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Autore: Dadasopher    17/12/2011    2 recensioni
«...lottammo a denti stretti entrambi, lei contro il pavimento e io contro la perdizione, due “p” , principio comune per futuri fallimenti...».
Disclaimer: i personaggi di questa storia non mi appartengono e tutto quello che scrivo è frutto della mia mente.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Reita, Ruki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perditempo.

15 Maggio XXXX*


«Benedetto sia 'l giorno e'l mese e l'anno
e la stagione e'l tempo e l'ora e'l punto
e'l bel paese e'l loco ov'io fui giunto
da'duo begli occhi che legato m'ànno »*¹



Nonostante odiassi quei piccoli spazi, terribilmente stretti e angusti, continuavo a infilarci le dita insistentemente. Era uno spasso pregustarsi il sapore dolce tra le labbra mentre ti affannavi tra i bordi ristretti con il ditino grassottello per prendere il meglio. Chi di voi non ha mai preso la parte più gustosa, insomma, il meglio del meglio? Non fate i furbi, tutti siete stati piccolini un tempo immemore, probabilmente è un ricordo troppo lontano e disperso per poterlo ricordare chiaramente. Selezionare il “buono” e il “cattivo” direi che è naturale, specialmente quando ci si trova davanti un bel problema come il mio, voglio dire, chi mai non cercherebbe di avere nella bocca calda tutto quel succo prelibato, che solo delle pareti linde e accuratamente conservate possono contenere?
-E ora a noi due mio barattolino di cioccolato!- avidamente passavo i polpastrelli entro la concavità ripiena di quella dolce scioglievolezza cioccolatosa, notando che non c'era nessuno avversario pericoloso di fronte a me. Potevo tranquillamente starmene seduto lì a quel tavolo di granito grattato e sbizzarrirmi nei graffi sulla sua superficie, tanto non poteva diventare più brutto di quello che in realtà era.
Traballava tutto, era instabile come i nervi della mamma” constatò la mia indole ribelle al tatto contro quelle porosità sgradevoli e ruvide. Ovviamente non potevamo permetterci di meglio di uno stupido tavolo comprato in qualche improbabile discount, di luglio, per gli sconti estivi. Il tipico giorno in cui la gente senza il becco di un quattrino, come si dice nel gergo comune, faceva le file chilometriche sotto il sole cocente e te lì, un puntino in mezzo a donne di mezza età scalmanate, ne uscivi con qualche livido -se ti andava bene- in caso contrario ti ritrovavi in scontri corpo a corpo senza neanche volerlo. (E poi le senti lamentarsi dal medico per il fatto che siano acciaccate!TSK!)
La mamma ripeteva sempre che non c'erano abbastanza soldi nel suo portafogli, ormai era una litania costante la sua. Tre parole messe in croce, che solitamente assumevano la forma del rimprovero infondato, ogni volta che i miei lineamenti femminei gli ricordavano la sua giovinezza o i miei occhi profondi richiamavano ai suoi pensieri i problemi con papà. Lo sapevo troppo bene che invidiava la mia freschezza giovanile e scommetto che avrebbe perfino venduto l'anima al diavolo per essere gradevole alla vista quanto me!
Non accettava le profonde "scavature" nel suo viso ai lati della bocca e intorno agli occhi, non sosteneva la secchezza dei capelli tinti fino allo sfinimento, come non tollerava la mia somiglianza congenita all' ex marito. E soprattutto non aveva mai accettato che io fossi il figlio di primo letto di una donna che non fosse lei. Ogni qual volta che mi guardava, ci imprimeva disprezzo profondo rimarcando il suo concetto di obbligo nei miei confronti. Da qui ne derivano una svariata serie di conseguenze: non si è mai sprecata in cucina, tanto che al supermercato sceglie i prodotti surgelati in base al prezzo, ficcandoli velocemente nel carrello senza verificare la qualità; preferisce concedersi più tempo nel reparto di cosmetica, dove conosce a menadito le ultime novità per ottimi risultati. Ovviamente il rifiuto per la cucina deriva da una serie di motivi frivoli, come "mi si spezzano le unghie" oppure "mi si impuzzoliscono i capelli"; passa ore di fronte alla televisione seguendo quei programmi stupidi che ti inculcano idiozie nel capo riguardo certe diete dimagranti, oppure esercizi di fitness per rimuovere completamente in due settimane gli inestetismi della cellulite.
Sapete, a volte credo di recitare in una sit com americana, quelle in cui ci sono i soliti personaggi sommersi da disavventure quotidiane-per colpa di emeriti idioti- che quando arrivano alla fine non credono di aver vissuto tanto intensamente. A un tratto, quando le distrazioni sono diminuite, ti rendi conto che nella tua vita tra una scena e l'altra non ci sono pause pubblicitarie ed è una scoperta nociva, insomma è la botta finale, sì, proprio quella che ti catapulta nel mondo crudo e nudo.
Apparte queste constatazioni piuttosto deprimenti, sulle quali credo che sia meglio sorvolare, pena uno stato acuto di isolamento da depressione, infilo un'ultima volta il cucchiaino entro quel delizioso spazietto limitato, gustandomi nuovamente il suo contenuto.

