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Autore: Beatrix Bonnie    20/12/2011    2 recensioni
-Seguito de La sorella perduta- Dopo aver assistito all'entusiasmante finale della Coppa del Mondo di Quidditch e dopo esser rimasti terrorizzati dalla comparsa del Marchio Nero, Mairead, Edmund e Laughlin torneranno al Trinity per affrontare il loro quarto anno, sperando, questa volta, di uscirne indenni. Ma non potranno certo immaginare che cosa è stato preparato per quell'anno! Tra altezzosi cugini purosangue, gelosie e invidie, misteriosi tornei, scuole di magia lontane e sconvolgenti novità, i tre amici metteranno a dura prova la loro amicizia...
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Trinity College per Giovani Maghi e Streghe'
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CAPITOLO 22

Tempi oscuri in arrivo





La mattina successiva, Edmund si svegliò piuttosto presto. Aveva dormito male, con degli incubi che non ricordava. Ne approfittò per fare una bella doccia, poi indossò la sua divisa dei Raloi e scese in sala comune per accoccolarsi su una poltrona a leggere. In realtà, non riuscì a concentrarsi molto e, dopo essersi accorto che stava rileggendo la stessa frase da dieci minuti, capì che era meglio lasciar perdere. La sua mente era stata rapita dagli eventi del pomeriggio precedente.

Aletheia O'Gara era morta. Era stata lei la destinataria della prima maledizione scagliata dal folle mago. Ma Edmund continuava a chiedersi chi fosse, perché avesse attentato alla vita del Capo del Dipartimento dell'Istruzione Magica e per chi avesse lavorato.

Inoltre era preoccupato perché aveva inteso che ci sarebbe dovuta essere un'altra vittima; e temeva di sapere chi fosse. Fu così che Edmund decise di andare dal professor Captatio: nessuno come lui riusciva a rassicurarlo nei momenti difficili.

Quando arrivò davanti alla porta della presidenza, non fece in tempo a bussare che questa si aprì sotto i suoi occhi. Sull'uscio comparve il professor Silente. Era alto e maestoso esattamente come Edmund se lo ricordava, ma i suoi occhi non brillavano più: parevano cupi, rassegnati.

«Signore» lo salutò educatamente Edmund, con un cenno del capo.

«Oh, ciao, Edmund» rispose distrattamente quello, accennando ad un sorriso. Dopodiché sparì giù dalle scale a chiocciola.

Edmund lo osservò per un attimo, stupito da quel suo comportamento schivo che forse serviva a nascondere una qualche preoccupazione, poi mise la testa nell'ufficio di Captatio. «Mi scusi, signore, posso?» domandò educatamente.

«Certo, Edmund» rispose il preside, con un sorriso. Edmund allora entrò nella stanza e si sedette di fronte alla scrivania. Il professore lo guardò dritto negli occhi e domandò: «C'è qualcosa che vuoi chiedermi?»

Edmund si stropicciò le mani. «Sì, signore» rispose, con un filo di voce. «Chi era quel folle e perché voleva uccidere a tutti i costi la O'Gara?»

Captatio sospirò affranto. «Edward Montrose non era un pazzo, era un pover'uomo che faceva l'operaio per mantenere moglie e figli. Ha avuto la sfortuna di incontrare sulla sua strada le persone sbagliate. Non so di chi si sia trattato, ma posso ragionevolmente dire che fosse gente dell'EIF».

«Che cosa gli hanno fatto, signore?»

«Si chiama Pozione dell'Ossessione, un preparato molto difficile che richiede ingredienti rarissimi» spiegò il professor Captatio. «Era molto in voga nell'EIF ai tempi in cui Voldemort era al potere. Praticamente, chi la beve diventa ossessionato da un'idea che decide chi ha preparato la pozione. A quei tempi, l'EIF la utilizzava per mettere in testa certe cose così folli che, non riuscendo a realizzarle, i poveretti che l'avevano bevuta si suicidavano».

Edmund represse un tremito all'idea che qualcuno potesse renderlo ossessivo nei confronti di qualcosa, soprattutto visto la tragica fine a cui era destinato. «Anche l'operaio si è ucciso» commentò con un groppo alla gola, al solo ricordo della morte dell'uomo. «Doveva ammazzare qualcun altro e non ci è riuscito, vero?»

