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Autore: _diana87    17/12/2011    4 recensioni
[Possibile alzamento di rating per i temi trattati]
"Qualcuno dice che la guerra più grande da combattere è quella interiore, contro noi stessi."
Un pacco bomba esplode al 12esimo distretto. Un caso o un attentato? Fatto sta che quello stesso giorno Castle viene inviato dalla sua casa editrice in Israele per scrivere qualcosa di diverso, un racconto-reportage sulla primavera araba in corso; nel frattempo Beckett, Ryan ed Esposito vengono scelti per addestrarsi insieme ai marines in Iran. Separati dalla guerra che irrompe all'esterno, Castle e Beckett riusciranno a ritrovarsi? Ma sopratutto la battaglia più grande per Beckett sarà quella interiore: combattere contro i suoi demoni che le riportano alla mente quando rischiò di morire.
Storia narrata dal punto di vista di Kate Beckett.
Storia classificata all'11° Turno dei CSA al 1° posto nella categoria "Sad".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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Sesto capitolo

In questo capitolo si ragiona pesantemente sul senso della guerra XD

Dai, che un po' di riflessione filosofica di sabato sera fa SEMPRE bene LOL

 

 

 

Forse siamo semplicemente un uomo e una donna soli.

 

 

 

 

Sono già passati 4 giorni da quando siamo qui. Questo tempo l'abbiamo impiegato lavorando e addestrandoci sul campo, avendo giornalisti e scrittori al nostro seguito. E con scrittori includo anche il mio.

L'agente McNeil ordina e il sergente Tacker ci comanda a bacchetta. In qualche modo sembriamo soldati giocattolo; uno ad uno, in fila indiana, a volte tenendoci per mano, per impedire di cadere.

Proprio l'altro giorno, ci siamo buttati per terra, abbiamo strisciato nel fango, cercando di non toccare il filo spinato che era sopra di noi. Bridget e Laura, le due agenti di polizia donne, si tenevano per mano perché non erano abituate a fare queste cose. Io le guardavo e sorridevo, poi ho teso anche io la mano a loro, aiutandole a rialzarsi.

Esposito se la cava abbastanza bene col lavoro sul campo, al contrario di Ryan, che ha subito qualche scottatura a stare al sole per tutto il giorno. Io e Javier lo prendiamo in giro perché ha una pelle abbastanza delicata, quindi è arrivato Castle che gli ha teso una crema solare. Siamo una squadra e siamo una famiglia.

Ho osservato Rick in questi giorni: ci segue come un'ombra, è attento a ciò che i soldati dicono, e loro ormai l'hanno soprannominato "il cavaliere oscuro". Rick è teso, lo percepisco, perciò aspetto il momento per andargli a parlare. L'ultima volta non ci siamo lasciati molto bene... abbiamo quasi litigato ed è caduto il silenzio tra noi. Tuttavia non gli dirò del mio svenimento, no; la Kate che è dentro di me deve essere forte e smettere di pensare alla sparatoria di un anno fa.

"Giornata pensate, eh?" mi avvicino a lui, mani nella tasca mimetica.

Rick alza lo sguardo dal suo computer e mi sorride, poi chiude lo strumento.

"Ciao guerriera... beh anche per te è stata una giornata pesante."

Guardo le mie mani ancora visibilmente sporche di fango e un po' me ne vergogno. Ma lui si avvicina a me, posa il suo tablet e con un fazzoletto inizia a pulirmi la guancia destra.

"Hai un po' di sporco qui... spero non ti dispiaccia se io..."
"No, no... va tutto okay."

Ci guardiamo negli occhi, intensamente. Dio mio quanto siamo vicini. Riesco quasi a sentire il suo cuore battere, e poi sento il mio che va all'impazzata.

Le guancie mi vanno a fuoco, ma chi se ne frega. Ho dimenticato che pochi giorni fa abbiamo avuto quelle incomprensioni e ho scoperto di aver dimenticato cosa vuol dire avere le sue mani sul mio viso.

