Gran Ballo
“Pensa sia stata una buona idea la
repentina assunzione di più goblins alla Gringott, Cygnus?”
Due uomini stavano conversando amabilmente
in un angolo della grande Sala della villa di campagna dei Black, mentre delle
coppie danzavano seguendo il ritmo allegro intonato dalla piccola orchestra che
suonava in un angolo.
La stanza era immersa nel bagliore dorato
delle candele, e nell’aria si spandeva l’odore dei profumi delle signore e dei
cibi esposti sul tavolo da buffet.
Vi erano molte persone – molte avevano
occupato il centro della sala mentre ballavano, mentre altre si erano tenute
sedute sui vari canapè posti ai bordi poco illuminati della Sala, parlando del
più e del meno.
Vari elfi domestici scorrazzavano tra le
ginocchia dei presenti portando tra le mani ossute dei vassoi carichi di
bicchieri di vino e pasticcini.
“Francamente non ne vedo il motivo,”
rispose Cygnus, un uomo alto, affascinante, con il viso allungato, pallido,
capelli neri ed un pizzetto ben curato. “So solo che sono più…esseri…che
vanno pagati, e i loro guadagni sono sottratti alle nostre cassaforti.”
L’altro uomo, biondo ed elegante, sorrise.
“Capisco. Sto iniziando a pensare che
trasferire i nostri averi in una delle altri sedi Gringott europee sarebbe un
buon affare…conosce la Lyngôt di Parigi? Rodolphus, vostro genero, ha già
trasferito i suoi galeoni lì!”
“Spero di non offendere i tuoi antenati, ma
non mi fido dei francesi, Abraxas…” rispose Cygnus, sorridendo. “Preferirei
mille volte trasferire i miei soldi in una di quelle ottime banche in
Transilvania…”
“Sarebbero lontani però,” osservò Abraxas,
vuotando il bicchiere di ottimo vino che teneva in mano, con un sorriso
soddisfatto. “Preferirei tenerli vicini i miei soldi.”
“Dei francesi non mi fido – il mio bisnonno,
Dimitri, era di quelle parti, è naturale che mi fidi più di loro,” ribattè
Cygnus.
Abraxas scosse le spalle, con un sorriso
rassegnato.
“Ma non parliamo solo d’affari, Abraxas.
Questa bella festa l’ho tenuta in tuo onore, e di quel tuo interessante figliolo,
dopotutto. Inoltre, dov’è la deliziosa signora Malfoy?”
“Probabilmente starà parlando con tua
moglie, Cygnus,” osservò tranquillamente Abraxas.
Cygnus si guardò intorno, tra la gente
elegantissima nelle loro superbe vesti, tutti avvolti in quella soffusa luce
gialla delle candele, che faceva risaltare i colori della tavola.
“Ah, ecco che viene tuo figlio,” disse
Cygnus, guardando un giovane uomo che si avvicinava loro, un bicchiere di
champagne nella mano.
Aveva i capelli biondi come il padre raccolti
dietro il viso da un nastro. Gli occhi erano chiari e, nonostante non fosse
particolarmente bello, era sicuramente attraente.
Era vestito di velluto verde scuro, di
taglio à la mode, come si usava nei migliori salotti magici.
“Buonasera, signor Black,” salutò
cortesemente Lucius Malfoy, stringendo la mano a Cygnus. “Complimenti per il
ricevimento. Magnifico.”
Abraxas sorrise davanti alla cordialità del
figlio.
“Questo ragazzo ha un certo savoir faire,
eh, Abraxas?” disse Cygnus, sorridendo largamente al giovane, che sorrideva a
sua volta compiaciuto. “Tu sì che sarai un bravo affarista, Lucius. Dimmi,
quanti anni hai?”
“Ne ho compiuti diciotto in Giugno,
signore.”
Abraxas pensò di aver sentito Cygnus
sussurrare ‘solo un paio d’anni più di Cissa’, ma non disse nulla.
Il commento di Cygnus era stato
impercettibile, e Lucius non aveva dato segni di averlo sentito.
Abraxas sapeva bene che ormai quel ramo dei
Black meno fortunato era decisamente sulla via della decadenza.
