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Autore: SonLinaChan    04/08/2006    3 recensioni
Dopo la caduta della barriera e la sconfitta di Darkstar, Lina, Gourry, Amelia e Zelgadiss sono tornati alle proprie vite, ed il continente ad una apparente calma... ma gli equilibri del mondo al di qua della barriera sembrano destinati ad essere scossi, da una micaccia che si profila ai confini del regno di Sailune...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse, Personaggio originale, Philionel, Amelia, Zelgadis Greywords
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un senso di nausea mi assalì, non appena aprii gli occhi

Un nuovo capitolo incentrato su Lina e Gourry… e la storia comincia ad avviarsi alla conclusione, anche se mancano ancora diversi capitoli…^^ Commenti e critiche sono ovviamente sempre graditi!

 

 

Un senso di nausea mi assalì, non appena aprii gli occhi.

Fui costretta a richiuderli, lottando per riacquisire consapevolezza di me, contro la luce accecante che assaliva il mio sguardo e confondeva la mia mente.

Mi ci volle un po’ per capire che ero immersa nell’acqua, fino alle spalle. Un aroma strano mi circondava, dolce, con un sentore di latte di mandorla. Normalmente probabilmente lo avrei apprezzato, ma in quel momento non faceva che incrementare il mio senso di disgusto…

“Nnn…” Riuscii a mormorare, e presi a lottare debolmente per sollevarmi dall’acqua, come se ciò avesse potuto scuotermi dal mio torpore. Sussultai, quando una mano ferma mi premette sulla spalla, costringendo la mia schiena contro una fredda parete di marmo.

Mi costrinsi ad aprire gli occhi, nuovamente. Una ragazza dalla pelle scura incombeva su di me, reggendo una spugna in una mano, e premendomi con fermezza con l’altra contro il bordo di una vasca da bagno. Mi stupii della forza del suo braccio esile. Se fossi stata più lucida, avrei capito che si trattava solamente della mia debolezza.

“Do… dove? Dove sono?”

La ragazza non mi comprese, o comunque non diede segno di farlo. Semplicemente mi costrinse, con scarso garbo, a volgerle la schiena, e prese a strofinarla con vigore, mentre un’altra donna, al suo fianco, vi rovesciava sopra acqua bollente. Non avevo la forza per combattere quell’attacco, e allora mi imposi di mantenere la calma, e di raccogliere le idee.

Io ero stata portata al cospetto di Uregh… li avevo ascoltati trattare, e poi… e poi…?Avevo… attaccato Elmerish, giusto? Avevo… avevo attaccato Elmerish con la magia! Ero riuscita ad usare la magia!!!

La scarica di adrenalina che mi attraversò a quel pensiero fu però immediatamente mortificata dalla consapevolezza di quanto era accaduto successivamente. Con la quantità di droga che avevo ora in corpo, difficilmente sarei riuscita ancora in un attacco magico, per quanto debole… certo, potevo legittimamente chiedermi come avessi fatto a portare ad effetto un incantesimo proprio in quel momento, dopo settimane di tentativi andati a vuoto… forse effettivamente quelle erbe inibivano semplicemente la concentrazione, non tanto da non permettere di condurre normalmente la vita quotidiana, ma sufficientemente per impedire l’esecuzione corretta dei complicati processi mentali che portavano un incantesimo ad essere effettivo… forse era stato semplicemente Elmerish a sbagliare dosi, ma io ero convinta che fosse stato il picco improvviso di paura a creare nella mia mente sufficiente allarme per reagire, in modo meccanico e istintivo, all’offesa che stavo subendo… ero sicura che qualsiasi circolo di magia avrebbe pagato ORO per informazioni approfondite su un argomento simile… quando fossi uscita da quella situazione, avrei dovuto fare ricerche sui tipi di erbe usati dai popoli nomadi delle steppe, e…

Il mio entusiasmo si spense, bruscamente. Già. Quando fossi uscita. E questo quando sarebbe avvenuto? Fino a solo un giorno prima avevo avuto speranze, ma ora…

Erano passati due mesi. Due mesi, da quando ero stata catturata. Due mesi di marcia serrata, di calore, di battaglie perse. Ero preoccupata per  me stessa, ed ero preoccupata per Gourry. Sapevo che senza magia e chiusa fra solide mura le mie possibilità di fuga si facevano vicine allo zero. Sapevo cosa mi aspettava con Uregh, e di avere scarse possibilità di sfuggire a quel destino che mi repelleva. Sapevo che Gourry si sarebbe subito messo sulle mie tracce, se ne avesse avuto la possibilità, e in quel momento un’unica, inquietante spiegazione sorgeva alla mia mente per quella continuata assenza…

Probabilmente avrei dovuto essere allarmata per Sailune, e per la sorte di Amelia, e degli altri miei amici… in quel momento, però, quella realtà mi sembrava lontana ed ovattata. Stavo dimenticando la ragione per cui tutto quell’incubo era iniziato. La mia mente era troppo impegnata a lottare contro la rassegnazione.

La ragazza che si stava occupando di me pronunciò una frase in una lingua diversa da quella comune, e altre due ancelle mi sollevarono di peso dalla vasca da bagno. Non riuscii ad opporre resistenza, e attesi pazientemente, lottando per reggermi in piedi, mentre braccia veloci mi asciugavano.

Quando ebbero finito, mi venne imposta una veste bianca di seta dagli orli dorati, tanto leggera da apparire superflua… e di pessimo gusto, se volete la mia opinione spassionata…

“Il mio Signore ti vuole alla sua tavola per cena…” Mi disse l’ancella ‘capo’, come a spiegazione di quella scelta di abbigliamento, in una lingua comune stentata.

Senza ritenere necessarie altre aggiunte, prese a cospargermi le braccia nude di un olio dal profumo dolce in modo nauseante. Io non risposi nulla. Attesi semplicemente, la mente in fibrillazione, mentre incurante si dedicava a spazzolarmi i capelli, e a distribuirmi addosso gioielli d’oro e madreperla che in altre circostanze avrei guardato con tutt’altro interesse. Sussultai, quando vidi una delle ancelle avvicinarsi con uno spesso ago, intuendo vagamente quali fossero le loro intenzioni.

“E… ehi! N- no! Non avvicinatevi con quel coso!” Mi divincolai, ma senza effetto. Due donne mi ressero la testa, mentre la terza piantava con un colpo secco l’ago nel lobo del mio orecchio sinistro. Strinsi i denti per il dolore, mentre lacrime involontarie mi affioravano agli occhi.

Avevo indossato orecchini per la prima volta alla cerimonia di consegna delle vesti, a Zephilia. Ora vi farò una piccola confessione: non sono brava a sopportare il dolore. So che detto da una grande maga che ha combattuto mille battaglie deve far sorridere, ma il dolore è davvero una delle cose di cui più ho paura. In quella occasione l’ago mi aveva fatto malissimo, ma per non dare soddisfazione a mia sorella, che già mi aveva presa infinitamente in giro per le vesti rosa che mi avevano imposto, me ne ero stata zitta,  e avevo sopportato per tutta la cerimonia. L’infiammazione che ne era risultata mi aveva tormentato per giorni, in cui nemmeno riuscivo a dormire senza cospargere di unguenti le mie povere orecchie doloranti. Alla fine avevo ceduto. Anche se non era propriamente il campo di mia competenza, avevo recuperato un libro sugli incantesimi di base di magia bianca dalla soffitta, e, nonostante per mille volte mia madre avesse insistito per insegnarmelo senza che io mi prestassi, avevo con tutta la volontà imparato da sola il Recovery, e lo avevo usato per chiudere i buchi. E per evitare che mia sorella se ne accorgesse, avevo continuato ad indossare quegli orecchini a scatto che erano finiti per diventare un’abitudine, e che tutt’ora usavo portare. Dover sopportare nuovamente QUELLA tortura, proprio ora che la mia magia mi era stata tolta, aveva un che di ironico. Ma questo non diminuiva certo l’intensità del dolore.

