Spero vi godiate questo terzo capitolo, più animato del secondo!
E - piccola parentesi - perdonatemi, fans dei Led, in particolare di Jimmy: ho scoperto solo oggi che la carta d'identità di Mr.Page parla chiaro... gli occhi del signorino sarebbero verdi. Non nelle foto che ho visto io, ma così è stato ufficializzato! Io ho comunque deciso di non cambiare il colore dei suoi occhi in questa storia. Perché li ho sempre visti azzurri, e che diamine!
Detto questo, buona lettura, grazie della vostra attenzione e al prossimo capitolo!
Ciry
CAPITOLO 3
Il ragazzo
si volta e saluta con un cenno del capo e un distratto “Ciao, Jonesy…”
“Jimmy,
cosa stai facendo?”
Talia si
avvicina alla parete a piccoli passi, sperando invano di non essere notata.
James risponde
serenamente: “Vado nella mia stanza…”
“Jonesy”
insiste, indicando la ragazzina. “Con lei?”
Sembra vagamente
contrariato, ma riesce a contenersi molto bene.
Il ragazzo
sospira e replica pigramente: “Lei si chiama Talia. L’ho trovata in ascensore
mentre salivo, ha bisogno del telefono…”
Con uno
sguardo apprensivo, il nuovo arrivato si avvicina a Talia, rasente al muro con
la schiena, dopodiché si china e le chiede guardingo: “… Cos’è quel livido? Chi
te l’ha fatto?”
L’altro
apre finalmente la porta ed interviene deciso: “Jonesy, non la spaventare, ok? È
una lunga storia, e lei non ha molta voglia di par-“
“Oilà!!!
Finalmente vi trovo!!!”
C’è un
ragazzo che gironzola mezzo nudo per il corridoio, sembra quasi un leone con
quella criniera dorata e voluminosa…
È molto
carino, anche se non come James. O… Jimmy.
Caotico,
nonché stupito almeno quanto lei a causa dell’incontro inaspettato, il secondo
tizio amico di James fissa Talia come se fosse un curioso animaletto selvatico,
e subito si informa con un sorrisetto: “Jimmy, stai scherzando…?”
James sospira
per l’ennesima volta e, cercando di mantenere la calma, decide di optare per le
presentazioni.
“Talia,
ti presento due miei amici, John e Robert. Jonesy, Percy, lei è Talia, una bambina
molto timida che ho pescato a
piangere in ascensore da sola e che, di conseguenza, ha chiaramente bisogno di
aiuto. Ho deciso di lasciarle usare il telefono della mia stanza. Ci siete fin
qui?”
Talia tace,
sorvolando volentieri sulla verità molto
sommaria appena esposta da James, e guarda di sottecchi i suoi amici; Robert
ovviamente se ne accorge per primo e si china interessato su di lei.
“Ciao,
sono Robert, Robert Plant” la saluta prendendole la mano, senza complimenti “Come
va, Talia, tutto ok? Bel nome, Talia, mi piace!”
L’altra,
stordita come non mai, arrossisce e ritrae la mano, facendola poi tornare
prontamente sul diario.
Robert ridacchia,
intenerito.
“Poverina,
è timida davvero!”
“Percy,
piantala…” lo ammonisce John.
“No,
sul serio, guardala!” insiste l’altro “Sembra un pulcino spaventato! Scusami,
lo so che non è da galantuomini, ma… quanti anni hai?”
Dato il
tono vagamente divertito di quel biondino strambo e fin troppo sorridente,
Talia gonfia impercettibilmente il petto e risponde guardando altrove: “Dodici.
E mezzo.”
John
storce la bocca in un’espressione sospettosa.
Robert trattiene
a stento una risata.
“Buon
Dio, Pagey, spiegami cosa ci fa una bimba così piccola e sperduta tra le tue
grinfie, e vedi di essere convincente, perché-“
“Robert,
piantala!” tuona John una seconda volta, costringendolo ad alzarsi con una
pedata nel sedere.
Talia,
indignata, si gira verso James, che prontamente ordina: “Jonesy, portati via
questo sacco di ormoni, lascialo da Bonzo, insomma, basta che non stia qui a
terrorizzare Talia!”
“Veramente
io stavo andando a telefonare a Mo…”
“John,
ti supplico, una tregua!”
“Ok,
ok, lo porto da Bonzo…”
“Non
parlate come se non fossi qui!”
“Zitto
e cammina, tu. Prima andiamo e prima arriviamo!”
