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Autore: Shatzy    11/12/2011    5 recensioni
Un dollaro e ottantasette centesimi, e in un paio di settimane sarebbe stato Natale, il loro primo Natale come una coppia. E Kurt non aveva la minima idea di cosa comprare al suo ragazzo.
[Klaine, Finchel molto vaga]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt, Finn/Rachel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi citati non mi appartengono, ma sono dei legittimi proprietari; la storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Note: la fic ha partecipato a un’iniziativa che prevedeva una storia ambientata in clima natalizio, avevo deciso quindi di scrivere qualcosa di molto semplice, senza drammi, sangue, lacrime o angst in generale, per la festa dell’anno in cui si è tutti più buoni (compresi gli autori di fanfic, sì).
La storia è stata scritta più o meno tra la puntata 3x03 e la 3x04 (proprio durante quel simpatico hiatus), quindi niente spoiler.
In realtà questa è un'enorme oneshot schifosamente lunga, che per il bene di chi avrà il coraggio di leggere ho diviso in due o tre parti.
Credits: il titolo è ripreso da una frase della canzone "Heaven" di Bryan Adams, mentre la canzone a inizio e fine storia è "Gift of the Magi" di Squirrel Nut Zippers.

 
 



Oh Mother, Mother what shall I do?
Though Christmas day is fast appear
I have no silver, I have no gold
To buy my love a gift this year