Le ancelle non parvero curarsene. Procedettero alla stessa azione anche con l’altro orecchio, quindi a versare su entrambi i lobi uno strano liquido, che mi procurò un immediato senso di bruciore. Il dolore pareva non dover cessare mai. Impossibilitata a fare qualsiasi cosa per darvi sollievo, mi parve quasi di stare nuovamente per perdere conoscenza, finché un nuovo unguento non venne spalmato sulle mie orecchie, procurandomi sollievo. Fui stupita dell’immediatezza con cui il dolore si spense. Nella nostra parte di continente, non esistevano rimedi tanto efficaci al dolore delle ferite, fatta esclusione per la magia. Supponevo che le ricerche nei due diversi campi fossero andate avanti parallelamente, nei due mondi…

‘La caduta della barriera potrebbe essere una grande occasione per entrambi…’

Ma in quel momento una considerazione del genere non faceva che riempirmi di amarezza… forse la guerra che mi aveva condotto a quella situazione era la dimostrazione che il gioco di interessi e la paura prevalevano troppo sulla curiosità, da ambo le parti, per permettere reali vantaggi da quell’incontro…

Due orecchini di forma allungata furono costretti nei lobi delle mie orecchie. Continuarono a bruciare un po’, ma il dolore lancinante dei primi istanti era scomparso. Colsi la mia immagine riflessa in uno specchio a lato della vasca da bagno. Quasi non mi riconobbi, così linda e ben confezionata, dopo due mesi di sudore e sporcizia. Sarebbe stata una bella sensazione, forse, anche con quegli abiti e vestiti che non avevano nulla a che fare con ciò che ero, se non fosse stato per la consapevolezza di ciò che sarebbe seguito…

Un bussare alla porta mi distrasse da quei pensieri. E prima ancora che qualunque delle ancelle potesse dare una risposta, la figura imponente di Elmerish fece il suo ingresso nella stanza. Al solo vederlo, il mio odio nei suoi confronti si risvegliò, con tutta la sua intensità.

Gli occhi del gigante si fecero sornioni, nell’incontrare il mio sguardo. “Vedo che ti hanno dato una bella ripulita, eh, mocciosa? Uregh non potrà che esserne soddisfatto…”

Strinsi i denti, fremendo di rabbia. Quanto avrei voluto essere riuscita a lasciargli uno squarcio più profondo sul viso, con quell’unico incantesimo che mi era stato dato lanciare… “Sono l’unica al cui aspetto questo viaggio sembra aver fatto bene, Elmerish…” Replicai, fra i denti, divincolandomi dal sostegno delle ancelle e muovendo un passo verso di lui. “Ma devo dire che la nuova ferita che ti ho scavato in volto si intona perfettamente alla tua faccia butterata…”

Ebbi l’impressione di cogliere un lampo di rabbia nei suoi occhi, ma Elmerish lo dissimulò dietro ad un sorriso. “Puoi offendermi quanto ti pare, mocciosa, se la cosa ti fa star meglio… ma questo non cambierà la tua situazione.” Si avvicinò, e mi afferrò per il mento. “Sai, sto per partire per tornare a quelle terre che tu non vedrai mai più… ti saluterò i tuoi ombrosi boschi e i tuoi freddi inverni, se lo desideri… quaggiù ad Ulan Bator il solstizio d’inverno si festeggia sulle terrazze, all’ombra di tende e parasoli, per ripararsi dal sole cocente…”

La mia mascella tremolò. Faticavo a concepire che mancasse solo un mese alla festa del solstizio d’inverno… Zephilia, all’estremo nord del continente, in quel periodo dell’anno era già totalmente coperta dalla neve… in ogni casa il camino era acceso, e la dispensa piena di scorte per il lungo e rigido inverno. I viaggiatori si rifugiavano nelle locande e nel vino bollente, in cerca di compagnia e di calore per fuggire al gelo che sulla strada ti penetrava fino alle ossa. Da anni non tornavo al mio paese natale, ma, per qualche motivo, in quel momento quei ricordi si fecero particolarmente vivi nella mia mente. Pensare di trascorrere quel periodo dell’anno sola, in una terra dove le stagioni non variavano mai, dove un eterno manto di calore intrappolava edifici e persone, mi faceva avvertire con ancora più forza quanto fossi lontana da qualsiasi certezza e da qualsiasi appiglio noto. Circondata da quel nulla dorato, privo di vie di fuga, mi sentivo ancora più impotente di quanto già non fossi perché priva della mia magia. A quei pensieri un groppo di angoscia mi si strinse alla gola.

Ma non avevo alcuna intenzione di lasciar intravedere la mia paura ad Elmerish. “Non sprecare fiato ed energia a fare saluti non necessari, faccia butterata, ti serviranno per quando ci incontreremo di nuovo…” Replicai freddamente, staccandomi da lui.

Elmerish scoppiò a ridere. “Mi stai MINACCIANDO?” Riafferrò il mio mento, e si piegò su di me. “Non ho dubbi che un giorno o l’altro ci rivedremo, mocciosa… ma ho idea che tu sarai MOLTO cambiata, allora…” Sibilò. “Per questo volevo incontrarti un’ultima volta così come sei ora… ora partirò, per comunicare il buon esito della missione, e presto una intera divisione sarà pronta a seguire le mie orme e raggiungere i territori oltre la barriera. Quando tornerò ad Ulan Bator sarà per condurre le trattative, dopo che il mio Signore avrà sfruttato le truppe di Uregh per prendere tutte le fortezze di confine, stringendo Philionel all’interno, e costringendolo ad abdicare… un bel piano, non è vero?” Torse il mio mento con violenza. “E a quel punto il regno del tuo amico re pacifista sarà finito, e la principessina aiuterà il mio signore Oberon a legittimare il proprio dominio grazie al loro matrimonio… ma allora la leggenda di Lina Inverse sarà già sepolta da un pezzo nell’oblio.” Ringhiò, e si allontanò di scatto da me. “Vedremo se avrai ancora voglia di mettere in atto le tue minacce, mocciosa, quando ci rivedremo e la schiavitù ti avrà ridotta all’ombra di ciò che sei ora.” Mi rivolse un sorriso beffardo. “E vedremo se avrai ancora voglia di ridere della mia faccia butterata.”

Rimasi in piedi, guardandolo uscire, incapace di rispondere. Rabbia e paura si accavallavano nella mia mente, impedendomi persino di parlare. Era un quadro terrificante, quello che Elmerish mi aveva appena dipinto. Ed io potevo davvero fare qualcosa per evitare che si realizzasse?   

Le ancelle mi raggiunsero nuovamente, e presero a risistemarmi il vestito ed i capelli, come se nulla fosse accaduto. Io rimasi immobile, fissando la porta in cui Elmerish era sparito, cercando freneticamente modo per deludere le sue previsioni, e vedere definitivamente quel ghigno odioso cancellato dal suo volto…

“La ragazza è pronta?” Giunse una voce alle mie spalle, facendomi sussultare.

Mi volsi. E a fronteggiarmi, davanti ad una delle tende di velluto che coprivano gli ingressi alla sala, trovai una bella donna, dalla pelle scura e dai lineamenti regolari, avvolta in una morbida veste purpurea. Aveva i capelli raccolti in una lunga treccia, e modi e contegno che si sarebbero potuti dire quelli di una principessa. Era già matura, ma aveva la leggerezza di movimenti e l’eleganza di un’adolescente.

‘Meno ingenua e più studiata, però. Ho idea che qui qualcuno faccia del suo meglio per apparire una gran dama…’

Le rivolsi un’occhiata fredda. “E tu saresti una delle famose cortigiane di Uregh?”

