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Autore: Fiorels    24/12/2011    73 recensioni
E tutto va proprio come avevo immaginato; in poco, pochissimo tempo, resto sola. Sola con le mie lacrime, con i miei pensieri, con i miei ricordi.
Sola con quell’amore che doveva essere la nostra svolta.
Sola senza sapere di non esserlo davvero.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Nuovo personaggio, Robert Pattinson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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TP - cap 3 Ragazzeeeeeeeeeeeeeeeee *_________________*. Dobbiamo essere sincere, stiamo un pò in lacrime. Ok, stiamo decisamente per piangere via msn mentre siamo qui a scrivere quest'intro T___T. Perchè questa storia è stata importante e bellissima per molte ragioni. E' stata scritta per una persona speciale, postata in un periodo dell'anno speciale e letta da persone che sono molto, molto più che 'speciali'. Avete accolto tutte 'Turning page' con tanto amore, avete lasciato centinaia di recensioni meravigliose e sentite, avete sclerato con noi sul nostro profilo fb e, soprattutto, ci avete dimostrato ancora una volta che amate ciò che scriviamo. E questo è qualcosa che non ha prezzo..
E ci siete state vicine anche se la trama di questa storia non era semplice e liscia come l'olio. E forse è proprio questa una delle cose più belle di 'Turning Page': le persone soffrono, commettono errori e si feriscono l'un l'altra ma a volte, nonostante la stupidità umana, il destino non può essere fermato. Specie a Natale ;)
Per questo motivo dedichiamo la storia a tutte voi che l'avete letta ed amata. Perchè sappiamo che qui su efp o su fb si scherza, si scrivono sciocchezze e si ride ma nella vita vera a volte le cose vanno diversamente; le persone hanno migliaia di problemi diversi, per cui.. per cui noi cerchiamo di darvi comunque un sorriso e un pò di speranza con questo epilogo.
E vi diciamo Buon Natale, dal profondo dei nostri cuori.
Buona lettura.
Le vostrre Cloe &Fio (in lacrime T__T)

PS: Ci sono due suggerimenti musicali (uno a POV)
Il primo è qui ed è "facoltativo" lol ma il secondo è d'obbligo u.u Lo trovate accanto al secondo pov ;)
Okay, buona lettura *-*






Capitolo 5

Who I've been for who you are
 
POV Robert


“Rob… che stiamo facendo…?”
La sua voce calda e rauca contro il mio orecchio ebbe l’effetto contrario di quello che avrebbe dovuto avere se avessimo davvero seguito i buoni propositi che ci eravamo imposti; non fece che farmi eccitare ancora di più. La volevo, la volevo disperatamente e da troppo tempo ormai. Sembravano secoli dall’ultima volta in cui avevo accarezzato le sue gambe, toccato la sua schiena nuda e baciato la sua pancia piatta e le sue labbra… così soffici. Come avevo potuto vivere anni senza di lei?
Risalii piano dal suo stomaco ai suoi seni, fino ad arrivare di nuovo alla sua bocca. Anche in quei pochi istanti in cui l’avevo abbandonata, mi era mancata. Le nostre lingue si toccarono e il suo bacino spinse contro il mio.
“Rob…”
“Sssh…” tappai la sua bocca con la mia e iniziai a baciarla, voracemente, cercando di godere in una volta sola di tutti quegli anni passati lontani.
Le sue mani sul mio petto mi facevano impazzire e quando scesero più giù credetti di morire. Non credevo possibile che quel contatto mi fosse mancato così tanto. Solo lei riusciva a farmi sentire in quel modo. Solo lei.
Le carezzai i capelli mentre gemevo e ansimavo sopra di lei. La volevo.
“Ho bisogno di te…”
“Non possiamo, Rob…”
“Possiamo, Kristen. Possiamo…”
E quando mi sistemai meglio tra le sue gambe e riconobbi il suo cenno di assenso, entrai in lei. Piano, gentile, assaporando ogni secondo, proprio come la prima volta.
Iniziai a spingere in lei sentendo ogni parte di me ricomporsi e tornare al proprio posto mentre corpo e cuore si univano in lei, finalmente, di nuovo.
Presto iniziò ad assecondare i miei movimenti e riuscire a pensare a qualcosa che non fosse il mio amore per lei fu totalmente impossibile.