Our dreams are comin’ true


Un dollaro e ottantasette centesimi. Ed era tutto quello che aveva.
Lo sapeva che avrebbe dovuto limitare le spese in quel periodo, ma non aveva potuto lasciare tutti quei capi di abbigliamento pazientemente scelti in base a colore, modello e prezzo, alla prima ragazzina viziata in preda a crisi isteriche per i regali per il proprio padre, fratello, o cane. E il fatto che i saldi iniziassero solo a gennaio non era stato d’aiuto, così come quella svendita da Mac del mese scorso – in compenso, gli effetti della sua nuova crema per le mani non erano passati inosservati nemmeno da Finn.
Il problema, però, era un altro.
Un dollaro e ottantasette centesimi, e in un paio di settimane sarebbe stato Natale, il loro primo Natale come una coppia. E Kurt non aveva la minima idea di cosa comprare al suo ragazzo.
Strinse con più forza il volante, accelerando leggermente.
“Non ti piace la canzone?” chiese Blaine dal sedile accanto al suo, cambiando la stazione della radio. “Il segnale non è buono in questa zona…”
Niente è buono in questa zona, anche perché non c’è assolutamente niente. A parte questa strada infinitamente lunga. Oh, e la neve”.
L’altro sospirò. “Se hai freddo alzo il riscaldamento” commentò, girando una manopola. “E arriveremo a Cleveland tra poco, da lì sono appena una ventina di chilometri per-”
“Lo so, ho stampato io la mappa da Google”.
Blaine sorrise, accarezzando la mano di Kurt poggiata sul cambio. Erano mesi che tentava di organizzare una giornata del genere, loro due da soli nella casa dei suoi genitori sul lago Erie, e finalmente era riuscito a convincere sia il suo ragazzo che Burt. Il clima di quel dicembre non era dei migliori, ma gli avrebbe dato solo l’ennesima scusa per qualche coccola in più, magari davanti al fuoco del camino e a una tazza di cioccolata calda con panna.
E per questo avrebbe sopportato anche le tre ore di viaggio da Lima al confine, con tanto di borbottio di una radio non sintonizzata in sottofondo.
“Oh, la riconosci questa?” si riprese dai suoi pensieri, alzando il volume e canticchiando le parole disturbate della canzone che passava in quel momento. “I got so brave, drink in hand, lost my discretion…”
Kurt alzò un sopracciglio, togliendo la mano dal cambio e riportandola sul volante. Non che il suo ragazzo diede segno di notare la perdita di contatto tra loro, intento com’era ad improvvisare una performance nell’abitacolo dell’auto.
I kissed a girl just to try it, I hope my boyfriend don’t mind it!
It felt so- Ehi, perché hai cambiato stazione? La conoscevo!”
“Chi guida sceglie la musica” dichiarò impassibile Kurt, sintonizzando casualmente su un qualcosa che somigliava terribilmente allo stridio della voce di Rachel quando elogiava il suo talento.
Blaine sbuffò, incrociando le braccia al petto. “La macchina è mia, dovrei scegliere io”.
“Se abbiamo delle regole dobbiamo anche rispettarle, Blaine” gli fece presente l’altro. “E poi guido meglio di te”.
“E sentiamo, su che base affermeresti una cosa del genere?” gli chiese divertito.
“Innanzitutto, non mi distraggo così facilmente come fai tu. E non ho mai tamponato l’auto di tuo padre nel vialetto di casa tua”.
“E’ successo solo una volta, Kurt! E stavo guardando te mentre cantavo Heaven di Bryan Adams, e Burt non parcheggia mai in quel punto!”
“Poi, non ricordi mai le strade di Lima e non mi ascolti quando ti faccio gentilmente presente che conosco delle scorciatoie. Consumi troppa benzina, Blaine, il nostro pianeta sta piangendo per questo”.
“Scherzi, vero? Una volta ti ho aspettato tre ore a Westerville perché ti eri perso e ti ostinavi a non volermi dire dove fossi”.
Kurt tuttavia lasciò andare solo un sospiro, non perdendo la calma. “Terzo, tendi a guidare con marce troppo basse, e lo stridio del motore è veramente insopportabile per il mio orecchio musicale. E infine-”.
“Kurt!”
La sterzata improvvisa li fece finire sul ciglio della strada, dove l’auto si fermò con una brusca frenata.
“Perché hai urlato?” gridò Kurt dopo un primo momento in cui entrambi erano rimasti in silenzio, liberandosi poi dalla mano di Blaine che era subito corsa al suo avambraccio. “Mi hai spaventato!”
