Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Emily Alexandre    19/12/2011    13 recensioni
Quando la prozia muore, poco dopo la fine della guerra, Hermione coglie al volo l'opportunità di lasciare per un po' Londra e rimettere insieme i pezzi della sua vita. La destinazione è il Galles, dove la cioccolateria ricevuta in eredità la sta aspettando e, con essa, quello che spera essere un nuovo inizio. Sarà un anno lieto dove Hermione torna pian piano a vivere e comportarsi come una ragazza della sua età dovrebbe fare, lontana dal dolore e dalla morte, ma un arrivo imprevisto le sconvolgerà la tranquillità.
La ricerca del gusto di cioccolato perfetto per Draco Malfoy si rivela più ardua del previsto e quando arriverà la notte della Vigilia più di una vita sarà travolta...
"Lo capì quando vide la luce accesa che filtrava dal retro della cioccolateria.
Lo capì, anche se sapeva d’averlo compreso da giorni, benchè fosse troppo orgogliosa per ammetterlo.
Lo capì e basta, senza giri di parole... Qualsiasi fosse stato l’esito della scommessa, Draco Malfoy le aveva restituito qualcosa che credeva perso per sempre: la gioia del Natale."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
- Questa storia fa parte della serie 'Leather and Libraries, the story of a love'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sei come le ciliegie
 

 In onore delle torte verdi, degli alberi verdi, delle serpi-verdi e soprattutto
 dei cocktail verdi...
 Perchè in fondo anche Babbo Natale è verde.

 

ciliegie

 

 

Non avrebbe saputo dire cosa l’avesse spinta ad accettare.
I mesi successivi alla battaglia finale erano confusi, avvolti da una nebbia fitta, quasi appartenessero ad un livello onirico ed irreale.
Ricordava a stento il sollievo per la conclusione della guerra, il dolore per le perdite, l’immensa gioia nel ritrovare i genitori, la fama che aveva profondamente scosso il Trio...
Le memorie più chiare iniziavano con un funerale celebrato a metà novembre; l’ennesimo, avrebbe potuto dire, ma quella volta ai colori sgargianti degli abiti era stato sostituito un sobrio nero e nulla parlava di violenza e ingiustizia... La donna era morta serenamente nel sonno all’età di centodue anni.
Tutto era coperto da un manto di neve fresca caduta la notte precedente che alla ragazza ricordava i lunghi inverni trascorsi a scuola, mentre cercava di studiare senza essere colpita da palle di neve vaganti.
Quanto tempo era passato da allora?
Non era trascorso che poco più di un anno, ma le sembravano secoli.

Fu davanti alla lapide, davanti a quelle due parole impresse nero su bianco, quell’Hermione Granger inciso in eleganti caratteri, che la nebbia, sua compagna ormai inseparabile al punto da farle dimenticare come si vivesse prima della sua comparsa, si dissipò improvvisamente.
La guerra era finita, molti erano morti, ma leggere il proprio nome in quel luogo di riposo eterno le aveva fatto comprendere che lei, al contrario di quello che aveva pensato infinite volte durante quei giorni avvolti dalla nebbia, era viva.
E doveva vivere.
Lo doveva a tutte le persone che aveva amato e che non potevano più farlo, a tutti coloro che erano morti per creare un mondo migliore destinato anche a lei.
Non aveva idea di dove la vita l’avrebbe condotta – Non era tornata a Hogwarts né aveva scelto una carriera da intraprendere - ma, quando il notaio andò a cercarla, Hermione scoprì che la prozia non le aveva donato solo il nome, ma anche un nuovo inizio.
Un anno lontano da Londra e dalla magia.
Un anno per rimettere insieme i mille pezzi di quel cuore che la guerra aveva spezzato.
A nulla erano servite le lettere di Ginny che la imploravano di raggiungerla a Hogwarts, né le parole di Harry che desiderava andasse con lei al Ministero o che, almeno, rimanesse a Londra. Quanto a Ron, il ragazzo era ormai assorbito dalla sua carriera in ascesa come portiere dei Chudley Cannons e decisamente non era un motivo sufficiente per fermarla.
Aveva preso un treno notturno, diretta in Galles, la sera del 30 novembre ed era giunta nel paesino babbano alle porte della città di Aberystwyth il primo dicembre. L’aria era gelida ma Hermione la respirò a pieni polmoni ritrovando le essenze della sua adolescenza, quando tutto era lieto e la morte un pensiero lontano; da quando aveva conosciuto Harry, la sua vita non era mai stata tranquilla, ma la affrontavano con la spensieratezza e l’incoscienza della giovane età. La guerra aveva distrutto tutto, ma forse quel viaggio l’avrebbe aiutata a ricominciare... Non aveva che diciotto anni dopotutto.

