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Autore: Kaho    19/12/2011    1 recensioni
«Siete stati attaccati, dal morso slabbrato pare possa essere un grosso cane selvatico», spiegò con voce quieta l’infermiera, guardandolo fisso negli occhi, come potesse spegnere le sue ansie.
(Breve long-fic).
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimers: I personaggi appartengono alla sottoscritta.

 

 

 

Come nelle favole

 

 

 

 

 

 

Un pulsare ritmico, famelico lo svegliò.

Inizialmente William non aveva capito da dove provenisse: era un dolore diffuso, apparentemente uniforme, dolorosamente acuto, non dissimile dalle emicranie che lo colpivano nelle notti insonni passate sui suoi progetti. Poi, appena il torpore del sonno si era leggermente dissipato, una fitta lo aveva trapassato facendolo sobbalzare, ed era divenuto consapevole dell’avambraccio palpitante.

Un suono simile a un guaito gli sfuggì dalla bocca, mentre con un gesto febbrile alzava le lenzuola. Fissò l’avambraccio coperto di bende sporche di sangue e per metà disfatte; strabuzzò gli occhi, e urlò.

«Signor Phillips!»

Un’infermiera era entrata sbattendo la porta e, neanche il tempo di collegare la sua presenza, l’estraneità della stanza e il braccio ferito, William si era trovato a boccheggiare mute domande e, subito dopo, a gemere non troppo sommessamente.

«Non dovrebbe essere ancora sveglio», disse l’infermiera, più a se stessa che a lui, controllando rapidamente la flebo (che, William notò solo in quel momento, era attaccata al braccio sinistro, quello sano), affranta e agitata.

«Mi spiace, signor Phillips, l’anestesia avrebbe dovuto durare almeno altre cinque ore… Non so proprio perché lei sia sveglio»

William pensò che no, non gli interessava che l’anestesia avrebbe dovuto renderlo cosciente del dolore solo fra cinque ore; no, no, no, a lui interessava solo sapere perché il braccio gli facesse così fottutamente male.

«Dove mi trovo?», riuscì a borbottare alla fine, cercando di tornare lucido e di ignorare quel cuore che batteva nel suo arto destro.

«Al St. Louis Hospital», rispose meccanicamente l’infermiera, sfogliando velocemente i parametri della cartelletta clinica attaccata al suo letto.

Will girò lievemente la testa nel tentativo di incontrare il suo sguardo senza fare movimenti troppo bruschi. La donna era un esserino minuscolo e impettito, biondo, con due occhi verdi quasi uguali a quelli di Maddy, solo leggermente più brillanti.

Maddy!

«Dov’è mia moglie?! Maddy sta bene? Che ci è successo?!»

Quell’elenco di domande non aveva scalfito la donna, notevolmente più calma ora. Con decisione buttò fuori dal letto le lenzuola e, con suo grande stupore, tirò verso l’alto la maglietta del pigiama.

«Cosa sta–?»

«Davvero non ricorda?» lo interruppe interrogativamente la donna, inarcando le sopracciglia. Probabilmente vide il suo turbamento, giacché cominciò a rispondere alle sue domande, iniziando a tastargli il petto. «Le sto controllando le fasciature… diamine, temo proprio che dovrò chiedere subito al dottor Torres di cambiarle, sono tutte sfatte, come diavolo ha fatto a muoversi così tanto da scombinarle? In ogni caso, signor Phillips, si trova all’ospedale a causa di una pallottola vagante. Ricorda la battuta di caccia ai daini a chi ha partecipato?»

«Caccia ai cosa?! Oh…»

All’improvviso, il volto sogghignante di Paul McCarthy, il vicino, e del suo suocero Antonio dipanarono la nebbia che aveva nascosto i suoi ricordi.

«Certo, sì», si trovò a raccontare, più a se stesso che all’estranea alla sua destra, srotolando la matassa della memoria. «Eravamo appena partiti, saranno state le quattro del mattino, più o meno, ricordo che era ancora tutto buio: il tempo perfetto per andare a caccia di daini. Poi i cani hanno cominciato a ululare e, all’improvviso, una grossa creatura è apparsa da non so dove e…»

Prese fiato.