Questo è uno dei modi in cui solitamente passo i lunghi pomeriggi piovosi, segregato in casa, diviso tra l'aritmetica e un cucchiai di schifezze indefinite.
Naturalmente tutti gli altri compiti per casa, che non riguardano la matematica e affini, rimangono vuoti fino alla mattina dopo, tanto sono troppo stupidi per me e non mi ci vuole mica tanto a riempirli con sgraziata grafia, proprio per sottolineare che "il qui presente Takanori Matsumoto li fa per grazia divina e con svogliatezza e non tanto perché siano un obbligo morale!"
L'unica materia altamente degna di mia nota era l'aritmetica con le sue formule chiare e concise. Ti presenta un quesito basilare e tu, con tutto il tuo ingegno da bravo ometto, ti cerchi le tue soluzioni che ti porteranno solo a una sola scelta giusta. Ora che ci penso, papà mi diceva a proposito delle scelte che un tizio, il cui nome ora mi sfugge, ma pare fosse uno importante nell'Occidente (tipo Kierkegaard? ** *Kieerkegart? qualcosa di assurdo) che parlava sempre di scelte giuste o sbagliate, poiché nella vita siamo posti sempre di fronte al bivio e una scelta è inevitabile "aut aut" , nevvero?
Fatto sta che questo aveva già capito tutto della vita! è terribilmente vero, anche io nella mia condizione di minuscolo bipede insignificante so che quando avrò una certa età, esattamente tra dodici anni (oddio sembra un'eternità!) sarò destinato a qualcosa e lo vedo come un "mondo" introiettato in uno più grande fatto di lavoro, una gentile compagna e amici.
Sì, la prospettiva è allettante!
-Ops!- una gocciolina di cioccolata mi era caduta sulla equazione appena ricopiata sul quaderno. Ci passai diligentemente la lingua sopra in modo da portare via tutto quel ben di Dio di lì! Secondo me la diarrea non me la avrebbe tolta nessuno!
Comunque sia, l'aritmetica a dirla tutta non mi entusiasmava più di tanto, anche perché le maestre dicevano sempre che ero un piccolo genietto per le cose di logica, anche se avevo la sufficienza tirata, il che dipendeva dall'impegno che impiegavo durante le lezioni. Non era colpa mia se trovavo tutte le lezioni noiose, insulse, banali e finivo con l'addormentarmi oppure con il completare sudoku. E anche le maestre si erano stancate di riprendermi, lasciavano perdere me, il mio angolino solitario e le mie attività "illegali". Se così mi catalogavano le maestre, chissà come mi vedevano i bimbi. Di certo non brillavo per "socializzazione".
Cosa dovevo dire a quegli stupidi bambini? Non me ne fregava niente del calcio, delle figurine da scambiare e nemmeno di altri argomenti allo stesso modo stra-quotati tra uomini in potenza "comuni". A parte il fatto che ci avevo provato a giocare a calcio, davvero, ed ero piuttosto bravo a dirla tutta, però mi stava immensamente fatica rincorrere una palla. Diventava in un certo qual senso ripetitivo, allora decisi di mollare tutto per rimanermene rintanato in casa, tra le quattro mura di cemento armato (che di certo mi faceva poco bene) e immaginarmi come fosse il mondo al di fuori del mio piccolo paesino sperduto. Di come ad esempio si vivesse in una grande città, di come la gente potesse tirare avanti. Ma tutto mi appariva oscuro da quella stanza obsoleta, dimenticata dal resto del mondo (e al contrario di qualche decennio più tardi, non disponevo del potente mezzo di comunicazione chiamato internet né tanto meno del pc, quindi ero propriamente tagliato fuori).
Giorno per giorno il mio pallore aumentava e non si trattava semplicemente di una gradazione più chiara dell'incarnato, bensì di quel inconfondibile segnale di "inquinamento" spirituale derivato sia dalle mie deleterie abitudini sia dalle sostanze nocive provenienti dai muri. [ Maggiore imputato? La carta da rivestimento di bassa qualità, acquistata dalla mamma ovviamente al solito discount. Ragazzi, mia madre è sempre stata una donna dall' estremo savour-fair e a caccia perpetua di sconti, anche del più piccolo centesimo
Che amarezza.
T A C C A G N A .]
Trovai successivamente un rifugio sicuro nei libri di mio padre, seppure fossero molto complessi. Sapete lui è laureato in Fisica quantistica e nella veloce fuga di casa si è dimenticato qualche manuale, a cui la mamma affibbia il nome di "libracci puzzolenti". Per me sono l'unica prova di un mondo migliore, un mondo dove posso rifugiarmi quando sono solo -sempre- anche se ci sono scritte cose piuttosto incomprensibili per un bamboccio come me. Eppure tutte queste lunghe espressioni fatte di numeri e lettere non mi urtano, né mi mettono rabbia per il fatto che non le capisco, anzi, mi rassicurano perché penso che un tempo molto lontano anche mio papà ha sfogliato queste pagine.
[L'unico contatto fisico che ho con lui. Quando sento gli occhi bruciarmi con quel senso di oppressione pazzesco, afferro uno di quei manuali. Al solo contatto con quella carta pregiata sto meglio, perché la celluloide è impregnata delle nostre ditate e so che in qualche modo ci unisce]
D'altra parte come dovevo riempire i miei pomeriggi inconsistenti?
Con quei filmetti insulsi? Con le soap opera spazzatura alla TV? Mannò. Sapete in un certo senso odiavo quei film, allo stile di "Mamma ho perso l'aereo", perché mostravano solo bimbi agiati e viziati, zucconi con una "Happy ending" assicurata. Probabilmente li mandano in onda perché vanno incontro ai gusti del grande pubblico consumatore e soprattutto per ostentare la vita dei ricconi al sottoproletariato che sopravvive con questi stipendi da cani; o peggio : è la proiezione delle persone frustrate che desidererebbero vivere in quegli agi, ignorando l'aridità e la falsità di quelle pellicole.
Noterete che sono un grande chiacchierone, ma se non lo faccio qui nella mia pseudo-confessione dove è che dovrei raccontare le mie cose? A chi? preferisco di gran lunga il lettore casuale a qualche confessore con la lingua lunga.
Passiamo oltre, oh, discorrendo non mi ero accorto che le lancette segnassero le sei. è proprio vero che quando qualcosa ti prende non ti rendi minimamente del tempo che scivola e ti strappa minuti di giovinezza. [Qui il taccagno sono io, mi pare.]
Sfoggio una risata amara per quello che ho pensato e che ovviamente si ripete per la stanza, facendomi apparire come un ipotetico malato di mente (sottolineo il fatto che fossi solo io lì dentro).