La cioccolateria era esattamente come l’aveva immaginata: gli infissi porpora la rendevano immediatamente riconoscibile lungo la strada principale del paesino e la vetrina era affollata da torte e cioccolatini di ogni specie. Hermione si era persa a contemplarli tutti, con il cuore in gola e le labbra atteggiate in un sorriso; per la prima volta dopo mesi si era ritrovata a respirare di nuovo serenamente.
No, non avrebbe saputo dire cosa l’avesse spinta ad accettare ma, mentre varcava la soglia del locale, aveva compreso che era stata la scelta giusta.
L’aveva accolta Morgan, le mani ricoperte di cioccolato e scaglie di nocciola.
Era una donna di sessant’anni che aveva trascorso gli ultimi cinquanta con Mrs. Hermione, da quando la donna l’aveva presa con sé, togliendola dall’orfanotrofio in cui era stata abbandonata ancora in fasce; la cioccolateria era stata destinata a lei e alla pronipote della proprietaria, affinché, recitava il testamento, avesse sempre un posto in cui rifugiarsi se la vita si fosse rivelata troppo dura.
La prozia, unica parente da parte paterna, era la sola tra i familiari di Hermione a conoscere la sua natura di strega e la sola cui avesse parlato di Voldemort: l’anziana, che di guerre ne aveva vissute due, nei suoi ultimi anni di vita aveva pensato a quella nipote sempre troppo lontana, costantemente in pericolo.
Hermione aveva avanzato cauta, ma qualsiasi timore di essere guardata con diffidenza era sparito davanti ad una tazza di cioccolata speziata.
Sei la nipote della donna che è stata una madre per me, il minimo che possa fare è prendermi cura di te. Rimani tutto il tempo che vuoi.

Hermione l’aveva presa in parola e, in quei dodici mesi lontano da Londra, aveva compiuto affascinanti scoperte giorno dopo giorno.
Aveva scoperto, ad esempio, quanto fosse piacevole concedersi un bagno più lungo di una manciata di minuti, o sane passeggiate in paese tra persone che non avevano idea di chi fosse Voldemort, o, ancora, lunghe soste nelle boutique perché Morgan era convinta che alla sua età non potesse vestirsi solo con jeans e felpe. Ogni gesto quotidiano, lì, nel bel mezzo del nulla gallese, aveva un sapore diverso, una valenza che non era mai riuscita a cogliere mentre era impegnata a combattere.
Più di tutto, però, Hermione aveva imparato a comprendere il cioccolato.

I primi giorni, da brava studentessa, aveva divorato tutti gli appunti della prozia sulle ricette e, da eccellente pozionista quale era, aveva stupito Morgan riproducendo quasi alla perfezione le opere culinarie che aveva studiato. Si era presto resa conto, però, che, come per il Quidditch, anche per il cioccolato molto di ciò che poteva essere appreso non era racchiuso tra le pagine di un libro.
Hermione voleva capire il cioccolato.

Era rimasta immediatamente affascinata dalla capacità di Morgan di comprendere di cosa il cliente avesse bisogno, persino prima che lo capisse lui stesso: c’era la donna tradita che trovava consolazione nel cioccolato alla noce, la bambina di ritorno da scuola che si rimetteva in forze con una cioccolata calda, il ragazzo che seduceva l’amata con il cioccolato piccante... Alcuni erano intuitivi, altri erano frutto di anni e anni di esperienza. Morgan la definiva magia ed Hermione, la brillante strega Hermione, non dubitava che ciò che la donna creava con la cioccolata fosse magia quanto lo era quella che scaturiva dalla sua bacchetta.
Per mesi, aveva osservato la pasticcera dalla cucina o seduta dietro al bancone, arrischiandosi di tanto in tanto a dare consigli lei stessa; benché nessuna delle due avesse ancora trovato il cioccolato adatto a lei, un anno dopo il suo arrivo, Hermione si sentiva rinata.
La bacchetta era custodita gelosamente insieme alla biancheria intima ed Hermione la utilizzava di tanto in tanto con incantesimi degni di Molly Weasley; non ne aveva davvero bisogno, ma la magia che le scorreva nelle vene chiedeva di essere sprigionata.

Il primo dicembre arrivò fin troppo in fretta e, specchiandosi in una pentola, Hermione vide il riflesso di ciò che era diventata: i capelli erano sempre indomabili ma, ora, incorniciavano un volto colorito, sereno, leggermente truccato; le forme si erano ammorbidite, i chili persi durante l’anno trascorso a cercare horcrux erano stati ripresi e il suo guardaroba era diventato più femminile.
Quello sarebbe dovuto essere il giorno del suo ritorno ma non se l’era sentita; aveva detto agli altri che avrebbe trascorso il Natale con Morgan prima di tornare a Londra, guadagnando del tempo.
Presto o tardi avrebbe lasciato il Galles, ma non era ancora il momento.
Quando, a metà pomeriggio, Morgan entrò in cucina dicendole di andare a servire un bel forestiero appena arrivato, Hermione scosse la testa divertita: la donna le faceva servire qualsiasi ragazzo apparentemente libero, nella speranza di trovarle il fidanzato, e la strega aveva presto capito che qualsiasi ribellione sarebbe stata vana, così, anche quella volta, lasciò il grembiule su un ripiano e uscì.
Le bastò un istante per rendersi conto che quel forestiero era tutt’altro che un estraneo.

