Capitolo 13: tra
finzione e realtà.
“Fosse
facile...”, sussurrò disperato Mamoru mentre
sentiva
pronunciare le giuste parole dell’amico.
Dimenticarsi di
Usagi... come ci sarebbe riuscito? Non ce
l’avrebbe mai fatta. Era più semplice morire che
cancellare quella pasticciona
dal cuore.
Motoki lo
guardava in modo duro, ma dispiaciuto. Non avrebbe
mai voluto ferirlo, ma era stato necessario.
Per un attimo,
lo sguardo di Mamoru si era perso nel vuoto.
Il ragazzo del
Crown aveva maledettamente ragione. Che razza
di uomo è colui che si innamora della donna di un amico? Non
poteva proprio andare
avanti in quel modo insensato... amare la ragazza di Seiya, comportarsi
da
codardo nei confronti del suo migliore amico non era nel suo stile.
Anche
confessare tutto a Motoki era stata proprio una mossa sbagliata!
Se solo la sua
parte razionale l’avesse aiutato a spazzare
via il sentimento che avvertiva dentro, non si sarebbe trovato in
quella
assurda situazione!
Si sentiva uno
schifo, uno schifo unico, una persona
orribile, ma nonostante tutto era felice, felice di amare lei, felice
di aver
sfiorato le sue labbra, di aver sentito il suo sapore, di aver toccato
la sua
pelle, accarezzato i suoi capelli...
Anche a mente
lucida non ci riusciva. Non poteva continuare a
fingere che Usagi non esistesse. Non poteva ignorare le emozioni che
gli
regalava il solo pensiero di lei. Anche se questo l’avesse
ferito più di mille
coltellate. Perché avrebbe sofferto per lei, anche solo
vedendola camminare
affianco a Seiya. Ne era consapevole, ma nonostante tutto era pronto.
D’altronde a causa del passato che aveva, gli sembrava
impossibile non provare
dolore per qualcosa. Ma in questo caso l’avrebbe fatto con
piacere. Perché lui
l’amava e non poteva fermare un sentimento così
meraviglioso. Né l’avrebbe
portata via a Seiya: il cantante non aveva nessuna colpa se lui si era
innamorato della sua ragazza. Non avrebbe dovuto pagare per un suo
“errore”, se
così poteva chiamarsi.
“Mamo,
dì qualcosa...”, pronunciò flebile
Motoki nel vedere
che l’amico non aveva proferito nemmeno una sillaba dopo le
sue parole.
“Scusa..”,
rispose il dottore guardandolo negli occhi, come
se volesse sfidarlo.
“Cosa
vuol dire scusa?”, chiese impaurito il ragazzo. Non
aveva mai visto Mamoru così determinato.
“Non
posso. Non posso dimenticarmi di lei. Io la amo.”,
chiarì in modo schietto il coraggioso medico. Non poteva
rinunciare al suo
amore.
“Mamo,
non scherzare! Stai giocando con il fuoco! Ti
scotterai!”
“Se
è per questo, già mi sono scottato. E pure tanto.
Ad ogni
modo, non preoccuparti. Non ho intenzione di compiere nessuna altra
azione
sconsiderata. Non bacerò Usagi né le
farò più dichiarazioni d’amore. Non
farò
soffrire Seiya. Semplicemente amerò la sua ragazza da
lontano. E lui non saprà
mai nulla. Anche perché tu non glielo dirai.”, gli
disse francamente,
ammutolendolo.
“Ma
così ti farai solo del male! Come credi di affrontare i
momenti in cui Seiya bacerà Usagi,
l’abbraccerà o altro? Ti farà morire
dentro!
Devi lasciar perdere finché sei in tempo!”.
