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Autore: Erodiade    22/12/2011    6 recensioni
Barty. Come un animale in gabbia, il rancore che cova in fondo allo sguardo, la prigionia dell'Imperius e la libertà dal sapore di sangue.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bartemius Crouch junior
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Cage
 



Le parole si perdono nella brezza leggera di giugno, colano untuose in un principio di nausea.

Complimenti che non ti gratificano, viscide strette di mano, sorrisi fasulli che non si estendono agli occhi.

Spaccare i denti e ridurre in poltiglia quei volti ossequiosi con una maledizione ti darebbe maggior piacere che sopportarli in silenzio, ma non puoi.

Li guardi fare la ruota come pavoni, pensando forse che congratularsi con te per un pugno di M.A.G.O. valga un cenno di riconoscenza da parte sua.

Non sanno che a lui non importa.

Lui è presente solo fisicamente, la mente che insegue le pratiche da compilare lasciate in ufficio, che si sofferma sull’articolo di cronaca letto la mattina, che elabora nuove misure di sicurezza cui ricorrere, altri provvedimenti da prendere.

E’ la caricatura di un politico, lì in piedi con la sua veste linda, i suoi baffi spuntati al millimetro, la sua mente quadrata.

Cerchi di trattenere una smorfia mentre l’osservi di sottecchi.

“Ben fatto”, ti ha detto. Per lui hai compiuto il tuo dovere, ma se ne è soddisfatto non lo dimostra, perché Bartemius Crouch non è uomo da sprecare fiato in complimenti ed energia in sorrisi, inizia anzi ad avere rughe attorno agli occhi per le notti insonni passate al lavoro.

“Tuo padre ti vuole bene”, ti dice lei ogni anno che passa, la fiducia nello sguardo e l’incertezza tremula nella voce.

“Tuo padre è fiero di te”, sorride appena, sconfitta, pensando che t’importi ancora.

Ha smesso d’importarti ormai da tempo. Non sei più un bambino bisognoso di una carezza.

Nel tuo intimo, sei diventato sarcastico e sprezzante. Nel tuo intimo, hai già rinnegato il tuo nome.

Solo nell’iride vi somigliate, lì dove brucia il fuoco della tenace determinazione capace di spingersi sino al fanatismo, dove si cela la fredda fiamma dell’odio. 

A volte credi che se ne possano accorgere, che lui possa notare ciò che provi –  a volte lo vorresti.

Desideri, sì, che ti colga allo scoperto mentre indossi il tuo vero volto – che soddisfazione, che vendetta infine, mostrargli il crollo del suo mondo di carta!

Ma, intrappolato dietro una maschera di perbenismo, nessuno ti conosce davvero, neanche lei, che quando ti guarda vede ancora un bambino – bastano una spruzzata d’efelidi e buoni voti a farti sembrare il figlio modello.


Perché, anche se non lo ammetti, sei solo un ragazzino – eppure nessuno che ti abbia mai visto ridere.


*


La tua strada era tracciata.

Desideravi uscire dal guscio, distinguerti da lui – stesso nome, stesso sangue, la furia ti dava alla testa.

Sembrava capire davvero, anche Lui portava il nome di un padre odiato, anche Lui si era strappato il cognome di dosso, e si era nutrito del sapere Oscuro, giungendo dove mago mai era arrivato.

Fiducia nei confronti di qualcuno, per la prima volta nella tua vita.

Venerazione.

Vi diceva di essere invincibile, e tu gli credevi, gli credi ancora.

La fede è più del lume di candela nelle tenebre, la fede è incendio che vorace divampa nelle regioni dell’anima, che si è nutrita e si nutre di te – ma la fede ora non ti aiuta contro il gelo di Azkaban. La lasci a Bellatrix, insieme alla dignità.

Il freddo ti divora, hai terrore di mani putride sul tuo corpo, il lezzo di quei fiati sul volto ti provoca brividi di disgusto, finanche la loro presenza è dolore lancinante.

Lo senti, il richiamo alla vita, potente, l’istinto dell’animale in gabbia che ti prega di fare qualunque cosa pur d’uscire.

Ma tu hai già fatto qualunque cosa, la rabbia cieca mentre i Longbottom non parlavano. E più tacevano più le Cruciatus di Bella si tingevano di disperazione folle, perché gli Auror non sapevano nulla, nulla potevano rivelare.

Tutto inutile, ed ora…

“Io non ho figli!”

Ascoltala: quella è la tua condanna. Rammenta i tratti paterni del carnefice, rammentali bene. Una parte di te, quella che non si ribella e non geme e non singhiozza il tuo orrore, invoca la sua razione di vendetta.


