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Autore: Melanto    22/12/2011    8 recensioni
Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Alla disperata ricerca del Principe scomparso, mentre nel cielo rosseggia un'alba che odora di guerra. Una lotta contro il tempo per ritrovare la Chiave Elementale, prima che finisca nelle mani del Nero, e salvare il pianeta.
Siete pronti a partire?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Elementia Esalogy'
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Auguri Natalizi: Questo sarà l'ultimo aggiornamento prima di Natale, ma non di certo l'ultimo dell'anno! *ride*
Volevo quindi fare a tutte/i voi, che continuate a seguire con costanza e affetto (XD e coraggio!) questa storia, tantissimi auguri per un Natale felice e sereno, da trascorrere con le persone che più amate e che più vi amano, quelle persone importanti che vorreste sempre avere vicino in ogni momento della vostra vita. Divertitevi e mangiate senza stare a pensare alla linea (XD). AUGURI!!! :3 *abbraccia tutti*

ELEMENTIA
- The War -





CAPITOLO 11: I segreti di Mamoru (parte II)

Dhyla – Regno degli Ozora, Terre del Sud Nord-occidentali

“Il prossimo.”
Il tono perentorio era come lo ricordava. Non avrebbe mai ammesso che fosse uguale al proprio quando aveva la luna storta.
Mamoru entrò nella grande stanza che suo padre usava come ufficio, chiudendo le pesanti porte alle spalle.
L’uomo era seduto alla lunga e spessa scrivania, lo sguardo rivolto alle carte che stava compilando.
La luce del limpido tramonto entrava dall’enorme finestra alle spalle del Doge. Dhyla viveva oltre quei vetri.
“Nome e motivo del colloquio.” Nasir Izawa non alzò gli occhi nemmeno per un attimo, continuando a scarabocchiare numeri e parole.
Mamoru si calò l’espressione peggiore e rispose con ironia. “Elemento di Fuoco, in missione per conto del Re Ozora.”
Nasir levò subito lo sguardo, tenendo la piuma sollevata a mezz’aria. I capelli, non più perfettamente neri come in gioventù, erano sciolti e ben più lunghi di quelli di Mamoru. Le labbra si piegarono in un sorriso altrettanto ironico da sotto i baffi e le rughe si approfondirono attorno agli occhi.
“Ma tu guarda chi si ricorda, ogni tanto, di tornare all’ovile.” Lasciò con un gesto seccato la penna nel calamaio, incrociando poi le mani sopra la scrivania. “Bentornato, figlio.”
“Se mi dessi quello che voglio, una volta per tutte, potrei anche smettere di tediarti con queste visite di scortesia. Ne guadagneremmo entrambi.” Mamoru rimase davanti alla scrivania a braccia incrociate e mento sollevato, ma Nasir era ormai abituato ai suoi modi arroganti e aveva sempre saputo rispondergli a tono. Era ancora suo padre, dopotutto.
“E privarmi del piacere di vederti schiumare rabbia ogni volta che te ne vai? Come farei senza il mio passatempo preferito?”
Mamoru masticò un insulto, ingoiandone i frammenti. Gli avrebbe voluto staccare la testa con un colpo solo, ma si limitò a scuotere il capo, spostando altrove lo sguardo. L’ironia si sciolse in toni più seri.
“Vedi di non farmi perdere tempo, sono venuto qui in missione ufficiale.”
“Addirittura?” Nasir si strinse nelle spalle. “Avanti, sentiamo.”
“Voglio un resoconto dettagliato della visita del Principe: è scomparso e io sono stato mandato sulle sue tracce.”
A quella notizia, il volto di suo padre si fece più attento e serio; un sopracciglio saettò verso l’alto. “Scomparso, hai detto?”
“Sì. Lui, la Chiave, tutta la scorta. Scomparsi. Non sono mai giunti a destinazione né tantomeno sono tornati indietro. Il Principe è arrivato a Dhyla, vero?”
L’uomo si passò una mano sul mento, pensieroso e preoccupato. “Sì, certo.”
“Dimmi tutto e non tralasciare nemmeno l’evento più insignificante.”
Nasir annuì adagio, rilassandosi contro lo schienale della poltrona. “La città era blindata. Il Principe era un ospite troppo importante perché qualcosa potesse andare storto, quindi ho raddoppiato il numero dei soldati nei posti di guardia. Ho addirittura sospeso il mercato lungo la strada che avrebbe dovuto percorrere il corteo.”
“E i Minister?” Mamoru prese a camminare davanti al tavolo. Gli occhi di suo padre lo seguivano a ogni passo.