Anche la ‘dama’ mi studiò, con occhi gelidi. “Le mie ancelle non avevano torto nel riferirmi che i modi delle donne al di là della barriera sono del tutto rozzi…”

Scusate??? A chi è che sta dando della rozza Miss Affettazione???

“Le cortigiane del più fetido sovrano al di là della barriera non fanno parte del roseo alveo di persone da cui accetto critiche sui miei modi…” Non feci grandi sforzi per mascherare l’irritazione nel mio tono di voce.

Il sopracciglio della mia interlocutrice si inarcò lievemente, ma la donna non commentò il mio giudizio sul suo padrone. “In effetti non sta a me giudicare i gusti del mio signore…” Il malcelato disprezzo con cui pronunciò quelle parole non fece che irritarmi ulteriormente. “Mi è stato ordinato di condurti da lui, e di darti qualche spiegazione sui costumi del mio paese. Se vuoi seguirmi…”

Senza attendere risposta, la cortigiana si avviò al di fuori della sala, lungo un corridoio. Supponevo di non avere grandi alternative, per cui, con un sospiro, mi avviai al suo seguito. Rimasi stupita del suo perfetto uso della lingua comune. Al di là della mal calcolata ostentazione, doveva trattarsi effettivamente di una donna colta. Avevo udito Uregh e pochi altri, in quel luogo, esprimersi in lingua diversa da quella locale con tanta sicurezza…

“Il mio nome è Ka-reen.” Iniziò la mia accompagnatrice, senza neppure voltarsi a guardarmi. “Sono la più anziana fra le cortigiane del signore Uregh. Il mio signore mi ha chiesto di spiegarti quale sarà il tuo stile di vita da oggi in poi…” Chiuse la porta della sala da cui eravamo uscite, e si avviò per il lungo corridoio che da essa si dipartiva… “E’ usanza che noi tutte viviamo in un’area reclusa del palazzo, ognuna dotata di propri appartamenti, a cui solo le ancelle ed il nostro signore possono avere accesso. E’ un’ala grande, dotata di tutti i servizi e di un suo ampio parco. Non ti sarà permesso uscirne, ogni tua esigenza dovrà essere espletata al suo interno. Solo a noi anziane è concesso il privilegio di aggirarci liberamente in ogni area sul territorio del palazzo, e, debitamente scortate, all’interno della città…” Girò bruscamente ad una svolta del corridoio, verso una scalinata, ed io incespicai per seguirla. “Sarà il signore Uregh a recarsi da te, quando la cosa sarà di suo gradimento. Cenerai con lui, parlerai con lui, imparerai a suonare o danzare per lui, se ciò gli aggraderà.” Mi lanciò un’occhiata al di sopra della spalla, con uno sguardo che esprimeva chiaramente quanto improbabile trovasse il benché minimo sviluppo da parte mia di una abilità in qualsiasi di queste arti… e se non fosse stato che detestavo l’idea di darle anche la minima soddisfazione, non avrei avuto alcuna riserva a darle ragione su tutti i fronti. L’ultimo mio desiderio era imparare a ballare per l’enorme ammasso di cattivo gusto che mi aveva accolto in quella città… “Questa sera il mio signore desidera che tu lo intrattenga per la cena, e per la serata.” Si fermò per un momento, e si volse a guardarmi, con occhi stranamente sinceri. “Ho sentito parlare di te, e ho idea di come sei fatta. Ma se vuoi un consiglio spassionato, accondiscendi a quello che ti chiede, senza fare troppe difficoltà. Uregh è come tutti gli uomini orgoglioso. E nel suo caso, all’essere orgoglioso si somma la più perfetta mediocrità intellettuale. L’idea di dover soffocare uno spirito ribelle risveglia il suo mascolino desiderio di supremazia. Mostrati remissiva, e prima si inorgoglirà nei tuoi confronti, poi perderà presto interesse in te. E allora potrai vivertene tranquillamente nel lusso, e come una delle sue favorite avrai chiunque ai tuoi piedi, e il palazzo in pugno.” Quell’improvvisa ondata di franchezza giungeva del tutto inaspettata. Guardai la mia interlocutrice con nuovo interesse. “Perché mi stai dicendo questo?”

Ka-reen si strinse nelle spalle. “Solidarietà femminile, suppongo.” Mi lanciò una lunga occhiata. “Senti, a nessuna di noi piace realmente Uregh. E non vedo come mai una donna potrebbe essere attratta da un uomo del genere. C’è chi si può permettere di dirtelo apertamente, come me, e chi non lo ammetterà mai, ma è così. Forse alcune nemmeno se ne rendono conto, ma è così. La maggior parte di noi era destinata a condurre questa vita sin dall’infanzia, e nemmeno pensa ad un modo di vita alternativo. Se vuoi saperlo, anzi, per molti aspetti la condizione delle cortigiane anziane come me è del tutto invidiabile. Ho la possibilità di studiare, e di comandare a corte, e non penserei nemmeno lontanamente di perdere ciò che ho ora per futili istinti di ribellione verso un padrone che a volte non vedo per mesi interi…” Mi squadrò, stringendo i suoi occhi nerissimi. “Ma per una come te, che è stata portata qui contro la sua volontà e da un mondo completamente diverso, immagino che debba essere difficile da accettare. Bé, se vuoi un consiglio, morditi la lingua, e sopporta. Se hai perso davvero i fantomatici poteri di cui tanti bardi raccontano non avrai modo di andartene di qui, te lo posso assicurare. Ed essere accomodante in una situazione come questa non potrà che portarti buoni frutti…” Rimase a fissarmi, per qualche istante, intensamente.

Ricambiai lo sguardo, per qualche secondo, in silenzio. Quindi, mi accigliai. “Non posso farlo.” Risposi, semplicemente. “Se accondiscendessi al tuo padrone non sarei più io. E non ha senso aggrapparsi al quieto vivere, se vuol dire perdere me stessa.”

Ka-reen mi fissò ancora per qualche istante. Quindi, si strinse nelle spalle. “Bè, lo immaginavo.” Si volse nuovamente in avanti, e riprese ad avanzare. “Il mio era solo un consiglio. E non è detto che il tempo non ti faccia cambiare idea.”

La seguii, in un silenzio inquieto. Non fraintendetemi: non dubitavo della sua buona fede. Non credevo certo che Uregh me la avesse inviata con il preciso obiettivo di farmi convincere ad essere obbediente nei suoi confronti. Era una mossa troppo astuta, ai miei occhi, per il giudizio che avevo di lui. Anzi, in effetti provavo un fondo di gratitudine per il discorso della cortigiana. Perché indubbiamente era stato pronunciato come un suggerimento spassionato, da parte di una donna tutt’altro che sprovveduta, nella direzione di quello che lei riteneva sarebbe stato il mio bene. E non sarò tanto ipocrita da lanciarmi in discorsi sulla emancipazione femminile. L’idea di Ka-reen che la rassegnazione fosse la miglior arma mi infastidiva, era vero, ma capivo anche perfettamente che nasceva dal fatto che quella donna era cresciuta in un ambiente totalmente diverso dal mio. Anche se, se dovevo essere sincera, un po’ mi dispiaceva. Nessuno mi avrebbe tolto dalla mente che era un tipo altezzoso e spocchioso, è vero… ma avevo il sentore che sarebbe stato interessante incontrarla in circostanze diverse da quella…

“Eccoci arrivate.” Dichiarò la mia accompagnatrice, in tono neutro, fermandosi davanti all’ennesimo portale ricoperto di velluto rosso. “Gli appartamenti del mio signore.”

A quella frase, il nodo di paura tornò a stringermi la gola.