Motoki cercava
di dissuaderlo in tutti i modi nel suo
intento. Sapeva che Mamoru era un tipo che si sacrificava per gli
altri, ma
quello che stava facendo a Seiya era sì sbagliato
perché non avrebbe mai dovuto
innamorarsi della sua ragazza, ma era altresì corretto
perché sapeva che non
avrebbe mai permesso a nulla di farlo soffrire. Nemmeno a un amore
forte e
prepotente come quello che stava provando per Usagi.
“Ormai
è troppo tardi per tirarsi indietro. Cosa faresti tu
se io ti dicessi di rinunciare a Makoto?”, gli
domandò Mamoru, sicuro di
ricevere la risposta che voleva sentire da lui.
“Non
ci riuscirei mai perché la amo più della mia
vita!”,
rispose il biondo riuscendo a mettersi nei panni dell’amico.
“Ecco,
anche per me è così. Solo che tu sei stato
più
fortunato di me perché lei sta con te, è tua
moglie. Usagi, invece, forse non sarà
mai mia e anche se mi ama, non lascerà in nessun caso Seiya
perché non
permetterebbe mai che la mia amicizia con lui venga rovinata per colpa
sua.”,
concluse Mamoru, sfinito, buttandosi di peso sul divano.
Motoki ammirava
la forza che il giovane possedeva. Se fosse
stato al suo posto, non ce l’avrebbe fatta sicuro.
“Come
puoi affermare che lei ti ami?”, chiese, assalito dai
dubbi e dalla tanta sicurezza con cui l’amico
l’aveva pronunciato.
“Lo
sento semplicemente. E poi me l’ha anche dimostrato con
le azioni che ha intrapreso come per esempio decidere di concedersi a
Seiya...”, rispose amaramente il dottore, mentre il suo cuore
sanguinava al
solo pensiero di Usagi sfiorata dalle mani dell’amico.
“Lo
vedi che ti fai del male, Mamo?”, disse Motoki, dandogli
una pacca sulla schiena.
“Lo
so.”, si limitò a pronunciare il ragazzo. Una
lacrima gli
scivolò sul viso inaspettatamente. Il ragazzo del Crown se
ne accorse.
“Ti
aiuterò io Mamo, tranquillo!”, lo
incoraggiò.
“Grazie,
Motoki. Sei un amico. Non so perché ti ho confidato
questo mio malessere, ma mi fido di te. Ti prego di non farne parola
con
nessuno e...”
Si
bloccò. Un rumore lo fermò.
Makoto aveva
aperto la porta della cucina con il volto rigato
dal pianto.
Alla sua vista,
i due ragazzi si spaventarono.
“Amore
che hai? Perché stai piangendo?”, chiese un
disperato
Motoki nel veder sua moglie così disperata.
“Hai
sentito tutto, vero?”, le chiese il medico con dolcezza.
“No,
sono state le cipolle che stavo tagliando...”, disse
poco convinta la mora.
“In
realtà, ho ascoltato ogni singola parola. Mamo, deve
essere terribile quello che provi!!!”, continuò
frignando ancor più forte.
In fondo, era
cosa ben nota la passione di Makoto per le
storie strappalacrime.
Su consiglio di
Usagi, aveva tenuto d’occhio Mamoru. O
meglio, aveva origliato la sua conversazione stando vicinissima alla
porta
della cucina. Ed era così venuta a conoscenza di un segreto
che l’aveva colpita
dritta al cuore. Forse troppo.
“Mako
Mako, su calmati!”, provò a consolarla Mamoru,
alzandosi dalla poltrona e abbracciandola.
“Ma
come faccio a non piangere Mamo! È ammirevole la tua
forza d’animo! Diglielo anche tu, amore”, disse
guardando il marito per avere
un incoraggiamento da lui che non arrivò. Motoki la guardava
perplesso.
Makoto si
sentiva male perché conosceva anche i sentimenti
della sua amica. Pur non volendoglielo ammettere che fosse innamorata
di
Mamoru, lei l’aveva intuito benissimo. Purtroppo
c’era Seiya in mezzo a loro
due ed era sbagliato anche un loro singolo avvicinamento.