“Comunque
fai dare un’occhiata al livido, piccola, non è per niente bello a vedersi!”
Dopodiché
la saluta con la mano e lei, in automatico, ricambia, intontita.
È come
se un uragano fosse passato nel corridoio, prendendola in pieno per poi
lasciarsela alle spalle, scaraventata a terra.
È una
sensazione strana.
Ma ne
ha conosciute di peggiori.
“Ecco,
questa è la mia stanza, accomodati!”
La invita
carinamente a sedersi su una grossa e morbida poltrona in mezzo alla stanza,
vicino alla TV.
Talia sbircia
intorno a sé, trattenendo a stento la meraviglia: la suite è grandissima e
molto lussuosa, bella nonostante il letto sfatto e la poca luce che la illumina
a zone. Si aspettava più scompiglio, e invece James sembra un tipo piuttosto
ordinato, certamente più di lei!
Di colpo
un rumore molesto risuona altissimo nel locale silenzioso, e la cosa la butta
nell’imbarazzo più nero: il suo stomaco ha brontolato, spazientito.
Avrebbe
già dovuto essere a cena da almeno un’ora, ma Roland ha fatto tardi a lavoro…
Mentre lei
tenta invano di fare la gnorri, coprendo la pancia con il diario, James si
china davanti alla poltrona, sorridente e premuroso.
“Facciamo
così: prima di telefonare, dai un’occhiata al frigobar, vedi se c’è qualcosa
che ti piace e la prendi. Altrimenti ci facciamo portare la cena in camera. Va bene?”
Senza esitare
ne prende una, e quando la estrae dal ripiano vede qualcosa di piccolo cadere
ai suoi piedi, sulla moquette rossa, senza il minimo rumore.
Chiude il
frigo e si china a raccogliere quello che sembra un inutile pezzetto di
plastica triangolare; non ha idea di cosa sia, né a che cosa serva, forse
qualcosa che si è staccato dal ripiano…
“Hai
trovato qual… Oh, ma guarda dov’era…! Me li dimentico un po’ ovunque…”
La voce
di James, per quanto tranquilla, la fa sentire come una discola beccata con le
mani nel barattolo della marmellata. Subito si discolpa allungandogli l’aggeggio
minuscolo. “E’ caduto dal frigo…”
E l’altro
lo prende con una risatina, replicando: “Non so di preciso come ci sia finito,
solitamente un plettro lo uso per suonare!”
“…
Suoni?”
“Sì,
sono un chitarrista. Cos’altro hai trovato nel frigo?”
La ragazzina
indica il proprio bottino accennando un sorriso.
“Cioccolata!
Una stecca intera!”
“Ottimo!
In salotto ho anche della Coca Cola, vieni, il telefono è lì…”
Il numero
lo conosce a memoria, ovviamente.
Lo digita
piano, perché non sa bene cosa dirà a sua madre, ha paura di spaventarla o,
peggio ancora, di essere sgridata.
James le
ha lasciato un po’ di privacy ed è andato a strimpellare la chitarra dall’altra
parte della stanza; lo vede, è a meno di dieci passi da lei, ma sa bene che in
quel momento è da sola, deve essere
da sola.
Prende un
gran respiro e cerca di farsi forza mentre il telefono squilla.
È libero.
…
“Pronto?”
“…
Mamma?...”
La musica
a basso volume di James sullo sfondo, come una colonna sonora, s’interrompe. Talia
non si volta a guardarlo.
“Talia,
amore, sei tu?”
La voce
della mamma le arriva subito bella e preoccupata, le fa venire voglia di
piangere un’altra volta.
“Mamma,
ciao…” la saluta con un groppo in gola.
“Amore
mio, come mai mi chiami? È tutto a posto, Roland è con te?”
E per
pensare alla reazione di Roland davanti alla sua assenza- scappatella ce ne
vuole ancora di più.
Certo,
mai quanto gliene occorre per spiegare alla mamma che Roland è un uomo violento,
e che lei non lo sopporta più.
“Talia,
cos’è successo?”
Non la
aiuta per niente.
Oh, ma deve riuscirci…
“Sono
nella camera… di un ragazzo che mi ha aiutata…”
Sua madre,
come si aspettava, esplode all’istante.
La sua
voce passa attraverso la cornetta, squillante e prepotente, così tanto da
riuscire a farsi sentire anche nel vasto silenzio della stanza.
Talia alza
gli occhi al cielo, angosciata, e il panico le impedisce di replicare come si
deve per tentare di tranquillizzarla.