Ka-reen aprì lentamente la porta, e mi precedette all’interno di una stanza. La seguii guardandomi attorno con curiosità, malgrado tutto… Era bene che non mi facessi prendere dal panico e che tenessi gli occhi bene aperti, se speravo ancora di trovare una via di fuga…

Uregh era semi sdraiato su un divano, davanti ad una tavola apparecchiata e mordicchiava pigramente uno spiedino di carne, studiando alcune carte. Mappe geografiche, all’apparenza. Mi sporsi per osservare meglio di che si trattava, ma in quel momento colui che mi teneva prigioniera le chiuse di scatto, e sollevò lo sguardo, studiandomi con aperto interesse. “Oh… oh, bene, eccovi qui…” Dichiarò, nel suo comune dall’inflessione appena lievemente strana. Mi squadrò, per un lungo istante. “I miei complimenti, Ka-reen, avete fatto davvero un ottimo lavoro, con lei…” Feci del mio meglio per evitare di sbuffare.

La mia accompagnatrice si limitò ad esibirsi in un lieve inchino. “Sono lieta che vi compiaccia, mio signore…” Ripose, in tono del tutto freddo ed inespressivo. “Ora, se il mio signore vuole scusarmi… dato che il mio compito qui è terminato, devo recarmi a dare disposizioni alle ancelle per la cena nei nostri appartamenti…”

Uregh diede cenno solo vagamente di avere udito quanto stava dicendo. “Sì, sì, vai dove devi…” Con un secco movimento della mano, le fece segno che poteva allontanarsi, cosa che la cortigiana non si fece ripetere due volte. La vidi inchinarsi, ed affrettarsi al di fuori della stessa porta da cui eravamo entrate, senza dire una parola. E per tutto quel tempo Uregh non mi staccò un attimo gli occhi di dosso.

Ricambiai lo sguardo, cercando di restare imperturbabile. Le parole di Ka-reen continuavano a vagare nella mia mente. L’idea che quell’uomo trovasse piacevole il mio atteggiamento di rifiuto nei suoi confronti mi irritava infinitamente.

“Dunque… a quanto pare da oggi in poi sarai mia ospite, Lina…” Si rivolse a me, con un vago sorriso.

Inarcai un sopracciglio. “Mi sembra che ad Ulan Bator abbiate uno strano concetto dell’ospitalità, UREGH…” Lo chiamai apertamente per nome, tanto per rimarcare che lo scarso rispetto che mostrava nei miei confronti era decisamente reciproco.

Il reggente scoppiò in una risata sgradevole, evidentemente non raccogliendo l’offesa. “Paese che vai, usanza che trovi, ragazza mia. La mamma non te l’ha insegnato?”

“Mia madre mi ha insegnato a studiare le debolezze di chi cerca di approfittare di me, e a non farmi remore, appena le ho scoperte.” Replicai, con fredda irritazione. Uregh ne parve infinitamente divertito.

“Proprio come immaginavo!” Scoppiò in una sonora risata di compiacimento. “Sei proprio come immaginavo, ragazza!”

‘Attaccare, bruciare, uccidere…’ Pensieri di questo tipo cominciarono ad accavallarsi nella mia mente, senza che potessi impedirlo. Uregh aveva capito perfettamente di avere il coltello dalla parte del manico. Potevo fare la sciocca arrabbiata quanto volevo, anzi la cosa lo divertiva maggiormente, dato che aveva comunque il controllo su di me. Ka-reen aveva ragione. Anche Elmerish si divertiva ad irritarmi, ma per tutto l’odio che provavo nei suoi confronti gli riconoscevo comunque una personalità più complessa. Uregh invece era un uomo semplice. Scioccamente semplice. E questo rendeva ancora più odiosa l’idea di non poterlo ingannare in qualche modo per sfuggirgli.

“Siediti, ragazza.” Mi fece cenno, con aria di benevolenza, di avvicinarmi alla sua tavola imbandita. “Sarai affamata, suppongo.”

Lo ero. Mi bastò un’occhiata ai cibi ammassati sulla tovaglia bianca perché il mio stomaco riprendesse a gorgogliare. Compresi che dovevo essere stata priva di sensi per diverse ore. Tuttavia, non avevo la minima voglia di dargli la soddisfazione di accettare il suo invito…

“Possiamo evitare i convenevoli inutili?” Replicai, semplicemente, non muovendomi da dove mi trovavo. “Lo sappiamo entrambi che non mi trovo qui né per mio piacere né per mia scelta.”

Uregh si strinse nelle spalle, e tornò ad addentare il suo spiedino di carne arrotolata. “Puoi sempre scegliere di renderti la cosa più piacevole, Lina. Sei mia prigioniera, è vero, ma nessuno ti obbliga a soffrire anche la fame e la sete, per questo.” Appoggiò lo spiedino al piatto, e tornò a fissarmi. “Immagino che sia stato un lungo viaggio, dal regno di Sailune. Gradisci il servizio che ti hanno reso le mie ancelle? Posso assegnartele in via definitiva, per renderti il soggiorno quanto più confortevole possibile, dopo questi mesi di dura marcia…”

Strinsi i denti, sempre più irritata da quell’atteggiamento noncurante che dava per scontato che per me il peggiore dei mali dovesse essere la fatica… “Sai, Uregh, la mia idea di confort non implica l’essere lavata come una neonata quando sono ancora incosciente e l’essere obbligata ad indossare gioielli che non ho mai chiesto!” Sbottai, indicando i lobi delle mie orecchie, arrossati. “Ti ho detto, evitiamo gli inutili convenevoli!”

Uregh si pulì le labbra col tovagliolo. “Come preferisci.” Dichiarò, semplicemente, e si sollevò in piedi. 

Eh… ehi, aspetta un momento… io non… non intendevo QUESTO!

Uregh si avvicinò, squadrandomi con un mezzo sorriso. “Come ben sai, non sei qui come semplice servitrice. Ho intenzione di sommarti al numero delle mie cortigiane. E tu sai qual è il compito primario di una cortigiana, no…?” Mentre cercavo inutilmente di arretrare verso la porta, mi afferrò per un braccio. Mi morsi le labbra.

“Nel caso delle TUE cortigiane, evitare di essere sopraffatte dal disgusto, suppongo…” Sibilai, nella vaga speranza di provocarlo, e risvegliare in lui sentimenti diversi nei miei confronti rispetto a quelli che leggevo ora nei suoi occhi…

Uregh, tuttavia, mostrò di non essere tipo da farsi provocare facilmente quanto Elmerish… “Non puoi giudicare qualcosa prima di averlo provato, Lina…” Mi rivolse un sorriso. “Ma a questo potremo rimediare immediatamente…”

Il reggente si piegò su di me. Indietreggiai, e cercai di divincolarmi, ma la mano grassoccia di Uregh stringeva ancora dolorosamente il mio braccio, impedendomi i movimenti. Sollevai la mano libera, gliela premetti contro il naso, cercando di allontanarlo, ma quando mi resi conto che la mia forza non era sufficiente, la sollevai alla sua guancia, e graffiai con tutte le forze.

Uregh emise un gemito di dolore ed indietreggiò, coprendosi la ferita con la mano. Io mi allontanai da lui, il respiro affannato, cercando disperatamente una via di fuga.

“Sai, Lina…” Uregh mi fissò, un lieve sorriso sulle labbra, e quell’espressione odiosa ancora affissa al suo volto. “… sapevo che non sarebbe stato semplice. Sapevo che anche in condizione di svantaggio avresti prestato fede alla fama che ti ha preceduta fin qui… Ma io sono un uomo che adora le sfide.”

‘E allora vai a farti una dannata partita a dadi e lascia stare ME!’

Ebbi appena il tempo di pensarlo. Prima che potessi cercare di sfuggirgli, tornò ad afferrarmi con forza. Era veloce, per un uomo della sua stazza, e notevolmente forte. Normalmente gli sarei sfuggita facilmente, con la mia agilità, ma non in quel momento, non debole e stordita a causa della droga.

