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Autore: Darling Eleonora    19/12/2011    1 recensioni
Nella prestigiosa Accademia San Margot, dove vi è difficile entrare, si iscrive Leonard, un ragazzo all’apparenza duro e associale ma dentro di sé nasconde un ’innato talento per la poesia, che da sempre il ragazzo ha tenuto segreto a tutti fuorché alla sua dolce sorellina Winnie, nata da pochi anni e causa del trasferimento della sua famiglia. La vita nell’accademia si scopre sorprendentemente piacevole per il nostro semiprotagonista, ma per ben poco perché inaspettatamente qualcuno viene a sapere della sua passione segreta cambiandogli la vita…
Dal secondo capitolo "La primavera":
Lei raddrizzandosi si tolse la polvere dai vestiti e in un secondo momento, si accorse che un fiore di ciliegiolo le era caduto sul viso. Lo prese candidamente e lo adagiò sul palmo mano, assumendo un’espressione tenera. Leonard capì che l’albero con la sua sfera non attirava solo cose pure ma soprattutto cose belle.
-Io mi chiamo…
Cercò di parlare nervosamente ma la ragazza non se ne accorse neppure e senza staccare lo sguardo dal fiore disse con una voce melodiosa:
-Sai che giorno è oggi?
Lui era sbalordito.
-Marte…
Lei lo interruppe nuovamente e un sorriso ironico le si dipinse in volto:
-Non in quel senso, e comunque è venerdì…
Lui arrossì e non aggiunse altro per paura di fare un’altra figuraccia. Lei si avvicinò alla sua finestra e sorridendo allungò il palmo della mano verso il suo. Lui d’impulso glielo offrì.
-Oggi è il 21 marzo…
Prese tra le dita affusolate la sua mano e vi posò sopra il fiorellino rosa con delicatezza. Poi finalmente intrecciò lo sguardo al suo con delle iridi verdi e sorrise.
-….l’equinozio di primavera.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Presentazioni
 

 
Davanti a lui, la maledetta porta della volta precedente.
La aprì perché voleva spiegazioni. Era piombato perché Gregory aveva detto una cosa alquanto strana e quella ragazza dagli occhi lavanda insieme alle sue amichette lo aveva irritato a dir poco.
Aprì l’anta bianca della porta, la sala stavolta era piu spoglia, priva dei festoni e del tavolo lungo per il rinfresco. Alla parete di fondo c’erano dei divanetti eleganti e un tavolino di vetro e non lontano un pianoforte a parete che affiancava una scrivania semicircolare e una libreria. Il pavimento nel mezzo della sala era ricoperto da un grande tappeto tondo dai motivi floreali e sopra di lui un lampadario a gocce di cristallo, invece, all’angolo c’erano un baule, un appendiabiti, un orologio a pendolo e un tavolino con un bel mazzo di fiori di cui non seppe dire il nome e un telefono. Ma soprattutto, sul davanzale della finestra principale c’era una ragazza: guardava il cielo e di cielo era il suo vestito corto, al suo entrare si voltò e assunse un’espressione tenera che lo sbalordì, facendo si che la rabbia dentro di lui si placasse all’istante.
-Ciao Leonard, sono contenta che tu sia venuto.
Gli sorrise sincera poi gli propose di sedersi al suo fianco dando un colpetto con la mano al davanzale. Lui avanzò ma non si sedette e rimase in piedi con lo sguardo fisso nelle iridi verdi scure della ragazza. Lei lo notò e vide chiaramente in lui la tensione.
-Avanti, chiedimi pure qualsiasi cosa.
Lo incitò.
-Come ti chiami. Non so il tuo nome.
Lei come una brava scolaretta rispose alla domanda.
-Mi chiamo Cerise.
Leonard ebbe un fremito per la sorpresa.
-Il club ha preso il nome da te?
Mentre rispose assaporò il rumore della sua risata.
-No, o meglio si. Ma devi sapere che il CeriseClub, non è un vero e proprio club, non per niente non vi possono entrare tutti…
-Mi sembra una cosa alquanto arrogante a mio parere.
Disse senza pensare.
-Puo sembrarlo, ma ti giuro che non è così.
Lui si confuse.
-E allora come è? Spiegamelo! Perché io so solo di essere entrato in una specie di club non sapendo di cosa si occupa. Se non è un club, cosa è? Io ho sentito dire di problemi sentimentali di coppiette e…
Lei sorrise nuovamente, questa volta scuotendo la testa, nel vederlo farfugliare frustrato.
-Il nome CeriseClub è solo un nome d’arte. In realtà sarebbe il Comitato Consulenza Scolastica. Noi aiutiamo qualsiasi studente abbia bisogno: di un consiglio, di un aiuto di qualsiasi tipo, incontriamo gli studenti, gli facciamo parlare, sfogare, rispondiamo alle loro lettere, alle loro richieste di aiuto affisse in bacheca…
Lui era rimasto di sasso.
-Non te lo aspettavi, eh? Ecco perché non può entrare chi non ne capisce niente o chi non ha i requisiti.
-Ma io che requisiti ho per dare dei consigli? Scrivo solo delle stupide poesie, le avete lette senza il mio permesso e adesso pensate davvero di conoscermi?
Chiese incredulo.
-Leonard, entrano anche le persone che hanno bisogno del nostro aiuto, e oltretutto le tue poesie non sono “stupide”, hai un animo cristallino e a parer mio così bello da trasparire da queste.