“L’hai visto? Oh mio Dio, era un cervo! Stavi per investire un cervo!” si allarmò l’altro, ispezionando la strada per controllare se fosse effettivamente libera.
“Non stavo per investire proprio niente, e quello era un daino!”
“Oh mio Dio, cosa ci fa un cervo qui?” continuò, osservando il fitto bosco ai lati della strada.
“Non era un- Blaine, cos’è questo odore di bruciato?”
Si guardarono per un secondo, confusi, prima che Blaine gli slacciasse la cintura di sicurezza. “Esci”.
“Ma-”
“Esci!” ripeté più convinto, tirando la maniglia e spalancando la sua portiera.
Si ritrovarono davanti al cofano, fissando in modo perplesso il debole fumo grigiastro che usciva da sotto la lastra di metallo. Dopo pochi secondi scomparve, mentre tutto attorno a loro tornava silenzioso e ovattato, coperto di neve.
“Che è successo?” chiese Blaine, inclinando leggermente la testa di lato.
Kurt tuttavia tornò all’interno dell’auto, spingendo la manopola che permetteva l’apertura del cofano. “So io cos’è successo” disse, tornando accanto al ragazzo e guardando l’interno del motore. “Non hai cambiato l’olio!”
“Cosa? L’ho cambiato invece! Due giorni fa!” precisò l’altro, sporgendosi un po’ per vedere quell’insieme di tubi.
“Se l’avessi davvero fatto ora non saremmo bloccati in mezzo al nulla con dei circuiti chiaramente bruciati” gli fece sapere.
“Oh certo, adesso la colpa è mia. Perché invece non può essersi bruciata la frizione? La tieni spinta un po’ troppo, è il tuo difetto, e questo è il risultato” commentò, incrociando le braccia e guardandolo con aria di sfida.
Kurt aprì la bocca per rispondere, seriamente piccato, ma la richiuse subito. “Mio padre è un meccanico, e uno dei migliori in circolazione. Pensi che io non sappia tutto di auto?” rispose oltraggiato, camminando con passo stranamente pesante fino al portabagagli. “Il problema è l’olio. Non ce n’è a sufficienza”.
Blaine sbuffò, alzando gli occhi al cielo grigio che li sovrastava. “Kurt, non ha senso. E non hai mai nemmeno messo una tuta da meccanico”.
“Solo perché mi ingrassa sui fianchi” ribatté, tornando accanto a lui con una bottiglia nera in mano.
“Cos’è quella?” chiese Blaine, preoccupato.
“Olio per motori, era nel retro dell’auto”.
“Kurt! Non so nemmeno da quanto tempo sia lì! Non dovresti mescolare due oli diversi o-”
“E che ne sai che non sia lo stesso?”
“Perché l’ho cambiato due giorni fa!” ripeté, convinto.
“Non lo hai fatto” ribadì, scrutandolo con un sopracciglio alzato. “E ora, se permetti, vorrei risolvere questo problema e tornare al caldo. Sto congelando dato che mi hai spinto fuori dall’auto senza lasciarmi prendere la giacca”.
“C’era del fumo! Non si rimane mai dentro una macchina se esce del fumo” O almeno è quello che dicono nei film, evitò di aggiungere, arrossendo lievemente.
Kurt si limitò a guardarlo con sufficienza.
“Per me è la frizione…” provò di nuovo Blaine.
“Per me è l’olio” confermò, svitando il tappo del contenitore dell’olio all’interno del cofano.
L’altro sbuffò, di nuovo. “Fai come ti pare!” gli disse, prima di tornare in auto e chiudere lo sportello rumorosamente.
Notò appena che Kurt versava tutto il contenuto della bottiglia prima di portare la sua attenzione al bosco accanto a loro, alla neve fresca e all’insolito buio di quella mattinata.
Com’erano arrivati a quella situazione? Il suo ragazzo era sempre stato un tipo piuttosto orgoglioso e tendente al sarcasmo se qualcosa andava minimamente storta, ma di solito bastava la sola presenza di Blaine per farlo calmare e fargli nascere sul viso quel sorriso abbagliante e quello sguardo innamorato.
Questa doveva essere la loro giornata, piena di coccole e parole d’amore scambiate su un tappeto morbido accanto al camino acceso, perfetta proprio come era la loro vita insieme.
Perché invece era dentro la sua auto con le braccia strette al petto per il freddo, mentre guardava la distesa di neve fuori dal finestrino per evitare di pensare al sorriso compiaciuto di Kurt che accendeva il motore?
Già, proprio la sua vacanza ideale.


