Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: francy13R    19/12/2011    1 recensioni
La vita, chissà come, ti sorprende sempre quando meno te l'aspetti. Pensi che non ci sia via di scampo, pensi di rimanere quella emarginata per sempre e un giorno succede l'impensabile. Sei lì, sei importante per qualcuno, anzi essenziale e ti senti nuova. Lavinia è così e non sa cosa aspettarsi dalla vita e dalle persone che la circondano, ma sa che il suo posto non è dove è nata, sa di valere più di coloro che non la capiscono, di coloro che la ostacolano e ne ha la certezza in questo viaggio. Una giovane donna che cerca di scoprire se stessa, che sogna e spera sempre, perchè la speranza è l'ultima a morire.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

9.What about now?
 

What about now? 
What about today? 
What if you're making me all that I was meant to be? 
What if our love never went away? 
What if it's lost behind words we could never find? 
Baby, before it's too late, 
What about now?

Westlife









-In che senso hai baciato di nuovo James?-, chiesi con gli occhi fuori dalle orbite. Erano esattamente le sei e ventuno minuti quando Alice mi svegliò con la scusa che non riusciva a dormire. Così iniziò a raccontarmi quello che era successo la sera prima raggomitolandosi tra le mie coperte.

-Te l'ho detto, l'ho baciato!-. Fece una pausa guardando il soffitto, sapevo che il fiotto di parole sarebbe giunto a momenti, quindi mi preparai.

-James è venuto a controllare se andasse tutto bene quando te ne sei andata.Grazie al cielo non si è accorto della tua mancanza! Poi mi ha fatto cenno di uscire e dovevi vedermi, ero pietrificata, sapevo che sarebbe arrivato il momento della ramanzina, solo speravo che per questo week-end mi avrebbe graziata, ma ovviamente le botte di culo non capitano a me. Sono uscita e lui ha iniziato a chiedermi perchè l'avessi baciato e tutte le menate varie-. La bloccai.

-Del tipo? Non saltare le parti fondamentali-, dissi agitata. Sapevo com'era fatta Alice, era una ribelle anticonformista e se qualcuno le diceva di non fare una cosa lei la faceva semplicemente per ripicca. Sbuffò e iniziò a torturarsi le unghie.

-Ecco, ha detto che io sono troppo piccola per lui e che anche volendo non avrebbe potuto...Ed è per questa frase che ho iniziato a tartassarlo di domande, insomma poteva dirmi semplicemente che non siamo fatti l'uno per l'altra, ma così vuol dire che prova qualcosa per me. E quando gli ho chiesto cosa significasse l' “anche volendo” è diventato rosso come un peperone e ha guardato dall'altra parte e allora ho capito che io gli piaccio in fondo, ma non può darlo a vedere. Mi capisci quando ti dico che gli piaccio? Ma ci credi? Ecco perchè alla fine di tutto l'ho baciato. Ma non ti ho ancora raccontato la parte migliore. Ad un certo punto gli ho detto se c'entrasse Sharon con tutta questa storia e lui mi ha guardato come se fosse caduto dalle nuvole e mi ha rivelato la sconvolgente verità: lei è sua cugina!-.

-Cosa? Stai scherzando? Sai che mi hai fatto odiare quella ragazza? Per non parlare delle cinque ore di pullman a sopportare le tue crisi isteriche. Adesso ho capito da chi ha preso!-, dissi. In effetti i pezzi del puzzle combaciavano.

-Non ti capisco!-, mormorò Alice.

-Fisicamente! Intendo fisicamente, sono entrambi due mostri-, risposi ridendo, ma quando la mia stupida amica mi tirò una gomitata nello stomaco per poco non rischiai di urlare e svegliare mezzo ostello.

-Sei proprio una bastarda! Sai che ti dico? Che anche Manuèl è orribile, con quei capelli alla Justin Bieber e... Bè ti sei scelta proprio un mostro-. Non riuscii a trattenere le risate tanto che gli occhi iniziarono a lacrimare.

-Justin Bieber? Mica erano alla Robert Pattinson?-, chiesi tra un singhiozzo e l'altro. -Cosa ti sei fumata prima di venire a svegliarmi?-.