Il bosco era pieno di silenzio, quella notte; rammentava di aver rabbrividito e di aver cercato di persuadere Tony e Paul dall’uscire, ma Tony era stato categorico: voleva un bel maschio come trofeo dell’ultima notte di caccia. Avevano seguito un vecchio sentiero tracciato dagli animali che aveva scovato Paul l’anno scorso: portava a una raduna in cui i daini avevano spazio per lottare, un ritrovo per il periodo dell’accoppiamento. «Quei fottuti cervi moriranno meglio di me» aveva sogghignato Paul, mimando un gesto osceno. Nessuno dei due anziani cacciatori era parso intimorito dalla foresta, e William non aveva voluto essere da meno; aveva sposato da soli tre anni Maddy, ed era ancora difficile far digerire l’affare allo scorbutico Tony. L’unica passione in comune era la caccia, che da buon sudista William praticava annualmente con entusiasmo (e legalmente). Aveva appena cominciato a farsi accettare, e non aveva voluto passare per codardo. Non si erano minimamente accorti del bestione; nella testa di William, rimaneva solo un’ombra vaga ma gigantesca, che lo afferrava al braccio e lo trascinava velocemente nei cespugli. Il dolore era stato lancinante: ricordava solo quello, prepotentemente padrone del suo cervello, e le sue grida mischiate a quelle di Paul e Tony. Poi, il risveglio. Ancora il dolore.

«Aaah!», urlò, digrignando i denti.

L’infermiera parve di nuovo preoccupata. «Che succede? Le ho fatto male?»

«Il braccio…» sfiatò Will, esausto, strizzando gli occhi.

«Il braccio?» domandò confusa la donna. «Sente dolore al braccio?»

«Sì, parecchio», rispose, irritato. Datemi qualcosa, un cazzo di anti-dolorifico, quello che volete, ma fatelo smettere!

Pulsava, pulsava, come se i denti della bestia fossero ancora all’interno della carne e la stessero maciullando.

L’infermiera inarcò le sopracciglia, pensierosa. «Non sente niente al petto?»

«No, no, ascolti, è il braccio–»

La mano della donna gli afferrò il braccio sinistro. Il contatto, o forse il viso risoluto dell’infermiera, riuscì a tranquillizzarlo e, di conseguenza, placare le fitte. Forse era la freddezza di quella mano, che agiva come ghiaccio su una botta; forse il dolore era immaginario, una specie di fantasma. Forse… no, il dolore era ancora lì, smorzato, quasi fosse un animale braccato nascosto nel sottobosco, respirando piano, regolarmente.

«Chiamo il dottore, aspetti qui».

«Un momento!», la fermò lui, spaventato dai suoi stessi pensieri e con il bisogno di sapere che andava tutto bene. «Cos’è successo

«Siete stati attaccati, dal morso slabbrato pare possa essere un grosso cane selvatico», spiegò con voce quieta l’infermiera, guardandolo fisso negli occhi, come potesse spegnere le sue ansie. «Nel tentativo di fermare la creatura, uno dei suoi amici l’ha colpita al petto, appena sopra la spalla. Fortunatamente non ha colpito nessun organo vitale. Il rumore deve aver spaventato il cane, perché è scappato via. Non l’hanno più trovato.»

«Un cane?» questionò Will, perplesso. Un cane di quelle dimensioni poteva esistere? «E Maddy dove si trova?»

L’infermiera sorrise. «Maddalena, giusto? Sua moglie è rimasta qui tutto il tempo. Voleva esserci per quando si fosse svegliato.»

Il pensiero di rivedere Maddy, che lei stesse bene e si fosse preoccupata per lui, lo rinfrancò. «Potrebbe entrare adesso?», chiese, quasi timidamente.

«Mmh…» La donna parve titubare un momento, ma un piccolo sorriso complice fece capolino dalle sue labbra. «Il dottore non l’ha vietato, ma temo che dovrà aspettare qualche minuto, giusto il tempo di una visita rapida e di un cambio di bende. Può farlo?»

«Okay…»

«Sarò un lampo».

L’infermiera varcò di nuovo la soglia, mentre Will continuava a domandarsi solo una cosa: un cane?

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa storia avrebbe dovuto partecipare alla challenge “We Love Werewolves!” indetta da Mala_Mela (Clà).

Siccome l’ho iniziata, e ho fatto voto a me stessa di finire, per una benedetta volta!, una long-fic, mi ci dedicherò con energia. Non prometto aggiornamenti veloci, anzi, temo di essere incredibilmente lenta nello scrivere. Lupo avvisato, mezzo salvato (?). XD

Dovrebbero essere tre capitoli totali, in ogni caso, nulla di così gravoso da non essere concluso entro l’anno.

Spero che la storia vi abbia incuriosito. ^^

Ringrazio Clà per l’iniziativa che mi ha ispirato (il titolo è uno dei prompt da lei ingegnati), e i lettori che passeranno di qui.

Fiera di contribuire al rimpolpare le file delle storie sui licantropi! *_*

 

Kaho

  
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