Il
vulcano
gorgogliava e ribolliva tuonando a poche decine di metri da Rosso, ma
egli
ristava immobile e severo, ritto sulla cima del monte, gli occhi
infissi sulla
lava che si smuoveva nelle sue profondità.
Blu lo
amava. Ma
soprattutto, lui amava Blu. Ora sapeva, era consapevole che era Blu
tutto ciò
che lui aveva sempre cercato e inseguito in tutti quei mesi di dolore e
stanchezza.
Forse era
per
questo motivo che aveva deciso, tutto a un tratto, di non partecipare
alla
Lega: aveva per mesi rincorso quello spettro di Blu con la speranza di
un
ultimo scontro alla Lega, ma ora, ora che davvero si erano ritrovati,
non era
più la Lega che bramava. Era qualcos’altro,
qualcosa che non poteva essere la
Lega a dargli.
No, non
era una
facile fama che desiderava, non era un mondo di applausi e un accesso
alla Sala
d’Onore; era qualcosa di più duraturo e profondo,
era un’eterna consacrazione
nella storia dei Pokémon, un timore reverenziale nei propri
confronti. Voleva
essere, semplicemente…già, essere…ma
non aveva già sentito, da qualche parte,
di una creatura che è…?
Sentiva
una forza
potente, disperata, che cercava di richiamarlo a sé in modo
irresistibile,
incredibile… era come una musica che lo avvolgeva, che lo
chiamava
irresistibilmente. Era Blu? No, non era Blu. Ma allora che
cos’era?
Eppure si
sentiva
attratto da quella potenza. Essere, semplicemente,
già… cos’era quella forza
che cercava di trarlo a sé? Ora era vicino, sempre
più vicino al baratro del
vulcano, e sotto di sé sentiva scorrere le grandi fiamme
delle profondità della
Terra, ed era tutto così caldo e soffocante, ma quella forza
non cessava di
attrarlo, sembrava anzi che volesse condurlo nel vuoto…
là c’era qualcosa che
stava cercando, ma non era Blu, non era Mewtwo, era
un’entità… sentiva che lo
scrutava con il suo sguardo penetrante, sentiva che lo
fissava…
“Blu”
pensò.
“Blu, mio caro Blu, perdonami.” E mosse un passo
verso il fiammeggiante abisso
che lo chiamava.
Gli parve
di
sprofondare in se stesso, ma nel se stesso che non voleva, che non
sapeva…e
sprofondava in basso, sempre più in basso, verso
l’oscurità (ma non avrebbe
dovuto accoglierlo lava ribollente?), ma non verso la morte.
E ora si
contorceva e urlava, atterrato senza schianti, si dimenava,
c’era come qualcosa
che lo tartassava dal profondo della sua anima; ecco, stava combattendo
tutto
l’orrore che la sua anima covava, ma anche lo sguardo di
quella terribile
entità… gridò per ore, contorcendosi
tra le spire di febbre in un luogo che non
conosceva, ma che probabilmente era deserto, perché nessuno
gli venne in aiuto.
Ma poi fu
come se
quell’entità avesse abbandonato la sua mente;
allora l’orrore che la sua anima
da anni si trascinava dietro, non più stuzzicato dal volere
dell’Entità, si
quietò, e tornò ad acquattarsi in fondo al suo
animo, là dove era sempre stato,
e là rimase. Allora Rosso si rigirò nella notte e
rimase là, a pancia in su
sotto il cielo stellato, a riprendere fiato.
Quale
oscura
follia l’aveva spinto nel baratro del vulcano? Quale perverso
desiderio si era impadronito
di lui, in quegli attimi di solitudine? Egli non lo sapeva. Ma
dov’era ora? Non
avrebbe dovuto essere morto?
Anzi: era
vivo o
morto?
Sentiva
il
proprio respiro rallentare e farsi quieto e regolare, ma insieme
sentiva una
qualche angoscia farsi insopportabile, come se una fretta
indescrivibile lo
stesse spingendo a risolvere qualcosa d’irrisolvibile, o
qualche cosa del
genere. Si appoggiò le mani sul petto e sentì che
da qualche parte dentro di
lui c’era un cuore che pulsava e un’ anima ardente
che fremeva ancora, malgrado
tutto. Egli era vivo, allora. Ma dove?
A poco a
poco, i
suoi occhi misero a fuoco il cielo sopra di lui. Ed era un ampio cielo
nero
trapunto di stelle, un cielo estivo da cui non spirava altro che una
brezza
leggera. Eppure il suo animo non se ne sentiva appagato, non del tutto.
Più
scrutava il cielo, e più Rosso si rendeva conto che qualcosa
non andava, che
qualcosa non quadrava: era come se le stelle fossero dislocate male,
collocate
nel modo sbagliato, come se pezzi di cielo con le rispettive stelle
fossero
stati sovrapposti senza un armonico criterio.
Quello
era un
cielo sbagliato, insomma.
