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Autore: Lisa_Pan    20/12/2011    3 recensioni
Dal primo capitolo:
"La borsa piccola a tracolla a sinistra, la macchinetta a destra, il computer che penzola instabile dalla spalla sinistra, lo zaino che pesa sulla mia schiena. Viaggiare leggeri è un consiglio che non ho mai seguito. Non è difficile immaginare perciò, quanto sia scarsa la mia possibilità di movimento in posti come una stazione, frequentati da un numero di persone tale da ritrovarsi naso contro naso con un perfetto sconosciuto."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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viaggio cap.2

Pece

Ore 10:05

Per quanto il calore dell'abitacolo fosse soporifero non riuscivo ad addormentarmi. Le palpebre pesanti si chiudevano sul mio sguardo, riposando gli occhi che sapevo arrossati e ridotti a due fessure. Avevo passato la notte in bianco, scossa dai brividi e stretta alla borsa dell'acqua calda. Mi ero alzata presto, insofferente, e avevo indossato un maglione di lana di un candido bianco latte. Avevo sudato durante la corsa disperata verso la stazione e adesso sentivo il sangue fluire denso dentro le vene sotto le mie dita.

Poggiai la fronte calda sul finestrino freddo cercando un minimo sollievo. Chiusi di nuovo gli occhi massaggiandomi le tempie. Un mugulio solitario si fece spazio tra i denti e sgusciò fuori dalle mie labbra.Era passata solo un'ora da quando il treno aveva lasciato la stazione di Milano, addentrandosi in quel muro di nebbia che vedevo fuori dal finestrino e le mie condizioni peggioravano a vista d'occhio. Sotto i polpastrelli pulsanti sentivo le guance accaldate, immaginavo il mio volto paonazzo con gli zigomi in fiamme. Ringraziai il fatto che stessi tornando a casa e imprecai mentalmente pensando al lungo traggitto che ancora mi separava dal mio letto caldo.

"Ti hanno mai detto che, di solito, in queste condizion non si esce di casa?"

Costrinsi me stessa ad aprire gli occhi. Le palpebre, sempre più pesanti, si richiusero appena la luce rimbalzò sulle mie pupille.

Quando finalmente riuscii ad aprire definitivamente gli occhi mi accorsi che il posto, che prima pensavo vuoto, di fronte a me era occupato dal ragazzo delle valige. Il suo viso era dannatamente vicino al mio, tanto da rendermi difficile mettere a fuoco i suoi occhi. Quando fui in grado di distinguere la forma delle sue pupille sentii lo stomaco contrarsi e la testa alleggerirsi. Un pozzo nero, profondo, in cui riuscivo a leggere la forma sfocata dei miei occhi riflessi nei suoi, il contorno della pupilla distinguibile esclusivamente grazie ad un meraviglioso anello blu intenso. Un fiumiciattolo di ghiaccio in quel lago di pece. Ne rimasi stregata.

Poggiai nuovamente la fronte al finestrino, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi divertiti e accusatori.

“Ci sto tornando proprio ora, a casa..” Starnutii cercando di contenermi, procurandomi una forte fitta all'altezza delle tempie che mi costrinse a serrare gli occhi istintivamente.

“Anch’io".

Lo avevo ignorato, avevo ignorato il suo chiaro tentativo di conversazione. Mi dispiaceva ma non avevo ne le forze ne la concentrazione per avviare un qualsiasi tipo di discussione. Circondata da un'aura angelica comparve l'hostess con il carrellino delle cibarie e, con sguardo sofferente e mugolii da censura, mi avvicinai a lei e con un filo di voce la chiamai, attirando la sua attenzione. Mi lanciò uno sguardo un pò spaventato e un pò scettico che non biasimai.

“Mi scusi potrei avere una bottiglietta d’acqua e una camomilla?”

“Non so se abbiamo ancora della camomilla, lasciami controllare un secondo”

La sua figura minuta ed esile scomparve per metà nel carrellino per una buona manciata di secondi e, quando riemerse con in mano una bustina di quella bevanda miracolosa, mi sorrise soddisfatta. Oltre all'infuso mi porse un bicchiere con un collarino intorno alla sua circonferenza per non farmi scottare e, dopo averla ringraziata più volte, mi affrettai a immergere l'infuso nel liquido caldo e fumante. Ogni movimento attentamente controllato dallo sguardo color pece.
Sorrisi e, mentre ad occhi chiusi respiravo il vapore caldo che si alzava dalla bevanda, gli chiesi cosa ci fosse di così interessante da catturare la sua totale attenzione.

“Sono preoccupato”

“Per cosa?” Chiesi distrattamente poggiando le labbra sulla tazza bollente.

“ Non vorrei che mi crollassi tra le braccia, Oggi non ho con me il mio costume”.

