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Autore: voiceOFsoul    21/12/2011    1 recensioni
Bree, a causa di un incidente, ha perso momentaneamente la memoria. Dovrà ricostruire quello che le è successo in questi tre mesi "di buio" aiutata da qualsiasi cosa riesca a sollecitare in lei un ricordo, un "fulmine" come li definisce lei.
Cosa sarà successo e cosa succederà ancora?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In cucina il tavolo è apparecchiato per tre persone. Non lo vedevo così da quando papà è definitivamente andato via. I miei genitori mangiano in silenzio evitando il più possibile di guardarsi. Ferma, con la forchetta in mano e la cotoletta intatta nel piatto, li osservo.
- Papà, non avevi detto che dovevate dirmi qualcosa? -
- Avevamo deciso di parlarne dopo cena, non è così? -
Taglio un pezzo di carne e lo infilo in bocca. Mastico velocemente e mando giù. - Finito. Adesso mi dite cosa succede? -
Si guardano in silenzio. Mamma si alza e porta il suo piatto vuoto al lavandino. Poi esce dalla cucina. - Mamma, dove vai? -
- Lasciala andare Bree. - Mio padre mi afferra la mano. - Non credo che voglia di nuovo sentire questa storia. -
- Quale storia? -
- Quella che ti sto per raccontare. -
- Non hai detto che è qualcosa che riguarda il mio incidente? Che storia dovrebbe esserci? -
- In effetti centra col tuo incidente, ma inizia molto tempo fa. -
- Papà, non capisco. -
- Ascoltami. - Si avvicina strisciando la sedia per terra. - Tu sai che io e mamma abbiamo sempre avuto problemi nel nostro matrimonio. -
- Sì. -
- Quello che non sai è che io ho tradito tua madre. -
- Certo che lo so! Ti ricordo che sei andato via con quella sotto i miei occhi. E ho anche saputo che adesso hai una bambina. -
- Sì, Luce. Ha compiuto due anni da poco. Ti assomiglia tantissimo sai? Ha i tuoi stessi riccioli e la tua stessa dolcezza. - Sorride. - Mi piacerebbe che tu la conoscessi. E' tua sorella, dopo tutto. - Si schiarisce la voce un attimo, tornando serio. - Non parlavo di Iside, comunque. -
- C'è stata qualche altra? -
- Un'altra, sì. Una sola. -
- Mamma avrebbe dovuto mollarti molto tempo fa. -
- Tua madre non avrebbe dovuto nemmeno sposarmi. Non ero abbastanza maturo. L'unico motivo per cui ringrazio che l'abbia fatto è perché altrimenti non avrei mai avuto te. -
- Stai divagando. Continua. -
- Scusa. Moira si chiamava. Era una ragazzina in confronto a me. Io avevo già trent'anni, una moglie e una figlia stupenda appena nata, te. Lei aveva appena la tua età, ventidue anni. Era stata assunta nel mio ufficio come tirocinante e l'avevano affidata a me. Persi la testa, completamente. Lei non ci provò mai con me, non fece mai delle avance, ma io mi ero completamente rincretinito per lei. Era fidanzata e doveva sposarsi. Lavorò nel mio ufficio per tre anni e per tre anni le feci una corte spietata. Non cedette mai. -
- Mi spieghi dove vuoi arrivare? -
- Un giorno, due settimane prima del suo matrimonio, successe qualcosa. Aveva già dato le dimissioni perché non voleva più lavorare dopo essere diventata una donna sposata. Avevamo raggiunto, però, un obiettivo importante. Così, dopo tre anni di corteggiamento e quindici giorni prima del suo matrimonio, accettò di uscire a cena con me. Dissi a tua madre che avevo un'importante riunione d'affari fuori città e che sarei mancato tutto il week end, invece avevo già prenotato una camera nell'hotel in cui avrei portato a cena Moira. Innaugurammo diverse bottiglie di vino rosso per festeggiare il nostro successo come coppia professionale e il suo abbandono della carriera in favore della famiglia. Accettò di salire in camera con me. Non guardarmi in quel modo, Bree! Non mi sono approfittato di una povera ragazza ubriaca. Lei non era affatto ubriaca e sapeva benissimo fin dall'inizio cosa voleva fare. Mi disse che ero il suo regalo di addio al nubilato. -
- Eri sposato e avevi una bambina piccola. -
- Tre anni, avevi tre anni e mezzo. -