Via via
che Rosso
si convinceva che quello non era un prodotto della sua mente, sentiva
crescere
dentro di sé una serie di domande confuse. Se quello non era
il cielo giusto,
allora dov’era? E per quale motivo il cielo appariva
così strano?
Rosso
finì per
sollevarsi con quelle domande in testa e per guardarsi intorno con
occhi
perplessi. Ma come? Non era stato solo fino ad allora? No,
perché egli si
trovava in una piazza, ed era circondato da decine di persone che si
muovevano
e s’incrociavano e s’ignoravano, ma anche quelle
persone avevano in sé qualcosa
di strano, nulla che, logicamente, non quadrasse, no, ma anche loro era
come se
fossero stati progettati male, come se le parti del loro corpo fossero
state
sovrapposte nel modo sbagliato. Ma se era circondato da tutte quelle
persone,
allora perché nessuno lo aveva aiutato quando aveva urlato
per ore? No, c’era
qualcosa di sbagliato in tutto ciò.
Rosso si
voltò, e
d’improvviso fu come se tutte quelle persone fossero
scomparse, come se anzi
non ci fossero mai state. Ora egli era solo in un parco buio e silente,
e
c’erano altalene e scivoli e tutte quelle cose che devono
esserci in un parco,
ma era come se fossero nel posto sbagliato. C’erano molte
panchine e tutte
erano vuote, ma ce n’era una sulla quale sedeva un vecchio,
anch’esso sbagliato.
“Chi
sei?”
esclamò Rosso, alzandosi in piedi.
“Perché non mi hai aiutato?”
“Aiutato?”
disse
l’uomo con voce bella, ma anch’essa stranamente inadeguata. “Aiutato? Ragazzo
mio, come avrei potuto? Vedi bene che
sono cieco.”. Rosso lo guardò con attenzione e
vide che i suoi occhi erano
azzurri e stranamente fissi. Aveva ragione.
“Va
bene,
ma…stavo urlando, e tu mi devi aver udito.”
“Udito?
Sì, è
vero che ti ho udito. Ma cosa potevo fare? Tutti soffrono, quando
vengono qui.
Questo è il regno di Missingno.”
“Missingno?”
ripeté Rosso. Rabbrividì, e d’un tratto
tutto gli fu chiaro: “È
l’Entità!”
“Un’entità,
già”
disse il vecchio.
“Ma…ma
tutte
quelle persone…nessuna si è fermata!”
“Persone?
Ma qui
non c’è nessuno.”
“No,
ma prima
c’era un sacco di gente, te lo giuro!”
“Prima?
Può
darsi. Le cose muoiono rapidamente, nel mondo di Missingno.”
“Ma
chi è questo
Missingno? Parla!”
“Missingno
è e
conosce” disse il vecchio. “Missingno è
tutto ciò che non si può essere, e
regna su una città che non esiste.”
“Città,
hai
detto?” Rosso si guardò intorno, e
d’improvviso si vide circondato da vie e
palazzi di errori e numeri, da cose orribili… “Ma
allora…allora questa è…”
“Oh,
Rosso, non
l’hai ancora capito? Questa è la Città
dei Numeri.”
Rosso si
voltò e
guardò di nuovo il vecchio, ma egli parve di nuovo mutato ai
suoi occhi.
“Perché
mi
chiamavate?”
“Chiamare?
Io non
ti chiamavo, io forse non esisto neppure. Missingno, forse, ti
chiamava.”
“Ma
tu esisti!”
esclamò Rosso, avvicinandoglisi. “Oh, tu esisti
certamente! Io e te stiamo
parlando!”
“Tu
parli di
esistere qui, nella Città dei Numeri? Solo Missingno qui
esiste per certo.
Quanto a noi, non so dirti.”
“Ma
allora dov’è
Missingno?” gridò Rosso, afferrandolo con rabbia.
“Voglio sapere perché mi
chiamava!”
“Forse
tu per
primo lo sai, senza che lui abbia bisogno di dirtelo” disse
il vecchio.
“No!
Io non lo
so, ho solo seguito quella forza!” urlò Rosso,
scuotendolo, ma d’un tratto si
accorse che il vecchio non era affatto tra le sue mani, ma in piedi
alle sue
spalle, ed era come se fosse in qualche modo cambiato. Rosso non
riusciva a
spiegarselo, ma era come se qualche parte del suo corpo si fosse
spostata,
mutandone l’insieme. Era qualcosa di insieme terribile e
meraviglioso.
“Rosso!
Forse che
non è stato il tuo sogno a spingerti fin qui?”
“Cosa
ne puoi
sapere tu dei miei sogni?” esclamò Rosso,
scivolando su quella panchina. Ora il
vecchio era di fianco a lui, di nuovo orrendamente, indefinibilmente
mutato;
tutto era bianco intorno a loro, e il cielo era scomparso.