"Grazie." riesco fievolmente a dire.

"Sai, Becks volevo dirti che..."
"Mi dispiace per l'altra volta---" diciamo insieme, ci blocchiamo e ridiamo.

"Sì anche a me dispiace. Non so cosa mi sia preso. Scusami se ti ho aggredito in quel modo, Castle."
"Immagino che stare sul campo sia una cosa che manda sui nervi chiunque."
"Ripeto, la tua ex moglie non poteva scegliere posto migliore dove mandarti!"
Mi fa un sorriso di comprensione. Molto spesso è proprio vero che un gesto vale più di mille parole.

"Spero di rivederti presto, Kate..." mi stringe le mani e sento che mi sta porgendo qualcosa.

Quando ci ritiriamo scopro che nella mia mano c'è qualcosa.

"Un profumo?"
"E' alle ciliegie, so che ti piace la fragranza."

Istintivamente annuso la mia giacca da militare.

"Castle, mi hai preso un profumo perchè...?"

"Perchè puzzi... non essere sciocca, Kate! Sei una donna straordinaria, a mio avviso una delle migliori in circolazione. Devi farti sentire, gli altri devono capire che quando sento odore di ciliegie, stai arrivando te."

Arriccio il naso. Mi sta forse prendendo in giro?

"Non accigliarti, sono serio!" alza le mani in segno di difesa e questo mi fa sorridere ancora.

Un sorriso genuino, se ne vedono pochi qui in giro.

"Vi stiamo disturbando?"
Entrambi ci voltiamo, io nascondo il profumo dietro la schiena, per vedere Esposito e Ryan scambiarsi occhiatine maliziose. Sento odore di deja-vu.

"N-no stavamo solo..."
"Sì ci stavamo solo..."
"Sì sì, abbiamo capito!" dice l'ispanico e intanto continua a far spallucce insieme al suo collega.

Con discrezione, Castle mi fa un inchino, io gli porgo la mano stando al suo gioco, e lui me la bacia, lasciando Ryan ed Esposito basiti. Poi saluta anche loro col saluto da marinaio e ritorna nella trincea degli scrittori.

Si sta alzando del vento. E siamo in mezzo al deserto. Non promette nulla di buono.

 

La notte in trincea è stata la peggiore della mia vita. Non solo resti in dormiveglia per la tempesta di sabbia che si abbatte ogni dieci minuti, spazzando via perfino dei residui di armi inusate gettate lì durante il giorno... ma devi anche subirti spari in lontananza, che poi terminano con una bomba lanciata in aria... e senti un rumore tipo un fischio insidioso... sì perché si insidia nelle tue orecchie, poi passa attraverso i tuoi nervi e giunge al cervello, causandoti un grande mal di testa. Mi agito, muove i piedi, cercando una posizione comoda, ma invano. Ora capisco perché questi marines di giorno sono sempre così stressati. Questo gran casino notturno fa venire i nervi a fior di pelle a chiunque.

Il giorno dopo, i soldati iniziano a recuperare i mezzi dell'armeria andati perduti con la tempesta della notte; il sergente Tacker aiuta gli altri suoi sottoposti a rimettere in moto un camion. Io osservo tranquilla da uno scorcio della mia tenda la situazione lì fuori. Un mano si porge sulla mia spalla, delicatamente.

"Queste tempeste di sabbia sono rare in queste zone, ma quando avvengono sono una vera scocciatura."
Seguo quella mano ruvida, con un anello a stemma di una famiglia, poi mi volto per vedere l'agente McNeil accanto a me.

"Me ne sono accorta."

C'è una breve pausa mentre entrambi guardiamo il movimento dei soldati lì fuori. Ora anche i miei due colleghi sono andati in loro soccorso, trasportando dei barili contenenti polvere da sparo, credo.

"Ho notato che spesso è venuto a trovarti Richard Castle..."
"Lo conosci?"
"Ho letto Nikki Heat. E quando ho conosciuto te, ho capito tutto."
Arrossisco leggermente, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Questa mattina li ho tenuti sciolti, quindi prego vivamente che non ci siano altre raffiche di vento.