- Fai schifo comunque. -
- Bree, ti prego. Non ne vado fiero. Non vado fiero di nulla di ciò che ho fatto. Dirtelo è un modo di ammettere le mie colpe, è un modo per tentare di rimediare. -
- Devi dirmi qualcos'altro? -
- Sì. -
- Allora continua. -
- Mi saltò addosso in ascensore e lì consumammo per la prima volta. Poi andammo in camera e... -
- Puoi saltare la parte in cui mi racconti le tue scopate? Grazie! -
Mi guarda dispiaciuto ancora una volta. - La mattina seguente ci salutammo, ci dicemmo addio. Ma non fu un addio. -
- Vi siete visti altre volte? -
- Non nel senso che intendi tu. Non dissi nulla a tua madre. Gliel'ho detto solo qualche giorno fa quando le ho chiesto di poter venire qui a parlare con te. -
- Non devi chiedere a lei il permesso per parlare con me. -
- Per parlare con te no, ma per entrare qui sì. E' giusto. E' casa sua e se non vuole avermi qui ne ha tutti i sacrosanti diritti. Ed io volevo parlarne qui. E poi, te l'ho detto, per me è una sorta di espiazione. Voglio ricominciare da capo, pulire la mia coscienza. -
- Stai divagando ancora. -
- Scusa. -
- Quando vi siete rivisti? Perché? -
- Circa un mese dopo del suo matrimonio venne a trovarmi in ufficio. Ero molto sconvolto di rivederla. Credetti che volesse chiedermi di diventare amanti. Invece mi disse che era incinta. Le feci le mie congratulazioni, ma non capii perché venisse a dirlo a me. Mi disse che il marito non voleva avere figli al momento perciò, dato che lei non poteva prendere la pillola, aveva continuato ad usare il preservativo anche dopo il matrimonio. L'unica volta in cui aveva fatto sesso senza preservativo era stato con me. -
- Oddio. - Mi sfugge spontaneo. Porto subito entrambe le mani a coprire la bocca. Mi stavo rivedendo in quella ragazza.
- Ero sconvolto. Non capivo cosa voleva da me. Io avevo una famiglia, tua madre, te. Non potevo tornare a casa dicendo che avevo messo incinta un'altra donna. Le chiesi cosa avesse intensione di fare. Mi disse che il marito non lo sapeva ancora e che non poteva rischiare un divorzio a solo un mese dal matrimonio per una sbadataggine avvenuta prima. Così aveva deciso di abortire. -
- Dimmi che glielo hai impedito, ti prego. - Anche questo mi viene spontaneo.
- Ti dirò la verità principessa. Non ci provai nemmeno. Ero felice, anzi. Era la cosa migliore. Se ne andò via dal mio ufficio. Credevo che non l'avrei più rivista, finalmente. Due anni dopo, però, quando tu avevi ormai quasi sei anni, riapparve nel mio ufficio. Aveva con sè un bambino. Un maschietto di quasi due anni. Aveva i suoi stessi occhi color ghiaccio e i capelli neri come la pece, la pelle chiara e le guance rotonde. Indovina un po'? -
- No! -
- Sì. -
- Non aveva abortito? -
- No. Era andata in clinica per farlo, ma non ne aveva avuto il coraggio. Aveva detto a suo marito che un preservativo doveva essersi rotto e non gli disse mai che non era figlio suo. Che era mio figlio. Entrai di nuovo nel panico. Con tua madre eravamo riusciti a trovare un equilibrio e non volevo rovinarlo. Le dissi di andarsene via lei e il bambino. Mi disse che non voleva niente da me, ma avrebbe desiderato che il figlio conoscesse il vero padre, anche se sotto forma di zio. Accettai, a patto che la mia famiglia non ne venisse mai a sapere niente, che nessuno venisse mai a sapere niente. -
- Quindi ho anche un fratello. -
Un'espressione strana, quasi di dolore, appare sul suo viso. - Fammi continuare, Bree. Iniziai a frequentare il bambino, ma soltanto una volta all'anno. Gli dissimo che ero un vecchio amico di famiglia che abitava lontano. Così vedetti crescere mio figlio senza di me. Quando arrivò Iside tre anni fa, lui aveva ormai quindici anni e la sua vita da vivere. Fuggii da tutto, da te e anche da lui. -
- Hai abbandonato completamente anche lui? -
- Sì. E sbagliai, come ho fatto con te. -
- Con lui sbagliasti dal primo momento. -
- Hai ragione, Bree. Solo che con lui non posso più recuparare. - Abbassa lo sguardo.