Lui ebbe uno sbalzo al cuore.
-A questo proposito, mi sento in dovere di scusarmi con te. Hai ragione, non avrei dovuto leggere le tue poesie, erano così belle che le ho lette tutte, ma d’ora in poi se ne scriverai altre mi impegno a conquistarmi la tua fiducia e ti implorerò prima di guardarle senza ottenere il tuo permesso.
Lui arrossì in silenzio e annuì con il capo.
Si guardarono negli occhi per un lungo istante. Lei era così limpida da sembrare una bambina. Il viso era proprio infantile, le guance rosee, la bocca piccola e tonda, gli occhi grandi e decisi. Un fiato di vento le scompigliò una ciocca sul viso e lei dovette scostarsela e portarsela dietro l’orecchio con un gesto fine del mignolo, mentre il suo sguardo prima in basso, andò verso l’orizzonte. Leonard ebbe una strana sensazione.   
-Hei Cerise! Siamo tornati!
Disse una voce mentre entrava con in mano un grosso scatolone. Riconobbe il ragazzino biondo. Questo, quando si accorse di Leonard, fece cadere la scatola bloccando il passaggio a quelli dietro di lui.
-Oscar, ma che cavolo fai?!
Chiese una seconda voce dietro di lui. La ragazzina con gli occhiali entrò senza problemi e non disse niente, anzi, si sistemò gli occhialini sul naso, portava in mano un’agendina e un piccolo festone rosso.
Quando tutti furono entrati ebbero la stessa reazione del ragazzino biondo.
-Leonard? Che carino! Sei venuto a trovarmi, ma io non c’ero! Ma eccomi qua!
Corse ad abbracciarlo seducente il principe pazzo.
-E staccati!
Gli disse cercando di toglierselo di dosso.
-Piacere di conoscerti, Leonard. Io mi chiamo Mariù e mi occupo della signorina Cerise e del club!
Si presentò la cameriera con un lieve ma evidente accento francese. Aveva dei bei boccoli color crema, con un corpo leggermente più alto del suo e parecchio sensuale, sembrava l’impersonificazione di un frutto di una qualche fantasia maschile perversa, notò anche che al lato esterno del suo occhio sinistro gentile e castano c’era un piccolo neo.   
-Sei una sorta di cameriera?
Chiese stupito mentre le stringeva la mano.
-Non dirlo neanche per scherzo, ragazzino.
Mariù si voltò verso la persona che aveva parlato e diede al ragazzo alto dai capelli color mattone un brutale colpo in testa, richiamandolo:
-Adam, sii cortese!
Leonard indietreggiò.
-Non preoccuparti, fa così solo con lui. In realtà Mariù è un membro attivo del Club, ma diciamo che è entrambe le cose. E il ragazzo scortese si chiama Adam ed è uno dei consulenti. Sono entrambi al loro penultimo anno.
Sorrise alle sue spalle Cerise.
-Io mi chiamo Julie e mi occupo principalmente della segreteria del club.
 Disse freddamente la bambina cupa che aveva visto spesso insieme a loro. Aveva la solita aria saccente sotto i suoi occhialini tondi tondi, le palpebre semi abbassate degli occhi verde acqua e due codine di capelli castano scuro che faceva oscillare.
-Piacere.
Rispose, poi si voltò verso lo stupido principe che gli stava ancora attaccato, sussurrandogli:
-Ma lo è veramente o sta giocando?
-Shhh! Non lo dire neanche per scherzo! Lo è veramente, anche se ha dieci anni è al suo primo anno di liceo, è la mia marmocchietta prodigio.  
Disse con un’aria premurosa.
-Ciao Leonard, è un piacere averti tra noi, io sono Oscar!
Disse il ragazzino biondo che gli sembrava il più simpatico e normale in quella gabbia di matti. Era un po’ più basso di lui e aveva gli stessi capelli crema e gli stessi lineamenti e occhi della cameriera, solo che aveva il suo stesso neo all’occhio sinistro invece che al destro. “Che forza”, pensò, poi chiese senza pensare:
-Sei il figlio di Mariù?
Tutti ammutolirono. Il principe stupido iniziò a sbellicarsi dalle risate.
-Ma che ti viene in mente, brutto…
Mariù andò a fermare Adam per le spalle e Oscar si mise a ridere con imbarazzo, accarezzandosi la nuca con il gomito alzato.
-No, in realtà siamo fratelli.
Mariù, dopo aver assestato un secondo e molto più violento colpo alla nuca di Adam, lo abbracciò da dietro, dicendo:
-Sì, esatto. È il mio caro fratellino gemello del primo anno. In effetti è un po basso.
Lui replicò ma si vedeva trasparire tutto l’affetto fraterno quando Mariù lo aveva definito “fratellino gemello”, anche se come cosa era impossibile.
-Scusatemi ho detto una sciocchezza allora, non volevo…Ah! Ma perché ti chiamano Conte Casanova, stupido principe?
Chiese voltandosi verso di lui.
-Perché io sono l’erede del mio casato.  
Disse con molta semplicità. Leonard rimase indietro per un'altra botta di stupore.
-Tu sei del casato veneziano dei Casanova?!
-Non meravigliarti troppo, qua anche la piccola Julie e anche Cerise sono membri di famiglie molto antiche e quindi molto influenti.
Gli sussurrò Oscar.
-Dannati riccastri…
 
  
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