Con Bellatrix, la maggiore delle tre
sorelle, che aveva sposato l’affascinante ma non ricco Rodolphus Lestrange,
rampollo di una famiglia purosangue ormai decaduta da tempo, e Andromeda
scappata con uno sporco Babbano, un matrimonio con l’unico erede della grande
fortuna Malfoy sarebbe stato più che gradito al vecchio Cygnus Black.
Patetico,
pensò, ma continuò a sorridere annoiato.
“Allora, ragazzo, hai terminato i sette
anni ad Hogwarts?”
“Sì, signore.”
“Chiamami pure Cygnus. Ormai sei
maggiorenne,” disse Cygnus, facendo un gesto con la mano davanti al viso, come
se stesse scacciando una mosca molesta. “Ma dimmi, quale carriera intendi
perseguire?”
“Penso di ottenere un incarico al Ministero
– ho ottimi contatti,” rispose Lucius, con un ghigno.
“Ambizioso, vedo,” osservò Cygnus, dando
una pacca sulla spalla al ragazzo e contemporaneamente stirandosi con l’altra
mano il panciotto bordeaux. “Ti stai divertendo?”
“Molto, Cygnus,” poi fece una pausa. “Ho
appena incontrato le vostre figlie Bellatrix e Narcissa, e sono entrambe delle
signorine molto interessanti, se posso permettermi.”
Quella era una menzogna, perché Lucius non
aveva ancora incrociato le due sorelle Black.
Ma tutti sanno che il giusto modo per far
breccia in un uomo è lodare le sue figlie.
Nei giusti limiti, naturalmente.
“Così si fa, ragazzo!” osservò entusiasta
Cygnus – confermando indirettamente i pensieri di Abraxas-, “immagina, che
conobbi Druella proprio ad un ballo come questo. Faticai prima di convincere il
signor Rosier di essere un buon candidato per la mano di sua figlia, ma…”
Qui Cygnus si lanciò in un appassionante
racconto sulle difficoltà di trovar moglie purosangue negli ultimi tempo,
dilungandosi nel parlare a proprosito di quella piaga che era il “matrimonio
misto” (omettendo il fatto che sua figlia Andromeda era proprio una di quei
“vermi senza orgoglio”) e di tutti i mali che affliggevano la società magica di
quei tempi, borbottando cose sconnesse come ‘Babbani infiltrati’ e ‘sporchi
traditori.
Era tanto preso da quel suo interminabile
lamento che non si accorse nemmeno che uno degli elfi aveva fatto
involontariamente cadere qualche goccia di sidro sui suoi pantaloni nuovissimi.
Lucius e Abraxas ascoltarono di buona
grazia, annuendo occasionalmente e scambiandosi ogni tanto degli sguardi complici.
La festa andava avanti, mentre l’orchestra
attaccava con un valtzer dopo una vivace polka, e i molti invitati si
rifocillavano al tavolo del buffet.
“…non credi, Lucius?”
“Certo, Cygnus, naturalmente,” confermò
Lucius poco interessato, sistemandosi i capelli. “Se mi permette, però, devo
andare via, adesso. Sento che mia madre mi chiama.”
“Certo, vai Lucius, e di a Violetta che il
suo abito è uno splendore,” disse Cygnus con tono vivace.
Quindi, girandosi verso Abraxas riprese,
“Allora, che te ne pare di quel poveraccio di Ignatius Prewett? Quella famiglia
è veramente affondata, e con il matrimonio di Mary a quel…”
Lucius si allontanò in fretta dai due
uomini, facendosi strada tra gli invitati.
Salutò i Bulstrode, che parlottavano tra di
loro e rivolgevano grandi sorrisi a tutti, e alzò la flûte verso i Crouch, che
sembravano piuttosto nervosi e guardinghi.
Si sedette su uno dei comodi divanetti
posti all’angolo della sala e finì di sorseggiare il suo champagne.
Il Gran Ballo era stato organizzato
quell’anno proprio dai Black – ricordava benissimo la festa di tre anni prima,
che era stata, a suo dire, molto migliore.
Sbuffò, e iniziò a tamburellare le dita sui
braccioli di legno.
La sua serata non era stata molto
movimentata.
Aveva provato a defilarsi dal fulcro delle
attività ma era stato comunque uncinato da sua madre, che l’aveva portato a
fare la conoscenza del signore e della signora Parkinson, di loro figlio e
della loro nuora, una donna dai capelli e gli occhi scuri piuttosto attraente,
con un piacevole buon senso riguardo a molte delle questioni su cui Cygnus
Black si tormentava, che si era rivelata anche una grande amante dei fiori.