«Temo di sì» asserì Captatio, in tono doloroso.

E, chissà perché, Edmund era convinto di sapere di chi si trattasse. «Doveva uccidere Mairead» decretò serio.

Captatio lo guardò negli occhi con intensità. «La signorina Boenisolius è un obiettivo probabile, considerate le sue scomode parentele» ammise il professore. «Ma, per sua fortuna, ora l'EIF avrà ben altro a cui pensare».

«Che cosa è successo, signore?» domandò a bruciapelo Edmund; ma prima ancora che Captatio potesse rispondere, una serie di idee gli si affacciarono nella mente. «Centra qualcosa con il torneo Tremaghi, non è vero? È successo qualcosa a Hogwarts? Qualcosa che ha a che fare con Voldemort?» domandò, con agitazione crescente.

Captatio gli rivolse un sorriso bonario, ma dal suo sguardo, Edmund capì che non gli avrebbe risposto. «Spiegherò tutto al banchetto di questa sera» disse infatti, con un tono dolce ma deciso. «Ora va', Edmund. Goditi un po' del tuo meritato riposo».

Edmund capì che la conversazione era finita e, dopo aver salutato il professore, uscì dalla presidenza con mille pensieri in testa.

Attese con sempre maggiore ansia il banchetto di quella sera, non solo perché Captatio avrebbe rivelato cos'era successo a Hogwarts, ma anche perché era stata prevista la premiazione del Torneo Trecolonie. Evento che non si era mai verificato nella storia del Torneo, quell'anno c'erano due vincitori: il premio in denaro sarebbe stato diviso e la coppa sarebbe stata tenuta per metà del tempo al Trinity e per la restante metà alla Reclife High School.

Ovviamente, tutti gli studenti irlandesi erano assolutamente convinti che il loro campione fosse stato migliore dell'altro e che fosse l'unico a meritarsi la vittoria. Gente che Edmund non aveva neanche mai visto, lo fermava per i corridoi e gli stringeva la mano o si congratulava con lui. Un gruppo di ragazzine del terzo anno passò parecchio tempo a lanciargli occhiatine ammiccanti e a nascondere rossori e risolini divertiti.

Ma, più che tutta quella fama, Edmund era contento delle attenzioni dei suoi amici Laughlin e Mairead. La ragazza, in particolare, sembrava aver dimenticato di essere la fidanzata di Bellimbusto-Campione-di-Quidditch-Conery e dedicava tutto il suo tempo a Edmund. Laughlin, dal canto suo, era un po' depresso per l'imminente partenza delle studentesse della Dashi Mahal, Chaitaly in particolare, ma dimostrando una sprezzante aria da Don Giovanni, fingeva di non essere particolarmente interessato alla cosa.

I tre amici passarono un piacevole pomeriggio in riva al lago, chiacchierando con tranquillità di cose banali, come se volessero fingere di avere una vita normale e tentassero così di scacciare tutti i cupi pensieri per ciò che aveva sconvolto e reso assurdo (tanto per cambiare) il loro quarto anno di scuola. Arrivata la sera, si incamminarono nuovamente verso il castello, pronti a gustarsi il banchetto di fine anno.

Gli elfi domestici sembravano aver dato il meglio di sé, forse per tentare di stupire un'ultima volta gli ospiti. In Sala Mor si respirava un'aria di allegria e di festa, ma anche un po' di nostalgia per gli amici stranieri che presto sarebbero ritornati a casa. Al tavolo dei giudici, la O'Gara era stata temporaneamente sostituita, con grande rammarico di Edmund, proprio da McPride. Per tutta la sera, continuò a lanciargli sorrisetti che volevano essere paterni, ma che in realtà facevano rabbrividire Edmund e gli ricordavano la terribile prospettiva di passare l'estate a villa McPride.

Terminato il banchetto, il professor Captatio si alzò dal tavolo degli insegnanti e la sala piombò nel silenzio. «È con immenso piacere che chiamo qui davanti i due vincitori di quest'edizione del Torneo Trecolonie, Hewa Wedge e Edmund Burke!» esclamò entusiasta, allargando le braccia come un presentatore.