Te ne starai tremante, nel tuo cantuccio fetido, a carezzarla, a bramarla, ravvivandola col soffio gelido del respiro, col tuo cuore che pulsa veleno.


*


Per un attimo, hai creduto nel miracolo.

Il sole pallido si è posato sulle tue labbra aride, baciando il volto esangue, e la brezza leggera ti si è insinuata tra i capelli – un ghigno malevolo del destino, un assaggio di libertà perché la prigionia diventi tortura ancor più grande.

E’ solo il passaggio dall’inferno di pietra all’oppio del Nulla, paradiso anestetico privo di dolore, contorni sfumati e colori pastello.


Una condanna peggiore, un aguzzino per padre.


*


Qualcuno ti sta pettinando.

Avverti i denti del pettine sfiorare la cute, districare i nodi, farti la riga da una parte – un tocco dolce, delicato.

Madre? Pensiero fuggevole.

Vaghi ricordi, un universo ombreggiato, confortevole.

Non ti muovere per nessuna ragione.

Una voce che odi, un mantra che si aggira nella tua testa, ripetuto mille e mille volte.

Rimani calmo.

Tu non sei calmo, non vuoi esserlo, e quella voce è un desiderio di sangue mai provato prima, ti sembra quasi di sentirne il sapore sulla lingua. Ha un gusto metallico, seducente.

Ed ora sei sveglio, presente a te stesso – occhi ciechi, vuoti, che riprendono a vedere, che si colmano del mondo.

Primo, piccolo passo verso la vittoria, verso la vendetta.
 

Winky. E’ Winky che ti sta pettinando, e tua madre è morta.

Del suo funerale, non ricordi nulla.


*


La luce della rinascita ti si presenta nei Suoi panni.

Assalito da una gioia feroce, gli occhi colmi della visione del tuo Padrone, Gli giuri ancora fedeltà eterna.

“Ora è il mio turno, padre.” Il tuo mormorio è setoso, increspato da un’eccitazione febbrile.

Lo guardi accartocciarsi per l’orrore, prima che l’Imperius offuschi i suoi occhi. Ti senti insofferente alla sua presenza – vorresti torturarlo fino a farlo gemere in un lamento continuo, bestiale, ma pensi che uno scambio di ruoli sia un giochetto interessante.

“Il mio turno di divertirmi un po’ con quel che rimane della tua misera vita.”

Ghigno folle che deturpa le tue labbra secche, i tuoi tratti gentili.


La libertà ha un sapore dolce quanto la vendetta, è bollente quanto la vita che scorre di nuovo selvaggia nelle tue vene.


*


Hai un attimo di turbamento.

Non avresti dovuto lasciare ad un incapace quell’incombenza, ma Codaliscia rappresenta tutto ciò che rimane di seguaci pavidi e voltagabbana, infedeli che mai L’hanno venerato col tuo ardore, che mai hanno eseguito i Suoi ordini con il tuo impegno – e che Gli hanno voltato le spalle nel momento del bisogno.

Trascini la maledetta gamba di legno fin nel prato, presso gli alberi. Schianti il bulgaro quasi senza pensarci.

Sei concentrato a guardare tuo padre, un ghigno di derisione, di schifo dipinto in volto. Proprio lui, l’uomo preciso, freddo ed impeccabile, è lì coi vestiti a brandelli, e conversa con un albero di argomenti vecchi decenni.

“Ci hai provato, eh, a mettere una toppa ai tuoi errori?” Ti esce in un ringhio. “Troppo tardi.”

Non si può mettere una toppa ai propri errori – essi restano indelebili, macchie scure sulla pelle.

Chi crederebbe mai alla tua parola?  Pensi di sfuggita mentre levi la bacchetta.

La parola di un uomo che ha messo suo figlio in catene.

“Io non ho un padre, ricordatelo.”

Senti il tepore della magia lasciare le tue dita, attraversare il legno della bacchetta.

La vendetta possiede il calore del fuoco.

Il momento dura troppo poco – ti piacerebbe rivedere la scena infinite ed infinite volte, cauterizzandola nella retina.
  


I suoi occhi vacui ti rimandano lo sguardo, così simili ai tuoi, e colmi degli sbagli di tutta una vita.
 


***


Credo che Barty si meritasse di più. E’ terribile veder naufragare le proprie buone intenzioni sulla tastiera in questo modo. Tant’è sono qui. Grazie per la lettura, in ogni caso. ^^

Ero

 
   
 
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