So
get off of my case.
- Mamma muoviti o perdiamo
l’aereo!
- Un attimo, tu scendi in
macchina intanto!
- Va bene! – la voce di
mia figlia era pregna d’impazienza, mentre io guardavo
riluttante i due
biglietti che stringevo in mano.
“Dai Lisea, puoi
farcela”.
Afferrai la macchina fotografica appoggiata sul letto, la misi con cura
nel suo
astuccio e mi fiondai giù per le scale, per poi arrivare
nell’ingresso dove
Ramona mi aspettava impaziente. Aveva gli occhi grigi fuori dalle
orbite e il
sorriso tirato che mostrava tutti e trentasei i denti. Il ritratto di
suo
padre, ma al femminile e rimpicciolito di parecchie taglie.
- Ce l’hai fatta eh?
Andiamo dai o vedremo papà arrivare qui da un momento
all’altro perché sua
figlia, cioè IO, non è ancora a casa sua!
- Hai finito? – dissi,
senza
entusiasmo.
- No!
- Dai Ramona, esci e
andiamo in macchina!
- Prima fammi un sorriso!
– ordinò ammiccante.
Alzai gli occhi al cielo e
le sorrisi, sforzandomi di sembrare convincente.
- Ok, adesso sembri meno
disgustata! Andiamo!
Così dicendo, si
fiondò
verso la nostra macchina, mentre il sole si addormentava lento dietro i
grattacieli e le luci di Natale di New York. Direzione: Oakland,
California.
- Papà!!!
In un attimo gli occhi
delle persone presenti all’uscita dell’aeroporto
erano incollati su me, Ramona
e Frank, che l’aspettava a braccia spalancate e il sorriso
illuminato dalla
gioia. Ramona, alla fine della sua corsa, si gettò contro il
petto del padre e,
anche a distanza di anni, potevo immaginare cosa stesse sentendo; il
petto
morbido e le spalle potenti, quel calore che farebbe sentire a casa
anche uno
sconosciuto, il profumo di muschio bianco della sua pelle.
Io, Frank e Ramona. Una
famiglia nata ancor prima del matrimonio. Già, il
matrimonio. Un legame
inutile. Perché giurarsi l’eternità
quando poi niente è destinato ad essere
immortale? Portai Ramona in grembo per nove mesi quasi da sola, periodo
in cui
constatai che l’unico amore eterno della mia vita si muoveva
dentro di me.
Ricordo ancora quando avvicinavo il pancione allo stereo per farle
ascoltare i
Green Day e lei che iniziava a rotolare come impazzita. Frank sempre in
giro,
tornò in tempo giusto per vederla nascere.
Due mesi dopo ero
sull’altare, con Ramona che strillava nella culla durante la
cerimonia, quasi
come se volesse avvisarci di cosa stavamo facendo. Certo, la mia
immaginazione
viaggia sempre in maniera smisurata, eppure non riesco a fare a meno di
considerare mia figlia una specie di veggente. Guardava me e Frank
sempre con
aria sospettosa, come se si aspettasse di vederci scattare da un
momento
all’altro. Successe, ma solo una volta. Ero stanca, vedevo
quel matrimonio come
una casa senza fondamenta: Frank che volava da una parte
all’altra del mondo
per suonare, io che continuavo col mio lavoro da fotografa. Rari, i
momenti con
Ramona. Rari quelli tra me e lui, ma indimenticabili.
- Giura! –
urlò Ramona e
quasi stavo per risponderle, come se lei potesse ascoltare i miei
pensieri.
- Te lo giuro!
T’insegnerò
a suonare la batteria. Ormai sei grande, devi imparare! –
disse, facendole
l’occhiolino, mentre lei saltellava sul posto.
- Ricordati i compiti
delle vacanze, però! – dissi io.
- COSA? – risposero in
coro padre e figlia.
- Lisea, Lisea. Non cambi
mai, vero? – disse lui, allontanandosi da Ramona e
stringendomi delicatamente.
Tremai, ma il freddo non c’entrava. Si allontanò
da me di pochi centimetri e
col suo sguardo intenso riprese a parlare: - Come stai?
- Bene! – dissi,
sorridendo tranquilla. Nonostante io e Frank fossimo divorziati
già da qualche
anno, non riuscivo ad odiarlo. Se non volevo vederlo era solo
perché ogni volta
che incontravo i suoi occhi i ricordi mi assalivano.
- Zio Mike!!!!! – Ramona
mi riportò nuovamente sulla terra, mentre si metteva
nuovamente a correre verso
due “nuove” figure; quella di Mike che
l’aspettava con una risata e quella di
Billie che osservava entrambi sorridente.
- Bentornata, eh! – disse
Mike, mentre afferrava Ramona e se la teneva in braccio.
- Mamma vuol farmi fare i
compiti! Io invece voglio suonare la batteria con papà!
– disse lei decisa,
mentre tutti scoppiavamo a ridere. Frank si voltò verso di
me raggiante di
felicità e disse: - Perché non resti qui da noi?
Passiamo il Natale insieme.
Beh, sai, ci sono regali, Babbo Natale e tutte queste cose...