-TAKANORI!- un urlo selvaggio squarciò il rilassante silenzio creatosi intorno, segnale che saremmo stati in principio due, ma che poi si sarebbe formata una allegra combriccola di ubriaconi e donne di mezza età -con problemi ad accettare le righe d'espressività intorno a occhi e labbra.
-Seh, dimmi- mi limitai a rispondere con uno pseudo-grugno, tenendo tra i molari il matitone ormai sbucciato alle estremità per i continui morsi a cui era sottoposto quotidianamente. Ero ormai conscio di come sarebbe finita la serata. La vecchia mi avrebbe detto col suo tono acido "tieni, compratici la cena e esci con gli amici invece di tenere il culo in casa tutto il giorno" mentre estraeva quei soldacci dal portafogli pitonato, sempre di quel dubbio gusto ormai caratteristico dei "Matsumoto" (cognome che peraltro non aveva cambiato anche se era divorziata da papà), con l'aria profondamente stizzita e quella perenne disgustosa sigaretta in bocca.
-Takanori caro, senti la mamma stasera ha organizzato una cena con delle amiche, vai a comprarmi delle cose che mi sono dimenticata al supermercato per cortesia-
rimasi sconvolto per quel tono affettuoso che stava usando nei miei confronti.
Se avere due uomini al proprio servizio per soddisfare "appetiti" maligni portava a questo, allora per me se ne poteva fare anche dieci su quel lurido tavolo.
-Sì, vado a cambiarmi in fretta, tu lasciami un post it con quello che ti serve- per la prima volta fui anche io gentile con lei.

