ha detto che usciva…” ammise Finn,
guardando fuori dalla finestra.
“Cosa?” riuscì a dire Kurt, prestando al
fratellastro tutta la sua attenzione. “E dove andava? Sta
nevicando da ore! No aspetta, quanto tempo fa è
uscito?” provò, dirigendosi verso la porta e
sperando di trovare là fuori il suo ragazzo, magari ancora
vivo.
Rachel si portò il manico del coltello sul mento, con fare
pensieroso. “Mh. Un’ora fa più o
meno”.
“Un’ora fa?!”
chiese, raggiungendo un’altezza di voce mai sperimentata
prima.
“Tranquillo, amico” lo rassicurò Finn.
“Ha detto che se aveva problemi avrebbe chiamato. Ha il
cellulare!”
Kurt si risparmiò di battersi una mano sul viso –
o sul viso di Finn – solo perché la preoccupazione
aveva preso il sopravvento. Blaine era uscito con quella tormenta di
neve. Un’ora fa. E quell’idiota del suo
fratellastro e la sua degna compagna se ne stavano tranquillamente a
giocare all’allegra famiglia!
Ok, pensò, prima recupero il
mio fidanzato, poi mi occupo del resto. In fondo, non aveva
visto Shining con Blaine solo come scusa per
attaccarsi al suo braccio e lasciarsi fare qualche coccola. Gli era
effettivamente piaciuto. E anche se pensava che un’ascia era
fuori moda e gli avrebbe fatto venire i calli alle mani, era
sicuramente d’effetto per lo scopo prefissato.
Lasciò perdere questi pensieri solo per sporgersi dalla
finestra e notare che effettivamente quella tempesta sembrava tremenda,
era tutto così bianco che era come essere immersi nella
nebbia, e il vento era un sibilo fastidioso che gli ricordava quanto
fosse un fidanzato terribile.
“E a nessuno di voi due è venuto in mente di
chiamarlo? O di non farlo uscire per niente?”
strillò, muovendosi verso il salotto e abbandonando la
coperta sul pavimento. “Ok, ok, calma, devo
pensare” si disse, portandosi le mani tra i capelli. Se
Blaine fosse morto cosa avrebbe detto ai suoi genitori? Che non era
stato in grado nemmeno di proteggerlo dal freddo visto che non aveva
avuto i soldi neanche per comprargli una sciarpa di lana decente? E se
fosse stato divorato da qualche creatura dei boschi? Non che ci fosse
molto da mangiare con lui, ma c’erano volte in cui Kurt lo
aveva trovato molto più che commestibile. No, non era il
momento per ricordi del genere! Blaine, il suo bellissimo Blaine, era
là fuori nel bel mezzo di una tormenta. E se fosse tornato
congelato? Era convinto che nella sua vita avrebbe fatto qualcosa di
melodrammaticamente indimenticabile, ma non voleva finire come Jack e
Kate! Soprattutto ripensando a quanto fosse grassa lei in
Titanic…
“Il fuoco. Mi serve un fuoco più
intenso” commentò tra sé e
sé, cercando ciocchi di legno che non fossero troppo umidi
da gettare nel camino, e, trovandone solo un paio, si guardò
in giro in cerca di altro.
“Oh mio Dio, Kurt Hummel, in nome di quanto possa esserci di
più gaio a Oz posa quegli
spartiti immediatamente” strillò
Rachel, trovando un ottimo incentivo per smettere di tagliuzzare
verdure e concentrarsi sulla situazione.
“Mi serve un catalizzatore per il fuoco, Rachel!”
tentò di spiegare lui, tenendo tra le braccia il pacco di
preziosi fogli. “Se Blaine tornasse e avesse un inizio di
congelamento avrebbe bisogno di caldo!”
“Non brucerai gli spartiti originali che ho comprato nel
corso della mia vita, lo giuro sulla tua collezione di tiare”
lo minacciò, arrivandogli di corsa accanto e strappandogli
con forza dalle mani il suo tesoro.
“Kurt, Rachel tiene particolarmente a quegli spartiti, non mi
ci lascia nemmeno avvicinare se sto mangiando le patatine”
provò Finn, arrivato tra loro con un sorriso rassicurante
che però mandò soltanto il fratello su tutte le
furie.