– stranamente non
sapeva che dire, a parte il fatto di chiedermi di restare.
- Io non credo a Babbo
Natale! – disse Ramona – Però
papà ha ragione, resta con noi!
- Eh, ho ragione! – disse
lui, incoraggiato.
Io guardai esasperata ed
implorante Mike e Billie, i quali non fecero altro che fare una faccia
d’incoraggiamento. Alzai gli occhi al cielo e sconfitta
dissi: - Ok, rimango,
ma solo fino al ventisei, chiaro?
Ramona, a quelle parole,
saltò giù dalle braccia di Mike e corse verso di
me abbracciandomi. Vederla
felice, rendeva felice anche me.
- Ehm, scusami un attimo
Ramona, ma non mi saluti?? – disse Billie cantilenando.
Quando lui e Ramona
iniziavano a sfottersi, i bambini diventavano due. Lei senza staccarsi
da me,
fece un sorrisetto malizioso e disse a denti stretti: - Che vuoi nano??
Lui spalancò la bocca e
disse: - Ma senti chi parla! Non superi nemmeno il metro!
- Ma io ho otto anni! Tu
ne hai trenta! Sei tu il nano!
- Eh va bene, per questa
volta hai vinto! – disse, alzando le mani in aria in segno di
sconfitta. Lei si
staccò da me e andò ad abbracciare anche lui.
Questo era uno di quei momenti in
cui mi rendevo conto di quanto i Green Day fossero davvero una
famiglia. Hanno
superato davvero un sacco di difficoltà, sia artistiche che
personali. Billie
preoccupato di non essere un buon padre e marito, Mike che ha lottato
per avere
l’affidamento di Estelle dopo il divorzio con Anastacia e
infine Frank, che
dopo di me ha sposato Claudia. Altro fallimento. Lo guardavo negli
occhi e
vedevo ancora la stanchezza e la tristezza del divorzio, accaduto
proprio in
quell’anno. Era anche per quello che avevo acconsentito
affinché Ramona
trascorresse il Natale con suo padre, perché in quel momento
lui aveva bisogno
delle persone che amava. Non ero egoista, non potevo permettermi di
fargli del
male.
- Va bene! – dissi,
mentre
quei tre si divertivano con Ramona come se fossero anche loro alle
elementari:
- Stringetevi tutti quanti, voglio farvi una foto! – e
così dicendo estrassi la
macchina fotografica dal mio astuccio. Loro tre si strinsero intorno a
Ramona,
piegandosi sulle gambe, mentre Frank la stringeva forte stringendole la
vita,
sorridendo.
- Fatto! – dissi, dopo
aver scattato.
- Bene! Allora tutti a
casa Wright! C’è Lori che sta preparando la cena e
se facciamo tardi ci mette a
friggere insieme alle patate. – disse Frank,
l’entusiasmo fatto persona.
- Zia sta facendo le
patatine fritte?? – disse Ramona quasi commossa. Nonostante
avesse un fisico
snello e asciutto, era una gran mangiona. Mentre ci avvicinavamo alla
BMW di
Billie, Frank e Ramona si investivano a vicenda con valanghe di parole,
mentre
Billie prendeva i nostri bagagli e li sistemava nel cofano e Mike che
si
metteva al posto di guida.
Io, Frank e Ramona ci
sistemammo sui sedili posteriori, mentre Billie saltava sul sedile
accanto a
Mike. Potevamo partire.
- Lori?? Siamo a casa! –
annunciò Frank appena ebbe varcato la soglia di quella che
un tempo era la
nostra casa.
- Va bene! –
urlò lei
dalla cucina – Ma se non hai portato mia nipote in questa
casa, ti metto ad
arrostire sullo spiedo.
- Zia Lori!!! – Ramona
iniziò a correre verso la cucina il più veloce
che poteva, mentre Frank, con la
solita galanteria, mi toglieva il cappotto.
- Accomodati – disse
pacato, mentre mi aggiravo in quella casa così famigliare
eppure così
sconosciuta. Avevo perso anche il conto di quanti anni fossero passati
dall’ultima volta che ci avevo messo piede. Nel frattempo
entrarono anche Mike
e Billie, quest’ultimo che trascinava i bagagli di Ramona.
- Hey nano! E le valigie
di Lisea?
- Allora, punto numero
uno. Non sono un fattorino. Due: Lisea non dorme in albergo?
– disse col fiato
corto per via delle valigie di Ramona.
- Ah, già –
disse Frank
con amarezza.
“Ok, basta con
l’imbarazzo” pensai e subito mi affrettai a
sistemare le cose: - Beh, ci sarà
ancora la stanza degli ospiti in questa casa vero? – dissi,
mentre il viso di
Frank tornava ad illuminarsi. – Almeno Ramona avrà
la famiglia al completo la
mattina di natale, o no?
- Va bene! Vado a prendere
le valigie allora! – disse Frank raggiante, mentre Billie
tirava un sospiro di
sollievo per non dover trascinare altri pesi e Mike si ritirava in
cucina.
Stavo per imitarlo, quando sentì picchiettarmi sul fianco.