Lottai per qualche glorioso istante, con la speranza di fargli perdere l’equilibrio, ma l’unico risultato che ottenni fu di incespicare su una pila di cuscini, e crollarvi all’indietro, di peso, tanto che nonostante la superficie morbida la caduta per un momento mi tolse il respiro. Uregh, ovviamente, fu immediatamente sopra di me.

“Sono mesi che sogno questo momento…” Sibilò, annaspando nel tentativo di bloccarmi le braccia. “Da quando ho sentito di come sei giunta nel continente con i tuoi compagni, su una nave che viaggiava sulla terra, ho continuato a sperare di incontrarti.” Mi afferrò i polsi, e li bloccò ai lati della mia testa. “Ho radunato cento bardi alla mia corte, per conoscere ciò che si narrava di te. Non esistono altre donne simili, ad Ulan Bator…”

Strinsi i denti. “Io non sono di Ulan Bator!” Scattai, rabbiosa. “Per quel che mi riguarda nulla mi renderebbe più felice che sapere che ciascuna delle tue cortigiane ha deciso di ribellarsi a te e di ucciderti! Ma se anche questo non potrà mai avvenire, se anche hai il completo controllo su di LORO, ciò non significa che puoi controllare ME! Non sono una tua dannata proprietà, Uregh!”

Il reggente di Ulan Bator, ancora una volta, tornò a vestire quel suo sorriso irritante. “Mi spiace deluderti, Lina… ma mi sembra che i fatti smentiscano le tue parole.”

Si piegò cercando nuovamente di baciarmi, ed io presi a divincolarmi più che mai, mentre il sentimento della mia impotenza veniva prepotentemente a galla nella mia mente. Sussultai, quando una delle sue mani abbandonò il mio braccio, e scese al mio seno sinistro. Uregh strinse con violenza, e lacrime di dolore e di rabbia affiorarono involontarie ai miei occhi. Non poteva essere. Non poteva accadere proprio a me. Io avevo appreso le mie arti magiche proprio per non dovere sottostare alla violenza di nessuno. Per avere la forza di mantenere il controllo di ogni situazione. Per essere io a dettare le regole.

Desistendo dal raggiungere le mie labbra, il reggente prese a baciarmi il collo. Cercai di allontanarlo con la mano libera, con tutta la violenza risvegliata dalla paura e dalla rabbia, ma la mia forza non era ovviamente sufficiente. Lo presi a pugni, cercai di mordere, ma mi ci volle poco per capire che nessuna di quelle mosse era in grado di placare i bollenti spiriti del reggente.

‘Non devo rassegnarmi. Non voglio rassegnarmi.’

Le lacrime formatesi agli angoli dei miei occhi presero a scendere lungo le mie guance, senza che potessi fermarle. Avrei voluto che i pensieri potessero uccidere, in quel momento. Nemmeno con Elmerish mi era successo. Non avevo mai desiderato tanto vedere una persona morta.

Uregh tornò a sorridermi, e lo fissai con rabbia, attraverso le lacrime.

“Pare che in fondo la famosa Lina Inverse non sia così invincibile…” Mi apostrofò, in tono affannato, tornando a stringere il mio seno… “Dovrò raccomandare ai bardi di raccontarlo… e anche di dire in giro che, per quanto piccolo sia, il suo seno non è poi così male…” Si chinò a baciarmi alla base del collo, ignorando il mio fremito di vergogna e di rabbia.

Era ironico. Non credevo che avrei mai disprezzato un complimento sul mio seno.

Smisi di lottare, rendendomi conto che era inutile. Volevo vomitare. Volevo perdere i sensi. Volevo che qualsiasi cosa mi portasse via da quella realtà che stava per infrangersi su di me come una vetrata tagliente. Il volto di Gourry continuava a danzarmi di fronte agli occhi. Il mio compagno, il mio migliore amico. E ancora più, ancora più di questo. Mi chiesi cosa avrebbe fatto ad Uregh, se fosse stato al mio fianco. Ma ora probabilmente era morto. E in quel momento fui quasi felice al pensiero che non lo avrei rivisto. Perché come avrei potuto affrontarlo, dopo quello che stava per accadermi?

“Dimmi, Lina Inverse… dopo questa sera… ammetterai di appartenermi…?” Sibilò Uregh, al mio orecchio, fermandosi a baciare i miei lobi arrossati…

Strinsi i denti, nuovamente catturata dalla rabbia, a quella domanda. “Non so se ne saresti veramente felice… ci sono proprietà che comportano un prezzo molto alto…” Pronunciai quella frase come un monito senza scopo, ma proprio mentre le parole uscivano dalle mie labbra, presero ad assumere un significato ben più profondo, per me, di quanto avessi voluto infondere loro inizialmente… proprio il pensiero di Gourry, infatti, aveva acceso un campanello nella mia mente…

Uregh rise, evidentemente dando scarso peso a quella minaccia. “Ma non mi dire… e come potrebbe mai nuocermi il possederti, quando non puoi difenderti con la tua magia?”

“La magia non è l’unica via per cui un uomo può perdere la vita…” Risposi laconica, ed improvvisamente cupa…

Uregh dovette rendersi conto che l’equilibrio fra noi era in qualche modo cambiato, perché la sua espressione fino ad allora soddisfatta mutò, e anche le sue mani, che non avevano cessato di vagare al di sopra della mia tunica, si bloccarono. “Che diavolo vuoi dire?”

“Chissà…” Replicai, gelida. “I tuoi fidi bardi ti hanno precisato per caso che prima di venire così gentilmente accolta da te stavo con un mercenario…?”

 Uregh non capì, e parve irritato dalla cosa. “E con ciò?” Sibilò, fra i denti.

La mia voce si fece minacciosa. “Niente. E’ che non si sa mai quali malattie i mercenari possano raccogliere sulla strada…”

Uregh storse il naso. “Mi stai dicendo che sei stata a letto con lui? Tu non sei stata a letto proprio con nessuno!” Tuttavia, sono certa senza rendersene conto, Uregh allontanò le mani da me.

Mi strinsi nelle spalle, senza smettere di guardarlo. “Se ne hai la certezza…”

A pensarci bene, la storia che gli avevo tanto sfacciatamente sputato addosso avrebbe dovuto farmi sorridere. Perché non era farina del mio sacco, ma era stata inventata da Gourry. Anni prima, quando Rezo aveva messo una taglia sulle nostre teste, e delle guardie ci avevano catturati, due di esse avevano cercato di mettermi le mani addosso. E Gourry, impossibilitato a combattere, non aveva trovato niente di meglio che inventarsi che avessi qualche strana malattia, per evitare che portassero a termine i loro intenti… Quanto mi ero arrabbiata con lui, quella volta, invece di mostrargli gratitudine per avermi salvata… ed ora forse la sua strana prontezza di spirito mi avrebbe tolta di nuovo dai guai… (questo è successo davvero, nel terzo romanzo, ‘Il fantasma di Sailarg’…=P NdA)

Uregh mi fissò, rabbioso per quanto solo poco prima era stato soddisfatto e cordiale. “Stai mentendo.” Dichiarò, con meno risolutezza di quanta sarebbe riuscita a farmi disperare.

“Forse.” Replicai. “O forse no. Quanto sei disposto a rischiare, per scoprirlo?”

La rabbia lo catturò, tanto velocemente quanto la consapevolezza che, almeno per il momento, lo avevo battuto. Mi resi conto che avevo compreso bene la psicologia del reggente di Ulan Bator… semplice, appunto, come mi ero aspettata. Se ci fosse stato Elmerish al suo posto probabilmente avrebbe capito, avrebbe rischiato. Ma la paura di Uregh della morte era tale che anche se aveva la pressoché certezza che stessi mentendo, la sua rabbia nei miei confronti non era sufficiente a fargli correre quel pericolo. Il che significava, uno a zero per me.