“Senti
amica mia, non dire mai niente a nessuno di quello che
hai udito. Soprattutto ad Usagi. Non voglio che si faccia problemi a
causa
mia.”, si fece promettere il medico. La sua odango non
avrebbe dovuto sapere.
Sarebbe stato troppo umiliante per lui.
“D’accordo,
Mamo. Farò come dici. Ora però venite a tavola.
È
pronta la cena.”, concluse allontanandosi in cucina seguita a
ruota dai due
ragazzi.
Casa
Kou.
Dopo aver
accompagnato la sua Usagi a casa, Seiya era di
corsa tornato nella sua abitazione.
Non sapeva
perché avesse corso.
Forse per non
pensare al rifiuto della sua ragazza. Forse per
dimenticare i suoi occhi colmi di lacrime. O forse per scordarsi delle
sue mani
che lo respingevano.
Quella che
sarebbe dovuta essere la serata più memorabile
della sua vita, si era presto trasformata in quella più
sbagliata.
Lei non era
pronta. Come aveva potuto credere il contrario?
Beh, in fondo era stata lei a suggerirglielo, ma alla fine cosa
significava? Aveva
preso un abbaglio!
Era vero
però che dopo sei mesi di fidanzamento una cosa
normale come il fare l’amore era più che logico.
Perché allora lei non ci
riusciva?
Forse non
l’amava abbastanza? Ma no, questo era impossibile.
“Ehi,
bentornato fratellino!”, lo salutò Yaten con un
sorriso
malizioso, non appena il ragazzo varcò la porta
d’ingresso.
“Ciao
Seiya!”, gli disse Taiki, più pacatamente del
fratello.
“Ciao.”,
si limitò a pronunciare il cantante, scocciato. Quei
due erano gli ultimi che avrebbe voluto vedere. L’avrebbero
tempestato di
domande e lui non aveva nessuna voglia di rispondere.
“Lasciatemi
in pace.”, tuonò subito, andando in camera sua.
“Ahi,
ahi. Deve essere andata male con Usagi!”, esclamò
Yaten
guardando Taiki che stava componendo una canzone aiutandosi con il
pianoforte.
Entrambi i
ragazzi raggiunsero Seiya nella sua stanza.
“Su
fratellino, raccontaci!”, lo stuzzicò il ragazzo
dai
capelli color dell’argento.
“Cosa
ti dovrei dire?”, gli rispose, tirandogli un cuscino in
pieno viso.
“Dai
Seiya! lo sai che Yaten fa il duro, ma in realtà si
preoccupa per te!”, lo rimproverò Taiki.
“Scusa,fratello.
Anzi scusatemi entrambi. È solo che questa
serata è stata un disastro! All’inizio sembrava
tutto perfetto, ma poi lei mi
ha letteralmente rifiutato! Dice che si era sbagliata, che non era
affatto
pronta.”, rivelò loro il cantante.
“Cosa?”,
dissero in coro i due ragazzi, osservandolo con
occhi stupiti.
“Proprio
così. Non guardatemi in quel modo...non me lo
aspettavo neanche io!”, continuò sconsolato.
“Dai,
tranquillo Seiya. Sai come sono le ragazze... sono
strane! La prossima volta andrà meglio!”, lo
consolò Taiki, accarezzandogli i
capelli.
“Mamma
che fragatura quella Usagi!”, pronunciò Yaten
senza
pensare.
“Grazie
Yaten. Tu sì che hai tatto!”, lo
fulminò il ragazzo
dai capelli castani. Non sopportava quando il fratello metteva il dito
nella
piaga.
“Ignoralo,
Seiya.”
Il ragazzo lo
guardava tra l’arrabbiato e il divertito. Poi
aggiunse:
“E’
tutta la vita che non tengo peso delle sue parole e
quindi...”
Drin
drin drin!