-Malfoy?
Avrebbe riconosciuto ovunque quei capelli slavati, quel corpo longilineo e, soprattutto, quello sguardo altezzoso; non aveva notizie di Draco Lucius Malfoy da quando aveva presenziato all’udienza che aveva assolto lui e sua madre e condannato il padre a dieci anni di Azkaban. Non era tornato a Hogwarts, di quello era certa, ma non aveva neppure saputo dove fosse finito né, ad essere onesti, le era mai importato. Senza dubbio, però, non si aspettava di vederlo in un negozio babbano di un paese babbano sperduto nel Galles.
-Granger?
Draco sussultò nello scoprire che la deliziosa co-proprietaria, decantata da quella babbana, altri non era che so-tutto-io per eccellenza. Credeva fosse a Hogwarts, ad incantare tutti con la sua enorme cultura, o al Ministero pronta per la scalata verso le più alte cariche; certo non si aspettava di trovarla , alle prese con torte e cioccolatini. Ripresosi dallo stupore iniziale, non poté non notare come fosse diversa dalla ragazza spenta e pallida che aveva visto all’udienza. Quell’anno aveva cambiato entrambi.
-Cosa ci fa miss perfettina lontano dai riflettori?
-E cosa ci fa mister il-mio-sangue-è-migliore lontano dalle gonne di mamma?
-Oh, ma è splendido! Vi conoscete!
All’esclamazione di Morgan, si voltarono entrambi con un’espressione di stupore dipinta sul volto, ma non ebbero tempo di reagire in alcun modo perché la donna, cogliendo la scusa dell’ora tarda, disse ad Hermione di intrattenere l’amico e di pensare alla chiusura della cioccolateria.
Ritrovatisi soli, la strega guardò in cagnesco Malfoy che, di rimando, osservava l’ambiente con sguardo imperscrutabile.
-Allora, cosa ci fai qui?
-Ti facevo intelligente, Granger. Cosa mai potrò fare in una cioccolateria?
Hermione alzò un sopracciglio, reprimendo l’istinto di lanciare contro il serpeverde la tazza che aveva accanto –Non intendo qui qui. Intendo qui in Scozia, in un paesino babbano.
Malfoy represse una smorfia annoiata –Londra al momento non è proprio l’ideale per un Mangiamorte, figlio di un Mangiamorte rinchiuso ad Azkaban. Noi Malfoy abbiamo una magione in un paese di maghi poco lontano da qui e ci vivo da nove mesi.
-Un paese di maghi?
Hermione si rese conto solo in quel momento che, negli ultimi dodici mesi, non si era per niente interessata ad eventuali centri magici nei dintorni, tanto si era abituata alla vita tra i babbani.
-Sanguesporco, davvero non lo sai?
-No, non sono uscita da qui nell’ultimo anno.
-Non che disapprovi il fatto che tu sia tornata a vivere in mezzo ai tuoi simili, ma insomma... Tu sei sempre stata così sicura del tuo status di strega. Perché rinunciarvi?
-Non ho rinunciato a nulla, Malfoy.- lo rimbrottò immediatamente. –Mi sono solo presa una pausa. Che ti piaccia o no, io sono una strega! Ad ogni modo- proseguì stizzita –cosa ti porta in questa parte del mondo che tanto disprezzi?
-Il cioccolato, Granger. Un vecchio amico di mio padre mi ha portato una torta proveniente da questa cioccolateria, dicendomi che le fate su misura. Mi annoiavo e ho pensato di venire a dare un’occhiata...
-Oh, si annoiava, il signorino. Poveretto...
-Noto dell’ironia nel tuo tono.
-Mammina ti ha mai detto che sei tanto perspicace?- Hermione sbuffò: se non era pronta a riprendere i contatti con il mondo dei maghi, figurarsi se poteva iniziare proprio da quel mago. Eppure, al tempo stesso, quell’odiosa serpe aveva portato con sé un’aria di casa piacevolmente familiare... Si era estraniata talmente a lungo da non rendersi neppure conto di quanto la magia le mancasse.
-Spesso. Sono il cocco di mamma, lo sai.
Detestabile. Presuntuoso. Arrogante. Irritante.
Hermione lo guardò in cagnesco, poi gli servì della menta fredda con gocce di cioccolato; mentre lo guardava bere il liquido verde, non aveva bisogno che Malfoy le dicesse che non era quello il sapore per lui. Lo sapeva, era solo una provocazione e non aveva alcuna voglia di cimentarsi nella magia di Morgan proprio con lui.
Malfoy finì la bevanda, si pulì educatamente la bocca e guardò scettico la strega –Puoi decisamente fare di meglio. Tornerò domani.
-Per carità, non ti scomodare.
Draco sorrise della sua foga e si avviò verso la porta ma, prima di uscire, si voltò un’ultima volta verso Hermione.
-A domani, Sanguesporco.