“Tre del Fuoco, uno di Aria e uno di Terra. Dislocati lungo tutta la strada. Uno del Fuoco e quello di Terra sono poi rimasti di guardia al palazzo per la durata della cena e il pernottamento. Il Principe è partito come da programma la mattina successiva.”
“E non è stato notato nulla di anomalo?”
“No.”
Mamoru si fermò nei pressi del grande camino sito nella parete opposta alla finestra. Non ricordava di averlo mai visto acceso, ma era anche vero che lui non aveva mai passato molto tempo, da bambino, in quell’ala del palazzo. Troppo impegnato ad apprendere il possibile da sua madre per dedicarsi ad altro. E poi, non ricordava nemmeno quanto rigido fosse l’inverno a Dhyla; come aveva detto a Yuzo, non ricordava nemmeno se avesse mai nevicato.
Espirando a fondo, appoggiò il braccio sulla mensola della cappa, picchiettandovi nervosamente le dita. Così non andava bene. Era impossibile che non ci fosse ancora nessuna novità, nemmeno un indizio. Come avevano fatto, gli Stregoni, a passare inosservati ogni dannata volta? Soprattutto in una città come Dhyla, dove la componente magica era molto più presente che altrove? A meno che…
“Che cosa ha fatto il Principe?” domandò, lo sguardo assottigliato e puntato in quello di suo padre.
“Ha girato un po’ per la città, ha tenuto un breve discorso alla popolazione e poi per il resto è rimasto al castello. Abbiamo discusso di questioni burocratiche.”
“E le guardie reali sono sempre rimaste con lui?”
“Certo, naturale. Lo seguivano ovunque andasse. Era il loro compito. Anche quando parlava con me, c’era sempre un soldato a vegliare sulla salute del Principe.”
Per un attimo, un dubbio si insinuò nella mente della Fiamma, un dubbio terribilmente grave, ma ormai stava imparando che nessuna ipotesi poteva essere scartata. Nessuna. Nemmeno la più impensabile.
Nasir notò il nervosismo nei gesti del figlio e abbandonò lo sguardo severo in favore di uno preoccupato. Mamoru era cresciuto ancora di più dall’ultima volta che lo aveva visto. Era un uomo ora, anche se negli occhi lo era sempre stato. Inspirò a fondo.
“Sei in missione da solo?”
“Questi non sono affari tuoi.” La Fiamma rispose brusco senza nemmeno girarsi. “Piuttosto, hai altri particolari da riferirmi?”
“No.” Nasir sospirò. “Alloggi sempre alla solita locanda?”
Mamoru ruotò gli occhi con noia, tornando nei pressi della scrivania. Odiava quando fingeva di preoccuparsi per lui.
“Certo, dove se no?”
“Avresti potuto fermarti qui, visto che era una visita ufficiale.”
Tsk. Non essere ridicolo.” Minacciosamente si sporse verso di lui, le mani puntellate ai fianchi e l’espressione disgustata. “Io non ci metto piede, a eccezione di questo dannato ufficio.”
Nasir lo fissò con altrettanta durezza. Il nero dei loro occhi non sbiadiva con lo scorrere del tempo né diveniva meno ardente. Pece e Carbone.
“C’è altro che vuoi sapere?”
Mamoru tornò a sollevare il mento, interrompendo lo scontro visivo. Nessuno dei due vinceva mai, tra loro, si trattava solo di ritirate strategiche per poi tornare a combattere ancora.
“Sì, una cosa c’è: quando ti deciderai a darmi quel dannato permesso?”
A Nasir sfuggì una risata ironica a labbra strette. Scosse il capo. “Non molli la presa, vedo. Nemmeno in missione. Ancora non ti sei stancato?”
“Per niente. Credi davvero che mi arrenderò, un giorno?” Mamoru si sentì ferire nell’orgoglio. “Non ci penso nemmeno. Io tornerò, fino a che non cederai. Sarai tu ad arrenderti.” Gli volse le spalle, guadagnando la porta con passo fiero e deciso. Si fermò sull’uscio un’ultima volta, rivolgendo a suo padre solo la coda dell’occhio. “E vedi di dire alla tua donna di non intralciare la mia strada.”
Nasir rimase a osservare il modo brusco con cui sbatté l’uscio per poi passarsi lentamente una mano sul volto.
“Che caratteraccio. Chissà da chi ha preso…” Gli venne da ridere.
In quel momento la porta si aprì piano e la testa candida di Rhadan fece capolino. Sul viso, l’espressione preoccupata.
“Va tutto bene, signore?”
“Sì, certo. Tutto a posto.” Un sorriso riconoscente si incurvò da sotto i baffi. “Grazie per avermi avvisato.”
Il servitore accennò appena col capo e poi se ne andò, lasciandolo nuovamente ai suoi affari.