Sospirai quando la bevanda calda invase la mia gola e finì giù fino allo stomaco. La mia schiena fu percorsa dai brividi e per un secondo mi ritrovai a tremare come presa da spasmi. La temperatura interna del mio corpo saliva velocemente aumentando il mio mal di testa e donando al mio corpo quello stato di debolezza tipico e fastidioso della febbre. Ascoltai la risposta di occhi di pece infastidita, le sue mezze frasi mi confondevano.
Poi finalmente il mio fantastico intuito tornò a bussare alle porte del mio cervello, spento, e indirizzai al tipo un’occhiata accusatoria.

“Ammetto che sarebbe stato divertente vederti con le mutande sulla calzamaglia ma spiacente, oggi ti lascio senza lavoro.”

Il calore della camomilla cominciava a scorrermi nelle vene e sentivo la testa tornare a respirare, come se fosse possibile. Mi concessi un sorriso e lo guardai fare lo stesso. La curva delle sue labbra sottili ma morbide si piegò in un largo e dolce sorriso. Le schiuse di poco lasciando che gli incisivi candidi facessero capolino. Quando serrò gli occhi notai come fosse particolare la loro forma: mandorle che racchiudevano biglie grandi e nere. Le ciglia lunghe erano dello stesso colore dei capelli, arruffati e raccolti in una specie di chignon.
Mi sorpresi quando nella mia mente bussò un pensiero solitario e silenzioso.
E' di una bellezza unica
.
Sbarrai gli occhi e ringraziai che sulle mie guance fosse già presente un rossore più incisivo di quello che si stava facendo padrone delle mie guance. Era vero però. Non lo avrei mai definito bello, perchè non lo era. Semplicemente perchè la parola bello per lui era poco esplicativa.
Un raggio timido di sole gli illuminava metà del volto e un triangolino, proprio sullo zigono, dell'altra metà. Il volto era un ovale leggermente più affilato all'altezza del mento e racchiudeva questo agglomerato di caratteri unici, un pò orientali e un pò occidentali.

“Hai trovato qualcosa d’interessante?” Mi fece il verso e solo allora mi resi conto che lo stavo fissando.

Chiesi scusa e mi voltai di nuovo verso il finestrino.

Avevo davvero molto freddo, così mi alzai a prendere la giacca, cercando di non far cadere nulla. Una borsa mi scivolò dalle mani ed io barcollai sotto i miei stessi riflessi, mancando la presa di pochi centimetri e ricadendo sul sedile a peso morto, con la giacca stretta in pugno.
Riaprii gli occhi preoccupata ma consapevole del non aver sentito nessun tonfo.Guardai Pece e gli rivolsi uno sguardo colmo di gratitudine. Teneva stretta in pugno la borsa con la macchinetta di mio zio, reduce di anni di guerra e polvere.

“Anche senza calzamaglia non te la cavi male", dissi ridendo.“Grazie mille!”

Feci per prendere la macchinetta tendendo il braccio verso di lui e sporgendomi un po’ con il busto in avanti, cozzando contro il tavolino che ci separava. Lasciò scivolare la macchinetta sul sedile di fianco a lui e mi afferrò il braccio che gli avevo teso.
Mi strinse il polso accigliato, sembrava quasi arrabbiato.

“Come diavolo ti è venuto in mente di partire oggi?”

Lo era per davvero, arrabbiato. Mi stringeva il polso in una morsa ferrea contando i battiti del mio cuore che aumentarono a vista d’occhio. Dentro le vene che stava schiacciando cominciò a scorrere rabbia mista a fastidio. Non lo conoscevo nemmeno e tantomeno lui conosceva me. Non aveva motivo di preoccuparsi e nemmeno il diritto di arrabbiarsi..
Per la prima volta da quando il treno era partito e mi ero ritrovata seduta di fronte a lui, mi stavo rendendo conto di come la situazione si fosse evoluta in qualcosa di atisonante con le circostanze in cui ci trovavamo. Il fastidio cedette il posto alla curiosità e il mio sguardo si posò su quello di lui, così scuro e offeso. C'era una confidenza strana, quasi intima tra noi due, come se lo conoscessi da più di una scarsissima oretta e mezza.

Chi sei?


Wishing Well..

Eccomi di nuovo tra voi, con un piccolo anticipo, anche se ho deciso che questa storia non avrà un suo preciso giorno di pubblicazione. Questo a causa dei vari impegni imprevisti dovuti ad università e una città che non ha decisamente alcun tempo o orario ben definito. Proprio per questo pubblico oggi e non domani perchè, appunto, domani sarà una giornata un pò lunga e abbastanza indefinita. 
Per Pece non avevo un volto, ho deciso i suoi caratteri solamente dopo un incontro con un ragazzo della mia facoltà, quindi ogni singola descrizione è dovuta alla minima, eppure profonda, occhiata che gli ho rivolto. Sono malata e ne sono consapevole..Beh, un grazie mille a tutti, per tutto, il solo fatto che mi leggete è già tantissimo:)

Wishing well.
Lisa

   
 
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