Vide Bellatrix Black che danzava assieme al
marito, Rodolphus Lestrange – i due erano convolati a nozze l’anno prima in
Dicembre nel più assoluto segreto.
Che quello fosse un matrimonio anomalo lo
si era percepito fin da quando, un giorno, di punto in bianco, Bellatrix si era
presentata a casa dei genitori con il fidanzato annunciando che si sarebbero
sposati entro il mese.
Notò che sua madre, Violetta, ballava con
il giovane Regulus Black, secondo figlio di dieci anni di Walburga e Orion
Black, vide Dorea e Charlus Potter che piroettavano graziosamente al centro
della Sala, mentre loro figlio, quel suo cugino di terzo grado da parte di
padre, James, li guardava, seduto con Sirius Black davanti al tavolo del
buffet, due identiche smorfie di noia dipinte sui loro volti.
Una risata lo fece girare e vide che
Walburga e Orion Black volteggiavano anche loro seguendo il ritmo elegante
della musica.
Walburga indossava un elegante veste verde,
e, mentre sorrideva al marito, Lucius dovette ammettere che, nonostante l’età,
era ancora una bella donna, con i capelli mossi e corvini e gli occhi grigi.
C’era poi un’altra moltitudine di persone
nella Sala, ma qualcosa lo lasciava stupito.
Non riusciva a vedere Narcissa Black.
Solitamente, la giovane Black era la più
vivace delle tre sorelle quando veniva a sfoggiare i suoi abiti di sartoria
Italiana o le nuove acconciatura dalla Francia.
I due, nonostante fossero nella stessa Casa
ad Hogwarts e si fossero incrociati più volte ai vari Gran Balli dati i legami
di parentela, non erano mai stati vicini.
I quasi due anni di differenza d’età tra di
loro avevano evitato che avessero amicizie comuni, e adesso che lui, Lucius
Malfoy, iniziava quella che si prospettava una brillante carriera al Ministero
con qualche mansione speciale, lei doveva iniziare il suo sesto anno
alla Scuola di Magia e Stregoneria.
Adesso che Narcissa era diventata una
donna, però, Lucius doveva riconoscere che era diventata piuttosto attraente.
Del padre Cygnus aveva preso il volto
allungato e gli zigomi ben definiti, della madre Druella i capelli biondi, la
carnagione chiara e gli occhi azzurri.
Non era una bellezza, forse, ma quel
non-so-che di chi è nato in una famiglia alto-locata aveva attirato più di uno
sguardo da parte dei suoi compagni di Casa.
Ma, stranamente, quella sera non era stata
molto presente.
Ed era strano, perché ormai erano le due
passate nel mattino, e la festa era ancora tutto un valtzer e dei pasticcini.
Nonostante il fatto che avrebbe volentieri
trascorso la serata seduto su quel canapè, era d’obbligo che ballasse almeno
una volta con qualcuna delle invitate, così si alzò e posò distrattamente la
flute di champagne su uno dei vassoi che gli elfi domestici portavano tra le
gambe a mo’ di camerieri, non curandosi del fatto che il peso aggiuntivo fece
scivolare il vassoio dalle mani ossute dell’elfo, facendo infrangere i bicchieri
per terra.
Si sistemò gli abiti e si diresse verso la
quindicenne Cecilia Burke, figlia di un cugino di Caractacus Burke stesso, il
proprietario di quell’interessante negozio in uno dei vicoli malfamati di
Diagon Alley.
Cecilia Burke era decisamente una bella
ragazza.
I suoi capelli erano neri, come neri erano
i suoi occhi, e scura era la carnagione del suo viso: aveva un qualcosa di
esotico, molto inusuale in quella famiglia dalla carnagione pallida e occhi
chiari, che ricordava più una Spagnola che la figlia di un Burke e di una
Irlandese.
Lei era seduta compostamente su un canapè,
mangiando una delle tartine al salmone che uno degli elfi domestici le aveva
appena portato.
Si schiarì la voce, facendola voltare.
“Mi chiedevo, Cecilia, se avresti piacere a
concedermi questo ballo.”
“Troppo formale, Lucius,” disse lei, con un
sorriso annoiato. “Ma la risposta è sì.”