L’orologio continuava a ticchettare inesorabilmente, scandendo i minuti e poi le ore, mentre, fuori dalla finestra, la neve iniziava a scendere senza sosta; era il primo dicembre e Natale si stava avvicinando...
Hermione alla fine rinunciò a cercare d’inseguire la chimera del sonno e, dal suo appartamento sopra la cioccolateria, scese in cucina e si versò una tazza di cioccolata calda alla cannella; non era il gusto perfetto per lei come quella alla menta non era per Malfoy, ma...
Malfoy.
Inutile negarlo, la causa della sua insonnia aveva il nome di una costellazione e un cognome che riportava alla mente vecchie memorie... La guerra, Bellatrix, la tortura... Ma anche tutti gli anni trascorsi tra le mura di Hogwarts, quando i problemi maggiori erano vincere una partita di Quidditch o prendere più punti dei serpeverde.
Vederlo l’aveva scossa, ma ciò che più la innervosiva era la consapevolezza –celata, rifiutata, odiata- che, in fondo, quella comparsa le facesse piacere.
E, mentre si addormentava sul bancone di legno, Hermione si ritrovò a sperare di rivederlo.

E Malfoy, in effetti, tornò il giorno seguente. L’idea iniziale era comprare una torta e non mettere più piede in quel covo di babbani ma, dopo aver scoperto a chi appartenesse il locale, ritornarvi fu un gesto istintivo.
Dopo la condanna di suo padre, era rimasto alcuni mesi a Londra, ma non riusciva a sopportare la freddezza dei presunti amici del genitore, né gli sguardi compassionevoli degli ex compagni di scuola, così aveva deciso di viaggiare per qualche mese, finendo poi per stabilirsi in Galles. Qualche mese di pausa, si era detto, per schiarirsi le idee prima di affrontare la sua vita a Londra.
Undici mesi dopo ancora non si era deciso a tornare, nonostante le ripetute richieste di sua madre: l’avrebbe fatto, prima o poi, ma non era ancora pronto.
L’incontro con la Granger, la sera prima, l’aveva scosso più di quanto avesse immaginato: per tutta la notte aveva continuato a ripercorrere con la mente i brevi momenti insieme, cullandosi nel loro ricordo che sapeva di casa... E casa, in fondo, gli mancava.
Paradossale che proprio lei portasse con sé quella sensazione. La Granger, diversa da lui per status, sangue e ruolo in guerra, in quell’angolo di mondo, era più vicina di chiunque altro.
E così, nel primo pomeriggio, tornò alla cioccolateria, sedendosi davanti al bancone con il benestare di quella babbana palesemente interessata ad accasarlo con la protetta; ridicolo, certo, ma cosa importava finché gli permetteva di godersi l’espressione esasperata e così familiare della strega?
E poi, lui amava il cioccolato.

La scena si ripeteva sempre uguale. Draco arrivava a metà pomeriggio, si sedeva e si faceva servire cioccolata su cioccolata da Morgan, incurante delle occhiate astiose della strega, e si tratteneva fino all’orario di chiusura, quando Hermione, lasciata sola dalla donna che sperava di vederli finalmente insieme, gli serviva un cioccolato che sapeva non essere adatto, tra battutine ironiche nelle quali l’astio, senza che loro se ne rendessero neppure conto, andava sempre più scemando.

 