-Stai zitta! Mi dovevo sfogare con qualcuno, solo che adesso è troppo tardi per battere in ritirata e confidarmi con il muro. Comunque ritornando al discorso di prima-. Notando che non riuscivo a smettere mi tirò una sberla in testa.

-La vuoi piantare di ridere?-. Mi detti un contegno.

-Mi ha anche detto che ero bellissima al pub e che avrebbe voluto sedersi al nostro tavolo solo che non voleva lasciare sola Sharon, che ragazzo d'oro! E dopo che mi ha augurato la buona notte non sapeva che fare, era ultra impacciato, allora l'ho baciato, ma baciato come si deve-.

-Okay, puoi anche evitare questi dettagli!-. Ragazzo d'oro o no aveva fatto prendere una bella cotta alla mia migliore amica. Ci mancava anche questo!

-Sai credo davvero che mi piaccia James...è perfetto per me!-.

-Chissà perchè le persone più giuste per noi le incontriamo in queste stupide vacanze studio. Lo sai vero? Che come io non rivedrò Manuèl tu non rivedrai James?-, dissi cercando di evidenziare quella crudele realtà. Al solo pensiero di non rivedere mai più quegli occhi di un intenso color nocciola mescolato al verde dei campi scozzesi il mio stomaco sussultò. Mi presi la testa tra le mani cercando di ricacciare la sensazione di perdita che mi stava affliggendo. Alice l'avrebbe superato, lei era molto più forte di me. Io invece ero solo un'illusa. Non potevo pretendere di non amare e di non soffrire, perchè l'amore, oltre a essere qualcosa di meraviglioso, era per prima cosa sofferenza. “Ma tu sei senza cuore Lavy, non puoi amare! Fatti forza”.

Quanto era vero quel pensiero che si articolò nei meandri della mia mente e si impossessò di me?

-Lo so, ma la vita è troppo breve per stare a riflettere, bisogna agire ed è quello che stiamo facendo entrambe-, commentò Alice guardando il muro bianco davanti a se.

Quelle parole mi ispirarono.

-Facciamo una pazzia?-, chiesi improvvisamente eccitata. Mi alzai dal letto in un lampo, presi il primo paio di jeans che trovai e mi cambiai sotto lo sguardo confuso della mia migliore amica.

-Che fai?-.

-Usciamo-, risposi indossando una maglietta marrone a maniche corte e un maglione più chiaro.

-Cosa?-, chiese stupita.

-Guarda che non sei l'unica a cui vengono idee geniali tipo svegliare la propria amica alle sei di mattina. Quindi adesso che sono quasi le sette andiamo a fare un giro e poi colazione. Tanto il Corvoni ci lascia in pace fino alle otto e mezza-. Attorcigliai la sciarpa di lana attorno al collo per evitare una tonsillite, infilai gli stivaletti di pelle e aspettai Alice che era filata in bagno con un sorriso stampato sulle labbra.

Uscita notai il suo abbigliamento stile “diva di Hollywood”, le mancava solo il caffè dello Starbucks in mano e sarebbe stata perfetta.

-Andiamo a fare le fighe!-, esclamò prendendomi a braccetto mentre con l'altra mano apriva cercando di non fare rumore la porta. Ma purtroppo il cigolio non ci aiutò. Grazie al cielo solo Iris emise un lieve sospiro e si girò dall'altra parte. Per il corridoio non c'era un'anima viva, quindi sgattaiolammo all'esterno senza difficoltà.

L'aria fresca del mattino ci colpì in pieno volto varcata la porta dell'ostello fatiscente. Eravamo libere. Libere e pazze, anzi completamente fuori di testa, tanto che iniziai a saltellare e a dire cose senza senso. Alice mi prese per il gomito. -Ho un'idea, andiamo!-, mi incitò prendendo la stessa direzione che io e Manuèl avevamo preso la sera precedente.

Arrivate al mare scorgemmo qualche peschereccio in lontananza e centinaia di gabbiani appollaiati sugli scogli.

-Qui, anche volendo le nostre compagne di classe non ci possono sentire-, commentò la ragazza al mio fianco. Ci capimmo con uno sguardo complice.

-Alessia fatti una tinta più decente!-, urlammo in coro facendo spaventare gli uccelli che iniziarono a volare sul mare. Era il nostro modo (devo ammettere un po' strano) per sfogarci e lo adoravo. La prima volta che l'avevamo sperimentato eravamo a casa di Alice che abitava al quinto piano di una palazzina alla periferia di Brembate, urlammo fuori dalla finestra e quell'esperienza fu un balsamo per la mia mente.