Fece bene a entrambi.
Infatti, mi sorrise.


Tuta sportiva fuori moda di un bluastro appositamente sbiadito, infradito nere e t-shirt contro la deforestazione. Che nerd ragazzi. Camminavo pacatamente per i vialetti silenziosi della cittadina, illuminata da flebili raggi pomeridiani ricordando al passante che stava giungendo sera, quando la mia attenzione fu rapita dagli elementi tipici del paesaggio.
Certo che i miei compaesani sono stravaganti nella loro piccolezza provinciale! Hanno le villette a schiera alla maniera americana, muniti di non so quanti metri quadrati di verde circostante senza farsi mancare barbecue, gazebo e compagnia bella, e in giornate come queste, quelle che staresti spaparazzato in spiaggia porcinamente, non organizzano nemmeno cene all'aperto. Blasfemia, blasfemia oh miei lettori!
Io invece mi ci vedrei tra qualche annetto dedito alla preparazione del barbecue, regalatoci ovviamente dai genitori di lei, così perso ed entusiasta di fare una bella cena fuori con gli amici o in famiglia; lei che si occupa di altre piccolezze domestiche e un pargoletto che scorrazza per il giardino chiamandomi per mostrarmi come va in bici.

Divagando tra quelle proiezioni future da grande bambinone, non mi accorsi proprio della macchina (e neanche del suo conducente) che sfrecciava a grande velocità per la carreggiata, anche se era impossibile non farlo dato che era un veicolo straniero e non la solita utilitaria triste.
Si fermò proprio qualche metro più indietro di me e di conseguenza decisi di arrestare il mio moto per volgermi, curioso, e strappare delle scene di vita a questi strani abitanti marziani. Dalla targa capii che era un forestiero: veniva dalla grande metropoli, Tokyo.
Convenni che sarebbe stato meglio nascondersi dietro l'albero appena poco più a destra rispetto alla posizione attuale che occupavo e così feci. Da lì scorgevo tranquillamente il tutto con la comodità di non essere visto da terzi occhi.
Con uno slancio vitale si catapultò fuori dal macchinone notte un bel fanciullo, al massimo con venti anni sulla schiena, reso ancora più affascinante dal portamento austero e dignitoso unito all'inconfondibile camminata sicura di ogni uomo che si rispetti.
Certamente qualsiasi donna avrebbe fatto follie per un tipo apposto come quello, e deduco che dal mazzo di rose bianche, ne aveva già conquistata una, magari della sua stessa portata.
Incrociai il suo sguardo solo per un istante quando si era voltato nella mia direzione alla ricerca di qualcosa. Ancora più determinato mi parve dagli occhi caliginosi e impenetrabili: vi rifulgeva una forza inaudita, una temerarietà congenita di poche persone, forse lui era l'unico a cui appartenesse propriamente e sapeva esserle fedele. Non riuscii a fare più inferenze di quelle che suggerivano i pochi elementi raccolti nell'osservazione e del resto non ne avevo neppure il tempo.
Poi conoscerete l'evolversi a menadito: scese la ragazza, ci fu lo scambio di un bacio e bla bla bla.