Era tutto dimenticato, tutto andato al passato. Vivevo il presente e lo vivevo con lei.
Raggiungemmo il piacere insieme e le lasciai un bacio sulla fronte sudata.
“Ti amo… ti amo…” sussurrai sulle sue labbra mentre sentivo affondare le sue mani nella mia schiena e intravidi una lacrima scivolarle sul viso.
“Rob…” la voce addolorata. “E Shelby?”
Aprii gli occhi e mi trovai a fissare il soffitto buio della mia stanza. Sudato, ero sudato e quasi eccitato e, cazzo, Haley stava dormendo accanto a me.
La osservai sollevato di vedere che era ancora perfettamente addormentata e mi passai una mano tra i capelli, iniziando a realizzare quello che avevo appena sognato.
Che cazzo mi passava per la testa? O meglio, che cazzo mi passava per il subconscio?
Non potevo sposarmi tra dodici ore e sognare di fare l’amore con una donna che non era la mia futura moglie.
Però era un cazzo di sogno.
Scossi il capo e mi misi seduto nel letto stropicciandomi gli occhi per eliminare quelle immagini dalla mia testa ma era estremamente difficile.
Alzandomi con molta calma per non svegliare Haley scesi giù per bere qualcosa ma più cercavo di non pensarci più la figura di Kristen appariva sotto i miei occhi. Kristen nuda sotto di me, Kristen che si muoveva con me, Kristen che annuiva tacitamente.
Kristen, Kristen, Kristen.
Non poteva essere il mio pensiero fisso la notte prima delle nozze. Avrei dovuto prendere sonno, farmi una bella dormita e svegliarmi riposato invece di pensare e sognare una donna che non era più mia.
Mandai un messaggio a Tom chiedendo dove fosse ma quando lanciai un’occhiata all’orologio che segnava le quattro del mattino mi resi conto che doveva essere nel meglio del sonno. Beato lui.
Bevvi una camomilla per calmarmi, nonostante non mi piacesse particolarmente, e lavai anche la tazza quando sentii la voce assonnata di Haley sulla porta.
“Papi, che stai facendo?” Si stropicciò gli occhi.
“Piccola, che fai in piedi?”
“Io ti ho sentito. Che fai tu in piedi?”
Lasciai la tazza ad asciugare su uno straccio e la raggiunsi per prenderla in braccio. “Non riuscivo a dormire, ma tu dovresti.”
“Non riesco a dormire nemmeno io senza di te…” sussurrò con voce bassissima e in procinto già di tornare nel mondo dei sogni.
“Allora andiamo…” le massaggiai la schiena e, tornati a letto, si accucciò sul mio petto e la strinsi a me sperando di poter riuscire a dormire con lei accanto.
Ma fu inutile. Non chiusi occhio fino al sorgere del sole.
Quando li aprii, svegliato dal suono del campanello e da un “Roooob, vai tuuuuu” di incerta provenienza, avevo dormito meno di cinque ore e l’unico pensiero che mi passava per la testa era: ‘Tra quattro ore mi sposo’ ma la parte peggiore era che l’ansia che iniziava a salire non derivava da un’ansia di arrivare a quel passo, ma dalla paura di stare facendo qualcosa di sbagliato.
Paura che affondò le radici quando aprii la porta e mi trovai Kristen davanti agli occhi.
Lei. Ancora lei. Sempre e solo lei.
“Kris…”
“Rob. Tutto bene? Sembri uno zombie…”
Mi feci indietro per lasciarla entrare.
“Sì, cioè no… Non…” ed ecco che iniziavo a balbettare mentre la guardavo. “Ho dormito poco…”
“Oh, incubi?”
Magari…
Scossi il capo facendo di tutto per non pensare a lei nuda sotto di me, ma averla davanti non faceva altro che rendere le cose più difficili. “Non proprio, ehm… Comunque cosa ci fai qui? Cioè… non… Non che non mi faccia piacere, cioè non è che mi fa… Cioè…”
Le scappò un risolino che mi salvò da quella situazione imbarazzante e poi mi allungò una busta. “Haley ha dimenticato le scarpe in albergo.”
“Oh…” afferrai la busta dandomi dello stupido per aver pensato, in due secondi, alle altre mille ragioni che potevano averla spinta a venire a casa. “Grazie. Vuoi salutare Haley? Penso sia sotto le grinfie di mia madre o delle mie sorelle…”
“Sì, grazie” sorrise, uccidendomi.