-Marco sei uno sfigato! Voglio vederti quando Lavy torna, quando le sbaverai dietro e lei non ti cagherà di striscio. Voglio proprio vedere! Sei una gran testa di cazzo-, urlò Alice facendomi ridere a crepapelle. L'abbracciai dopo di che gridammo diversi insulti per ogni nostro singolo compagno di classe. Loro potevano sparlarci dietro quando volevano e noi no? Questa era la nostra rivincita. Non avrebbero mai saputo che cosa avevamo fatto, purtroppo per loro lì non c'era nessuna spia pronta a drizzare le orecchie in nostra presenza o a pedinarci. Soddisfatte della nostre performance mattutina ci dirigemmo a braccetto per le vie deserte di Inverness. Ma a quell'ora già si poteva incontrare qualche gruppetto di ragazzi con i capelli per aria e i vestiti stropicciati di ritorno dalle discoteche della città. Trovammo uno Starbucks aperto e ci infilammo dentro sperando di poterci riscaldare con un bel cappuccino.

Il locale era vuoto, vi erano solo due ragazzi che avranno avuto non più di vent'anni seduti in un angolo intenti a bere da due grandi tazze un te' fumante.

-L'ultimo giorno di scuola avrei voluto tanto, ma dico tanto, buttare giù dalle scale Denise. Ti ricordi?-, annuii alla sua domanda. Denise era un'altra delle nostre simpaticissime e stimatissime compagne di classe. L'avevo avuta come vicina di banco per ben due mesi ed era stata una tortura. Assomigliava in tutto e per tutto ad Alessia, ma si sa quel genere di ragazze si assomigliano, hanno tutte la stessa faccia da meretrice e quegli occhi da impiccione. Superava di almeno dieci centimetri il mio metro e sessantanove e nonostante praticasse a livello agonistico la pallavolo non si poteva considerare una ragazza magra, ma ai ragazzi questo non importava, nemmeno il fatto che fosse una terribile indagatrice con la puzza sotto il naso o una vanitosa da far venire il volta stomaco. Come faceva a non accorgersi della sua arroganza? Io conoscevo i miei difetti, mentre lei si reputava perfetta, una fottuta barbie dai capelli biondi e un culone gigante. I ragazzi erano così ciechi, si lasciavano attrarre dagli oggetti che luccicavano senza sapere che era bigiotteria.

L'ultimo giorno di scuola la nostra cara Denise aveva “casualmente” attaccato la sua cicca ai capelli di Alice e quest'ultima era andata su tutte le furie. Lo sapevano anche i muri: i capelli di Alice non si toccavano. Denise aveva iniziato a scusarsi ridendo e a tentare di levarle la cicca creando solo più problemi del dovuto così l'avevo allontanata immediatamente e avevo portato la mia amica in lacrime al bagno dei professori che era munito di ghiaccio. Avevo preso dei cubetti e li avevo messi a diretto contatto con la gomma, e fu così che dopo cinque minuti buoni tutti i residui di quella roba appiccicosa mischiata con la saliva di quella vipera si erano immediatamente staccati dai suoi capelli.

.Si me lo ricordo. Ecco perchè è meglio stare alla larga da gente come quella, sono delle psicopatiche-, commentai, sorseggiando attenta a non bruciarmi la lingua, il mio cappuccino.

-La cosa più brutta è stata vedere la faccia di Asia. Eravamo così amiche, poi è precipitato tutto. Le hanno fatto il lavaggio del cervello-. Alice s'incupì e guardò oltre la vetrata tentando di ricacciare le lacrime che volevano stra bordare. Asia...un'altra tra le tante che avevano acconsentito a fare da tappetino ad Alessia e a Denise. Solo che prima di diventare loro umile servitrice era la nostra migliore amica, eravamo inseparabili e le volevo davvero bene, forse per quel suo volto sempre gentile con tutti, per quella risata contagiosa o per quei capelli corti e ribelli che la facevano sembrare una bambina birichina. Semplicemente l'adoravo, era perfetta come amica, perfetta come consigliera, come spalla su cui piangere, potevo parlare ore e ore con lei eppure non si stancava mai di ascoltarmi. Ma la favola era troppo bella per essere vera, tanto che le “magnifiche” (come si facevano chiamare) approfittarono di un raffreddamento nel nostro rapporto e ce la portarono via con una maestria a dir poco stupefacente. Quella che mi sorprese di più fu però Asia, che come un burattino si era lasciata manovrare e condizionare. Adesso quei grandi occhi non erano più pieni di vita, ma sempre attenti e impauriti, le sue maniere dolci e delicate si erano trasformate in bruschi movimenti improvvisi e ogni volta che ci rivolgeva la parola era solo per criticarci o zittirci.