“Allora pensa tu al fuoco prima che getti nel camino la tua
ragazza e tutto il suo talento!” disse, ottenendo un mormorio
oltraggiato da Rachel, che però si strinse contro la schiena
di Finn, nascondendosi fin troppo bene. Un hobbit dietro un uomo
albero, sì.
Ma Kurt non aveva tempo per cose del genere, la sua ansia ormai era
più alta dell’acuto di Julie Andrews in I
feel pretty. “Dov’è il
telefono? Magari se lo chiamo saprò se è ancora
vivo…” disse, controllando le innumerevoli tasche
dei suoi pantaloni. Riuscì a trovarlo piuttosto facilmente,
spingendo il tasto di chiamata rapida e trattenendo il respiro.
L’inconfondibile suoneria di I’m the
greatest star risuonò inquietante e ovattata nel
silenzio che si era formato. Rachel e Finn si erano stretti
l’una all’altro, con la scusa dell’ansia,
mentre Kurt era incerto se iniziare a canticchiare la sua canzone
semi-autobiografica o iniziare a correre isterico per la casa. Il
rumore della serratura del portone che si apriva lo salvò
dall’indecisione, e quando Blaine apparve sulla soglia,
bagnato e infreddolito come il più tenero e tonto dei
cuccioli, sentì chiaramente il suo cuore finirgli in gola.
“Ehi… mi stavate aspettando?” chiese
quello con un sorriso compiaciuto, finendo tuttavia con uno starnuto
ben poco attraente.
La cosa successiva che notò fu il corpo caldo di Kurt
stretto al suo, dopo che gli si era lanciato tra le braccia, e anche se
i suoi capelli gli facevano il solletico sul naso non se ne
lamentò affatto. Come non si lamentò nemmeno
delle affettuose parole dolci che gli rivolgeva tra un “sei
un idiota” e l’altro. C’era qualcosa che
gli sfuggiva, se lo sentiva, ma finché le labbra del suo
ragazzo erano così pericolosamente vicine al suo orecchio
non c’era motivo di preoccuparsene.
“Ehm… ragazzi? Ci siamo anche noi”
provò Finn, imbarazzato. Ma Rachel si limitò a
dargli una leggera gomitata e a stringersi maternamente al petto gli
spartiti.
“Dove sei stato? C’è una bufera di neve
là fuori! Perché devi sempre farmi preoccupare
così?” lo aggredì Kurt, asciugandosi
velocemente le lacrime che si erano accumulate tra le ciglia.
“Kurt, non sta nevicando più!
C’è solo vento. E fa freddo, sì, ma
è inverno” spiegò, scrollando le
spalle. “Ero in città, l’avevo detto a
Finn”.
“Oh” si ritrovò a dire il diretto
interessato, portandosi una mano al mento e alzando lo sguardo,
seguendo un vago ricordo.
Kurt evitò di aggredire fisicamente il fratellastro solo
perché si sentiva caritatevole, dato che aveva Blaine tra le
sue braccia. Ora che ci pensava, forse era il caso di lasciarlo andare.
“La città più vicina è a
venti minuti da qui! Che ci sei andato a fare?” lo
incalzò, con sguardo scettico.
“Mia madre conosce il proprietario della drogheria,
così sono andato da lui e l’ho praticamente
costretto ad aprire il negozio per me” spiegò,
mentre l’altro gli prendeva la mano e lo portava davanti al
fuoco, passandogli la coperta di lana che poco prima aveva buttato sul
pavimento. “E guarda un po’ qui! Sono riuscito a
comprare una bottiglia di latte per te!” esultò,
mostrando il contenuto della busta che teneva nell’altra
mano, fiero della sua conquista. Kurt sgranò gli occhi,
seguito da Rachel e Finn. “Mi hai detto che non riesci a
dormire se non bevi il tuo latte caldo, soprattutto quando sei
stressato. E so che questa non è stata la giornata ideale
che avevo progettato…” continuò,
guardando per terra. “E così-”
“Sta’ zitto” lo fermò,
abbracciandolo di nuovo stretto e cominciando a baciarlo su tutto il
viso. Fu quando raggiunse le sue labbra che Blaine reagì,
portando le braccia a cingergli la vita – anche se in una
mano teneva ancora goffamente la busta con il latte.
“Okay! Credo sia ora di preparare la cena” disse
Finn, quando notò come quel bacio stesse diventando sempre
meno casto, e vedere il fratello tirare i capelli del suo ragazzo tra i
suoi mugolii non era il modo ottimale per concludere la giornata.