Per quale dannato motivo avrebbe dovuto pernottare in quel maledetto palazzo?
Ormai non aveva più niente a che fare con nessuno, lì, eccetto suo padre. Ma una volta che avesse ottenuto quel maledetto permesso, tutta quella storia sarebbe finalmente finita e lui non avrebbe rimesso mai più piede a Dhyla.
Mamoru aveva lasciato la sede dogale quasi correndo, tanto sostenuto era il suo passo. Ne aveva abbastanza di quel posto, degli sguardi che la gente gli rivolgeva e di quella inutile commedia che ogni fottuta volta suo padre metteva in piedi. Se non fosse che diverso era stato il motivo che lo aveva condotto in quella città, questa volta non se ne sarebbe andato fino a che non gli avesse consegnato quell’odiatissimo documento.
Un semplice pezzo di carta e dopo la sua famiglia non sarebbe esistita mai più. Forse non esisteva già da tempo, ma presto avrebbe spezzato anche l’ultimo legame.
Perché i legami indebolivano e fuorviavano.
Ingannavano.
E lui doveva liberarsene ora che era in tempo.
Anche con Yuzo.
Scosse il capo. Non voleva nemmeno accettare di avere una qualche sorta di legame con lui. Eppure le sensazioni di Rhanka erano ancora lì, calde come il vento shurhùq.
Mamoru si massaggiò la fronte, passando poi una mano tra i lunghi capelli corvini.
Avrebbe fatto in modo che il giro di perlustrazione si concludesse il giorno dopo così, la sera, sarebbero stati nuovamente pronti per ripartire. Doveva lasciare quella città il più in fretta possibile. Gli faceva mancare l’aria.
La Fiamma si inoltrò per alcuni vicoli stretti che tagliavano la via principale. Sarebbe arrivato alla locanda giusto in tempo per la cena, anche se non aveva chissà quale appetito. D’un tratto si fermò, per capire dove fosse e non trovò nessun elemento familiare. Non conoscendo Dhyla alla perfezione, forse doveva aver sbagliato vicolo in cui svoltare.
Sbuffò, portandosi le mani ai fianchi. Frettolosamente si guardò intorno per riuscire a capire da che parte doveva andare, quando i suoi occhi passarono di sfuggita davanti alla vetrina di una taverna e la superarono.
Poi tornarono indietro.
E si fermarono, divenendo enormi.
Orbite nere che sembravano inglobare tutto ciò che vedevano, quasi fossero dei pozzi senza fondo.
Si era trattato solo di un attimo. Il brillio di un lungo orecchino era rimasto intrappolato nella coda del suo occhio; gli era sembrato quello del volante.
Aveva guardato meglio.
Era quello del volante.
I suoi occhi non mentirono quando lo videro seduto a un tavolo assieme alla donna alla quale non si sarebbe mai dovuto avvicinare. Glielo aveva ordinato e lui aveva detto che avrebbe obbedito, che avrebbe obbedito a tutti i suoi ordini. Glielo aveva promesso, gli aveva dato la sua parola.
Ma in quel momento non vide nient’altro che loro due che continuavano a discorrere amabilmente come se lui non avesse nemmeno parlato.
E si sentì tradito; la sua fiducia gettata alle ortiche.
Il sangue si incendiò nelle vene e formicolò nei palmi; cavalcò la schiena, avvampò il petto.
Quel fottuto volante aveva oltrepassato il limite.