Cercavamo di non parlarne quasi mai, perchè faceva male ad entrambe.

-L'importante è che non lo facciano ad una di noi due, sarebbe la fine! Manca un anno, credi che le loro maniere persuasive siano così...così persuasive?-, chiesi notando che una piccola pioggerella bagnava il marciapiede all'esterno.

-Se l'hanno fatto con Asia che, non dico che le odiasse perchè lei era sempre neutrale, ma non le stimava nemmeno. Non capisco, rivoglio la mia Asia-, commentò.

-Non sai quanto la rivoglia anch'io-. Rimaste per qualche minuto perse nei meandri delle nostre menti non ci accorgemmo del ticchettio dell'orologio rosso appeso al muro che segnava esattamente le otto e mezza. “Le otto e mezza? Cazzo”.

-Guarda l'ora! Cristo! Il Corvoni ci ammazza!-, esclamai in preda al panico alzandomi di fretta e furia.

-Siamo fregate!-, commentò semplicemente Alice.

Uscite iniziammo a correre sotto lo sguardo stupito dei passanti. Le strade si erano riempite di uomini e donne ben vestiti. La pioggia era diventata più pesante e ormai molte persone avevano tirato fuori gli ombrelli e i cappucci, mentre io ed Alice ce ne fregammo completamente dei capelli. Era già tanto se avessimo trovato il gruppo all'ostello. Arrivate non mi fermai nemmeno davanti alle scale, anzi salii tre gradini alla volta rischiando di rompermi l'osso del collo un paio di volte. Spalancata la porta della nostra camera la trovammo vuota, non c'erano nemmeno i nostri zaini.

-Porca miseria! Eccome se siamo fregate!-, dissi prendendo fiato. Valutai velocemente la situazione. I letti non erano ancora stati fatti, non dovevano essere partiti da molto.

-Il pullman!-, sussurrai prendendo Alice per la manica della giacca.

-Dici che sono al parcheggio?-, chiese la ragazza disperata. Annuii.

-Le ragazze avranno notato la nostra assenza, non ti pare? Probabilmente hanno preso loro i nostri zaini-, dissi aprendo nuovamente il portone principale sotto lo sguardo scocciato del proprietario dietro la reception. Non gli lasciai tempo per fermarci e rimproverarci per il troppo baccano.

-Eccolo! Lo vedo! È giallo giusto?-, chiese Alice e questa volta fu lei a trascinarmi fino al parcheggio. Si, aveva ragione, era il nostro pullman.

-Grazie signore!-. Risi di gioia. Il solo pensiero di rimanere bloccata in quella cittadina così fredda mi aveva fatto venire il mal di stomaco e di certo la presenza del mio cappuccino non aiutava. Avrei vomitato se non fosse stato per l'ondata di sollievo che mi sciolse i nervi.

Salite sopra il veicolo ci ritrovammo davanti al volto contorto dalla preoccupazione e dalla rabbia del Corvoni, il quale appena ci vide tirò un sospiro.

-Scusi, scusi, scusi. Eravamo uscite solo per prendere una boccata d'aria e...-, tentai di giustificarci ma il professore ci incitò a salire e a prendere posto.

-Siamo in ritardo fanciulle! Non mi interessa cosa abbiate fatto, l'importante è che siete sane e salve-, disse tenero.

-Che cucciolo!-, commentò a bassa voce la mia amica. Passate davanti a James notai il suo volto illuminarsi alla vista di Alice che si sedette senza pensarci due volte vicino a lui lasciandomi nel bel mezzo dello stretto corridoio come un ebete. Grazie al cielo Fabio mi aveva tenuto un posto tra lui ed Evelyn. Mi sedetti chiudendo gli occhi e abbandonandomi sul sedile.