"Lui tiene a te, vero? Ma uomini e donne in guerra... è una brutta cosa... se lo fanno o è per morire insieme per una giusta causa, oppure perchè sono persone sole..."

Improvvisamente McNeil s'imbrunisce e inizia a camminare lentamente dentro la tenda e si guarda le sue medaglie. Capisco che c'è qualcosa che mi sta tenendo nascosta. Qualcosa che non vuole che io sappia. Qualcosa che potrebbe farmi venire un sacco di dubbi.

"Che intendi dire?"

Si morde il labbro, poi si toglie quel berretto militare, giocandoci con le mani, e torna a toccarsi quelle medaglie che ha sul petto della sua uniforme. Ne posso contare una decina... ma del resto, come mi aveva raccontato, Samuel McNeil ha passato la guerra del Vietnam, poi quella del Golfo del '91... deduco anche la guerra in Iraq e ora questa.

"Samuel... quale uomo e quale donna pensano che morire in guerra sia per una giusta causa? Almeno che non siano persone molto stupide..."
"...oppure sono persone tristi e sole." la sua voce si appassisce, gli occhi sono arrossati.

Qualcosa gli è tornato alla mente. Ma io voglio indagare, da brava detective che sono. Non capisco come questi marines concepiscano la guerra. Probabilmente non lo capirò mai. Ho visto Royce morire al posto mio, e ancora sono qui a pensare che dovevo essere io al suo posto... forse morire per la persona a cui si vuole bene... forse sarà questo il senso di tutto questo combattere, di questo partire insieme? Un uomo e una donna alla guerra, proprio come Rick ed io.

"Ma ci deve essere un altro modo, Samuel, per battere l'infelicità e la solitudine, non pensi?"
"Forse... uhm... una buona bottiglia di vino del '78 e sono felice come una Pasqua!"
Ride in un modo strano... isterico... amaro. Sta rispolverando altri ricordi dolorosi e dopo questo posso capire che ora sta tirando in ballo una donna che ha amato. Magari l'ha conosciuta sul campo, combattendo in qualche guerra. L'amore veramente non conosce tempo e spazio.

"Tu sei un uomo pazzo." gli dico quasi per rassicurarlo, lui però mi guarda assecondandomi.

"Non siamo forse anche noi un po' pazzi? Stare qui a parlare di cose che non hanno senso, rivangando tempi passati, guardando ai nostri amori e dolori lontani... aaah" guarda l'orologio "è tempo di ritornare sul campo, c'è un altro addestramento."

Lascia la tenda e io resto a contemplarlo. Quell'uomo ha sofferto veramente tanto nella sua vita che ora vive la guerra come il suo pane quotidiano. Forse siamo veramente tutti uomini soli, alla fine dei conti.

 

Tutto questo ragionare mi ha messo fame. Ma Tacker, l'omone nero, ci tiene sulle spine, e anche oggi ci fa armeggiare l'artiglieria pesante. Odio questi mitragliatrice M134 Minigun. E' pesante, è troppo grande per i miei gusti, e non riesco a tenerla in piedi. Tocca sparare e giocare al tiro al bersaglio, anche oggi. Ma oggi non sono in vena di tiri di perfezione, quindi la sagoma non la colpisco affatto. E se lo faccio, la prendo per i piedi.

"Beckett, non mi sembra quello il modo di sparare!! Non stiamo mica dando da mangiare ai piccioni!!"

Tacker urla contro di me, ma riesco a sentirlo poco dato che per non sentire i colpi del mitra mi sono messa due cuffie gigantesche.

Però vedo con la coda dell'occhio che a sentire la parola "piccioni", Esposito e Ryan si sono guardati in modo preoccupante.

 

"Somebody feeds these birds!!"

"Castle, avanti! C'è un caso da risolvere, per piacere..."

"Dai che ho visto un sorrisino... eccolo là... ops... eccolo!!"

"Sei uno scemo."
"Mi sei mancata anche te."