Si alzò con grazia, e lui la condusse verso
il centro della Sala.
Fu
così che passarono i successivi minuti, volteggiando al ritmo del valtzer,
mentre i ballerini attorno a loro diventavano sempre più numerosi.
Cambiò
più volte partner di danze – dopo Cecilia venne Bertha Hopkins, e dopo Bertha,
Lydia Nott e dopo ancora Bellatrix Lestrange.
Fortunatamente,
era un buon ballerino, grazie alle frequenti lezioni impartitegli da sua madre.
Violetta
Malfoy riteneva che uno dei requisiti più importanti per i giovani dell’alta
società era saper ballare, dato che questa qualità tendeva a far innamorare le
signore.
Che
fosse vero o no, il giovane Malfoy non lo sapeva, e, in tutta franchezza, non
voleva nemmeno saperlo.
Lucius,
in realtà, non aveva molto interesse nel ‘far innamorare le signore’.
Nonostante
le pressioni che gli arrivavano dalla madre sul ‘trovare una moglie
purosangue’, il giovane Malfoy non aveva molto a cuore la faccenda del
matrimonio.
Quando
fosse arrivato il momento di prender moglie sarebbe arrivato, e ancora, per
Lucius, non era tempo.
A
Hogwarts non si era mai dedicato troppo a delle relazioni – aveva avuto solo
una ragazza, rampolla di una dinastia di proprietari di erboristerie a Diagon
Alley, al quinto anno, ma non era durata.
Quando
anche quel ballo fu finito, lasciò che Lestrange riprendesse tra le braccia la
moglie e si districò verso il tavolo del buffet, lasciando gli altri ad
improvvisare una quadriglia.
Poteva
vedere suo padre che sorrideva davanti a chissà quale altro nonsense del
signor Black, e le varie coppie di ballerini che si divertivano mentre
l’orchestra, che adesso aveva lasciato che gli strumenti si suonassero da soli,
intonava quello che sembrava terribilmente simile ad una ballata di campagna.
Con
la coda dell’occhio notò che James Potter e Sirius Black sgattaiolavano fuori
dalla Sala, sfoggiando due sorrisi malandrini da orecchio a orecchio.
Piccoli
idioti.
Aveva
preso una tartina, quando incrociò lo sguardo di Narcissa Black.
Indossava
un elegante abito di satin blu, i capelli intrecciati con dei nastri blu erano
stati raccolti sulla nuca in uno chignon e un paio di ciocche erano state
lasciate libere di penzolare ai lati del viso ad arte.
Aveva
in mano quella che sembrava una rosa sotto ghiaccio di zucchero a cui mancava
vistosamente un petalo, e sembrava stesse cercando qualcos’altro in un grosso
vassoio carico di piccoli bocconcini colorati.
Lei
sorrise leggermente, e lui ricambiò.
“Idromele,
Narcissa?”
“Sì,
grazie.”
Con
la bacchetta, fece pervenire la bottiglia, e, con un colpetto sul tappo, fece
sì che versasse con cura il suo contenuto ambrato nel bicchiere di lei.
Fece
lo stesso per il suo bicchiere, e poi lo sollevò leggermente in direzione di
lei, per un brindisi silenzioso.
I
due bevvero un sorso del liquore.
Lei
posò il bicchiere sul tavolo e lo guardò.
“Lucius
Malfoy, vero?” chiese con tono neutro.
“Esatto.
Vostro cugino di secondo grado da parte di madre.”
Lei
sorrise per un momento e bevve un sorso d’idromele.
“Vi
state divertendo?” chiese all’improvviso, posando il bicchiere.
“Certo,
Narcissa,” disse, con tono raffinato. “I Black danno il meglio di loro stessi
nelle feste.”
“Grazie,”
rispose lei con un sorriso. “Anche la festa di tre anni fa è stata molto
interessante, al vostro maniero.”
I
due finirono di bere i loro bicchieri d’idromele.
“Io,
però,” riprese Narcissa, “sono piuttosto stanca. Domani torno ad Hogwarts e
sapete com’è – vorrei dormire almeno qualche ora…ma penso di doverci
rinunciare. Ormai sono le due, e la festa non accenna a finire.”
“Iniziate
il sesto anno, vero?”
“Proprio
così. Lei ha già terminato, mi hanno detto.”