 Due settimane prima di Natale, Morgan incastrò Hermione tra un ripiano e il muro, minacciandola con un cucchiaio di legno.
-Non riesco a capire perché quel bel biondino non ti piaccia, ma sappi una cosa: tu stasera decorerai l’albero con lui.
-L’albero?
La voce della ragazza uscì strozzata, la sola idea fare l’albero di Natale con Draco Malfoy era assurda.
-Scordatelo.
Ovviamente, dopo l’orario di chiusura, Draco Malfoy non aveva alcuna intenzione di andar via prima di aver fatto l’albero; non che gli interessasse qualcosa di quella tradizione, ma l’occasione per infastidire la Granger era troppo allettante per non essere colta.
-Va bene, Malfoy, ma facciamo in fretta.
-Solitamente le donne non mi chiedono mai una cosa del genere, Granger.
Hermione fece sbattere a terra talmente forte lo scatolone che temette di aver rotto tutto.
-Tu sei un perfetto idiota! Voglio dire, l’ho sempre pensato ma... Seriamente... Quel coso sul braccio non ti ha migliorato neppure un po’.
Un’ombra attraversò lo sguardo del ragazzo ed Hermione si pentì immediatamente per quelle parole: nonostante il continuo stuzzicarsi, i rapporti tra loro si erano imprevedibilmente distesi e accennare al marchio non era stata un’ottima mossa.
-Forse no...
La voce di Draco era appena accennata e l’aria parve cristallizzarsi per un istante, prima che entrambi si gettassero sullo scatolone delle decorazioni, sorridendosi impercettibilmente.
Non si trattava di semplici palline, ma di riproduzioni di dolci al cioccolato che entrambi si soffermarono ad ammirare prima di riporli sull’albero bianco.
-Sono commestibili?
Hermione nascose un sorriso dietro un maxi cono gelato -No, ma tu mangiali pure: se sarò abbastanza fortunata ti avveleneranno.
-Non sei divertente, Granger. Ma perché non usi la magia?
-E tu perché hai deciso di angosciarmi con le tue inutili domande?
-Sono serio. Perché?
-Perché non mi serve. Cosa dovrei farci, la cioccolata? E poi Morgan non sa che sono una strega... La uso ogni tanto a casa.
-Usiamola ora! Chiudiamo tutto e usiamola.
-Perché?
Era esasperata, eppure, alla sola prospettiva di prendere la bacchetta, un brivido le attraversò la schiena.
-Non so cosa speri di provare, ma va bene, d’accordo, purché tu stia zitto. Vado a prendere la bacchetta... Nel frattempo cerca di strozzarti con quelle mini torte verdi, per favore.

 

Salì in camera quasi correndo e afferrò l’oggetto magico, ma prima di tornare al piano inferiore si guardò allo specchio che le rimandò l’immagine di una ragazza serena... E, per la prima volta, si ritrovò a pensare che, forse, quel viaggio avesse lo scopo di condurla proprio lì, quella sera, con Malfoy. E non aveva alcun senso, quel pensiero sfuggito al controllo di una mente logica e razionale, ma aveva il profumo del cioccolato e la stessa consistenza dolce-amara. Ed Hermione aveva fatto della cioccolata la sua divinità.

 

Sembrava una pozza di luce nell’oscurità, i capelli biondi illuminati solo dal tenue bagliore di due candele e il corpo che si confondeva con il buio della sala sigillata; i suoi lineamenti erano più chiari allora di quanto lo fossero mai stati in sette anni, forse perché mai prima d’allora si era soffermata a vedere davvero. Non era bello, ma c’era qualcosa, in quel profilo altero, che sembrava promettere universi interi a chi avesse avuto il coraggio di andare avanti nella ricerca, di proseguire oltre il cipiglio severo e l’aria arrogante, di scavare giungendo in profondità oscure ed inesplorate.
Aveva sempre guardato Malfoy senza mai vedere Draco.
Con un movimento fluido della bacchetta aprì la scatola e il ragazzo si voltò impercettibilmente verso di lei, imitando il suo gesto.
Dieci pollici e tre quarti di legno di vite con nucleo di corda di cuore di drago, per Hermione quella bacchetta era la prova tangibile dell’entrata in un nuovo mondo a cui sapeva con tutta se stessa di appartenere, nonostante il suo sangue.
Dieci pollici di legno di biancospino con nucleo di crine di unicorno, Draco aveva ricevuto quella bacchetta come fosse un atto dovuto al suo sangue, comprendendone il reale valore solo dopo averla perduta e ritrovata.
Bacchette diverse come diversi erano i maghi che le maneggiavano ma unite in un unico nobile scopo.
E in quella notte silenziosa entrambi si chiesero se, nonostante le diversità, anche le bacchette si sentissero affini quanto si sentivano i proprietari mentre, pezzo dopo pezzo, finivano di decorare la vetrina per le festività.
Quando il puntale planò al suo posto, tutto parve sospeso nell’immobilità per un istante, il silenzio spezzato solo dai loro respiri e dai battiti dei cuori... Poi la bolla esplose e loro tornarono a fissarsi con la solita familiare ostilità.
-Harry ti ha restituito la bacchetta.
-È mia. Potter mi ha disarmato, ma la bacchetta ha un solo padrone...
Hermione avrebbe potuto replicare che così non era per la bacchetta di Sambuco, o chiedergli per quale motivo, allora, la Umbridge accusasse i Nati-Babbani di aver rubato le loro bacchette. Eppure tacque, perché non aveva alcun desiderio di rinvangare il passato e riaprire vecchie ferite, ancora brucianti per entrambi.
Malfoy interpretò il silenzio come un congedo e si sistemò il mantello sulle spalle. –A domani.
-Ancora? Perché ti ostini a venire ogni giorno.
-Devi scoprire qual è il cioccolato per me.
-Merlino...- Hermione scosse la testa, esasperata -Non ho alcuna intenzione di farlo.
-Quindi ammetti la sconfitta!
Avrebbe dovuto saperlo, Hermione, che quella viscida serpe avrebbe fatto appello al suo orgoglio Grifondoro per costringerla ad assecondarlo.
-Mai.
Ma neppure quel mai era carico della solita rabbia. Si sarebbe fatta uccidere piuttosto che ammetterlo, ma, mentre Malfoy si smaterializzava, Hermione pensò che in fondo, molto in fondo, le piaceva averlo lì.