Sorrido. Gli accarezzo la schiena. - Si può sempre recuperare. -
- No, Bree. Con lui no. - Alza lo sguardo, in lacrime.
Cancello il mio sorriso. - Perché? -
- Perché è morto, Bree. -
- Cosa? - L'ennesima pugnalata in pieno stomaco. Ho appena scoperto di avere un fratello che non conosco. Ho appena scoperto di avere un fratello che non potrò mai conoscere. - Come? Quando? -
Mio padre continua a guardarmi piangendo. - Non credo di farcela. - Sbatte i pugni sul tavolo accasciandovisi singhiozzante. Piango anch'io.
Vedo mamma rientrare in cucina. E' seria, ma nel suo sguardo non c'è rabbia. C'è compassione, c'è dolore, c'è tristezza. - Te l'ha detto? -
- Mi ha detto quasi tutto. -
- Non ce la faccio Alberta, non ce la faccio. - Papà continua a piangere.
Mamma si avvicina a me e mi accarezza le spalle.
- Come è morto mamma? Tu lo sai? Dimmelo, ti prego. -
- Sì, Bree, lo so. Non ti piacerà saperlo, però. -
- Non può fare più male di così. -
- Sì, Bree. Può. -
La fisso negli occhi. No, non ci credo. Non può essere successo quello che penso io. - Mamma vuoi forse dire che... - Non riesco neanche a dirlo.
Mamma si limita ad annuire.
- Dillo, mamma. Dimmelo. - Le lacrime si moltiplicano in un crescendo di dolore.
- La macchina con cui hai fatto l'incidente aveva a bordo tre ragazzi. Due sono rimasti del tutto illesi. Uno è morto sul colpo. -
- L'ho ucciso io? -
- No, Bree. -
- Ho ucciso mio fratello? - Sento qualsiasi vigore abbandonare il mio corpo. Mamma mi abbraccia per sorreggermi. Mi getto su di lei con tutto il mio peso, piangendo, disperandomi. - Ho ucciso mio fratello. - Continuo a urlare.
- No, Bree. -
- Sì, mamma. L'incidente è stata colpa mia. Io ero distratta, ero sconvolta, non avrei dovuto guidare. -
- Bree tu eri distratta ed eri sconvolta, ma non hai causato l'incidente. Il ragazzo che guidava era ubriaco. La strada in cui vi siete scontrati era a senso unico e lui l'ha imboccata in controsenso a piena velocità. -
Non l'ho ucciso io, ma fa male comunque. - Non avessi preso quella strada, forse lui... -
- Forse loro avrebbero fatto un incidente con qualcun altro o da soli. Non puoi sapere come sarebbero andate le cose. -
Piango, continuo a piangere. Mio padre riesce a frenare il pianto e viene a sostituire mia madre. Mi abbraccia forte. - Capisci perché ho bisogno di recuperare con te? -
Lo guardo annuendo. - Voglio recuperare anch'io. -
Mi bacia le lacrime e mi asciuga il viso. Respiro profondamente finché non riesco a smettere di piangere. - Non mi hai detto come si chiamava. -
- Daniel, si chiamava Daniel. -
   
 
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