Ripresi il cammino contrariato.
Non li invidio affatto questi "ricconi". [Bugiardo] Ebbene sì, abitare in questo viale che sto finendo di percorrere equivale ad avere nella busta paga annuale molti soldini, non so di preciso quanti mila di yen possano essere, però immagino che siano tanti. I poveri sfigati come noi, vivono nell'aria periferica fiancheggiata dagli inseparabili casermoni industriali, estremamente antiestetici. Comincio a credere che alla parola "Matsumoto" non possa associarsi niente di positivo.

L'appartamento al mio ritorno era invaso da una inaspettata e diffusa aria gioiosa: luci pirotecniche nel soggiorno accompagnate da una musica ascoltabile solo per le vecchie generazioni, palloncini sparsi qua e là, gambe diversissime calpestavano il pavimento ormai lurido e sorrisetti maliziosi scambiati furtivamente da partner già impegnati, ma non per questo meno temerari nell'approccio.
Mi ci vollero quindici minuti per giungere in cucina con quelle buste, in questo caso non vanto le dimensioni della stanza che a dirla tutta sono modestissime, bensì il caos che vi regnava dentro. Non sapevo che a madre piacessero i luoghi affollati e pieni di tanta ilare superficialità.
Ivi c'era il biondone inciabattato, che per l'occasione s'era buttato addosso un vestito di un arancio inguardabile tanto che a prima vista la scambiai per parte dell'arredamento tipicamente matsumotiano (massì ormai ho forgiato pure l'aggettivo). La regina delle feste mi venne incontro tirandomi le guance (cosa che odio) e ripetendo, per farsi sentire dagli altri, che ero un bimbo così adorabile e carino, e mi prese le buste dalle mani. Gli altri approvarono in coro e mi riempirono di sguardi compassionevoli e disgustosi. Sono sempre stato allergico a questa attenzione falsa e pertanto salutati i convitati mi ritirai nelle mie stanze.
Mia madre non si preoccupò più di tanto, motivando quel mio ingiustificato comportamento spocchioso come un fattore di timidezza estrema. Ci fu una seconda approvazione collettiva. Al che presi e alzai i tacchi definitivamente.

Che carnevalata irriverente si stava perpetuando in quel appartamento chiassoso.
Vanità straboccante di vita,
Luci e rossetti ,
Rumori di tacchi unicamente tirati fuori per l'occasione, e forse indossati per qualche ricorrenza passata,
Risate risate risate ...
...
e
silenzio notturno.




NdA:
*¹ Prima strofa di “Benedetto sia ’l giorno, et ’l mese, et l’anno”, del Canzoniere, (61) di Francesco Petrarca.

*15 maggio XXXX : Una data che non ha scadenza temporale negli anni (XXXX) ma ha un limite nei giorni. Maggio non è forse un mese perfetto per innamorarsi?

**Kierkegaard: Takanori ovviamente essendo un bamboccio nel capitolo non sa quale sia lo spelling più adeguato, perciò per indicare l'agrammaticalità del significante ho posto un * antecedente alla parola errata.

Attraverso un pallosissimo monologo interiore abbiamo conosciuto il nostro Takanori preadolescente, preso da mille dubbi esistenziali e osservatore della realtà circostante. È cinico e distaccato per alcuni versi (e chi non lo sarebbe in una situazione analoga?) ma estremamente sognatore dall'altra (vedi pensieri sul futuro).
C'è già citato il terzo personaggio (in cerca di autore). Non sottovalutato l'intreccio della storia, non è così banale come può sembrare ;D quindi...non vi resta che seguire!


Dunque come avrete notato il setting della storia è il Giappone, seppure non sia calcato di citazioni dotte dell'ambiente né di riferimenti di vita/paesaggistici precisi. In primis, è una scelta legata alle mie conoscenze del Giappone (che non vanno oltre 4 o 5 cose a riferimento storico, culturale note a tutti); pertanto preferivo non avere la presunzione di descrivere il tutto in maniera realistica, dato che non ci vivo e non conosco approfonditamente le cose/luoghi per farlo. In secondo luogo, i personaggi hanno un legame particolare col posto in cui vivono, che viene esplicitato dal punto di vista di Taka (qui).

Bene, tengo a ringraziare Guren che mi ha fatto dei bellissimi commenti :D sono curiosa di sapere cosa pensi di questo piccolo frammentuccio di storia.

Alla prossima!

Valja.
  
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