-Si può sapere dove cavolo siete state? Pensavo che vi avessero rapite!-, disse Fabio.

-Si, in realtà ci hanno rapite gli alieni, avevano bisogno di un pezzo di stomaco per i loro esperimenti-. Fui l'unica a ridere della mia battuta, così aprii gli occhi per controllare che qualcuno mi stesse ascoltando, infatti erano tutti a fissarmi con aria accusatoria, ma sollevata.

-Siamo andate a farci un giro ragazzi! Non avevamo sonno-, risposi sincera. Evelyn mi passò il mio zaino.

-Tieni! Ho buttato la roba dentro un po' a casaccio, mi dispiace!-.

-Grazie mille-. Le riservai un sorriso. Forse avevo sbagliato a considerarla antipatica.




Per un'ora buona tutto quello che feci fu dormire appoggiata al braccio spigoloso di Fabio, non così comodo come un cuscino ma senz'altro meglio del vetro freddo del pullman. Quando giungemmo al famoso lago di Lochness il ragazzo vicino a me mi scrollò e con voce teatrale disse: -Sveglia bell'addormentata, il sole splende, la temperatura è intorno ai venti gradi ed è ora di un bel giretto sulla barca-. Risi in coma e seguendo la coda scesi dal veicolo.

Dopo essermi stropicciata gli occhi mi allontanai dal gruppo per ammirare il panorama. Le montagne alte e verdeggianti incombevano sul lago proiettando le loro ombre su di esso e rendendolo ancora più misterioso di quanto già non fosse. Non vi erano molte case, dal parcheggio si intravedeva solo un piccolo hotel ed un negozio di souvenir e in lontananza si scorgeva un'antica torre abbandonata. La natura completamente selvaggia di quel luogo non mi faceva paura anzi mi stimolava ad esplorarla, ma mi trattenni, non volevo far venire un secondo infarto al Corvoni. Sarebbe stato troppo. Quando mi girai notai Manuèl dirigersi verso di me con i capelli spettinati e lo sguardo più addormentato del mio.

-Ho sentito dire che tu e la tua amica vi siete perse-, disse appena arrivato con un sorriso dolce stampato sul volto.

-Argh, pettegolezzo errato! Siamo andate a fare un giro e abbiamo perso di vista l'orario, niente di emozionante-, mormorai. Aprì le braccia e mi ci tuffai dentro inspirando il suo magnifico profumo e appoggiando la testa sul suo petto. Sperai di potermi addormentare cullata dal suo abbraccio, ma James richiamò tutti quanti troppo presto e ci divise in gruppi separando i Portoghesi dagli Italiani.

Finii in gruppo con Lorenzo, Evelyn, Iris, Fabio e Alice. Fummo i primi ad essere accompagnati alla barca che ci avrebbe portato a visitare una piccola parte di quell'immenso lago.

Passai la maggior parte del tempo a scattare fotografie o con il cellulare o con la macchina fotografica. Volevo che ogni singolo istante di quella vacanza fosse documentato e quello era un modo per ricordarmi di tutto, dal panorama mozzafiato, dalla faccia sorpresa di Alice sicura di aver intravisto Nessie alla nostra esibizione alla Titanic sulla prua del battello mentre una famiglia indiana ci fissava divertita e al tentativo di buttare giù dall'imbarcazione Fabio.

Scesi davanti a noi trovammo delle panchine verniciate di nero con incisa elegantemente la frase: “Come when you can” (Vieni quando puoi) il che non poté farci trattenere dal ridere a crepapelle dato l'evidente, anzi evidentissimo, doppiosenso.

Per la prima volta da quando eravamo arrivati mangiammo decentemente in un ristorantino sulla via per tornare ad Edimburgo. Mi abbuffai di lasagne e bistecca al sangue e quando salii sul pullman rischiai seriamente di dare di stomaco. Mi avevano lasciato da sola con la paura che potessi sporcare a qualcuno la maglietta o i pantaloni, così mi ero ritrovata ad ascoltare le canzoni deprimenti dei Barcelona (una band devo ammettere non molto conosciuta) e degli Snow Patrol. Non riuscii a prendere sonno, nemmeno ad appisolarmi leggermente per dimenticare il terribile mal di stomaco, così mi concentrai sul panorama maledicendo in tutte le lingue che conoscevo quelle lasagne.