- Ciao Lis!
- Hey, ciao Frankito! –
quel ragazzino era un amore! Aveva solo due anni e le poche volte in
cui
l’avevo visto, ci avevo fatto amicizia.
- Ramona è qui?
– chiese
con una voce che somigliava a uno squittio.
- Si, certo tesoro, vai in
cucina! – dissi con dolcezza e, mentre si allontanava,
sentì qualcuno
avvicinarsi dietro di me. Mi voltai e incontrai gli occhi smeraldini di
Billie,
il quale sembrava il volto della serenità.
- Era da tempo che non
vedevo Frank così felice! Davvero! Ha bisogno di qualcuno
che gli stia accanto,
il divorzio con Claudia l’ha distrutto. Grazie, Lisea!
– disse, gli occhi che
esprimevano tutta la sincerità delle sue parole. Detto
questo, si allontanò ed
arrivò al tavolo dove si sarebbe consumata la cena,
sedendosi accanto a Mike.
Lori apparve
all’improvviso dalla cucina, la chioma bionda liscia e
perfetta e le labbra
iniettate di rosso. Spalancò il suo sorriso così
simile a quello di Frank e
venne ad abbracciarmi: - Ciao Lis!
- Ciao Lori, son contenta
di vederti!
- Anche io! Scusami ma
devo correre, prima che quei due marmocchi si facciano male vicino ai
fornelli!
– e detto ciò tornò in cucina. Io mi
voltai lentamente verso le scale che
portavano alle stanze da letto e sentì i passi pesanti di
Frank che le saliva.
Decisi di raggiungerlo e in breve mi ritrovai di fronte al corridoio
del primo
piano. Ma invece di entrare nella stanza degli ospiti,
l’ultima in fondo al
corridoio, fui attratta da quella che un tempo era la mia camera da
letto. La
porta era socchiusa e mi bastò spingere leggermente per
entrare. Era il caos.
Vestiti sparsi ovunque, mozziconi di sigarette e parecchie bottiglie di
birra
vuote, ma la cosa che mi sorprese fu il letto, completamente disfatto e
pieno
di fogli accartocciati. Solo uno era perfettamente liscio e ricamato
dalla
scrittura sottile di Frank. Lo presi e
incominciai a leggere:
[Part 4: Rock
and roll girlfriend]
I
got a rock and roll band.
I got a rock and roll life.
I got a rock and roll girlfriend.
And another ex-wife.
I got a rock and roll house.
I got a rock and roll car.
I play the shit out the drums
And I can play the guitar.
I got a kid in New York.
I got a kid in the bay.
I haven't drank or smoked nothin' in over 22 days!
So
get off of my case.
Sembrava una delle sue
tante canzone demenziali, che a prima vista sembrano senza significato.
Invece
quelle poche righe erano il breve racconto della sua vita, del suo
carattere,
dei calci in culo che aveva ricevuto e la forza che aveva ritrovato per
rialzarsi e riprendersi.
- Che ci fai qui? – la
voce sorpresa di Frank mi fece sobbalzare e il foglio che avevo in mano
cadde a
terra, proprio vicino ai piedi di lui.
- Ehm … sinceramente non
lo so! – avevo le guance in fiamme per l’imbarazzo.
Quella non era la mia
stanza già da un pezzo, eppure sembrava che quelle pareti in
quel momento
stessero sussurrando alla mia mente ogni cosa che era successa al loro
interno.
- Tranquilla, non me la
sono presa. È solo che … mi ha fatto uno strano
effetto vederti qui. – disse.
Lo guardai negli occhi. Brillavano di nostalgia.
- Non ho dimenticato
niente di quello che è successo qui, sai? – dissi
con un nodo in gola.
- Nemmeno io! – disse
tranquillo e lentamente mi posò una mano sulla guancia.
Istintivamente chiusi
gli occhi e mi abbandonai a quel tocco, prima di sentire il calore
delle sue
labbra sulle mie. Fui sorpresa e riaprì gli occhi. Piangeva.
Fui io ad
interrompere il bacio e mi aggrappai al collo della sua camicia.
- Frank, devi esser forte!
Lo sei!
- Non lo so più!
- Si che lo sai!
Non rispose.
- Senti, ti prometto che
questo sarà un Natale fantastico, ok? – promisi
felice. – Ora siamo amici e io
starò accanto a te! E poi …
c’è Ramona!
- Si! Lei è tutta la mia
vita. Grazie per quello che stai facendo. – disse
costringendosi a non
piangere. Ci riuscì, sfoderò il suo brillante
sorriso e mettendomi un braccio
intorno alle spalle mi accompagnò sulle scale. Una volta
arrivati a tavola, già
imbandita, esordì dicendo: - Ok!!! Apro subito le danze
… ma! LOOOOOORI!!! LE
BIRRE!!!!
- UN ATTIMO!!! NON SONO LA
TUA SERVA!!!
Scoppiammo tutti a ridere,
la famiglia finalmente riunita. Guardai il volto felice di Ramona e mi
sentì al
settimo cielo.
New
York poteva aspettare.