“Sì.”
“E
cosa intende fare, adesso?”
“Al
Ministero mi è stato riservato un posto,” spiegò Lucius. “Anche se non avrei
bisogno di lavorare per mantenermi. Come lei sa, la nostra fortuna è molto
sostanziosa.”
“Oh,
lo so, tutti lo sanno,” disse lei, sistemandosi involontariamente i capelli.
“E
lei invece cosa vorrebbe intraprendere dopo Hogwarts?” chiese lui, sinceramente
incuriosito.
“Immagino
di non avere molta scelta,” sussurrò. “Papà pensa che le donne debbano
diventare buone mogli e buone madri, per continuare le stirpi. Inoltre, non ho
molte aspirazioni. Non ho intenzione di lavorare. Nessuna donna della mia
famiglia l’ha mai fatto. Se mio padre non dovesse trovarmi un marito prima del
mio diciannovesimo compleanno probabilmente rimarrò a casa finchè non si
presenterà una buona occasione.”
“Lei
troverà sicuramente marito, Narcissa,” disse lui con tono confidente. “Una
giovane donna bella quanto lei non passa certo inosservata.”
“Oh,
non sia formale,” esclamò lei. “Alla fin fine ho solo sedici anni.”
“D’accordo.”
Lei
annuì.
“Vuol
venire a sedersi con me, Narcissa?” chiese Lucius, indicando un divanetto
vuoto. “I miei piedi bruciano.”
“Anche
i miei,” disse la ragazza. “Mia madre ha insistito perché mi mettessi queste
scarpe. Sono terribilmente scomode. E questo è dire qualcosa, perché sono
passate otto ore da quando le ho messe e ancora sono rigide.”
Lucius
rise.
I
due si accomodarono sul divanetto, mentre i musicisti dell’orchestra (che, in
tutta franchezza, adesso sembravano leggermente brilli) riprendevano in mano i
loro strumenti e strimpellavano qualche nota.
“Vostra
sorella Bellatrix è radiosa,” osservò Lucius. “Di cosa si sta occupando in
questo momento?”
“Niente
di particolare,” disse. Poi fece una pausa, “Almeno, niente che ci abbia detto.
Lei e suo marito si sono trasferiti nell’est, e i contatti si sono diradati.
Spesso sono assenti. Mi chiedo dove vadano così frequentemente. E Bellatrix ci
ossessiona con quelle storie su Babbani.”
“Rodolphus
è più che capace di prendersi cura di lei, glielo assicuro,” affermò Lucius con
tono leggero. “Non dovrebbe preoccuparsi troppo a quest’età, Narcissa. Dicono
rovini la pelle.”
Lei
rise – una risata squillante, stridula, che non sembrava accordarsi bene a quei
suoi modi posati.
Lucius
scoprì di non esserne infastidito.
“A
quest’ora la mia pelle dovrebbe essere orribile, con quello che è successo ad
Ad…” s’interruppe, ma Lucius sapeva a cosa si riferiva.
“Quella
è stata una sua scelta,” disse piano lui. Quello era stato uno scandalo enorme
per la famiglia, e più di uno aveva riso (nervosamente, a dire il vero) di
quella indegna faccenda. “Se ha scelto di essere una traditrice del sangue,
una…”
“Lei
non è una traditrice del sangue,” sbottò Narcissa. “Lei si è innamorata. E…”
evidentemente si era accorta di essere suonata infantile, perché abbassò il
viso, un leggero rossore sulle guancie.
“Non
devi vergognartene,” sussurrò Lucius, non avvicinandosi, e non rendendosi conto
di averle dato del ‘tu’..
“Io
non mi vergogno di Ada.”
“Capisco,”
mormorò Lucius. “Dopotutto è tua sor…”
“Giusto,
è mia sorella,” disse lei piano. “E io non sono come Bellatrix. Lei è…”
Non
finì la frase e lo guardò.
“Mi
dispiace.”
Lucius,
francamente, non aveva cambiato le sue posizioni su Andromeda Black.
Quella
lurida sgualdrinella era fuggita con uno sporco Mezzosangue, aveva rinnegato
centinaia di anni di purezza della sua famiglia e per giunta aveva osato dare
delle ‘ottuse scimmie’ alle ultime famiglie purosangue di Gran Bretagna.