Era tardo pomeriggio e non eravamo giunti neanche a metà viaggio. Le montagne rocciose attorno a noi si presentavano più ripide che mai, quasi pronte a sovrastarci. Non scorsi neanche un animale e dedussi che in quel gelido deserto ce ne fossero davvero pochi.

Mentre il cielo si tingeva dell'azzurro intenso che precedeva il tramonto qualcuno fu così coraggioso da sedersi vicino a me. Grata di ciò mi girai e incontrai gli occhi verdi di Manuèl e il suo sorriso dolce e preoccupato.

-Come stai?-, chiese aprendo le braccia ed accogliendomi. Non so se fu frutto del mio subconscio ma i crampi allo stomaco si placarono appena la mia schiena toccò il suo petto.

-Meglio-, sussurrai inspirando il meraviglioso profumo della sua felpa.

-Ti ho vista dall'altra parte della sala che mangiavi come una dannata e ho subito pensato che ci avresti rimesso le penne! Meno male che sei ancora viva-, disse stringendomi. Sorrisi al pensiero che qualcuno notasse di tanto in tanto tutte le cavolate che facevo, che qualcuno potesse provare interesse per una povera illusa come me, bruciata dall'amore.

Non so quanto stetti in quella posizione, accoccolata tra le sue braccia sentendo il sollevarsi ritmico del suo petto con la testa appoggiata sul suo cuore. Quando riaprii gli occhi mi girai ad ammirare il cielo ancora più scuro e due stelle attirarono la mia attenzione, erano così grandi e luminose che sembravano delle lanterne lasciate volare.

Un braccio di Manuèl era attorno alle mie spalle, l'altro stringeva la mia vita impedendomi di cadere. Avevo tutto dalla vita e mi sentivo al settimo cielo. Sentivo in quel momento di poter volare dalla felicità, di poter credere che la vita non fosse poi così brutta come pensassi.

Sull'i-pod partì la canzone degli U2 “Beautiful Day” e non potei trattenermi dal sorridere, si quel giorno era davvero stato sensazionale, bellissimo, unico, indescrivibile. Mille parole per descrivere ventiquattro misere ore, che avevano completamente ribaltato la mia vita, il mio mondo. Avrei dovuto appuntarmi quella data, 23 Luglio, quella data... Gli occhi si riempirono di lacrime gioiose, mentre nel cielo spuntavano sempre più stelle e il buio di impossessava dei campi e delle prime case che scorgevo lungo la strada.

Il pullman correva e si lasciava dietro tanti luoghi, troppi luoghi inesplorati. Il mondo era così grande. Sarei riuscita un giorno a visitarlo tutto? Sapevo che non mi sarei mai saziata di posti nuovi, di culture e tradizioni. Ma la cosa più bella, interessante e che mi lasciava senza parole erano le persone. Pensavo di trovarmi in un mondo che non mi capisse solo perchè vivevo in una città dove la maggior parte della popolazione era vanitosa, egocentrica ed invidiosa, non avevo capito che c'era anche la parte buona del mondo, quella che ti accettava, che ti reputava importante ed eccola lì. Manuèl o le cinesi, culture diverse, lingue, ma c'era una cosa che ci accomunava: la voglia di comunicare con qualcuno.

Allungando il collo notai Alice con la testa appoggiata alla spalla di James. Un sorriso...ancora. Quanti sorrisi potevano esserci in una giornata?

Manuèl si era appisolato. Non mi importava come sarebbe andata a finire, ci avrei provato lo stesso. Non era amore di sicuro. Quel ragazzo dolce ma allo stesso tempo forte mi aveva colpito e mi piaceva davvero tanto, ma sapevo che dovevo controllarmi e mai spingermi oltre. “Stai alla larga dall'amore” era l'unico pensiero che mi ronzava per la mente. Annuii a me stessa, non sarei caduta nella stessa trappola in cui ero finita con Marco, quella volta ero preparata, l'amore non mi avrebbe avuta di nuovo.






-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Eccomi qua con un altro capitolo!!! Scusate il ritardo ma in questo mese la scuola mi ha distrutto!!! Un bacio a tutti, e... fatemi sapere cosa ne pensate :D

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: francy13R