Tornò nella piccola cucina, tirandosi dietro una Rachel
piuttosto interessata, invece, e pensando alla quantità di
quelle tristi verdure che avrebbe dovuto ingurgitare per saziare la sua
fame.
Nel salotto, intanto, Kurt poggiò la fronte contro quella di
Blaine, strofinando dolcemente il naso contro il suo.
“Davvero hai fatto tutto questo per me?”
sussurrò, sentendo il calore tornare sulla pelle
dell’altro.
“Certo. Solo per te” sorrise, sfiorandogli le
labbra. “E’ stato eccessivo?” chiese
subito dopo, con un velo di panico. “E’ stato
eccessivo. Lo sapevo!”
“N-no, non è stato eccessivo” lo
rassicurò. “Magari un po’ impulsivo. E
leggermente stupido considerando il tempo atmosferico. Ma non
eccessivo. Direi piuttosto romantico” confermò,
dandogli un bacio.
“Oh, davvero?” ma la risposta di Kurt si perse tra
le loro labbra, di nuovo unite con passione. E sarebbero andati avanti
ancora a lungo, contribuendo al riscaldamento globale, se Blaine non si
fosse ricordato di un particolare. “Kurt… Mh,
Kurt? Oh. No, aspetta” lo
fermò, portando le mani sui suoi fianchi e distanziandolo un
po’. “C’è una cosa che devo
dirti”.
“C’è un altro?” chiese
all’improvviso sgranando gli occhi, preoccupato.
“Eh? Chi? Chi mai dovrebbe… N-no, no!”
“No, infatti. Stavo scherzando”.
“Niente del genere, Kurt” lo rassicurò.
“E’ solo che… Tu eri chiuso nella mia
camera, chiaramente offeso per come ho organizzato questa giornata, e
io ero un po’… agitato, ecco”
provò. “Sono uscito piuttosto di corsa, e solo una
volta in città mi sono reso conto del
problema…”
Kurt aggrottò la fronte, perplesso, e lasciò la
presa attorno alle spalle dell’altro. “Blaine, che
è successo?”
“Ho dimenticato il portafogli in macchina” ammise
con un sospiro, sentendo già la mancanza del calore del
corpo del suo ragazzo. “Che è a due chilometri da
qui. E, be’, ricordi quando mi hai detto di prendere le tue
cose dal cruscotto mentre tu prendevi lo zaino dal sedile posteriore?
Ecco, il tuo portafogli era ancora nella tasca della mia giacca. Ed
è stato un bene!” si affrettò a dire.
“Mi ha permesso di comprare il latte. Solo che…
be’, ho usato i tuoi soldi per comprare
una cosa per te” concluse. E
sì, suonava meglio nella sua testa. “Lo so, sono
un disastro e non è affatto romantico, prometto che ti
ripagherò domani mattina come prima cosa, solo
che-”
Ma Kurt gli si lanciò di nuovo tra le braccia, inspirando
forte il suo odore.
“Non sei arrabbiato con me?” chiese dopo qualche
secondo Blaine, accarezzandogli la schiena con le dita.
“E tu sei arrabbiato con me?” chiese di rimando.
“Per che cosa?” domandò stupito
l’altro, ricevendo in risposta solo un tenero bacio sulle
labbra.
“Possiamo evitare di pensare a tutto questo e goderci la
nostra serata insieme?” Kurt gli sussurrò contro
l’orecchio, mentre arricciava uno dei suoi ricci bagnati su
un dito.
E di fronte a quegli occhi così azzurri e profondi, sotto
quelle carezze così dolci e delicate, e con quel calore
proprio contro di lui, Blaine non seppe trovare alcun motivo per
rifiutare.
To be Continued...
Note: è un po' che non passo più su EFP, quest'anno mi voglio mantenere spoiler free e quindi sto evitando come la peste i siti di fanfic (da quando l'anno scorso mi sono spoilerata grazie a un'introduzione una cosettina da nulla come il bacio Klaine). Non mi aspettavo di trovare tutte queste letture e tutta questa gente che ha inserito la fic nelle seguite/preferite/ricordate. Wow... grazie <3 spero vi piaccia anche questa seconda parte, anche se Kurt è isterico (ma come dargli torto, si è ritrovato a dividere la sua giornata romantica con il fratellastro e Rachel). Da qui in poi è tutto fluff diabetico XD
L'ultima parte della storia arriverà a breve.