 

I giorni trascorsero sempre secondo la solita routine; nessun mago o strega era consapevole delle ripetute visite di Malfoy e Morgan aveva preso ad assentarsi sempre più spesso quando Draco era alla cioccolateria, costringendo una non contenta Hermione ad abbandonare la cucina per il banco. La ragazza aveva compreso proprio in quel frangente –grazie a Draco?- perché creare nuovi tipi di cioccolato le piacesse così tanto: le ricordava le ore trascorse a Pozioni che, forse non era la sua materia preferita, ma era pur sempre una pratica di quella magia a cui aveva volontariamente rinunciato ma che le mancava costantemente
Ad ogni modo, ogni giorno dopo l’orario di chiusura, con Draco comodamente seduto in attesa, cercava di trovare il gusto perfetto per lui, intestardendosi come accadeva ogni volta in cui un incantesimo non le riusciva al primo tentativo.
Una sera, decise di ricreare l’amortentia in una torta: cioccolato bianco, per conferirle l’aspetto madreperlaceo della pozione d’amore, noci di cui era ingordo ai tempi della scuola, acqua di rose che richiamava il profumo di Narcissa che tanto la colpiva ogni volta che si trovava a contatto con la donna. Si godette ogni singola espressione deliziata che conferì al volto del Serpeverde un aspetto più umano e meno altero, ma, quando anche l’ultima briciola sparì, non lesse negli occhi grigi ciò che aveva sperato di trovare.
-Era ottima.
Draco dovette ammetterlo, quella torta aveva il sapore di casa e di felicità, ma per quanto perfetta fosse non era ancora il gusto che stava cercando.
O forse non voleva lo fosse, per non perdere la scusa che ogni sera lo portava in quella cioccolateria, dall’ultima persona al mondo che avrebbe dovuto vedere e a cui si ritrovava a pensare sempre più spesso nelle lunghe notti solitarie.
-Ma non era lei.
Tentennò un istante davanti alla sfumatura delusa della voce della ragazza, ma poi scosse la testa –No, Sanguesporco. Non era lei.
-Continui a chiamarmi in quel modo.
-È ciò che se, Granger... Divisa a metà. La magia ti scorre nelle vene insieme al sangue babbano.
-O forse non sono divisa a metà. Forse sono doppia. Vivo a cavallo tra due mondi e appartengo ad entrambi... È molto più di quello che puoi dire tu, Mr. Purosangue.
Draco non rispose alla provocazione.
Il suo cervello iniziò a lavorare febbrile, elaborando la frase della Granger nell’unico modo possibile, mentre si trovava tra mille sfumature di cioccolato; gli aveva rivelato di non aver trovato il proprio gusto e un brivido d’eccitazione lo percorse mentre comprese con chiarezza disarmante quale fosse.
-Ti propongo un patto.
-Non stringo patti con le serpi.
-E fai bene, però questa volta non puoi dirmi di no... Se entro il ventiquattro non avrai trovato il gusto perfetto per me mi cederai la cucina e io troverò quello per te.
Hermione alzò un sopracciglio scettica –Cosa ti fa pensare che lo troverai?
-Sono il pozionista migliore del nostro anno, strega. Lo so e basta.
-La sera della Vigilia sarò a cena da Morgan.
-Bene. A mezzanotte verrai qui e vedrai che avrò ragione.
-Figurarsi.
-Ci stai o no?- insistette, tendendole la mano.
Hermione la strinse titubante e, mentre le loro mani si congiungevano, Draco comprese di avere ragione.

 

Il ventitré dicembre arrivò e passò, lasciando il posto al giorno della Vigilia. Hermione fu svegliata dal becco di Leo che batteva insistentemente sul vetro della finestra: le scriveva Molly, portandole i saluti di tutti e i migliori auguri e comunicandole che l’indomani avrebbe ricevuto una lettera da Ginny.
Non da Ron, pensò, riponendo la pergamena nel cassetto della scrivania, ma dopotutto l’amico non aveva mai avuto un debole per le lettere... Non erano fidanzati, erano semplicemente Hermione e Ron, come Hermione e Harry, con la strega che scriveva papiri e papiri consapevole che non avrebbe ricevuto risposta.
Quando scese al piano inferiore, trovò Morgan in pieno fermento e dei pacchi regalo sotto l’albero della vetrina.
-Da parte dei tuoi genitori, sono arrivati poco fa.
Con il cuore trepidante come quando era bambina, Hermione li prese e li portò in camera, ignorando le proteste della donna che le intimava di aprirli a mezzanotte.
La nostalgia di casa era troppo forte... E poi, lei a mezzanotte avrebbe avuto altro da fare.
I suoi genitori le avevano regalato dei libri e un biglietto aereo da usare quando avesse ritenuto più opportuno: il messaggio era cristallino, i coniugi Granger avevano accettato la scelta della figlia, nonostante il desiderio di tenerla con sé dopo essere tornati dall’Australia, ma non sopportavano che il distacco proseguisse oltre.
E forse avevano ragione...