Si erano lasciati alle spalle le vie trafficate del mercato, i rumori, la gente e la pioggia di petali.
Avevano scelto la tranquillità di una taverna meno in vista come luogo in cui nascondersi, ma gli sguardi degli avventori erano comunque su di loro, incuriositi.
La donna aveva congedato la sua accompagnatrice, delegandola di tornare a casa e di riferire alla cuoca cosa avrebbe dovuto preparare per cena. Era molto meticolosa, ma gentile.
Yuzo l’aveva osservata con attenzione, come se dai suoi modi di fare avesse potuto scoprire tutto di lei. Gli aveva detto di chiamarsi Sheral e gli aveva fatto strada verso quella taverna dove erano ancora seduti.
Erano rimasti in silenzio fino a che una cameriera non aveva portato le loro ordinazioni.
Il tramonto era già in atto, ma il cambio di luminosità era stato reso meno evidente dalle candele accese.
Yuzo aveva mantenuto lo sguardo fisso sulla tazza fino a che lei non aveva parlato.
“Matrigna sarebbe il termine più corretto. La vera madre di Mamoru è morta che lui aveva solo sei anni.”
“Sì, me lo ha accennato.”
La donna lo guardò con espressione palesemente stupita, ma era una sorpresa positiva.
“Davvero?”
“Sì, mia signora.”
“Non immagini quanto sia contenta di questo.” Rimestò il cucchiaino nel tè per l’ennesima volta. I movimenti erano lenti e perfettamente circolari. “Mamoru non ama parlare di sé o della sua famiglia.”
“Già. È un po’ burbero.”
“Solo un po’?” rise lei divertita. “Anche se non è davvero mio figlio, gli voglio bene come se lo fosse, ma lui non ha mai accettato il fatto che suo padre si sia risposato. Per lui non sono che l’usurpatrice che ha osato prendere il posto della sua vera madre.” Levò lo sguardo sull’Elemento d’Aria. “Mi spiace che abbiate dovuto assistere a una scena simile, prima, e mi spiace di averti costretto a concedermi qualche minuto, ma volevo sapere come stava.”
Yuzo riconobbe un senso d’afflizione e rassegnazione nel suo sospiro.
“Sai, Mamoru non torna quasi mai e quando finalmente rientra in città va dritto da suo padre, litigano e se ne va. Non resta nemmeno a dormire a casa…”
“Sì, lo so. Alloggiamo alla locanda dove si ferma di solito. E’ stato così che abbiamo scoperto che era il figlio del Doge. Non lo sapevamo…” Yuzo incrociò le mani sulla superficie del tavolino.
Era consapevole che non avrebbe dovuto farlo e aspettare che fosse Mamoru stesso a parlargliene, ma sapeva anche che la Fiamma non lo avrebbe mai fatto, così s’arrischiò a chiedere: “Quindi è a causa del suo secondo matrimonio che Mamoru e suo padre non vanno d’accordo?”
Doveva capire.
Magari… magari avrebbe potuto fare qualcosa, anche se il rischio di farsi odiare era altissimo. Aveva già disobbedito ai suoi ordini, Mamoru sarebbe andato fuori di testa, ma non voleva che continuasse a soffrire.
Perché la Fiamma soffriva, anche se fingeva d’essere indistruttibile e indomabile come un incendio.
La donna lo scrutò a lungo, le sopracciglia erano aggrottate sull’espressione titubante.
“Mamoru non ti ha raccontato di com’è morta sua madre, vero?”
Il volante scosse il capo.
“Lei era una Sacerdotessa Elementale.”
Quella verità lo gelò. Yuzo avvertì nettamente l’aria ghiacciarsi lungo la schiena. Come un fulmine gli tornò alla mente quel momento a Dhèver in cui aveva saputo che Rika era stata Sacerdotessa Elementale, ricordò la freddezza improvvisa e poi la malinconia nei suoi occhi quando aveva guardato la piccola Mayleen. Comprese tutto in maniera limpida, quasi l’avesse sempre saputo.
“Una delle più importanti dell’ultimo secolo, oserei dire. Fu costretta a lasciare il tempio quando la sua famiglia cadde in disgrazia. Purtroppo, il fratello maggiore della madre di Mamoru era morto prematuramente e tutte le responsabilità si riversarono su di lei. L’unico modo che i Takarazuka avevano per non perdere i loro possedimenti era quello di legarsi a qualche famiglia importante. Il caso volle che il vecchio Doge, il nonno di Mamoru, stesse cercando una moglie per il figlio che avrebbe dovuto ereditare l’intero Dogato di Dhyla. Fu così che venne combinato il matrimonio tra Nasir Izawa e Sakura Takarazuka.”
Sakura.
Quel nome rimbalzò nella sua testa senza fermarsi, ma esplodendo in altri nomi, concetti, pensieri.
Sakura.
I fiori di ciliegio.
Quelli che riempivano l’intera città.
Quelli che Mamoru amava.
“Nasir… ha amato davvero Sakura, nonostante il loro rapporto fosse costruito su litigi e silenzi. L’ha amata dal primo momento che l’ha vista.” La donna sorrise. Dal suo sguardo era chiaro che sembrava conoscere ogni cosa di suo marito, ogni pensiero e sfumatura. E anche se parlava dell’amore che l’aveva legato a un’altra donna non c’era astio o invidia nei suoi occhi. “Sakura era così bella. Sembrava una bambola antica e preziosa e per questo fragile. Invece era una donna che dietro la purezza della devozione per la Dea Maki, dietro la bellezza intoccabile nascondeva una spietatezza che neanche il diamante avrebbe potuto scalfirla.” Lo sguardo s’adombrò. “Non ha mai amato nient’altro che la Dea e il suo Elemento. Sakura era nata per il Fuoco, portarla via da Vestalys non servì a piegarla né spezzarla. Molti pensarono che fosse pazza, invece aveva solo una fede incrollabile e niente, niente riuscì mai a far vacillare le sue convinzioni. Né suo marito. Né suo figlio.”