E,
come se tutto ciò non bastasse, adesso era incinta del Mezzosangue.
I
Malfoy si erano chiesti come avessero fatto Cygnus e Druella Black e sopportare
l’onta e il disonore.
Bellatrix,
la maggiore, si era giustamente sbrigata a tagliare i rapporti con la famiglia,
sposandosi con Lestrange – Narcissa…Narcissa, anche per l’età, era rimasta in
casa, e adesso stava addirittura difendendo la sorella!
Ma
Lucius sapeva che, fortunatamente, qualcuno si stava già mobilitando contro
Babbani, Mezzosangue e traditori del sangue – e i recenti avvenimenti,
classificati come ‘tragiche coincidenze’ ne erano la prova…
“Ho
sentito che voi Malfoy avete stretto altri affari in Francia, in questo
periodo,” disse Narcissa, con un tono che faceva intendere chiaramente la sua
voglia di non discutere oltre su quei penosi argomenti. “Di che si tratta, se
non sono indiscreta?”
I
nuovi affari Malfoy evidentemente non erano stato un segreto come si sperava.
“Niente
affatto, Narcissa,” l’assicurò Lucius. “In realtà non è stata grande cosa.
Abbiamo comprato una villa vicino Bordeaux che era appartenuta al padre del mio
trisnonno. L’abbiamo fatto più che altro per acquietare i nostri parenti
francesi. Adesso abbiamo degli interessi tangibili in comune.”
“Noi
non abbiamo parenti francesi,” disse Narcissa sovrappensiero. “I Black sono
prettamente britannici, i Rosier…una mia prozia ha sposato un olandese, ma non
abbiamo contatti sul continente.”
“Capisco,”
disse Lucius. “Mi sorprende sapere che molte famiglie inglesi non hanno parenti
sul continente. I Potter, però, mi sembra abbiano qualche cugino belga, o
danese, non ricordo.”
“I
Potter?”
“Sì,
proprio loro,” disse Lucius con un ghigno. “Il signor Potter, a mio dire, è
sulla linea di confine tra l’essere un purosangue e un traditore del sangue.
Inoltre – come sa, sono Grifondoro da sempre,” continuò, e assunse un tono
pensieroso. “Evidentemente le famiglie purosangue non sono tutte di Serpeverde.
Nonostante questo…sono ancora una famiglia rispettabile, suppongo.”
Narcissa
annuì.
“Mio
cugino Sirius è diventato il migliore amico del ragazzo Potter.”
“Ho
visto,” mormorò Lucius. “Come sta tua zia Walburga, a proposito?”
“Bene.
Purtroppo Sirius è un ragazzino troppo scatenato, e Regulus, poverino, ne
soffre.”
Lucius
annuì assente.
Narcissa
disse qualcosa che Lucius non riuscì a cogliere, e lei scoppiò a ridere di
nuovo, di nuovo sfoggiando quella risata acuta, stridula, così diversa dalla
sua voce raffinata e delicata.
Era
piuttosto piacevole, pensò Lucius.
Si
girò a guardarla, e lei stava ordinando ad un elfo domestico di portarle del
buon vino.
Sembrava
piuttosto a suo agio, notò.
“Non
sarà troppo forte per lei, Narcissa?” chiese, sorridendo leggermente.
“Al
mio primo anno ho bevuto un po’ di quel whisky strano, Sputafuoco, o
Incendiario, sa, molto forte,” disse Narcissa piano. “Ma non lo dica ai miei
genitori!”
“Non
si preoccupi,” disse subito Lucius. “Sa, potrebbe darmi del tu. Ho
l’impressione che siamo stati troppo formali.”
Lei
lo guardò stranita.
Lucius
notò che era molto carina sotto la luce
gialla e soffusa della Sala.
“Immagino
di sì,” disse lentamente lei. “Ma i miei genitori mi hanno insegnato ad essere
formale con gli uomini più grandi di me.”
“E i
miei genitori mi hanno insegnato ad essere formali con le signore.”
Lei
gli sorrise.
Era
strano come i sorrisi di Narcissa non fossero mai dei sorrisi aperti.
Erano sempre come chiusi, costretti. Ma, riflettè Lucius, probabilmente anche
lui non poteva vantare sorrisi a trentadue denti.