*

Blaine lasciò cadere la borsa e lo zaino a terra, cominciando a trafficare con le chiavi per trovare quella che apriva il portone in legno scuro davanti a lui. L’abitazione era piuttosto piccola e semplice, disposta su due piani e con una piccola veranda sul retro, sicuramente utile durante l’estate, ricoperta di fiori e con un divano comodo su cui sdraiarsi, ma che al momento riparava appena da tutta quella neve che era scesa nella zona. Il lago Erie era appena a mezzo chilometro di distanza, e magari più tardi avrebbero potuto fare una romantica passeggiata lungo la sua riva…
“Quanto ci vuole ancora? Sto congelando, Blaine!”
… Fidanzato permettendo, ovviamente.
“Un attimo! Sono almeno due anni che non entro in questa casa, e ho ancora le braccia indolenzite per la tua borsa che ho portato fin qui”.
Kurt roteò gli occhi, incrociando le braccia e stringendosi nel suo cappotto blu. “E’ la borsa con il nostro pranzo. E poi ci siamo alternati”.
“Mi stupisco che tu non ci abbia messo dentro anche un pianoforte, visto quanto pesa” commentò, aprendo finalmente la porta. “E comunque l’hai portata per i primi cinque minuti, io per i restanti venticinque. In salita”.
“Non è colpa mia se la tua macchina si è fermata a due chilometri da qui!” dichiarò, entrando per primo nella stanza.
Si guardò subito attorno, notando come il piccolo salotto fosse arredato in modo semplice ma con gusto. La signora Anderson in fondo ci sapeva fare, lo aveva sempre saputo, più o meno da quando aveva notato l’abbinamento tra il tappeto della sala da pranzo e le cornici dei quadri la prima volta che era entrato nella casa del suo ragazzo.
“Le luci dovrebbero essere qui…” disse Blaine sovrappensiero, controllando il quadrante accanto all’ingresso con i diversi pulsanti all’interno.
L’altro lo lasciò fare, continuando ad osservarsi attorno. Un grande divano bianco era disposto proprio davanti al camino e la cucina faceva angolo sulla destra, decorata con motivi floreali su legno scuro.
“Oh, cavolo, la legna è quasi tutta umida” si lamentò Blaine, mentre lasciava cadere un ciocco nel camino e si asciugava le mani sui jeans, facendo arricciare il naso di Kurt. “Ma ci sono un paio di stufe elettriche” si affrettò a dire, notando il suo sguardo preoccupato. “Ehm, sì. Da qualche parte…” concluse, guardandosi attorno.
Kurt sbuffò, sfiorando con la mano il tavolo pregiato della cucina. La suoneria di "Pink Houses" del suo cellulare squillò leggera e spensierata dalla tasca dei pantaloni, e non ci mise più di due secondi a capire chi fosse. “Papà?” rispose senza esitazione.
Blaine alzò la testo verso di lui, curioso, prima di prendere la borsa con il loro pranzo e cercare di stendere la tovaglia sul pavimento. Lo ascoltò mentre raccontava come avevano passato la mattinata – “C’è stato un guasto improvviso, non so come sia successo, no, papà, non ho bruciato la frizione!” – e poi dirgli di come avevano camminato per mezz’ora al freddo per raggiungere la loro meta, dato che i negozi quel sabato erano chiusi e non avevano quindi potuto riparare l’auto – “C’è troppa neve, papà, e il paese più vicino è a venti minuti da qui. Hai idea di quanto ho pagato questi stivali? Non ho intenzione di andare fin… Non ho intenzione nemmeno di chiedere a Blaine!”
A quel punto il diretto interessato si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia, mentre l’altro abbassava il tono di voce. E ormai lo conosceva fin troppo bene, poteva quasi vederlo, il rossore sulle guance di Kurt.
“Anche se dovessimo rimanere qui tutta la notte non credo proprio che ci saranno occasioni per cose del genere, papà. Fidati, non è la giornata adatta” sussurrò appena, con tono a metà tra il nervoso e il deluso, prima di riagganciare.
Blaine finì proprio in quel momento di tirare fuori l’ultima portata e posizionarla sulla tovaglia (Kurt quando ci si metteva faceva le cose in grande stile, e quel pranzo ne era la conferma). “Hai fame? Sembra tutto delizioso, Kurt, non so da dove cominciare” gli disse con un sorriso.
L’altro sospirò, rimettendo il cellulare nella tasca dei pantaloni. Non era il momento di pensare a cose negative come il trovarsi sperduti nel nulla quasi seppelliti dalla neve, con un’auto guasta, con un paese senza negozi in grado di aiutarli e con un camino spento e almeno cinque gradi sotto lo zero. E con la possibilità di rimanere tutta la notte in quel posto d’inferno, considerando il modo in cui aveva appena ripreso a nevicare.
Forse invece era il caso di pensare solo a Blaine, che lo guardava in quel modo tutto speciale, tutto loro, seduto accanto alla tavola imbandita.
Sì, non era il caso di pensare a nient’altro. Neanche al suo dollaro e ottantasette centesimi.
“Blaine, i bicchieri vanno alla sinistra del piatto. Alla sinistra! Non puoi essere peggio di Finn, vero?”