Un altro brivido, più forte del precedente, lo punse per tutta la spina dorsale senza dargli tregua. Aghi sotto pelle, si infilavano tra le ossa.
Sheral parlava di Fuoco, ma lui avvertiva solo ghiaccio nelle sue parole, lo stesso che aveva letto negli occhi del compagno da quando avevano messo piede in quella città.
“Fin dalla sua nascita, Mamoru è stato educato secondo i principi elementali. Sakura se ne incaricò personalmente nonostante Nasir fosse sempre stato contrario. Temeva che anche lui rimanesse ossessionato dal Fuoco e per questo ha sempre cercato di spezzare il loro legame, ma a quella età il mondo di un bambino ruota tutto attorno alla propria mamma.” Sheral addolcì lo sguardo con un sorriso. “Almeno, questo è quello che sto imparando dai miei figli.”
Yuzo sgranò gli occhi. “Mamoru ha dei fratelli?!”
Lei ridacchiò del suo entusiasmo. “Ben tre. Due maschietti e una femminuccia. Sono orgogliosissimi di avere per fratello maggiore un Elemento di Fuoco, stravedono per lui.”
“Ma è bellissimo!” Poi il volante si accigliò, passandosi una mano sul viso. “Oddee, spero che Mamoru sia gentile con loro, mi ha detto che non sopporta i bambini…”
“Anche io all’inizio credevo che li avrebbe detestati. Dopotutto: odia me, odia suo padre, perché avrebbe dovuto avere riguardi per quelli che per lui non sono che fratellastri? Invece, nei momenti in cui si sono incrociati, non è stato affatto scontroso. Ma in imbarazzo. I bambini gli fanno sempre un sacco di feste e lui… a volte ho avuto l’impressione che gli facesse piacere, che volesse essere più espansivo, ma non ci riesce: non si sente parte della famiglia. Così resta sulle sue e concede loro giusto un’occhiata o un saluto prima di dileguarsi.”
Il volante non nascose la sorpresa.
Ripensando bene ad alcune frasi che gli aveva rivolto a Sendai, avrebbe dovuto capirlo subito che anche quelle facevano parte di un atteggiamento di facciata. Ma non avrebbe mai pensato a una cosa del genere.
Mamoru aveva tre fratelli.
Il sorriso fece lentamente sparire la perplessità.
Immaginarlo nel ruolo di ‘maggiore’ lo fece ridere sottilmente. Doveva essere fantastico.
Sheral riprese la parola dopo aver sorseggiato un po’ del suo tè, ora tiepido. Nel tono, tornato serio, quasi dolente, Yuzo comprese che la storia non era ancora finita.
“Con gli anni mi sono resa conto che Sakura non aveva fatto altro che ‘rispettare’ gli impegni presi. Prima di sposarsi, la sua responsabilità era stata quella di non abbandonare la famiglia in disgrazia, mentre dopo il matrimonio il suo dovere era divenuto quello di dare un figlio a suo marito. Se ci pensi bene, ha fatto entrambe le cose, ha mantenuto fede agli obblighi, ma nessuno le aveva detto che sarebbe dovuto essere per sempre. Fin da prima di sposarsi non ha mai smesso di ripetere che sarebbe tornata a Vestalys, un giorno, anche se oggettivamente non avrebbe più potuto farlo. Qualsiasi Sacerdotessa che abbandona il tempio viene esiliata all’istante e per sempre, non importa il motivo. Eppure Sakura era convinta del contrario.” La donna sospirò. “Lei decise di aver adempiuto ai suoi doveri quando Mamoru compì quattro anni. Lo fece partire in gran segreto, senza avvertire nemmeno Nasir. Attese due anni prima di congedarsi.”
“Con… congedarsi?”
Sheral levò lo sguardo su di lui e a Yuzo parve quasi di vederlo il ghiaccio che riusciva a ricoprire cose e persone. Era tattile.
“Sakura si suicidò nella grande distesa di ciliegi che, prima di quel giorno, sorgeva alle spalle del palazzo dogale.”
Il ghiaccio si ruppe all’improvviso, lasciando solo una lucente polvere di diamanti. Poi si dissolse.
Yuzo non parlò. I lucchetti dell’Autocontrollo si serrarono uno dietro l’altro per nascondere agli occhi della donna la vera espressione che avrebbe voluto mostrare. Ora, sul suo volto, c’era quella fissità che Mamoru avrebbe riconosciuto essere finta in un attimo. La sua matrigna, invece, non aveva idea che si stesse nascondendo e davanti a lei vedeva solo un giovane uomo dal volto serio.
“Nemmeno Nasir riuscì a fermarla. Sakura era troppo potente e a lui non rimase che guardarla morire tra le sue stesse fiamme.”
“Si arse viva.”
“Sì. Davanti a suo marito. Senza la minima pietà.”
Un nuovo giro di chiave. La dominazione perfetta dell’emotività rinchiusa nel più piccolo spazio, fino a soffocarla.
Con un sospiro, Sheral stemperò il tono. “Come ti ho detto, lei era nata per il Fuoco e solo nel Fuoco avrebbe accettato la propria fine. In questo modo, tornando cenere, sarebbe potuta tornare anche a Vestalys. Sai, le Sacerdotesse Elementali del Fuoco, quando muoiono, vengono cremate e le ceneri gettate nella brace del loro Elemento Eterno, il Sangue, affinché il suo ardere si fortifichi. Nonostante lei fosse stata esiliata dal Tempio, la Prima Sorella e le Sorelle Maggiori decisero che avrebbero fatto un’eccezione.” Scosse il capo, sul volto s’affacciò l’ombra di un sorriso ironico e triste. “Per loro, la sua devozione è superiore, divina. Per questo Sakura è conosciuta come Il Mito. La sua storia è portata come modello, un esempio da seguire.”
Yuzo deglutì e la rabbia aveva un sapore acre. I lucchetti si chiudevano con suoni cupi che echeggiavano nella testa.
Delle persone avevano sofferto per la sua ‘devozione’, Mamoru continuava a soffrire in solitudine. Ma alle Sacerdotesse non importava, troppo concentrate sulla propria fede. Il dolore altrui non era degno di nota.
