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Autore: Sunny_Blue    20/12/2011    3 recensioni
Rinchiusa nella sua cella ad Azkaban, Bellatrix Lestrange ha tutto il tempo del mondo per pensare al passato. La sua mente è spesso ottenebrata dalla follia, ma talvolta un ricordo torna a farle visita, quasi come un'ulteriore punizione.
Il ricordo di una ragazza scomparsa, qualcuno che non c'è più.
Il rimpianto per un futuro svanito per sempre.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Nel labirinto della mia mente

Ho scritto la storia per il Pensatoio, pesca il tuo ricordo di Sbrilluccica. 
Il personaggio da usare era Bellatrix, il prompt rimpianto. Nella storia doveva comparire un ricordo.

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N.D.A : Mi sto appassionando alla schiera dei cattivi (Bellatrix, Tom Riddle, ecc.). Direi che sono molto stimolanti per una writer. E' la prima volta che scrivo di lei, spero di avere centrato il personaggio.
Ho situato la prigionia di Bellatrix tra il 1982 (i Potter sono morti nel luglio 1981 quindi è plausibile) e il 1996 (quando Harry è al 5° anno, se non sbaglio), circa 14 anni. 5110 giorni.



Nel labirinto della mia mente



Giorno 2543


Fa freddo qui dentro, tanto freddo.
Il mio corpo è scossa dai brividi.
Li sento, ma allo stesso tempo è come se non mi interessassero affatto. È quasi come se queste membra distrutte e schiantate non mi appartenessero nemmeno.
Bianchi ragni scheletrici si muovono sul mio corpo. Cerco di scacciarli, forse emetto anche un grido. Lotto furiosamente contro quelle creature per un tempo innaturalmente lungo.
Lotto e mi dimeno, prima di rendermi conto che si tratta delle mie mani.
Allora scoppio a ridere.
Rido senza traccia di gioia.
Rido della mia follia.



Giorno 2710


Il tempo è infinito dentro questa cella. Non c'è distinzione tra la notte e il giorno.
È sempre buio, è sempre freddo.
L'immobilità non aiuta a scandire il passare delle ore.
Potrei essere qui solo da un minuto, oppure da una vita intera.
Per loro cose come il ticchettare di un orologio o il rintocco di una pendola non significano niente.
So che i miei carcerieri sono fuori dalle mura. Non posso vederli, ma la loro presenza è come una cappa di piombo sulla mia anima.
Quando mi muovo troppo, si avvicinano. Allora il gelo si fa intenso come l'inferno.
Mi stringo le braccia intorno al corpo e cerco di chiudermi nella mia mente... ma non sempre ci riesco.
Se il loro influsso si fa largo in me, grido. Grido di dolore, grido di paura.
Io, che credevo di non sapere cosa fossero né l'uno né l'altra.
Io, che sono nata per infliggere sofferenze agli altri.



Giorno 3005


La mia mente non ha l'aspetto di un porto tranquillo, né tanto meno quello di un giardino fiorito. È più simile a un labirinto. I momenti di lucidità sono rari.
Per la maggior parte del tempo mi perdo nei meandri di vecchi incubi e visioni mostruose.
Sono una baccante che corre senza sosta per i boschi e per le valli.
Agito le braccia, mi dimeno.
Uccido a mani nude un vitellino candido e mi cibo della sua carne cruda e sanguinolenta.
No.
Sono il fulmine che cade dal cielo, preciso, micidiale. Colpisco la terra e lascio dietro di me solo distruzione e morte.
No.
Sono la mano dietro la bacchetta che porta via la vita. Un lampo di verde e non resta più nulla.
Le urla dei sopravvissuti, i gemiti dei moribondi.
Sono la mano e allo stesso tempo sono il dolore stesso.
Quando torno in me abbastanza da poter aprire gli occhi, intorno vedo solo pietra scura e nere profondità di incubo. Nessuna delle mie visioni dice il vero. Non sono altro che un relitto. Prigioniera.



Giorno 3780


Ci sono dei momenti in cui torno in me stessa. Dei momenti in cui la mia mente non è ottenebrata dalle visioni e da quel fiume di sensazioni inesplicabili che mi possiedono.
Col passare del tempo, succede sempre meno spesso.
Meglio.
Perché questi momenti di lucidità sono i peggiori.
Sento come un'eco dal passato, il ricordo di qualcosa, di qualcuno.
Un nome mi percorre la mente.

Bella.”
Esisteva un tempo in cui mi chiamavano così.
I ricordi sono un pozzo scuro, anche più profondo e tortuoso delle mie folli visioni.


Vedo una grande casa, con un giardino immenso.
Alberi verdi, erba fresca sotto le dita. Posso quasi sentire i suoni della primavera qui, nella mia testa. Sotto un pergolato, in mezzo a questo placido paesaggio, tre ragazze siedono insieme.
Narcissa si spazzola per la centesima volta i capelli chiari.
Andromeda legge avidamente un libro.
Bellatrix si rigira la bacchetta tra le mani.

Non dovresti giocare con quella”, mi apostrofa una delle mie sorelle, “sai che non ci è permesso fare magie, fuori dal castello.”
Un sibilo, un'alzata di spalle.

Con questa forgerò il mio destino.”
Certezza indistruttibile di quindicenne.

Tu e le tue profezie...” ribatte Andromeda, sorridendo al mio indirizzo.


In un certo senso ho avuto ragione.


Perdersi nel passato è più doloroso che annegare nell'abbandono.
Sento una strana sensazione attanagliarmi lo stomaco, quando rivedo il tempo che fu.
Nostalgia...
Mancanza...
Rimpianto...
Tutto è perduto per me, tutto è finito.
Io che ero nata per essere libera e padrona, non posso nemmeno più disporre della mia propria esistenza.
Nessuna lacrima scende ad alleviare il mio senso di perdita e di vuoto. Neanche questa misera consolazione mi è concessa.
Della ragazza che ero non è rimasto che un eco lontano e distorto.
Un senso di perdita e di rimpianto che mi prende a tradimento quando la mia mente è abbastanza lucida da permetterlo.
Un'ulteriore punizione, come se quello che vivo non fosse abbastanza.


Dura solo lo spazio di un secondo, per fortuna.
Poi è di nuovo solo il buio.

* * * * * * * *

   
 
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