Il reggente mi strinse nuovamente il seno con la mano, senza passione, stavolta, solamente al fine di procurarmi dolore. “Ti farò visitare.” Ringhiò. “Ti farò visitare dai migliori medici di Ulan Bator. Se dici la verità avrai ben altro di cui preoccuparti che la tua malattia. E se stai mentendo ti pentirai di non aver accettato le mie attenzioni stasera, quando ancora sarebbero state dispensate con gentilezza…” 

Si alzò di scatto e si allontanò da me, come se all’improvviso lo disgustassi. Rimasi immobile dove mi trovavo mentre usciva dalla stanza, accogliendo il sollievo che mi invadeva, grata, e cercando di non pensare alle minacce del reggente, e al disgusto generato ancora dall’impressione e dal ricordo del suo corpo sul mio. Lo udii dare disposizioni su di me alle guardie, fuori dalla porta, e rimasi ad attendere, paziente, che entrassero e mi portassero dove dovevano. Chiusi gli occhi, e mi imposi per un momento di non pensare, di riconquistare la calma necessaria per permettere alla mia mente di affrontare ciò che sarebbe seguito.

‘Visto, Gourry? Salvata in estremo, grazie alla mia prontezza, e ad una tua idea… per questo dico sempre che siamo una squadra imbattibile…’

Quando le guardie entrarono, mi imposi di non lasciar scendere lungo le mie guance nemmeno una lacrima… 

 

 

***

 

 

Il mare era piatto di fronte a lui, e il cielo totalmente privo di nuvole. La terra, spesso non visibile nel clima nebbioso del Mare dei Demoni, ora si stagliava chiaramente in lontananza.

Erano già tre settimane che scendevano lungo la costa, tenendosi a distanza di sicurezza dalle rotte comunemente battute dalle navi commerciali, ma recuperando a tratti la visuale delle scogliere e delle masse sabbiose che si contrapponevano all’incessante infrangersi delle onde. Era un viaggio pericoloso, quello, con una guerra in corso. Le battaglie non avevano coinvolto il mare, ma il rischio di un attacco, per una nave che fosse avvistabile dalle coste, era sempre presente, e Gourry aveva dovuto accettare di cedere tutto il denaro che Philionel gli aveva lasciato, pur di convincere un capitano a deviare tanto a sud… Non gli importava realmente, però. Non aveva bisogno d’altro che di quella nave e del suo cavallo per giungere ad Ulan Bator, ed il denaro non avrebbe avuto grande peso, una volta che avesse incontrato Lina. Allora tutto sarebbe stato a posto. In ogni caso.

 

Gourry aveva la testa stranamente leggera, da quando era partito da quel castello fra i ghiacci. Non nel senso che fosse sollevato. Era più quella strana sensazione di straniamento che si prova quando si è ubriachi. Era cosciente di ciò che faceva, e di quale fosse il suo obiettivo, ma aveva l’impressione  che le sue azioni fossero sempre sul punto di sfuggire alla sua mente…

‘Voglio vedere Lina…’

Gourry affondò la testa fra le braccia, appoggiandosi al parapetto della nave. Si sentiva così confuso… sperava che Lina avrebbe potuto vedere quella maledetta spada, e chiarirgli che cosa gli stava succedendo… o che il solo incontrarla servisse a liberarlo dalla specie di cappa opprimente che gli catturava il cervello…

 

“E allora, bel mercenario… come vedi ti abbiamo portato dove tanto disperatamente desideravi arrivare…” Il corpo di Gourry si irrigidì, non appena avvertì la figura avvicinarsi a lui. Era da un po’ che gli succedeva. La presenza di estranei lo metteva immediatamente in agitazione.

Lo spadaccino si volse a fronteggiare la donna che lo stava avvicinando. “Laggiù c’è Ulan Bator?” Si limitò a domandare, occhieggiando la costa…

La donna ammiccò, rivolgendogli un ampio sorriso. “Manca poco…” Si appoggiò al parapetto, al suo fianco. “Sei impaziente, mercenario… Anche se continuo a chiedermi cosa mai di tanto urgente tu abbia da fare in quella città… per noi mercanti è una specie di paradiso, dato che tutti i traffici che attraversano il deserto passano di lì, ma non vorrei avere a che fare con la gente che ci abita per nulla al mondo… non hai idea delle difficoltà che devo affrontare tutte le volte che ci faccio scalo, solo perché sono una donna che pretende di commerciare senza avere un uomo a fianco…”

“Mmm…” Si limitò a commentare Gourry, senza impegnarsi ad intavolare una conversazione… In quel momento l’ultima cosa di cui aveva voglia era raccontare le ragioni del proprio viaggio, anche se era grato a Danielle per aver intrapreso quella rotta dopo che in tanti si erano rifiutati… un vero mercante fiuta gli affari anche là dove nessuno potrebbe immaginare di trovarli, così gli aveva risposto la donna, quando ormai privo di speranze le aveva chiesto la sua collaborazione al viaggio… Ulan Bator sarebbe stata libera da antipatici concorrenti a causa delle battaglie, e dunque era proprio quello il momento giusto per recarvisi… e, certo, la borsa d’oro che le aveva ‘donato’ come incentivo non aveva fatto che aumentare la sua motivazione…

“Dunque il capitano si è definitivamente convinto ad attraccare direttamente in un porto del regno…” Lanciò un’occhiata di sottecchi alla donna, che lo stava ancora fissando, giocherellando con una ciocca dei suoi capelli biondo scuro…

La donna sorrise, ancora una volta, sporgendosi ulteriormente sul parapetto, e scivolando verso di lui… “So essere persuasiva, mercenario… ed il capitano, per quanto sia un dannato maschilista, negli anni ha imparato che se non vuole perdere buone occasioni deve dare retta a quello che gli dico…”

Gourry tornò a volgersi al mare. “Bé… meglio così…”

Lo sguardo di Danielle non si allontanò dal suo viso. “Non sei particolarmente abile nel nascondere che c’è qualcosa che ti preoccupa, mercenario…”

Gourry batté le palpebre. Quella stessa frase gli era già stata rivolta svariati anni prima, prima ancora che conoscesse Lina, in un incontro che difficilmente avrebbe potuto dimenticare… anche perché era stato parte dei motivi che lo avevano poi portato a viaggiare a fianco della maga…

A dispetto di se stesso, Gourry si ritrovò a sorridere, a quel ricordo. “Una volta… una persona mi ha detto che, per quanto la propria mente sia tormentata, non è consigliabile mostrarlo davanti alla donna che si ama…”

(anche questo è canon…XD Sto citando uno spin off incentrato su Gourry, intitolato “Ciò che vede oltre la punta della sua spada”e l’incontro era con il padre di Lina, anche se Gourry non ne conosce l’identità…; P)

La donna che gli stava a fianco scoppiò a ridere. “E questo cosa sarebbe, un modo carino per dirmi che non sono il tuo tipo, mercenario?”

Gourry sobbalzò, e arrossì. “N- no! Non volevo dire questo! Cioè, non desideravo offenderti, io…”

La risata di Danielle si fece più sonora. “Oh, mercenario, sono stata offesa in modi ben peggiori che venendo rifiutata da un uomo!” I suoi occhi si strinsero in un sorriso malizioso… “Lo sai, sei un tipo strano, tu… non ho incontrato molti mercenari come te, nei miei viaggi…”

Gourry sorrise, fissando il mare. “In fondo è questo il bello del viaggiare per il mondo… Negli ultimi quattro anni sulla strada, ho incontrato gente di ogni tipo…” La sua mente ripercorse la varietà delle esperienze che aveva vissuto da quando viaggiava con Lina… “… ed una di queste persone è più stramba di tutte le altre…” Aggiunse in un bisbiglio, ridacchiando fra sé…

“Mmm…” Danielle inarcò un sopracciglio… “E allora… come si chiama…?”

