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Autore: Ciribiricoccola    19/12/2011    1 recensioni
"Tu forse sei ancora giovane per capirlo, ma... tienilo a mente: sei una viaggiatrice, hai un percorso da completare, e qualsiasi cosa succeda... è inutile fermarsi o tornare indietro. Devi continuare, andare avanti, sempre!"
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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talia
Bentornati, e scusate il ritardo! Ho girato come una trottola fino a 48 ore fa, dovevo riprendermi :)
Spero vi godiate questo terzo capitolo, più animato del secondo!
E - piccola parentesi - perdonatemi, fans dei Led, in particolare di Jimmy: ho scoperto solo oggi che la carta d'identità di Mr.Page parla chiaro... gli occhi del signorino sarebbero verdi. Non nelle foto che ho visto io, ma così è stato ufficializzato! Io ho comunque deciso di non cambiare il colore dei suoi occhi in questa storia. Perché li ho sempre visti azzurri, e che diamine!
Detto questo, buona lettura, grazie della vostra attenzione e al prossimo capitolo!

Ciry




CAPITOLO 3

Il ragazzo si volta e saluta con un cenno del capo e un distratto “Ciao, Jonesy…”
“Jimmy, cosa stai facendo?”
Talia si avvicina alla parete a piccoli passi, sperando invano di non essere notata.
James risponde serenamente: “Vado nella mia stanza…”
“Jonesy” insiste, indicando la ragazzina. “Con lei?”
Sembra vagamente contrariato, ma riesce a contenersi molto bene.
Il ragazzo sospira e replica pigramente: “Lei si chiama Talia. L’ho trovata in ascensore mentre salivo, ha bisogno del telefono…”
Con uno sguardo apprensivo, il nuovo arrivato si avvicina a Talia, rasente al muro con la schiena, dopodiché si china e le chiede guardingo: “… Cos’è quel livido? Chi te l’ha fatto?”
L’altro apre finalmente la porta ed interviene deciso: “Jonesy, non la spaventare, ok? È una lunga storia, e lei non ha molta voglia di par-“
“Oilà!!! Finalmente vi trovo!!!”

Talia spalanca gli occhi, sbigottita, e non vede più quel tale, Jonesy, che le sta davanti tutto preoccupato.
C’è un ragazzo che gironzola mezzo nudo per il corridoio, sembra quasi un leone con quella criniera dorata e voluminosa…
È molto carino, anche se non come James. O… Jimmy.

“Bonzo è al quarto piano, perché non… ooohhh, e questa chi è?”
Caotico, nonché stupito almeno quanto lei a causa dell’incontro inaspettato, il secondo tizio amico di James fissa Talia come se fosse un curioso animaletto selvatico, e subito si informa con un sorrisetto: “Jimmy, stai scherzando…?”

Lei non capisce assolutamente.
James sospira per l’ennesima volta e, cercando di mantenere la calma, decide di optare per le presentazioni.

“Talia, ti presento due miei amici, John e Robert. Jonesy, Percy, lei è Talia, una bambina molto timida che ho pescato a piangere in ascensore da sola e che, di conseguenza, ha chiaramente bisogno di aiuto. Ho deciso di lasciarle usare il telefono della mia stanza. Ci siete fin qui?”
Talia tace, sorvolando volentieri sulla verità molto sommaria appena esposta da James, e guarda di sottecchi i suoi amici; Robert ovviamente se ne accorge per primo e si china interessato su di lei.
“Ciao, sono Robert, Robert Plant” la saluta prendendole la mano, senza complimenti “Come va, Talia, tutto ok? Bel nome, Talia, mi piace!”
L’altra, stordita come non mai, arrossisce e ritrae la mano, facendola poi tornare prontamente sul diario.
Robert ridacchia, intenerito.
“Poverina, è timida davvero!”
“Percy, piantala…” lo ammonisce John.
“No, sul serio, guardala!” insiste l’altro “Sembra un pulcino spaventato! Scusami, lo so che non è da galantuomini, ma… quanti anni hai?”
Dato il tono vagamente divertito di quel biondino strambo e fin troppo sorridente, Talia gonfia impercettibilmente il petto e risponde guardando altrove: “Dodici. E mezzo.”

James tossisce, a disagio.
John storce la bocca in un’espressione sospettosa.
Robert trattiene a stento una risata.
“Buon Dio, Pagey, spiegami cosa ci fa una bimba così piccola e sperduta tra le tue grinfie, e vedi di essere convincente, perché-“
“Robert, piantala!” tuona John una seconda volta, costringendolo ad alzarsi con una pedata nel sedere.
Talia, indignata, si gira verso James, che prontamente ordina: “Jonesy, portati via questo sacco di ormoni, lascialo da Bonzo, insomma, basta che non stia qui a terrorizzare Talia!”
“Veramente io stavo andando a telefonare a Mo…”
“John, ti supplico, una tregua!”
“Ok, ok, lo porto da Bonzo…”
“Non parlate come se non fossi qui!”
“Zitto e cammina, tu. Prima andiamo e prima arriviamo!”

Talia si morde il labbro inferiore nel tentativo di non ridere: quei due tipi sono spassosi, poco importa se Robert sembra un ubriacone e John un generale fascista.

“Vieni, Talia, lasciali perdere…” è l’invito di James, che l’aspetta nella stanza; lei fa per entrare, quando le arriva la voce di Jonesy, che la avverte mentre si allontana con l’altro capellone…
“Comunque fai dare un’occhiata al livido, piccola, non è per niente bello a vedersi!”
Dopodiché la saluta con la mano e lei, in automatico, ricambia, intontita.
È come se un uragano fosse passato nel corridoio, prendendola in pieno per poi lasciarsela alle spalle, scaraventata a terra.
È una sensazione strana.
Ma ne ha conosciute di peggiori.