Con tutto sé stesso pregò di non aver mai a che fare con quelle donne.
“Mamoru era solo un bambino quando Sakura morì e per lui, che le era sempre stato così legato nonostante tutto, fu semplice vedere in Nasir il colpevole. Per questo non vanno d’accordo: Mamoru vuole portare le ceneri di Sakura a Vestalys e Nasir non glielo permette.” Sheral abbassò lo sguardo sulle proprie mani. Sorrise e sul volto si leggeva amore incondizionato e profondo. “Nasir adora suo figlio e vorrebbe davvero avere un buon rapporto con lui. Il problema è che sono uguali: testardi e pieni d’orgoglio. Nonostante sia stata lei la causa della loro separazione, Sakura continua a rimanere anche il loro unico punto d’unione.”
Yuzo l’ascoltò fino in fondo con attenzione, concentrandosi solo su di lei e sulle sue parole. Il tè che aveva davanti non era stato toccato nemmeno con il cucchiaino e ormai era diventato gelido.
Così quella era la storia, il perché Mamoru e il suo perenne ardore fossero divenuti glaciali e imperscrutabili. Il perché lui fosse sempre così cinico e preferisse restare da solo. Il perché considerasse inutili i legàmi. E ora che l’aveva saputo non aveva la minima idea di quello che avrebbe dovuto fare. Era stato troppo sicuro di poterlo aiutare, di essergli utile in qualche modo, senza nemmeno pensare che, invece, lui non avrebbe potuto fare niente.
Non aveva ragionato a dovere, ma si era fatto guidare solo dal desiderio di poter fare qualcosa affinché non soffrisse.
Sheral gli rivolse un sorriso più entusiasta e curioso. “Scusami se ho parlato così tanto. Ti prego, raccontami un po’ di Mamoru. Da quanto vi conoscete? Tu non sei di Fyar, vero?”
Yuzo ricambiò il sorriso, allentando un po’ la tensione che avvertiva nelle spalle, ma l’incantesimo dell’Autocontrollo no, non lo sciolse.
“Vengo da Alastra e conosco Mamoru solo da alcuni mesi. Siamo stati assegnati alla stessa missione.”
“Oh, spero non sia niente di pericoloso.” Si preoccupò. “Si comporta bene?”
“Sì, lui… è il nostro responsabile.” Il volante mimò una risata divertita. “Pecca un po’ di buone maniere, ma non ci abbandona mai. È sempre al nostro fianco, in ogni situazione. È leale.” Mentre lui non lo era stato, venendo meno alla parola data.
“Davvero?” Sheral era affascinata. “Sono felice che abbia finalmente trovato degli amici. Mi dispiace di averti costretto a disubbidire ai suoi ordini…”
“E non immagini quanto dispiacerà a lui d’averlo fatto.”
Quella voce sprezzante, quella rabbia che colava da ogni singola lettera pronunciata con quel tono forte e perentorio sorprese entrambi e li gelò sul posto.
Mamoru comparve dal nulla. La figura ritta, la testa alta e lo sguardo che avrebbe polverizzato l’Inferno.
Sheral si portò una mano al petto e fece per parlare quando Yuzo la anticipò.
“Mamoru, non-”
“Tu aspettami fuori e non fiatare.”
La Fiamma non lo guardò nemmeno e questo andava oltre ogni peggiore previsione.
Yuzo non ebbe il coraggio di aggiungere altro. Rivolse un saluto col capo alla moglie del Doge e lasciò la taverna.
Rimasti soli, Sheral si sentì ridurre in polvere sotto al suo sguardo. Tutti gli occhi dei presenti erano puntati su di loro, ora più che mai. Per la Fiamma erano inesistenti.
“Che cosa ti avevo detto?” sibilò.
“Ti prego, Mamoru, non prendertela con Yuzo, non è stata colpa sua sono io che l’ho costretto a-”
“Non mi importa di chi diavolo è la colpa! Ero stato chiaro con entrambi, ma mentre tu puoi permetterti il lusso di non ascoltarmi, per lui era un ordine!”
I suoi occhi non davano tregua, avevano artigli roventi che si aggrappavano ai bulbi oculari di chi lo guardava e Sheral non riuscì a sottrarsi.
“Cosa gli hai detto?”
“Abbiamo parlato un po’ di te, non ti fai quasi mai vedere, non sappiamo nulla di come stai. Tuo padre-”
“Non dire stronzate. Cosa gli hai detto, Sheral?” Poggiò una mano sul tavolo e il legno iniziò a fumare.
Mamoru si sentiva esplodere. Un vulcano in eruzione. La lava rovente stazionava nello stomaco, bloccata solo dalla sua forza di volontà. Se l’avesse lasciata libera, avrebbe compiuto una strage. Negli occhi la pece ribolliva, diveniva incandescente; per un attimo alla sua matrigna sembrò addirittura tingersi di rosso.
La donna ingoiò a vuoto, distogliendo lo sguardo.
“Questo, nient’altro…”
Lui masticò un ruggito. “Bugiarda.”
La pece era impazzita, la lava divenne fiamma, il legno del tavolo venne consumato da un fuoco senza vampe. Nel momento in cui la donna aveva distolto lo sguardo, Mamoru ne era stato sicuro: “Gli hai parlato di lei.”
Sheral si morse il labbro. “Lui… lui era preoccupato per te! Voleva solo aiutarti!” Levò nuovamente lo sguardo, ma ciò che vide riuscì a spaventarla ancora di più.
La fiamma che ardeva nei suoi occhi si era ghiacciata di colpo. Dal suo corpo non avvertiva più il calore travolgente, il tavolo non stava ardendo. C’era solo freddo, Mamoru era freddo come un cadavere.
“Non dovevi permetterti” disse in tono piatto e tagliente. Le parole le gelarono le ossa fin nel midollo. “Non ti uccido solo perché sei madre, ma intralciami di nuovo, avvicinati a lui ancora una sola, misera volta e non mi farò scrupoli e rendere nuovamente vedovo mio padre.”
Non aggiunse altro, non le chiese nemmeno se avesse capito. Le volse le spalle e se ne andò.
Sulla superficie del tavolo, l’impronta della sua mano era divenuta parte del legno.