Draco Malfoy aveva sempre celato l’eccitazione che accompagna l’attesa della mezzanotte; suo padre non l’avrebbe ritenuto consono, così aveva imparato a misurare i gesti e le parole, fingendo che l’arrivo dei regali non avesse importanza, ma con il cuore in gola e la mente in perpetuo movimento. Quell’anno, al contrario, per quanto si sforzasse non riusciva star calmo e tranquillo: la Granger aveva fallito nell’impresa e, quella sera, lui le avrebbe dimostrato che era riuscito a capirla più di quanto avessero mai fatto i suoi discutibili amici e che quel Sanguesporco era più reale di quanto credesse. In fondo, era metà ed era il doppio... Come le ciliegie.

Specularmente, Hermione che aveva sempre mostrato il suo entusiasmo per quelle festività senza ritrosia alcuna, stava cercando di chiudere il tubino rosso dai bordi neri regalatole da Morgan, lottando contro il tremore delle mani. Aveva finto per tutto il giorno che quella fosse una giornata come un’altra, ma ritrovatasi sola era stata colpita in pieno petto dal nervosismo: non aveva avuto notizie di Malfoy e si era chiesta, almeno duemila volte, se davvero quella sera si sarebbe presentato o se non fosse altro che uno scherzo crudele.Nervosa per Malfoy.

E per cosa poi?
Hermione non avrebbe saputo dirlo con esattezza, o forse non voleva lasciare che il suo istinto o, peggio, il suo cuore parlasse per lei; sopportò stoicamente la cena di Morgan, conversando e facendo onore alle pietanze, ma a mezzanotte meno dieci sgattaiolò fuori come una bambina che si accinge a spiare di nascosto l’arrivo di Babbo Natale, percorrendo le vie deserte in bilico sui tacchi e tremante dal freddo.

 

Lo capì quando vide la luce accesa che filtrava dal retro della cioccolateria.
Lo capì, anche se sapeva d’averlo compreso da giorni, benché fosse troppo orgogliosa per ammetterlo.
Lo capì e basta, senza giri di parole... Qualsiasi fosse stato l’esito della scommessa, Draco Malfoy le aveva restituito qualcosa che credeva perso per sempre: la gioia del Natale.

Entrò cercando di non far rumore, ma lui la stava aspettando immobile dietro il bancone: davanti a lui, un piatto colmo di cioccolatini.
-Buon Natale, Granger.
-Buon Natale, Malfoy. Allora, ci sei riuscito?
-Sì.
-Presuntuoso.
-Realista. Assaggia.
Le avvicinò il piatto ed Hermione si portò un cioccolatino alle labbra senza interrompere il contatto visivo, ma non appena le sue papille gustative captarono quel gusto la strega chiuse gli occhi.

 

Ciliegie, come quelle che raccoglieva a casa dei nonni da bambina.
Ciliegie, come quelle che usava con le cugine per colorarsi le labbra e atteggiarsi da signore.
Ciliegie, come quelle con cui il futuro fidanzatino aveva sporcato il suo libro preferito in segno d’amore.
Ciliegie, come quelle con cui suo padre l’accoglieva, ogni estate, al suo ritorno da Hogwarts.
Ciliegie, come quella sfumatura dell’amortentia che non aveva mai voluto ammettere.
Ciliegie, doppie come lei stessa era, strega e babbana.