*

Era così che sarebbe dovuta andare da subito. Nessun problema al motore, nessuna camminata di chilometri nella neve, nessuna lamentela per il freddo che entrava fin nelle ossa, e soprattutto nessuna discussione con Blaine.
Sarebbe dovuto essere così fin dall’inizio. Perfetto.
Oh, rimaneva il problema di quel dollaro e ottantasette centesimi.
“Blaine…” provò a chiamarlo, ma steso com’era sul tappeto morbido della sala da pranzo, con il calore della stufa elettrica poco lontano, la coperta di lana attorcigliata alle sue gambe e il suo ragazzo che gli baciava il collo non era tanto sicuro che la sua voce avesse distinto quell’attuale parola da un semplice gemito.
Non che Blaine diede segno di lamentarsene, o di aver compreso qualcosa, visto il modo in cui era risalito fino al suo orecchio, leccandone la pelle appena al di sotto e strofinando il naso tra i suoi capelli.
Kurt si lasciò andare ad un sospiro, dimenticando perfino che la sua camicia bianca stava inesorabilmente strusciando contro un tappeto ricoperto da chissà quanta polvere, ma non poté fare a meno di aggrapparsi con più forza alle spalle di Blaine, passandogli una mano tra i capelli e costringendolo a baciarlo di nuovo sulla bocca, dolcemente. Ed era assurdo quanto le loro labbra non sentissero più la stanchezza o la sensazione di gonfiore appena si sfioravano, o come i loro respiri fin troppo caldi sulla pelle del viso non fossero più un imbarazzante solletico.
Dopo tutti quei mesi, Kurt poteva ammettere senza vergogna che erano campioni di coccole. Il loro record personale era intorno alle due ore e tre minuti, come il primato della maratona, ma erano entrambi sicuri di poter migliorare notevolmente. Il problema era avere il tempo a disposizione, considerando le regole di Burt e il coprifuoco di Blaine.
“Aspetta…” ripeté ancora, ma ottenne come risposta una sorta di grugnito e un bacio più intenso. Blaine gli accarezzò poi una guancia con la mano, inclinandogli la testa in modo da poter approfondire meglio il contatto. E Kurt impazziva, letteralmente impazziva, quando l’altro gli prendeva il labbro inferiore e cominciava a leccarlo, continuando a muoversi contro la sua bocca. Dio, le labbra carnose di Blaine non le avrebbe dimenticate nemmeno dopo una lobotomia.
“Oh” gli sfuggì, appena udibile e confondibile con un sospiro di piacere, notando che la mano libera di Blaine, quella che non era stretta tra i capelli sulla nuca di Kurt, si era infilata sotto la sua camicia e aveva cominciato ad accarezzargli la pancia.
Il loro rapporto era diventato più fisico solo da poco tempo, ma era impressionante la loro capacità di ricordare ogni punto preferito dell’altro, e il modo in cui gli piaceva essere sfiorato e amato. Kurt avrebbe dato qualsiasi cosa per lui, anche la sua preziosa voce, proprio come Ariel (dovevano smetterla di tenere i cartoni Disney come sottofondo alle loro sessioni di coccole, anche se Blaine continuava a dire che rendevano l’atmosfera perfetta per quel genere di attenzioni e allontanavano possibili guastafeste). Avrebbe dato qualsiasi cosa per continuare ad essere amato dal ragazzo migliore del mondo, e glielo avrebbe dimostrato presto.
Oh. Non con un dollaro e ottantasette centesimi.Merde.
“Blaine… Blaine! Fermati!” lo bloccò all’improvviso, ribaltando le posizioni e sdraiandosi su di lui – a quanto pareva era l’unico modo per fermarlo efficacemente.
Blaine gli sorrise, portando una mano sulla sua guancia, lasciando che Kurt si adagiasse contro il suo palmo, mentre l’altra gli accarezzava la pelle della schiena. “Va tutto bene?” gli chiese.
Perché doveva guardarlo sempre in quel modo? In un misto di amore sconfinato e senso di abbandono. Oltre a qualcosa di famelico.
“N-no, non è questo, è che…” ti meriti molto di più e non so attualmente come ripagarti. Letteralmente. E questo farà di me il peggior fidanzato della storia, e tu me lo rinfaccerai giustamente per un tempo indefinito, e io lascerò il mio orgoglio prendere il sopravvento, e alla fine ci lasceremo e quando ci incontreremo per caso fuori a un teatro di Broadway perché mi chiederai un autografo per tuo marito io correrò via e mi rinchiuderò in un bagno e piangerò fino a che-