“Adesso
vai a rispondere tu, Yaten! Almeno fai qualcosa di
utile!”, lo prese in giro il ragazzo col codino nero,
ripresosi dal suo
malessere iniziale.
“Ah,
ah sei molto simpatico Seiya!”, gli rispose,
avvicinandosi alla cornetta.
“Sì,
pronto? Chi parla?”
“Casa
Kou?”, dissero dall’altra parte in lingua inglese.
“Sì,
sono Yaten Kou.”, rispose il ragazzo, guardando
interrogativo i due fratelli che ascoltavano in silenzio e si
chiedevano perché
stava utilizzando la lingua anglosassone.
“Siamo
della Moonlight.
Lei e i suoi fratelli verrete ad incidere un cd qui da noi a Londra.”
Casa
Tsukino.
Usagi camminava
avanti e indietro nella sua stanza aspettando
una chiamata di Makoto che non arrivava.
“Uffa,
Mako-chan avevi detto che mi avresti richiamata!”,
borbottò lasciandosi cadere sul letto. Fissava il soffitto e
ripensava alle
parole dell’amica.
“Tu
devi pensare a
Seiya!”
Già,
Makoto aveva ragione. Lei doveva occupare tutto il suo
tempo a pensare al suo ragazzo, a vivere il suo ragazzo... ad amarlo.
Rabbrividì a quel pensiero.
Perché
si stava comportando da stupida? Seiya era così
premuroso con lei. Ogni volta la faceva sentire una principessa e
soprattutto
l’amava.
Allora
perché non riusciva a sentirsi completa insieme a lui?
Era davvero
colpa di Mamoru? Quel suo amico venuto da Londra
l’aveva stregata. Si era intromesso così
prepotentemente nella sua mente!
Andiamo, non era
più un’adolescente alla sua prima cotta! Era
ormai una donna di 23 anni. Era grande abbastanza per non farsi
abbindolare da certe
cose.
Allora
perché non faceva altro che rimuginare sul dottore?
Era anche così antipatico con lei... chiamarla addirittura
testa bernoccoluta!
D’altra parte era anche stato così impulsivo,
così dolce.
Sorrise,
abbracciando il peluche a forma di coniglio che
teneva sul letto. Assomigliava un po' a Mamoru.
Improvvisamente
si ridestò da quel torpore. Non poteva
paragonare Mamoru ad un coniglio. Lui non lo era stato. Le aveva subito
rivelato i suoi sentimenti. Si era subito fatto da parte per il bene
dell’amico.
Invece lei cosa
stava facendo per Seiya? Lo stava forse
illudendo? No, a voler bene gli voleva bene. Ma era davvero amore il
suo? Non
ne era più sicura.
Non era
più convinta di nulla. Ogni azione che compieva
sembrava inutile.
Aveva
addirittura respinto il suo ragazzo.
Era stata
proprio una bambina. L’aveva ferito perché non
c’era riuscita. Non era riuscita a far l’amore con
lui.
Perché
pensava a Mamoru, al suo amico, quasi un fratello.
Mamoru,
Mamoru... ora si trovava a casa di Mako. Chissà se
avesse deciso di rivelare ogni cosa a Motoki. Chissà se
Makoto avesse scoperto
qualcosa di nuovo.
Sospirava, con
la mente sconnessa.
Basta, non
doveva più rifletterci. Era giunto il momento di
dormirci su.
Si
infilò nelle morbide coperte e chiuse gli occhi. Voleva
estraniarsi dalla realtà, voleva azzerare i pensieri nella
sua testa.
Ma non ci
riusciva. L’immagine di Mamoru gli scorreva nella
mente come se fosse un film.
“Maledetto
Mamoru! Anche nel sonno non mi lasci in pace!”,
urlò stizzita.
Già,
maledetto. Come il giorno in cui era tornato in
Giappone. Come il giorno in cui si erano incontrati. Come il giorno in
cui
aveva capito di amarlo.
Si mise seduta
improvvisamente, con le guance che bruciavano.