“Allora,
Lucius, gradiresti un po’ di questo ottimo vino?” chiese lei, con fare da
matrona, indicando la bottiglia di vino che sembrava galleggiare verso di loro,
portata su un vassoio da un minuscolo elfo.
“Con
piacere, Narcissa,” rispose lui.
Lei
lo imitò in quel facile gioco di magia che era far versare il contenuto di una
bottiglia in un bicchiere e gli offrì il brindisi.
Il
vino era delizioso, e non riuscì a rinunciare ad un secondo bicchiere – gli
elfi erano rinomati per questo – e, sotto l’effetto dell’alcool sentì
rilassarsi.
All’improvviso,
quella festa era decisamente più allegra.
E
Narcissa, nonostante la carnagione pallida e i capelli troppo chiari, era
diventata bellissima – c’era qualcosa in lei, che non riusciva a descrivere.
“Così,
Lucius, quando dobbiamo aspettarci un altro ricevimento in casa Malfoy?” chiese
Narcissa, il cui sguardo, invece, sembrava aver assunto maggiore acume. “Non
vedo l’ora di essere di nuovo ospite d’onore.”
“Non
dovrai aspettare molto, Narcissa,” disse Lucius, a bassa voce. “Immagino che
per Pasqua ve ne sarà uno. Mi aspetto che tu torni da Hogwarts, quindi.”
“Ma
certo,” disse lei. “Lo studio non è mai stato un problema. Non so se lo sai, ma
ad Hogwarts sono una delle migliori. Un Prefetto. Non che sia un’ossessionata,
badi bene. Lo studio avanzato serve solo a coloro che poi dovranno farne un
uso. Non è il mio caso.”
“Ne
sono certo,” disse Lucius piano.
Poi
si rivolse verso di lei e le tese la mano. “Mi piacerebbe che tu ballassi con
me, Narcissa.”
Lei
sorrise – un bel sorriso che metteva in mostra i suoi perfettamente bianchi
denti – e si levò dalla sedia in modo forse meno grazioso di Cecilia Burke.
Non
che importasse.
La
piccola orchestra stava suonando una bassadanza particolarmente bella, e molti
si erano uniti a loro nell’occupare la maggior parte della Sala, ballando,
facendo ruotare le vesti colorate delle signore e i mantelli scuri degli
uomini.
Narcissa
si rivelò una brava ballerina.
Seguiva
bene i passi, stava alla distanza giusta e non pretendeva di guardare negli
occhi chi l’accompagnava.
Forse,
notò Lucius, era troppo languida.
Non
in modo sbagliato – era semplicemente troppo docile nei passi, e questo la
faceva apparire più una bambola di pezza che una donna.
Narcissa,
in fondo, era una bambola di pezza, riflette l’uomo.
Era
immersa in questo suo mondo ovattato – questo suo mondo molto comodo, fatto di
lente giornate scolastiche e balli estivi, e, nonostante la pecca rappresentata
dal tradimento di sua sorella, era una perfetta vita tranquilla da minore delle
tre figlie di uno dei rampolli di una delle dinastie purosangue più antiche di
Gran Bretagna.
Ma
era giusto così, perché, in fondo, da lei non ci si poteva aspettare molto di
più.
Molti
occhi li seguirono mentre ballavano, e Lucius sapeva che non era per le loro
abilità ballerine, ma per il fatto che lei era l’ultima delle signorine Black,
che presto sarebbe andata in sposa a uno dei pochi figli di purosangue rimasti.
“Sai,
Lucius, balli piuttosto bene,” disse lei a bassa voce.
“Grazie,”
rispose lui. “Questo farebbe felice mia madre.”
Lei
rise, e la risata era però più tranquilla, piacevole da ascoltare, e Lucius
sentì un caldo sentimento di serenità nel sentirla ridere.
Lei
piroettò agilmente e i due continuarono a volteggiare per la Sala, facendo ben
attenzione a non scontrarsi con gli altri ballerini.
A/N –Allora, spero vi sia piaciuta. Ero un po’ nervosa nello
scrivere su questi due personaggi sicuramente non molto gradevoli in modo
gradevole. L’ho scritta sia per questo mio nascosto apprezzamento dei
Malfoy (che finalmente hanno acquistato la terza dimensione nell’ultimo libro)
sia perché ero stanca morta di quelle fic in cui Lucius è un emerito cafone
albino. Viva il
C.R.C.!