Yuzo lo sapeva.
In quei pochi metri che lo separavano dalla porta della taverna, Mamoru pensò solo a quello.
Yuzo lo sapeva.
I metri gli sembrarono chilometri e i secondi per percorrerli s’allungarono in anni.
Yuzo lo sapeva.
Sapeva di sua madre, della sua storia e della sua morte.
Sapeva dell’odio che covava verso suo padre e anche se era stato lui ad accennarglielo per primo, adesso era tutto diverso, perché conosceva il motivo.
Le mezze parole che gli aveva confidato avrebbero assunto tutt’altro significato e si sentì messo a nudo, privato della pelle e delle ossa. La gabbia toracica sventrata e solo il cuore lasciato in balia dello sguardo altrui, quando per anni aveva imparato a tenerlo nascosto. Si sentì senza difese nel momento in cui afferrò la maniglia della porta, senza nemmeno il fulgore della fiamma a proteggerlo perché non l’avvertiva bruciare. Non aveva niente. Nessun’arma, nessuno scudo. Niente.
Uscì dal locale. Yuzo era lì che lo aspettava; visibilmente nervoso, spostava il peso da un piede all’altro.
Lui non aveva più il cinismo né la faccia di bronzo. Non era più l’irascibile Fiamma di Fyar.
Era solo Mamoru.
E Yuzo lo sapeva. Sapeva il suo segreto. Lo sapeva. Lo sapeva.
“Mamoru… Mamoru mi dispiace, credimi! Ti giuro che non volevo disobbedire ai tuoi ordini! Non-”
Il volante parlava a raffica come sempre quando tentava di giustificarsi affinché lui non si arrabbiasse. Ma l’Elemento di Fuoco non lo sentì e non lo guardò – o non permise che l’altro lo guardasse negli occhi –. Lo prese malamente per il braccio e lo trascinò con sé senza dire una parola.
Come quando l’aveva cacciato via, Yuzo si preoccupò di quel silenzio perpretrato a oltranza. Quando perdeva le staffe, Mamoru gli urlava sempre contro, ma solo ora, trincerato nel mutismo, capì che era molto più che arrabbiato. Si lasciò strattonare senza opporre resistenza.
“Hai tutte le ragioni del mondo per avercela con me. Però non prendertela con lei, non ha fatto nulla di male, voleva solo sapere come stavi. Sono io che ho sbagliato!”
Mamoru svoltò in un vicolo isolato e meno trafficato. Con forza lo sbatté spalle al muro per farlo tacere.
“Sì, sei tu che hai sbagliato! Sbagliato in tutto da che mi sei capitato tra i piedi!” abbaiò, le mani ai fianchi e gli occhi indemoniati.
Se non avesse avuto il muro contro la schiena, Yuzo sarebbe indietreggiato. Non lo riconosceva, non lo riconosceva affatto. E ne ebbe paura.
“Avevi detto che mi avresti obbedito! Mi avevi dato la tua parola! Sei un fottuto bugiardo! Bugiardo e ficcanaso! Non avevi alcun diritto di impicciarti della mia vita! Ma chi cazzo ti credi di essere?!” Mamoru lo afferrò per il bavero della casacca e lo strattonò. Gli occhi fissi nelle iridi nocciola confuse da quella violenza che sembrava incontenibile.
Era impazzito.
Ma tutto quello che riusciva a pensare era che Yuzo lo sapeva e sarebbe riuscito a leggergli dentro senza che potesse nemmeno tentare di difendersi. Il sapere a priori che non avrebbe potuto opporsi gli distrusse anche l’ultima punta di razionalità.
“A che diavolo ti è servito ficcanasare?! Che speravi di fare una volta saputa la verità?!”
“I-io… volevo aiutarti…” Il volante lo disse con un filo di voce e lui lo strattonò di nuovo.
“Aiutarmi? E chi te l’ha chiesto?! Non ho bisogno di nessun aiuto, men che meno del tuo! Sei solo un presuntuoso che crede di sapere tutto! Ti ha cambiato la vita la verità su mia madre? Ti ha cambiato la vita sapere perché odio mio padre?! Dimmelo!”
Yuzo distolse lo sguardo per un momento, ma quando tornò a guardarlo, Mamoru si accorse che aveva fatto ricorso all’Autocontrollo, velando gli occhi con una patina più distaccata, e la cosa gli mandò il sangue alla testa.
“Non provarci!” Gli serrò il collo in una mano. Sembrava una tenaglia. Yuzo emise un lamento di dolore. “Non provarci nemmeno a nasconderti, non questa volta!”
Se lui non aveva armi con cui difendersi, anche Yuzo non doveva averne.
“Interrompi il tuo fottuto incantesimo e mostrati!”
Il volante scosse il capo con difficoltà.
“Mostrati, ho detto!”
“No…”
“No?! Pretendi di avere una scelta?! Io non ne ho avuta nessuna! E ora mostrati! Fammi vedere la tua vera faccia! Dimmi perché! Perché l’hai fatto?!
A Mamoru non importava quanta violenza avrebbe dovuto usare. Fisica, psicologica non faceva differenza. Anche lui si era sentito violato nel suo dolore, ma nessuno se n’era curato e continuava a rimanere nudo davanti a Yuzo che aveva stretto gli occhi.
Guardami!” Lo strattonò per la terza volta, senza controllo, voleva che obbedisse e non si curò della propria ferocia. Sarebbe arrivato anche a sbranarlo.
Il volante cedette, le palpebre si aprirono adagio e Mamoru si rese conto che aveva annullato l’incantesimo.
Eppure, in quello stesso momento, desiderò che non l’avesse mai fatto.
Brillò per un attimo tra le ciglia e poi scivolò lungo la guancia, lenta, affinché potesse seguirla con lo sguardo.
Mamoru non l’aveva mai visto piangere. Udito, quello sì, quando si trovavano a Sendai e già solo il ricordo gli riportò nel petto l’angoscia e il senso di colpa per non averlo potuto evitare. Vederlo andava oltre. Era a questo che serviva, dunque, l’Autocontrollo? Era a questo livello che poteva arrivare?
Nascondeva la sofferenza fisica, nascondeva il dolore in tutte le sue forme, nascondeva le lacrime.
Il suo cuore, scoperto e furente, venne schiacciato, sepolto sotto quella goccia, affogato.
Si sentì un mostro.
Aggrottò le sopracciglia e la bocca perse la piega amara in favore di una disorientata. La mano allentò la presa attorno al collo.
Che cosa aveva fatto?
Yuzo continuava a guardarlo con gli occhi che gli attraversavano i vestiti e la carne, polverizzavano le ossa.
“L’ho fatto perché tu non sei Mamoru. Non quello che conosco io…” La voce, sussurrata, non faceva quasi rumore. “Da quando siamo arrivati qui sembri un’altra persona. Non avverto il tuo calore. Sei gelido. Mi avevi detto di starne fuori e io volevo obbedirti perché te l’avevo promesso… ma non ho potuto restare a guardare mentre la tua fiamma si spegneva come un fuoco sotto la pioggia.”
Mamoru si sentì colpire, affondare, annientare; fare a pezzi, pezzi piccoli. Lo lasciò perché anche toccarlo gli faceva male. Arretrò d’un passo.
“Tu soffri e io lo vedo, lo sento… ma non posso fermarlo.”
Mamoru scosse il capo meccanicamente e indietreggiò ancora, passi alla cieca e malfermi. Non poteva arrivare a leggerlo così in profondità; non voleva accettare che ci riuscisse tanto facilmente.
Gli volse le spalle, per non essere più succube dei suoi occhi.
Era un incantesimo? Era anche quella una fottuta abilità dei volanti?
“Volevo fare qualcosa per spezzare il tuo dolore-”
“Sta’ zitto!” Il pugno stretto e caricato. Non vedeva più nulla. “Zitto! Zitto! Zitto!
Il colpo si infranse nel muro di mattoni scavando un solco profondo quanto una mano: dall’osso semilunare alla punta del medio.
Yuzo si coprì il volto per proteggersi dalle schegge che gli graffiarono il dorso delle mani e il collo.
Il respiro di Mamoru era quello di un animale inferocito.
“Sta’ zitto…” sibilò. “Non puoi fare niente per me… non puoi…” - Non so affrontarlo… -
La rabbia rifluì come dopo un’improvvisa fiammata. Si disperse nell’aria. Il controllo tornava a prendere possesso del suo corpo.
“Se osi intrometterti di nuovo, ti uccido.” - Non avvicinarti a me ancora di più... -
Yuzo non replicò. Il viso girato dalla parte opposta a dove il pugno aveva colpito il muro. La guancia premuta nei mattoni, il respiro sollevava polvere. L’Autocontrollo di Alastra subito eretto, spesso e invalicabile. La loro tregua e tutto ciò che avevano costruito era andato in frantumi in pochissimi attimi. I legami recisi sanguinavano copiosi.
Mamoru ritrasse la mano e dei frammenti di muro caddero a terra. Non guardò il volante, non ci riuscì. Gli volse le spalle e si allontanò.