 

“Ecco, questa è la mia stanza, accomodati!”

La invita carinamente a sedersi su una grossa e morbida poltrona in mezzo alla stanza, vicino alla TV.
Talia sbircia intorno a sé, trattenendo a stento la meraviglia: la suite è grandissima e molto lussuosa, bella nonostante il letto sfatto e la poca luce che la illumina a zone. Si aspettava più scompiglio, e invece James sembra un tipo piuttosto ordinato, certamente più di lei!

Di colpo un rumore molesto risuona altissimo nel locale silenzioso, e la cosa la butta nell’imbarazzo più nero: il suo stomaco ha brontolato, spazientito.
Avrebbe già dovuto essere a cena da almeno un’ora, ma Roland ha fatto tardi a lavoro…
Mentre lei tenta invano di fare la gnorri, coprendo la pancia con il diario, James si china davanti alla poltrona, sorridente e premuroso.
“Facciamo così: prima di telefonare, dai un’occhiata al frigobar, vedi se c’è qualcosa che ti piace e la prendi. Altrimenti ci facciamo portare la cena in camera. Va bene?”

Stare con James è diventato rassicurante: lui è sempre pronto ad aiutarla e a risolvere i suoi problemi senza difficoltà, non fa neanche una domanda scomoda o noiosa, anche se è un adulto, anche se forse potrebbe essere suo padre.

Con un sorriso pieno di gratitudine, velata dalla vergogna, Talia annuisce e si alza dalla poltrona, lasciandosi indicare il frigobar poco lontano.

Alcolici, alcolici, un pacchetto di biscotti, alcolici, una bottiglietta d’acqua, alcolici, altri alcolici ed infine… l’insperabile: almeno quattro grosse barrette di cioccolato.
Senza esitare ne prende una, e quando la estrae dal ripiano vede qualcosa di piccolo cadere ai suoi piedi, sulla moquette rossa, senza il minimo rumore.
Chiude il frigo e si china a raccogliere quello che sembra un inutile pezzetto di plastica triangolare; non ha idea di cosa sia, né a che cosa serva, forse qualcosa che si è staccato dal ripiano…
“Hai trovato qual… Oh, ma guarda dov’era…! Me li dimentico un po’ ovunque…”
La voce di James, per quanto tranquilla, la fa sentire come una discola beccata con le mani nel barattolo della marmellata. Subito si discolpa allungandogli l’aggeggio minuscolo. “E’ caduto dal frigo…”
E l’altro lo prende con una risatina, replicando: “Non so di preciso come ci sia finito, solitamente un plettro lo uso per suonare!”
“… Suoni?”
“Sì, sono un chitarrista. Cos’altro hai trovato nel frigo?”
La ragazzina indica il proprio bottino accennando un sorriso.
“Cioccolata! Una stecca intera!”
“Ottimo! In salotto ho anche della Coca Cola, vieni, il telefono è lì…”

 

Il numero lo conosce a memoria, ovviamente.
Lo digita piano, perché non sa bene cosa dirà a sua madre, ha paura di spaventarla o, peggio ancora, di essere sgridata.
James le ha lasciato un po’ di privacy ed è andato a strimpellare la chitarra dall’altra parte della stanza; lo vede, è a meno di dieci passi da lei, ma sa bene che in quel momento è da sola, deve essere da sola.
Prende un gran respiro e cerca di farsi forza mentre il telefono squilla.
È libero.

“Pronto?”
“… Mamma?...”

La musica a basso volume di James sullo sfondo, come una colonna sonora, s’interrompe. Talia non si volta a guardarlo.

“Talia, amore, sei tu?”
La voce della mamma le arriva subito bella e preoccupata, le fa venire voglia di piangere un’altra volta.
“Mamma, ciao…” la saluta con un groppo in gola.
“Amore mio, come mai mi chiami? È tutto a posto, Roland è con te?”

No, Roland non è con lei, ma per dirlo ci vuole coraggio.
E per pensare alla reazione di Roland davanti alla sua assenza- scappatella ce ne vuole ancora di più.
Certo, mai quanto gliene occorre per spiegare alla mamma che Roland è un uomo violento, e che lei non lo sopporta più.

“Sono in albergo…” esordisce timidamente “Non so dov’è Roland…”
“Talia, cos’è successo?”

La domanda giunge diretta e molto ansiosa.
Non la aiuta per niente.
Oh, ma deve riuscirci…

Sente alcuni passi sulla moquette, forse James se n’è andato dal salotto…

“Mamma, sto usando il telefono da un’altra stanza…”

E una cosa la dice.
Mamma, com’è logico, trasale ed esclama: “Talia! Dove sei?!”

“Sono nella camera… di un ragazzo che mi ha aiutata…”

Non avrebbe voluto dirlo così, le è scappato, non ci ha riflettuto abbastanza sopra.
Sua madre, come si aspettava, esplode all’istante.

“Ma cosa stai dicendo?! Talia, di cosa stai parlando, passami subito Roland, non so dove sei, ma torna subito in camera, immediatamente!!!”

La sua voce passa attraverso la cornetta, squillante e prepotente, così tanto da riuscire a farsi sentire anche nel vasto silenzio della stanza.
Talia alza gli occhi al cielo, angosciata, e il panico le impedisce di replicare come si deve per tentare di tranquillizzarla.

È allora che sente una mano sulla spalla destra.

   
 
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