“Kurt. Mi stai spaventando”.
“Oh… No. Non è niente!” Ok, doveva smetterla di lasciar vagare così tanto la sua mente, forse ultimamente aveva passato troppo tempo in compagnia di Rachel Berry e dei suoi melodrammi. “Ti amo” disse solamente, cercando di cambiare discorso.
E ci riuscì, visto il sorriso enorme sul viso di Blaine, e la velocità con cui lo aveva baciato di nuovo. E poi come lo aveva riportato sotto di sé. “Vuoi andare in camera?” propose dopo pochi secondi, con le labbra contro la pelle del suo collo. Adorava l’odore di Kurt.
“C-come?” si ritrovò a chiedere, stupito. Ma lo sguardo sicuro di Blaine, ora fisso nei suoi occhi mentre le sue mani gli accarezzavano il viso, non lasciava spazio ai dubbi. “Sì”.
“Davvero?” domandò l’altro, quasi incredulo.
“S-sì, perché non dovrei?” disse sulla difensiva, arrossendo leggermente. “Insomma, ormai…” ma non poté finire la frase, perché Blaine lo aveva già coinvolto nell’ennesimo bacio del pomeriggio.
E ormai non sentiva più nemmeno il freddo, che motivo aveva avuto per lamentarsene tanto prima?, e il camino acceso sarebbe stato un terribile cliché. E che senso aveva preoccuparsi della neve che cadeva leggera, fuori, se si stava facendo buio? Non l’avrebbe vista neanche alla luce del sole, se continuava a tenere gli occhi chiusi per Blaine. Senza contare che potevano fare una romantica passeggiata mano nella mano per tornare fino alla loro auto, e nel frattempo avrebbero persino perso qualche caloria, perché quindi farla ora? Ormai non sentiva più niente, solo Blaine, le sue labbra, le sue mani, il suo amore, il campanello insistente della porta.
No. Cosa?
“Cosa?” domandò, alzandosi a sedere di scatto.
“Non è niente” tentò di distrarlo Blaine, tentando di farlo sdraiare di nuovo. “Niente”.
“Come niente? Qualcuno sta suonando il tuo campanello, Blaine, non possiamo lasciarlo là fuori con questo tempo!” tentò di farlo ragionare, mettendo una distanza di ben venti centimetri tra di loro. Ed era tanta.
“Va bene, se suona di nuovo vado ad aprire, altrimenti…” e lasciò la frase in sospeso, avvicinandosi alla bocca di Kurt. Non che a quest’ultimo dispiacesse.
Ma quel trillo insistente li bloccò di nuovo.
“Magari è importante” provò Kurt, mentre l’altro si alzava e si avviava all’entrata, sistemandosi la maglietta nei jeans.
Lui intanto si sdraiò sul tappeto, tentando di recuperare il fiato. Ok, cinque minuti e Blaine si sarebbe occupato di qualsiasi scocciatore si fosse trattato, magari nel frattempo poteva fare un giro al piano di sopra e valutare l’effettivo stato di pulizia della camera da letto. E anche dove la signora Anderson teneva un ferro da stiro per eliminare le pieghe sulla sua camicia.
“Oh, finalmente! Cominciavo a preoccuparmi che le mie corde vocali potessero congelarsi, qua fuori. E i miei papà avrebbero dovuto farti causa, Blaine, per aver affondato il mio enorme talento come l’iceberg con il Titanic”.
No. Era un incubo. Quella voce l’avrebbe riconosciuta tra mille – e come darle torto, il talento di cui andava vantandosi era realmente esistente – ma Rachel Berry non aveva appena interrotto una sessione così intensa di pratica tra lui e Blaine. No.
“Ehi amico, la tua auto è a due chilometri da qui, lo sai? Totalmente ricoperta da neve. Bella casa, comunque”.
No, questo era anche peggio di Rachel Berry.
Kurt si alzò immediatamente, incurante dello stato dei suoi capelli e delle pieghe sulla camicia e sui pantaloni, rosso in viso non solo per il caldo della stufa e con il fiato corto. Quasi inciampò nella coperta di lana attorcigliata alle sue caviglie, ma il suo sguardo non lasciava spazio a dubbi. Quello era terrore.
“Finn?!”






To be continued...

 
   
 
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