Gourry si volse verso di lei, senza capire… “Chi?”

La donna si protese verso di lui. “Che domande… il ‘motivo’ che ti spinge ad Ulan Bator…scommetto che è un ‘motivo’ dai grandi occhi e dalle lunghe ciglia…”

Gourry si grattò la guancia, e distolse lo sguardo. “Da cosa lo hai capito…?”

“Oh, hai tutta l’aria del sedotto ed abbandonato…” Lo scrutò, con fare ironico. “O sbaglio? Che c’è sei stato stregato da una bella mora di Ulan Bator, che stai inseguendo lungo il continente…?”

Sulle labbra di Gourry si disegnò un sorriso amaro… non si immaginava molto in quel ruolo… ma in un certo senso lo avrebbe preferito… perché sarebbe stato ansioso, impaziente, certo… ma la preoccupazione non lo avrebbe attanagliato di continuo a quel modo…

“Non ho… voglia di parlarne.” Rispose, semplicemente.

“Dai retta a me, faresti meglio a non prendertela troppo per una ragazza che si fa inseguire a questo modo… un tipo come te può averne, di donne…” Gli si avvicinò, facendo scivolare il braccio attorno al suo. “Se vuoi posso provare io a fartela dimenticare… anche se hai già chiarito che ‘non sono il tuo tipo’…” Gli sussurrò, all’orecchio.

Gourry ebbe un fremito involontario. Era una bella donna, Danielle… doveva avere più o meno la sua età, e di certo pochi uomini avrebbero dichiarato di non essere attratti dai suoi capelli color fieno, dai suoi profondi occhi nocciola, e dalle forme tornite che la sua semplice blusa bianca, aprendosi sul suo collo lentigginoso, fin troppo chiaramente rivelava… Gli tornarono in mente gli anni che aveva vissuto come mercenario, le donne che aveva conosciuto allora, altrettanto attraenti, altrettanto intraprendenti. Gourry si riteneva tutt’altro che un uomo di mondo… la maggior parte dei suoi commilitoni sapeva corteggiare, sapeva toccare le giuste corde per attrarre le donne certo non sprovvedute che si accodavano al loro esercito… Gourry, invece, ricordava le sue prime esperienze come abbastanza disastrose… ‘Utili occhioni azzurri, ma poca tattica…’, così usavano prenderlo in giro i suoi compagni… e il ruolo del mercenario ‘bello e dannato’ non era mai stato particolarmente adatto a lui… anche se, certo, col tempo aveva appreso come girava il mondo…

‘Basti pensare a cosa credevo di ottenere salvando Lina…’

Gourry sorrise. Era in Danielle che aveva sperato quando aveva deciso di aiutare quella giovane accerchiata dai banditi. O quanto meno, in una ragazza con il suo aspetto, e la sua stessa disposizione nei suoi confronti… e invece, gli era capitata una ragazzina dal seno piatto, il cui aspetto certo non sarebbe servito a togliere il fiato ad un uomo.

‘E me la sono proprio meritata… così imparo a salvare la gente con i doppi fini…’

Il suo sorriso si allargò. Ci era voluto poco perché cominciasse ad apprezzare quella ragazzina e la sua compagnia, sotto numerosi punti di vista… E nonostante questo, chi si sarebbe aspettato, allora, quello che Lina sarebbe diventata per lui…

Allontanò Danielle, con gentilezza. “Mi spiace, Danielle… tu… sei davvero una bella donna, e non potresti non piacermi, ma… la situazione è più complessa di quello che appare…”

Danielle si allontanò, con un sospiro. “Il che è un altro modo carino per dire che non mi vuoi…” Si strinse nelle spalle. “Del resto me lo diceva, mia madre, ‘I più carini sono anche i più bastardi’…”

Gourry sorrise. “Bé, non credo che piangerai per me molto a lungo… ho il sospetto che tu abbia una bella coda di corteggiatori ad aspettarti nelle città in cui sbarchi…”

“Ah, ah, non cercare di adularmi ora, perché ormai la tua occasione l’hai persa, mercenario…” Gli diede le spalle, e si allontanò verso la cabina del capitano, rivolgendogli un breve cenno con la mano… “Sbarcheremo domani, quindi stasera vedi di radunare le tue cose…” Si volse e gli scoccò una lunga occhiata. “E pensare che avresti potuto essere impegnato in ben altre attività…”

Gourry sospirò, e scosse la testa. ‘Questa sarà meglio che non la racconti a Lina, quando ci rivedremo…’ Tornò a volgersi verso la costa, la mente in quel momento resa stranamente lucida dalla forza del suo ricordo della maga. La spiaggia ora gli pareva ancora più vicina… ‘Presto. Ci vedremo presto.’ Strinse con forza il parapetto della nave.  ‘Pazienta solo un po’, solo un altro po’, Lina… sto arrivando…’

 

 

 

 

Attraccarono il giorno successivo, nel primo pomeriggio, ma era ormai il tramonto quando fu permesso loro di sbarcare dalla nave. Le normali procedure di controllo al porto si erano dilatate a causa delle battaglie in corso, ed in generale l’atmosfera fra gli ufficiali era piuttosto tesa. Si parlava di un prossimo coinvolgimento del regno nella guerra…

“Pare che per Sailune le cose si mettano male…” Mormorò fra sé Danielle, mentre aspettava sul molo a fianco di Gourry, occhieggiando i suoi uomini che scaricavano le merci ed i cavalli. “La flotta di Ulan Bator è potente, e i suoi soldati sono abituati a combattere in condizioni durissime… per Oberon, Uregh sarà un alleato potente…”

“Tu sei del sud, vero, Danielle…?” Chiese Gourry, osservando le navi da guerra che a lieve distanza vegliavano sul porto, minacciose… “Voglio dire, sei nata a sud della barriera…”

Danielle inclinò la testa. “Sì…” Gli rivolse un’occhiata profonda. “Non sono di queste parti, però. Vengo da un’isola spostata più ad ovest di qui. Che vive più che altro di commercio. Ci sono molte carovaniere che attraversano queste regioni, ma noi ci limitiamo per lo più a scambiare prodotti lungo le coste… la popolazione qui è piuttosto chiusa, ma nelle città portuali sono per lo meno abituati a trattare con gli stranieri…” Incrociò le braccia dietro la testa. “La caduta della barriera va tutta a nostro vantaggio, però. Ora abbiamo a disposizione chilometri e chilometri di costa in più che prima non potevamo battere…”

“Mmm…” Commentò Gourry, con aria perplessa.

Danielle levò un sopracciglio. “Perché me lo hai chiesto?”

Gourry si strinse nelle spalle… “Solo per curiosità… è che… non so molto di questo Oberon che sta attaccando Sailune, e mi chiedevo se tu conoscessi qualche informazione in più…”

Danielle lo squadrò, sospettosa. “Non è che dietro quell’aria innocente si nasconde una spia di Sailune, vero? Non ho alcuna intenzione di passare guai perché ti ho trasportato fin qui…”

Gourry sorrise. “Non credo sarei molto in gamba come spia. Né sono di Sailune. Però… ti confesso che Oberon nel corso di questa guerra ha compiuto effettivamente azioni che mi coinvolgono personalmente…”

Danielle sospirò. “Bello, schizzinoso in fatto di donne, e pure implicato in politica. Tutti a me devono capitare, gli uomini problematici.”

Gourry batté le palpebre, perplesso. “Implicato in politica?”