Chiamai Haley e dopo un minuto si precipitò per le scale fino a piombare tra le braccia di Kristen, senza preoccuparsi di poter rovinare il vestitino appena messo.
Tutta sua madre.
“Tesoro!” Kristen se ne curò poco a sua volta e la strinse semplicemente prima di metterla giù.
“Ma fatti vedere! Sei bellissima!”
“Sembri una principessa…” commentai estasiato. Era davvero bellissima.
“Dite? Non lo so… mi sembra troppo… rosa…” disse lei con una vena di ironia nonostante il vestito per il matrimonio fosse di un rosa pallido, appena accennato.
“E’ perfetto” rispose Kristen chinandosi nuovamente. “Però ora ascoltami Haley. Voglio che fai la brava, intesi?”
“Non preoccuparti, mamma. Ho tutto sotto controllo!”
E dall’occhiolino che le fece e dal modo in cui cercò di filarsela velocemente temei davvero che avesse in serbo chissà qualche altro scherzo per Shelby.
“Haley!” la richiamò Kristen, trattenendola. “Dico sul serio. Se vengo a scoprire di qualche altro scherzo mi arrabbio davvero. Okay?”
Haley sbuffò ma poi borbottò ugualmente un okay incerto.
“Brava. E poi quando papà va via, tu vai con zio Tom e lui ti riporta da me, okay?”
“Okay.”
“Kristen, sei sicura di non poter restare?”
“Grazie, Rob. Ma ho tanto lavoro arretrato e delle scadenze da rispettare.”
Non insistetti oltre ancora incerto se la sua presenza potesse fare male più a lei che a me.
Haley la salutò di nuovo con un abbraccio forte e si sussurrarono qualcosa all’orecchio prima che la piccola corresse di nuovo su per le scale chiamata da mia madre.
“Bè, allora… Salutami gli altri e… Buon matrimonio e buona… luna di miele o qualunque cosa si dica in queste situazioni.”
Auguri andrà bene.”
“Giusto” strinse le labbra e si tirò i capelli dietro l’orecchio. Due dei particolari che più amavo di lei. “Allora… auguri Rob…”
Sorrise e nei secondi in cui si avvicinò non potei non pensare alle sue labbra sulle mie, alle mie sulle sue, quella sera.
Cosa sarebbe successo se il campanello non ci avesse interrotti?
Una sua mano si posò sul mio petto mentre le sue labbra lasciavano un cauto e innocente bacio sulla guancia.
Dovetti reprimere l’istinto di stringerle le mani in vita e abbracciarla perché sapevo che se l’avessi fatto non sarei stato più capace di lasciarla andare; e io dovevo lasciarla andare.
Si ritrasse velocemente senza guardarmi in faccia e la guardai allontanarsi proprio nel momento in cui Tom, vestito a lucido, scendeva dalla macchina che mi avrebbe portato in chiesa.
Avevo immaginato tante volte il loro incontro ma mai potevo aspettarmi che semplicemente si scambiassero un sorriso e si abbracciassero.
Lui le sussurrò qualcosa all’orecchio e lei scosse il capo. Le diede un bacio sulla guancia, le carezzò il viso e la lasciò andare.
Che cazzo stava succedendo?
“Perché sei ancora così? E perché sembri uno straccio?” mi salutò, entrando, come se nulla fosse.
“Hai parlato con Kristen per caso?”
Lui spalancò gli occhi e mi guardò quasi …terrorizzato?
“Io? Cosa? No. Parlato… di cosa?”
“Cos’era quello allora?”
“Quello cosa?”
“Tu e Kristen. Quel vostro salutarvi come se niente fosse…”
“Oh, quello. Niente… Ci siamo solo salutati…”
“Come se niente fosse, Tom. Vi siete già visti prima di ora?”
“Ah sì. Ieri sera. Ma per poco. Niente di che. Non abbiamo quasi parlato. Cioè, lei non mi ha detto niente, eh! Ci siamo incontrati in un bar e così…”
“Sapevo che era tornata in albergo perché aveva mal di testa…”
Deglutì visibilmente. Ma che cazzo…?
“In… infatti. L’ho accompagnata subito in albergo. Abbiamo scambiato solo due parole…”
“Ed erano due parole interessanti?”
“Senti, perché non ti vesti? Vado a vedere Shelby come sta…”
E si avviò su per le scale.