…Il Giardino Elementale…

 

Uh-oh.
Mamoru non l'ha preso tanto bene il tentativo di Yuzo.
E così, come penso avevate già intuito da un po', sì: la madre di Mamoru era una Sacerdotessa Elementale e visto la fine che si è data, penso non sia nemmeno tanto difficile comprendere perché lui detesti l'intera categoria. Beh, diciamo pure che il loro rigore non fa molto onore (però fa rima XD), perché tutto viene lasciato indietro, non importa cosa si può arrivare a calpestare. Tutto quello che conta è solo ed esclusivamente la devozione alle Dee, il proprio Credo, la propria Fede. Il resto è come se non esistesse.
Ma adesso la situazione è sfuggita di mano a entrambi. Che ne sarà di Mamoru e Yuzo?
Avrei voluto farvi avere in questo aggiornamento un nuovo volume dell'Enciclopedia che riguarda più da vicino le Sacerdotesse e gli Elementi Eterni, ma complici i millemila impegni pre-natalizi non ce l'ho fatta T_T. Spero di riuscire ad aggiungerlo al prossimo capitolo. :3

Gli ultimi aggiornamenti di Dicembre (e del 2011) verranno effettuati il:
- 26 Dicembre: aggiornamento "Elementia: Fragments"
- 29 Dicembre: aggiornamento "Elementia: The War"

Ancora, e come sempre, ringrazio di cuore che continua a seguire questa storia infinita! :*****




Galleria di Fanart (nessuna aggiunta)

- Elementia: Fanart

Enciclopedia Elementale (nessuna aggiunta):

1) Enciclopedia Elementale – Volume Primo: Le Scuole Elementali e l’AlfaOmega

  • Capitolo 1: La Scuola di Tyran
  • Capitolo 2: La Scuola di Alastra
  • Capitolo 3: La Scuola di Fyar
  • Capitolo 4: La Scuola di Agadir
  • Capitolo 5: Gli Stregoni dell’AlfaOmega


  • 2) Enciclopedia Elementale – Volume Secondo: Elementia: storia e caratteristiche

  • Capitolo 1: La Storia
  • Capitolo 2: La Magia in Elementia
  • Capitolo 3: Le Divinità di Elementia


  • 3) Enciclopedia Elementale - Volume Terzo: Cicli di Studio e Titoli

  • Capitolo 1: Cicli di Studio
  • Capitolo 2: Titoli


  • 4) Enciclopedia Elementale - Volume Quarto: Gli Ozora ed i Gamo

  • Capitolo 1: La faida tra gli Ozora ed i Gamo
  • Capitolo 2: L'Armata Reale della famiglia Ozora
  • Capitolo 3: Le Legioni della famiglia Gamo


  • 5) Enciclopedia Elementale - Volume Quinto: Classi Magiche e Professioni

  • Capitolo 1: Elementi e Sacerdotesse Elementali
  • Capitolo 2: Erboristi e Stregoni
  • Capitolo 3: Naturalisti e Alchimisti


  • 6) Enciclopedia Elementale - Volume Sesto: Il Calendario Elementale

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Mesi
  • Capitolo 3: Festività (pagg 1 e 2)

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