Danielle ridacchiò. “Di Oberon so solo che è un uomo potente, e che è stato in grado di farsi molti alleati illustri…” Rispose, infine… “E’ stato il primo uomo, qui al sud, in grado di garantirsi la fedeltà dei popoli nomadi delle steppe… quella è gente che normalmente con le faccende politiche vuole avere poco a che fare…” Fissò il mare, accigliata, come se stesse radunando i propri ricordi. “E la sua stirpe si dice essere millenaria, pare che dominasse le sue terre già da prima che la barriera venisse eretta…” Gli lanciò un’occhiata. “E ti assicuro che non è un compito semplice, per come sono poveri ed impervi quei territori… si dice che un tempo vi scorresse un grande fiume, ma che il terreno lo abbia assorbito, rendendo molto difficile la coltivazione dei terreni… è un regno ampio, ma i territori vicini sono occupati da signori potenti che stringono il regno in una morsa, e conquiste e migrazioni non sono certo semplici… e così, con prodotti del suolo così scarsi, la sua popolazione è stata per secoli ridotta alla fame… E’ stato proprio Oberon a risollevare il regno… ha promosso l’artigianato e la tecnologia, ha puntato sui prodotti di lusso di cui tanti aristocratici dei regni qui attorno sono ghiotti, scambiandoli con beni di prima necessità utili alla sopravvivenza del suo popolo… ed è riuscito a creare una rete di alleanze tale da garantirsi rapporti commerciali privilegiati con praticamente tutti i paesi confinanti.” Danielle sorrise, e Gourry si rese conto che la donna parlava con ammirazione, e forse con una punta di invidia. “Una tattica perfetta. Oberon è salito al potere quando era ancora molto giovane, ma in questi vent’anni di governo ha portato il suo regno ad una maggiore prosperità. Grazie alla fedeltà di Elmerish dei Turid e della sua cavalleria ha incrementato notevolmente la potenza del suo esercito… non mi stupisce che abbia preso di mira un regno come Sailune… sono territori caldi ma fertili, grazie alla ricchezza di acque e vegetazione. L’ideale per promuovere una migrazione del suo popolo, e garantirsi anche l’autosufficienza alimentare. Senza contare che, con Sailune come base, la sua rete di commerci ed alleanze potrà allargarsi anche al nord della barriera…”

Gourry fissò Danielle, in silenzio. Non era certo di avere compreso tutti i passaggi del discorso, ma il succo era, gli pareva, che Oberon aveva una forte motivazione per portare avanti le sue conquiste… quella dettata dalla necessità. Ed un uomo motivato è sempre un uomo pericoloso… Lo stomaco di Gourry si strinse. Aveva un bruttissimo presentimento, riguardo a tutta quella faccenda. Non sapeva perché, ma aveva l’impressione che ci fosse qualcosa di più sotto, qualcosa che la superficie di quella guerra nascondeva… Portò la mano all’elsa della sua spada, avvertendo, ma ormai quasi non registrando, la fitta di dolore che come di consueto accompagnava quel gesto. Aveva il vago sentore che tutto, quella spada, quella guerra, Lina portata via da lui, tutto implicasse un suo intervento, una sua partecipazione a qualcosa che ancora non era in grado di definire… forse era il senso di confusione che provava da quando portava quella spada ad impedirgli di capire… ma la sua mente lottava fra questo vago senso della necessità di un suo intervento, e la volontà di trovare Lina, e andare via, da lì, da Sailune, il più lontano possibile da tutto ciò che stava succedendo, per proteggerla, per evitare che qualunque superiore meccanismo fosse in atto in quel momento potesse nuovamente coinvolgerla… ‘… e portarla ancora via da me…’

Le sue labbra si strinsero. ‘Non capisco.’ Fissò la nave, e gli uomini che come formiche lavoravano incessantemente per portare a termine il loro compito. ‘Non capisco cosa stia succedendo, Lina.’

“Gourry?” Batté le palpebre, scuotendosi dai suoi pensieri sotto lo sguardo perplesso di Danielle. “Tutto bene?”

Gourry la fissò per qualche istante, la bocca aperta ed un’espressione che doveva apparire estremamente stupida sul viso. “Oh… io.. s-sì, tutto bene…” Tornò a volgersi verso il mare, grattandosi lievemente la guancia col dito… “Mi ero solo distratto un momento…”

Danielle inarcò un sopracciglio. “Direi.” Lo fissò, scettica. “Avevi l’aria di chi è a mille miglia di distanza. Guarda che, se non la ascolti quando parla, è ovvio che poi la tua bella se ne scappi lontano…”

Gourry sorrise. “Non preoccuparti… la mia ‘bella’ ha metodi efficaci, per fare sì che io la ascolti…” Si figurò per un momento una delle sfuriate di Lina, tanto caratteristiche di quando Gourry decideva che il discorso sulla magia che la sua compagna stava facendo non lo interessava poi così tanto. Il suo sorriso si allargò.

Danielle sbuffò. “Oh, oh, ancora quel sorriso ebete… Comincio ad essere felice che tu non abbia ceduto al mio fascino, mercenario, in fondo sei una vera pizza… non te l’ha detto nessuno che la monogamia è fuori moda?”

Gourry batté le palpebre, senza capire. “Eh?”

Danielle si limitò a sorridere. “Stanno sbarcando il tuo cavallo. Meglio che tu vada a tranquillizzare quella povera bestia, o non ti porterà proprio da nessuna parte.” Lo superò, e prese a dirigersi verso la sua nave. “Io me ne vado a controllare le mie merci.” Si volse brevemente verso di lui. “Tra una settimana esatta, all’alba, salperò da questo porto. Non ho intenzione di trattenermi più a lungo, perché queste rotte si faranno pericolose, quando quelle salperanno…” Indicò brevemente le navi da guerra che incombevano su di loro. “Ma ho tutta l’intenzione di recarmi al nord, per smerciare un po’ dei pregiati prodotti di Ulan Bator… e credo che in fondo non me ne accorgerò, se un paio di clandestini cercheranno di introdursi sulla mia nave…”

Sulle prime Gourry non capì cosa intendesse… ma l’occhiata significativa che la donna gli rivolse chiarì immediatamente le sue parole. Sulle labbra di Gourry si aprì un sorriso. “Grazie, Danielle, sei gentile…”

Danielle si accigliò. “Non farmi gli occhi dolci, mercenario, perché non attaccano più… e non ringraziarmi prima del tempo, perché il viaggio di ritorno dovrete guadagnarvelo nelle cucine della nave…” Lo fissò, seria. “Ricorda, una settimana, non un giorno di più. Se allora non sarai tornato dalla capitale, salperò senza di te.”

Gourry annuì. “Partirò immediatamente.” Replicò, semplicemente.

Danielle lo bloccò, nuovamente, proprio mentre stava per scattare verso il suo cavallo.

“Ehi, mercenario!”

Gourry si volse verso di lei. “Cosa?”

“La tua ‘bella’… non mi hai ancora detto come si chiama…”

Gourry sorrise. “Lina! Si chiama Lina!”

“Lina, hai detto…?” Danielle lo fissò perplessa, per un momento, quindi un lampo di comprensione parve accendersi nel suo sguardo… “Gourry… e Lina…”

Gourry ricambiò con un’espressione perplessa… “Che c’è…? La conosci…?”

Danielle sorrise. “Credo di averne sentito parlare…” Si strinse nelle spalle, ed inarcò un sopracciglio. Bé, Gourry… Buon viaggio a te!” Sorrise. “E di’ alla tua Lina da parte mia che è una ragazza fortunata…” Aggiunse, dopo qualche istante, in un sussurro.

Gourry non fu certo di avere udito bene, ma Danielle si allontanò prima che potesse chiederle di ripetere. Si strinse nelle spalle. Qualunque cosa fosse, in fondo, gliela avrebbe potuta ripetere fra una settimana. 

Raggiunse il suo cavallo, e lo preparò in tutta fretta al viaggio. Provava ancora quella strana sensazione, ma decise di non pensarci. In quel momento aveva una certezza, e decise di aggrapparvisi con tutte le sue forze. Entro una settimana, sarebbe tornato in quel luogo. Insieme a Lina.

  
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