Edmund e Wedge si alzarono entrambi dal tavolo dei Raloi e, sotto uno scrosciante applauso, raggiunsero il fondo della sala. Si inchinarono ai giudici e agli altri professori, poi si voltarono verso gli studenti.

«Fate bene ad applaudire» esclamò il professor Captatio. «Perché questi due giovani hanno dimostrato una prontezza di spirito e una capacità di vincere le situazioni avverse davvero notevole. Sono qui oggi, insieme davanti a voi, non solo perché entrambi hanno afferrato la coppa del Torneo, ma anche perché, seppur nelle differenze e nelle rivalità, hanno saputo collaborare quando il momento lo richiedeva e hanno affrontato situazioni ben peggiori di ciò che era richiesto loro nelle prove».

Edmund capì subito che quelle parole si riferivano alla loro lotta contro l'operaio drogato dalla Pozione dell'Ossessione. Era vero: stranamente, lui e Wedge erano riusciti a collaborare, in quell'occasione.

«Edmund e Hewa hanno dimostrato a tutti noi non solo il loro grande coraggio e la forza di volontà che li ha portati qui stasera, ma anche il fatto che le situazioni avverse sembrano più leggere, se affrontate in due» riprese a dire il preside. «Per questo, i giudici hanno acconsentito che il Torneo Trecolonie avesse due vincitori. Perché, quando dobbiamo combattere, è meglio se abbiamo un amico al nostro fianco».

Il discorso fu accolto da un caloroso applauso, anche se Edmund intravide Chaitaly, seduta al tavolo dei Nagard poco distante da Laughlin, che aveva proprio l'aria di essere scoppiata a piangere. Dei tre campioni, era l'unica restata a bocca asciutta. Quasi gli dispiaceva, visto che aveva legato molto di più con lei che con il campione africano. Edmund si voltò impercettibilmente verso il preside Singh, ma vide che lui era imperturbabile come sempre. Esisteva qualcosa capace di sconvolgerlo?

Inoltre Edmund aveva come l'impressione che l'idea di sottolineare le loro virtù collaborative fosse solo di Captatio: gli altri giudici dovevano essersi semplicemente rassegnati al fatto che era impossibile stabilire chi tra lui e Wedge avesse vinto.

Al termine del breve discorso del preside, McPride si alzò dal tavolo e si avvicinò a loro, per consegnare il premio in denaro e appuntargli al petto la coccarda del vincitore, su cui vi erano rappresentati gli stemmi delle tre scuole e, al centro, le lettere “T” e “C”.

«Ben fatto, figliolo» si complimentò McPride, nel appuntare la spilla sul petto di Edmund. «Non faccio altro che premiarti, di questi tempi».

Edmund non rispose alla provocazione, ben sapendo che, contro quell'uomo, aveva combattuto una battaglia persa fin dall'inizio. Ma, almeno per quella sera, non voleva pensarci: doveva godersi la festa.

Wedge aveva un sorrisetto beffardo stampato in faccia e sembrava estremamente soddisfatto di essere lì a raccogliere gli applausi del pubblico. «Non sei poi così male, sai, pivello, per essere un pisciasotto di quindici anni» sussurrò rivolto all'altro campione.

«Ne ho sedici, di anni» sibilò in risposta Edmund.

«Come vuoi» replicò Wedge, alzando una spalla in segno di disinteresse.

Edmund scosse la testa, ma capì che quello sarebbe stato il massimo che avrebbe potuto ottenere da uno pieno di sé come Hewa Wedge. Era una specie di complimento, detto da lui. Fu allora che anche lui si lasciò sfuggire un sorrisetto. «Anche tu non sei poi così male» gli disse.

«Saremmo anche potuti essere amici, se fossimo stati nella stessa scuola» mormorò divertito Wedge.

Edmund sogghignò. «Non esageriamo, eh?»

Si scambiarono un'occhiata. Hewa non sembrava così borioso, quando sorrideva con sincerità. Amici forse no, ma almeno era una tregua. In fin dei conti, si assomigliavano più di quanto volessero ammettere.