“Ma Shelby non è qui, Tom. Si preparava in canonica e tu lo sai.”
Lui si irrigidì e si voltò. Potevo quasi giurare di vedere goccioline di sudore scivolare sulla sua fronte.
“Oh giusto, giusto. Allora… vado, vado a vedere Haley…”
“Tom, tutto bene?”
“Sì. Sì. Tutto perfettamente ottimo.”
Perfettamente ottimo? Ma come cazzo parli?”
“Tu piuttosto? Ho trovato il tuo messaggio di stanotte.”
“Sì, lascia stare. Non riuscivo a dormire.”
E d’un tratto il suo strano umore cambiò e mi riservò uno strano sorriso enigmatico “Non sarai mica assalito dai dubbi all’ultimo momento, vero?” e, voltando le spalle, salì lasciandomi da solo a navigare nell’incertezza di quella strana allusione.
Alla disperata ricerca di una risposta che fosse vera ed onesta.
 
“Aiutooooooo! Papaaaaaaaà! Vuole uccidermiiiiiiiiii!”
Mi voltai di scatto quando sentii le urla di Haley e l’afferrai al volo  mentre entrava in sagrestia volando a tutta velocità verso di me.
“Vuole uccidermi!” ripeté quando fu al sicuro tra le mie braccia, seguita da Tom.
“Chi vuole ucciderti?”
“Shelby! Mi ha urlato contro e ha detto che faccio solo guai e ora vuole uccidermi.”
A quel punto non potei fare a meno di  metterla giù per guardarla negli occhi.
“Haley. Cos’hai fatto?”
“Niente, papà. Stavolta non ho fatto niente!”
Lanciai un’occhiata a Tom per accertarmi che fosse la verità.
“E’ stato un incidente…” la giustificò lui senza che nessuno dei due mi spiegasse di cose stessero parlando.
“Infatti. È stato un incidente…” ripeté lei mettendo il broncio.
“Cos’hai fatto?” Sentii io stesso il mio tono inevitabilmente irritato.
Lei non rispose e guardò Tom in cerca d’aiuto.
“Ha camminato con le scarpe sporche di terra sul velo…ma…”
“Haley!” le gridai contro prima ancora di sentire la fine del racconto.
“Non è colpa mia! Stavo camminando e lei tiene quel velo così lungo…”
“Haley, avevi promesso che ti saresti comportata bene.”
“Ma non l’ho fatto apposta, papà! Lo giuro.”
“Ora basta, Haley. Non si giura il falso!” e mi sorpresi di come il mio tono di voce fosse così alto da far rimbombare quella frase tra le pareti della sagrestia e farla suonare ancora più meschina e cattiva di quanto non dovesse essere.
Vidi i suoi occhi inumidirsi e il suo labbro iniziare a tremare.
“Ma io davvero non l’ho fatto apposta!” scoppiò a piangere e, gettando a terra il bouquet di fiori che aveva in mano, corse via in lacrime lasciandomi affondare nella merda di uomo che ero.
Mi passai una mano tra i capelli e nella foga e nella rabbia diedi un veloce pugno al muro prima di andarle dietro ma Tom mi fermò.
“Dalle due minuti. Ora ti manderebbe solo a fanculo, un po’ come avrei voglia di fare io, onestamente.”
Detto da lui, che si comportava in modo lunatico da ore, era un po’ il colmo ma dovetti dargliene atto.
Afferrai il cravattino sulla scrivania e mi misi davanti allo specchio cercando disperatamente di ricordare come cazzo si appuntasse, ma senza buoni esiti.
Guardai l’orologio esasperato.
Dovevo sposarmi tra venti minuti e avevo un cravattino che non si appuntava, una figlia che ce l’aveva a morte con me, e il suo viso ancora davanti gli occhi.
Non volevo ammetterlo ma i dubbi mi stavano massacrando.
Tom sostituì le mie mani e iniziò a maneggiare il cravattino al posto mio. Lo lasciai fare dato che avevo, inaspettatamente, iniziato a tremare. E non per l’emozione, ma per l’ansia; per quell’orrenda sensazione che albergava in me e che mi portava ancora a credere di stare facendo qualcosa di sbagliato.
“Rob, sei sicuro di Shelby?”
“Sì” risposi senza nemmeno pensarci davvero e lui mi guardò in modo decisamente strano.