Un vortice di ricordi l’assalì e si dovette tenere al bancone per non crollare. Era come se in quel cioccolatino fosse racchiusa tutta la sua vita: il passato, nel bene e nel male, il presente in fuga lontano da casa, il futuro incerto ed inevitabile. Morgan le aveva raccontato, i primi giorni, che il suo compito, nel trovare il cioccolato adatto ad ogni persona, era portare il destinatario in comunione con se stesso... Prima di quel momento non aveva mai compreso cosa significasse davvero.
Poi comprese anche un’altra cosa, con una lucidità disarmante, e sorrise aprendo gli occhi e sperando che le lacrime non iniziassero a scendere: Draco Malfoy si era spostato e le stava davanti con un’espressione soddisfatta sul viso...
-Hai assaggiato i cioccolatini?
Il ragazzo scosse la testa, ma sapeva cosa volesse intendere Hermione: mentre preparava le giuste dosi per l’impasto l’odore penetrante di cioccolato e ciliegie gli era penetrato nelle narici arrivando fin nel cervello... La strega, in realtà, con la torta di qualche giorno prima, avrebbe colto il gusto perfetto per lui se nella sua vita non fosse subentrata una variante.
Se non fosse subentrata lei.
Hermione gli era entrata dentro, in quei giorni fatti di stizzite battute e sonori sbuffi, al punto da cambiarlo senza che nessuno dei due se ne rendesse conto; era sempre se stesso e sempre lo sarebbe stato, ma la guerra e la fine di essa avevano fatto partire gli ingranaggi di un cambiamento che la strega, con la sua cioccolata, aveva portato a compimento.
Prese la bacchetta e fece comparire nel centro del negozio un albero interamente decorato con qualcosa che emanava luce dorata e argentata; il cuore di Hermione sobbalzò e si avvicinò per guardare cosa fossero quelle figure così luminose...
E sorrise mentre le lacrime iniziarono a scorrere silenziose sulle guance, e i suoi occhi guardarono fuori dalla finestra quasi in attesa di veder comparire Babbo Natale sulla slitta trainata da renne, perché quella notte le aveva restituito la fiducia e la speranza che aveva perso da molto, troppo tempo.
Draco si avvicinò silenziosamente ad Hermione e le scrutò il volto illuminato dalle ciliegie dorate e argentate che facevano bella mostra di loro sull’albero. Per un istante, vedendola piangere, credette di aver sbagliato tutto e si mise istintivamente sulla difensiva, aspettando di essere schiantato ma poi fu rapito da un sorriso così sincero come non ne vedeva da molto... Forse solo Narcissa gli aveva sorriso in quel modo così colmo di gioia e riconoscenza.
-Sei come le ciliegie, Sanguesporco.
L’avvicinò a sé e le baciò le gote salate, un passo dopo l’altro, fino a finire su quella bocca socchiusa che sapeva di ciliegie e cioccolato. E di inizio e di promesse.
-Sei anche morbida come le ciliegie. E saporita.
Glielo sussurrò a fior di labbra, staccandosi appena per ammirarla immersa in quella pozza di luce.
Oro e argento, Grifondoro e Serpeverde; quelle ciliegie altri non erano che loro stessi.
Hermione arrossì a quelle parole pronunciate con voce roca e Draco le sfiorò le gote con un dito –E rossa come le ciliegie.
Non riuscivano a saziarsi e i baci parevano non finire mai ma, d’un tratto, Malfoy si allontanò dalle labbra della ragazza fino a guardarla negli occhi lucidi e brillanti.
-Ho appena scoperto che sei come le ciliegie anche per un altro motivo, Granger!
La ragazza rise del suo tono serio, ma fu subito zittita da un’occhiata astiosa –Ossia?
Non le rispose, ma la baciò.
Un bacio e poi un altro e un altro ancora.
Perché i baci di Hermione erano come le ciliegie: una tira l’altra ed è impossibile farne a meno.

 

 ✥

Note: Ultimamente Draco ed Hermione mi ronzano ossessivamente in testa e le Blue Ladies certo non aiutano. Eccomi di nuovo qui, questa volta con una storia più fresca e leggera rispetto al mio standard... O almeno spero :)
Non ho molto da dire, in realtà, spendo solo due parole sulla bacchetta di Draco; non so se davvero l'abbia mai ripresa dove esser stato disarmato da Harry, ma ho letto che quasi tutte le bacchette, forse solo eccetto quella di Sambuco, non perdono la fedeltà al loro padrone quando questo viene sconfitto, quindi ho ritenuto verosimile che Harry, dopo aver aggiustato la propria bacchetta, abbia restituito a Draco la sua.
Morgan è un personaggio originale e per tanto mi appartiene.
L'idea della cioccolateria e del cioccolato su misura è ispirata al film Chocolat, che adoro e che è assolutamente da vedere! (Insomma, il cioccolato e Johnny Depp... Che connubio potrebbe essere migliore?)
Grazie ad Acqua per la bellissima immagine!
Infine voglio ringraziare infinitamente le Blue Ladies per lo splendido spazio che hanno costruito, questa one shot partecipa all'iniziativa "L'albero delle Dramioni", che trovo un'idea magnifica. Come promt avevo ciliegie dorate e argentate...
A loro è dedicata la storia...
E a Elle e Erica, che quotidianamente sopportano i miei deliri, Dramioneschi e non. E i cocktail verdi!
Se volete mi trovate su facebook nel gruppo e nella pagina.
Buon Natale!

Emily 

Edit: La storia ha partecipato al contest I'm forever yours, FAITHFULLY come storia già edita ed è arrivata terza: 

Grammatica: 10/10
Stile e forma: 10/10
Caratterizzazione dei personaggi: 9/10
Originalità: 9/10
Gradimento personale: 15/15
Grafica: 4/5
Totale: 57/60


 

 

   
 
Leggi le 13 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Emily Alexandre