Dopo qualche minuto di applausi, il professor Captatio si alzò nuovamente da tavola e la sala si zittì. Questa volta, il preside, aveva uno sguardo più severo. «Cari studenti, cari professori e cari ospiti» cominciò a dire con un tono serio. «Spero che l'esperienza del Torneo sia servita per arricchirvi culturalmente e spiritualmente. Abbiamo conosciuto persone, compagni e amici di nazioni lontane, abbiamo imparato le loro abitudini e le loro tradizioni e abbiamo scoperto che, tra le tante differenze, siamo tutti uomini e donne con speranze e sogni che devono essere rispettati. Mi auguro che ciascuno di voi abbia scoperto qualcosa dell'altro e abbia capito qualcosa in più di sé» con quelle parole, riservò uno sguardo paterno a tutta la sala, poi continuò: «Purtroppo, però, non viviamo nel paese dei balocchi e la dura realtà ci può svegliare all'improvviso».

Era strano sentire il professor Captatio usare quel tono grave. Tutta la sala era avvolta da un silenzio teso. Infine, il preside sospirò e cominciò a dire: «Come sapete, quest'anno si è svolto a Hogwarts il Torneo Tremaghi. Durante l'ultima prova, uno dei campioni è morto. Ma non per un incidente, è stato ucciso. Da Lord Voldemort».

Quelle parole furono seguite da una serie di mormorii spaventati. Non solo il professor Captatio aveva osato dire ad alta voce il nome di Colui-che-non-deve-essere-nominato ma addirittura sosteneva che fosse tornato. Assurdo! Lui... era morto, anni fa! Era inconcepibile pensare che avesse riacquistato potere.

«Non può essere...» mormorò qualcuno.

«È terribile!» strillò un altro.

«Voi-sapete-chi è morto!» gridò un Raloi, sovrastando il mormorio.

Captatio alzò una mano e la sala si zittì. «No, era debole. Più morto che vivo, forse, ma non morto del tutto. È risorto a nuovo potere e forse anche più potente di prima. Cercherà di far calare di nuovo sui nostri paesi un'oscurità senza speranza.

«Il Ministero britannico ha deciso di chiudere gli occhi e fingere che Voldemort non sia tornato perché è più semplice vivere nei sogni che affrontare la realtà. Ma non lasciatevi ingannare: sono in arrivo tempi oscuri».

Edmund sentì come un peso che gli calava sulle spalle: se Voldemort era davvero tornato, nessuno era più al sicuro. Il terrore di quegli anni, le spedizioni punitive dell'EIF, le sparizioni... era come essere ripiombati dentro un incubo.

Edmund lanciò un'occhiata fugace a Mairead e vide che era sbiancata. Le si leggeva la preoccupazione negli occhi e non era francamente difficile immaginare il motivo: più Voldemort era minaccioso, più consensi otteneva l'EIF.

Anche Lauighlin, dall'altra parte della sala, intercettò lo sguardo di Mairead. I due si scambiarono un'occhiata densa di inquietudine: bastò quello per capirsi fino in fondo.

«Ragazzi» li richiamò il professor Captatio in tono serio. «Presto a tutti noi sarà richiesto di scegliere da che parte stare, se schierarci con coloro che negano la realtà, con coloro che usano la violenza per combattere la violenza, o con coloro che vivono di compromessi, alleandosi di volta in volta con il più potente. Io non posso dirvi da che parte dovete stare, ma quando toccherà a voi scegliere, sappiate che giustizia e verità sono valori di cui non possiamo dimenticarci».



Ebbene sì, siamo giunti ormai alla fine: martedì prossimo posterò l'epilogo di questa storia.

Mi spiace ragazzi, ma con tutto quello che è successo qui e a Hogwarts non potevo che chiudere con un capitolo un po' deprimente. Però ho approfittato di Captatio per spiegare meglio la Pozione dell'Ossessione e dei “tempi oscuri in arrivo” per far recitare ancora una volta la parte del saggio consigliere al mio buffo preside.

Inoltre, per svelare il mistero che ho lasciato in sospeso nel capitolo scorso: Wedge assomiglia terribilmente a Edmund! Nessuno se n'era accorto? Certo, un Edmund pienamente cosciente delle proprie eccelse qualità, che per ora avete solo assaggiato nella sua versione sbruffona e idiota causata dalla gelosia, ma che vedrete meglio nel prossimo racconto! ;-)

Bene, non ho molto altro da dire se non: BUON NATALE!

Un affettuoso augurio a tutti, a martedì prossimo,

Beatrix

   
 
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