“Perché questa domanda?” dovetti chiedere.
“Niente…”
“Tom.”
“D’accordo. Mi chiedevo solo se… Se pensassi mai a come sarebbero andate le cose se Kristen…”
“Ci ho pensato ogni giorno della mia vita, Tom, lo sai. Ma quel che è fatto è fatto.”
“No, intendo…” fece una pausa e prese un respiro. “Se, per pure caso, Kristen non ti avesse tradito… Tu riusciresti a perdonarla per Haley?”
Oh, Tom. E io che credevo sapessi tutto di me.
Sospirai. “Io l’ho perdonata, Tom. Io l’avrei perdonata sempre. Io le avrei perdonato tutto. Lo sai… Lei è…”
“…Kristen. Lo so…”
Sospirai ancora.
“Bè, l’importante è che tu sia sicuro di Shelby.”
E per qualche motivo il tono di voce con cui lo disse, come se fosse l’ultima cosa di cui essere sicuri al mondo, riuscì solo a creare nuovi e nuovi dubbi. Tutti indefiniti, tutti senza forma ma decisamente presenti.
“Al diavolo questo affare.” Lanciò il cravattino in aria. “Vai a cercare tua figlia. Hai dieci minuti per farle cambiare idea su Shelby. Buona fortuna.”
Simpatico, davvero simpatico.
Trovai Haley che dondolava i piedi seduta su una panchina nel giardino retrostante.
Li muoveva in un modo che…
Se poteva essere identica a me nell’aspetto era identica alla madre nei gesti. Non feci in tempo a pensarlo che si scostò entrambe le ciocche di capelli dietro l’orecchio e chinò il capo da un lato. Rividi Kristen e sorrisi, solo che non sapevo perché.
Mi avvicinai cauto.
“Posso sedermi?” chiesi e, senza degnarmi di uno sguardo, fece con la testa.
Restammo in silenzio per qualche secondo, infine mi decisi a parlare. Non avevo poi molto da dirle se non porgerle le mie scuse.
“Mi dispiace di aver urlato prima… E di non averti creduto…”
Lei scrollò le spalle. “Non fa niente…”
“Non deve essere così, lo sai. Tra te e Shelby.” Non rispose. “Proprio non ti piace, eh…?” Ancora silenzio.
“Mi sgriderai ogni volta che sarai con lei? Sarà così? Dimenticherai quello che abbiamo passato a Vancouver? Dimenticherai la mamma?”
Quelle parole, il modo in cui le disse e la lacrima che, sola, le scivolò sul viso, mi spezzarono il cuore e senza pensarci la presi tra le braccia.
“No, non dimenticherò mai. Avrò sempre te e non dimenticherò mai la mamma…”
“Perché tu la ami, papà, vero?” sussurrò parole soffocate contro il mio petto, stringendosi a me e io non riuscii a trovare una risposta sincera nemmeno per me stesso.
“Sì. La amo, tesoro. Ma vedi, l’amore ha diversi livelli. Io le voglio molto bene e gliene vorrò sempre. Così come amerò sempre te. Okay?”
Tirò su con il naso senza annuire, senza dire nemmeno un semplice sì. Continuai a cullarla ancora un po’ finché non vidi Shelby, in bianco, ferma sulla porta che dava al giardino.
Che diavolo ci faceva lì…?
“Tesoro, perché non vai dalla nonna? Deve darti il cestino con i fiori…”
Lei annuì e scese dalle mie gambe ma non mi lasciò andare totalmente.
“Papà, sposa la mamma invece di lei. Ti prego…” e me lo chiese con occhi così dolci e sinceri che per un istante volli dirle di sì solo per non vederli ancora così tristi, o forse era quello di cui cercavo di convincermi.
Le carezzai il viso e le sorrisi. “Vai dalla nonna, tesoro.”
Lei sospirò e sfuggì al mio tocco lasciandomi nella consapevolezza che stavo per sposare una donna che mia figlia, probabilmente, non avrebbe mai accettato.
Incrociò Shelby per strada e riuscii a sentire un flebile scusa uscire dalle sue labbra. Shelby le sorrise ma lei corse dentro prima che potesse accarezzarle i capelli.
Mi alzai e andai incontro alla mia fidanzata. Era…
“… bellissima. Sei bellissima…” sussurrai quando prese le mie mani tra le sue. Arrossì.