 

Mi è venuto un flashback di quando Rick era stato in vacanza agli Hamptons con Gina, mentre io avevo passato l'estate al distretto, da sola. Era tornato e aveva avuto il coraggio anche di immischiarsi in un caso di omicidio! Ma tuttavia non aveva mai perso il buonumore e neanche il suo senso dell'umorismo con quella battuta su Ryan ed Esposito, e su come loro fossero degli uccellini a cui badare...

"Avanti, vi sembra quello il modo di sparare?? Non stiamo qui a pettinare le bambole!!"

Tacker urla di nuovo e stavolta il mio pensiero va alle mie colleghe e agenti Bridget e Lauren.. così delicate, così fashion, che non riesco proprio a vederle maneggiare quei mitraglieri.

Alzo lo sguardo e vedo Rick in lontananza, insieme ad altri due scrittori, probabilmente suoi amici, visto che ci sta parlando animatamente. Poi lui mi rivolge uno sguardo, continuando comunque a chiacchierare con i suoi colleghi.

 

La sera su Israele è una cosa spettacolare. Una persona normale pensa che essendo un paese mediorientale non ci sia granché, se non palazzi e chiese, invece Tel Aviv è industrializzata quasi quanto Dubai. Da lontano si ergono immensi palazzi pieni di luci colorate, e sicuramente ci saranno anche autostrade vaganti...

"Ho quasi finito 50 pagine... dici che a Gina andranno bene?" Rick sbadiglia e si siede accanto a me, mostrandomi il suo tablet.

Siamo sul dirupo di una roccia, ecco perchè si vede molto bene la visuale della città da lontano. Siamo seduti e ci gongoliamo le gambe, oscillandole avanti e indietro. Tengo i capelli sciolti, indosso una maglia a maniche corte bianca, e i pantaloni mimetici della marina.

"Beh direi di sì... magari se ingrandisci il carattere sembrerà che le pagine sono di più!" cerco di fare l'intellettuale, prendendolo in giro.

"Divertente, detective, molto divertente." mi fa una smorfia e io ricambio con una linguaccia.

Torniamo ad osservare il paesaggio e inspirare l'aria tranquilla di quella splendida serata con un cielo stellato... uno dei più belli che abbia mai visto... forse perchè sono accanto all'uomo che amo.

"Sai, Rick... oggi McNeil mi ha fatto uno strano discorso sugli uomini e le donne che vanno in guerra..."
"Oh ti prego, niente sentimentalismi!"
"Stammi a sentire, potrebbe essere utile per il tuo reportage."
Imbroncia la faccia, fa finta di pensarci su roteando gli occhi.

"Va bene."
"Okay." prendo un bel respiro e cerco di formulare il discorso a mente "Secondo te perché i soldati combattono? Voglio dire, partono per lasciare la propria famiglia, pur sapendo che potrebbero incontrare la morte... perché lo fanno? Io non riesco ancora a capacitarmi, Castle. Dicono che lo fanno per una giusta causa, oppure sono solo uomini soli..."

"E tu perchè credi siamo qui, Beckett?"

Ma Rick mi sta facendo una domanda alla quale non so darmi risposta. O meglio... sarebbe più sensato dire perché è il governo che ci ha scelti, ma sarebbe banale. Sento che la sindrome dei Marines di cui parlava McNeil si sta impossessando di me. E' come un pensiero che s'insinua, lentamente, molto piano, e mi sussurra. Magari è quel rumore assordante che sentivo nelle notti passate in trincea.

"Non lo so, Rick. Onestamente non riesco ancora a trovare una risposta."
"Forse siamo semplicemente un uomo e una donna soli."

Ci guardiamo per un istante, prima gli occhi, poi le labbra. Ma quella sera non è fatta per posare le labbra le una sulle altre, anche se il desiderio c'è, eccome. Appoggio la testa sulla sua spalla, lui fa altrettanto, posando la sua testa sulla mia e restiamo così, senza dire nulla, a guardarci questo fantastico panorama.

 

   
 
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