Amarlo? Come le
veniva in mente! Non poteva provare amore per
quel tipo.
Non poteva
perché avrebbe provocato un casino allucinante.
Non poteva
perché questo avrebbe messo fine alla amicizia tra
lui e Seiya. Non poteva proprio permetterlo. E poi il suo ragazzo non
avrebbe
dovuto stare male per un suo “errore”.
Già,
Mamoru era semplicemente una parentesi, uno sbaglio.
Cercava di
trovare pace autoconvincendosi che fosse così. Con
il tempo, sarebbe riuscita a dimenticarsi di lui. Soprattutto con
l’aiuto di
Seiya. D’ora in poi sarebbero stati maggior tempo insieme.
In questo modo
Mamoru sarebbe stato solo un brutto e
affascinante ricordo.
La ragazza non
sapeva ancora, però, che presto il suo ragazzo
sarebbe partito per un lungo viaggio, lasciandola lì con
dubbi e paure.
Ore
4.30 casa Chiba.
Mamoru si girava
e rigirava nel letto senza riuscire a
prendere sonno.
Era inevitabile:
la cena di Makoto era stata buonissima, ma
pesante. La ragazza presa dall’euforia del momento aveva
cucinato di tutto e di
più: timballo di patate, pollo al curry, stufato di maiale,
verdure grigliate e
pesce al vapore. In più la torta di mele e il
tiramisù avevano completato
l’opera.
Sorrise. Era
davvero tanto tempo che non mangiava così bene
circondato dall’amore dei suoi amici. Gli erano stati molto
vicini quella sera.
Non
l’avevano giudicato, ma capito. L’avevano quasi
rincuorato. Per lui questo era più importante di qualsiasi
altra cosa.
Decisamente
aveva fatto bene a confidarsi con loro due. Ne
aveva sentito proprio il bisogno.
Bip,bip!
Bip, bip!
Un messaggio era
arrivato sul suo telefonino.
“Chi
è a quest’ora?”, disse tra sé
e sé, alzandosi dal letto
e afferrando il cellulare.
C’era
un sms di Seiya.
Ciao
Mamo. Scusami per
stasera se non ci siamo visti, ma ho avuto da fare con Usa.
“Già
so cosa hai avuto da fare...”, pensò stringendo
ancora
di più il telefono tra le mani. Avrebbe avuto voglia di
scaraventarlo sul muro
per la rabbia. Ma non poteva. Doveva andare avanti nella lettura.
Comunque
volevo dirti
che tra mezz’ora parto per l’Europa, precisamente
vado a Londra. Io e i miei
fratelli abbiamo vinto un concorso con la casa discografica Moonlight e
incideremo un disco. Ci hanno avvisati poco fa. Starò via
per 5 mesi circa. Mi
piacerebbe salutarti. Scusa se ti ho avvertito solo ora ,ma non ho
avuto un
attimo di tempo. Vieni tra poco in aeroporto, ti prego. Ti voglio bene,
Seiya.
Dopo aver
scoperto il contenuto dell’sms, il ragazzo ebbe un
attimo di esitazione.
Le gambe gli
tremavano e a causa di ciò dovette sedersi un
attimo.
Seiya stava per
partire. Non se l’aspettava proprio una cosa
così improvvisa.
Cinque mesi in
Inghilterra. Cinque mesi senza Usagi.
Già,
Usagi. Chissà se la notizia l’avesse sconvolta
quanto
lui.
Lei avrebbe
sofferto.
Gli sarebbe
mancato molto. O forse invece no. Forse si sarebbe
accorta di commettere uno sbaglio continuando a stare con lui. Forse
avrebbe
capito che continuando a scappare non era la soluzione più
giusta, più matura.
No, non poteva
pensare a lei adesso. Doveva smetterla con
quei pensieri improbabili.
Doveva vestirsi
e andare all’aeroporto.
Seiya aveva
bisogno di lui. Forse per l’ultima volta.