“Tutti
coloro che
la voce di Missingno chiama vogliono la stessa cosa, ma non sono mai la
creatura che cerca e non trova, la Prescelta Creatura che in questo
secolo deve
arrivare qui.”
“Cos’è
la
Prescelta Creatura? Chi è?”
“Chi sia? Non so,
in ogni secolo è un’anima
diversa. Cos’è? Una creatura” rispose il
vecchio. “È…ma come spiegarlo?
È qualcuno
così forte e potente che non si possa non riconoscerlo.
È un’anima eterna in
innumerevoli corpi mortali, è un canto divino che si
reincarna nel giusto
momento, nel giusto corpo. È…ma tu, se non lo
sei, perché sei qui?”
D’un
tratto Rosso
balzò in piedi, e quella dimensione bianca sfumò
e tornò di nuovo quello strano
parco buio, ma ora la panchina era vuota e il vecchio era scomparso.
Dio! Ma cosa
stava succedendo? Erano dentro la sua testa, quelle parole di profezia,
o erano
forse una realtà immutabile, ormai decisa?
“La
Prescelta
Creatura?” si domandava ansioso, frugando il parco con occhi
inquieti. “Io,
dunque…ma no? E
se no, perché Missingno
mi chiamava?”
Ma
d’un tratto
una voce lo fece piegare su se stesso come un dolore, ed egli cadde a
terra e
gemette: era come una voce che rimbombava nella sua testa e lo
possedeva, lo
soffocava:
“Questo
è il mio
regno.”
“Sei
Missingno?”
“Chi
altri
potrebbe esserlo?”
“Perché
mi hai
chiamato?”
“Ti
ho chiamato
per fare mia la tua volontà, per fare di te uno strumento
del mio potere. La tua
vita mi sarà utile negli anni che verranno, e ora mi
appartiene, e tu sarai un
fantoccio comandato dalla mia volontà.”
Ora
la mente di
Rosso galleggiava, ed egli non pensava che a liberarsi di quella voce
tremenda.
“Ora
va’, va’ via
dalla Città dei Numeri, compi la mia volontà:
seguirai lontano il tuo folle
sogno, ma ti giuro che un giorno non lontano le tue sofferenze avranno
un
termine, e tu sarai ripagato di tutte le tue fatiche e dei tuoi dolori, e godrai di una
felicità pari all’infelicità
che ti accompagnerà nei prossimi anni. Ora va’,
Rosso, e segui il tuo sogno fin
dove ti porterà.”
Davanti
agli
occhi di Rosso si aprì il mare, ed essi vi si immersero e la
sua mente volò via
da lì.
Ecco
qua, un
capitolo cardine della storia, forse il suo capitolo fondamentale, e di
gran
lunga il mio preferito per il suo carattere visionario e fantastico.
Occorrerà
però spendere alcune parole al riguardo:
Città
dei Numeri
e Missingno: non so quanti di voi abbiano mai giocato a
Pokémon Rosso, Blu o
Giallo. Si tratta di due bug piuttosto noti, circa i quali potrete
documentarvi
molto facilmente su Internet, se lo vorrete. Il primo è un
luogo accessibile,
tramite un bug di salvataggio, dalla Zona Safari e si presenta
essenzialmente
come un mucchio di pixel confusi e sconnessi: per tale motivo ho deciso
di
presentare la Città in questa storia come un luogo in cui
edifici e persone
subiscono un eterno mutamento. Missingno è invece un
Pokémon bug che compare
grazie al famoso Mew trick, il trucco per catturare Mew, e che
può in taluni
casi cancellare il salvataggio del giocatore. Si presenta come un
mucchio di
pixel. Perché ho deciso di usarli? Perché mi
ispiravano. Sono due oggetti
sbagliati, che non dovrebbero affatto trovarsi nel gioco e che,
tuttavia, ci
sono.
Prescelta
Creatura: non so quanti di voi abbiano visto il film
“Pokémon due: la forza di
uno.” Personalmente lo vidi da piccola al cinema e fui
colpita tantissimo dal
titolo “Prescelta Creatura” che viene attribuito ad
Ash. Ebbene, ne fui tanto
colpita da scriverci una storia, che poi ho buttato via dopo qualche
anno perché
era semplicemente orrenda ma che rimase dentro di me al punto da averla
riscritta due volte. L’ultima ristesura risale a un paio di
anni fa ed è
tuttora in corso, diciamo che ci lavoro su quando non ho di meglio da
scrivere.
Si tratta della principale da cui è tratta questa spin off.
Il concetto di “prescelta
creatura” è un concetto che rielaborai da bambina
e che tuttora trovo molto
infantile, ma che non ho potuto elidere dalla storia principale senza
inficiarne la trama. Perciò vi rimane, ma è
trattato secondariamente rispetto
ad altri elementi.
Comunque,
la
storia prosegue. Mi auguro che ancora vogliate continuare a leggere.
Grazie a
DarkPikachu97 della recensione.
A
presto! Afaneia
;)