“Sarà un inferno…” mormorò e capii immediatamente a cosa si riferisse.
“No, vedrai che si abituerà. Dalle tempo.” Usai le stesse parole che Kristen aveva detto a me con la sola differenza che sapevo di stare mentendo.
“Ma che ci fai qui? Sai che porta sfortuna vedere l’abito prima del matrimonio…”
“Lo so” disse lei “Ma dovevo vederti.”
“Che succede?”
Lei mi guardò per un istante interminabile prima di chinare il viso e parlare tutto d’un fiato.
“Tu la ami ancora, Rob?”
“Cosa?”
“Ti prego, ho bisogno di saperlo.”
“Shelby…”
“Ti prego. Se è così, dimmelo adesso ma non farlo sull’altare. Non lasciarmi lì. Dimmelo ora.”
Strinsi le sue mani in una delle mie mentre l’altra le alzava il viso. “Lei è il passato. Il mio futuro sei tu…” e ne ero convinto. Almeno mentre lo dicevo a lei, ne ero davvero convinto. Kristen non poteva continuare ad avere potere su di me, non dopo sette anni in cui quella donna mi era stata accanto salvandomi da me stesso. Le dovevo tutto e le dovevo il mio amore.
Per qualche motivo mi credette sulla parola e sorrise, commossa, prima di poggiare le sue labbra sulle mie.
Le sorrisi.
“Ora scusami, ma devo proprio andare a posizionarmi all’altare.”
“Ti raggiungo lì!” ammiccò semplicemente prima di baciarmi ancora una volta e andare via.
Ed ero di nuovo solo. Solo con me stesso e un cellulare in tasca.
Lo presi per spegnerlo ma lo schermo rivelò l’ultima cosa che potevo aspettarmi in quel momento.
1 missed call
Kristen
Il mio cuore perse un battito nel leggere il suo nome, ne perse due nell’immaginare il motivo per cui aveva chiamato, ne perse tre nel decidere se richiamare o no.
Nonostante fosse la cosa più sbagliata da fare al momento, nonostante mi fossi appena ripromesso di non lasciare che condizionasse la mia vita ancora, premetti quel pulsante verde e la richiamai.
E il mio cuore continuava a perdere battiti nell’attesa finché a fermarlo del tutto fu la segreteria telefonica. Spento.
Sorrisi amaro guardando lo schermo del cellulare ancora una volta prima di spegnerlo.
Non era destino, evidentemente.
Eppure, dieci minuti dopo, mentre aspettavo all’altare ero ancora lì a chiedermi perché mai potesse aver chiamato. Cosa voleva dirmi? Forse farmi gli auguri? No, non aveva senso dal momento in cui me li aveva fatti quella mattina. Forse chiedere di Haley? Ma perché farlo? E soprattutto perché farlo alle tre in punto?
Tutti riuscirono a notare la mia ansia e il mio nervosismo ma sicuramente nessuno aveva idea del vero motivo.
Shelby doveva essere il mio unico pensiero, e invece io ero lì sull’altare aspettando lei ma pensando a Kristen. Ed era tremendamente sbagliato. E anche quando Haley fece la sua entrata camminando troppo velocemente e rovesciando il cesto di fiori arrivata alla fine della navata, il mio pensiero fu Kristen e la bellissima bambina che avevamo insieme. Quando la marcia nuziale iniziò a suonare io pensai a Turning Page; quella doveva essere la nostra marcia nuziale. E quando Shelby apparve sulla porta della chiesa insieme al padre, io pensai a lei e all’emozioni che avevo provato nel vederla indossare un abito da sposa, anche se per finzione.
Non mi concentrai nemmeno su Shelby mentre camminava. Lei probabilmente mi sorrideva vedendo il mio sorriso e non potendo immaginare che era dedicato totalmente ad un’altra persona.
Me la trovai di fronte e con le mani tra le mie senza nemmeno rendermene conto.
“Vuoi tu, Shelby Melissa Collins, prendere il qui presente Robert Thomas Pattinson come tuo legittimo sposo per amarlo, rispettarlo e onorarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non vi separi?”
“Lo voglio.”
“E tu, Robert Thomas Pattinson, vuoi prendere la qui presente Shelby Melissa Collins come tua legittima sposa per amarla, rispettarla e onorarla, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finché morte non vi separi?”
Le parole rimbombarono nella mente, stridendo, come mille aghi che penetravano facendo un dolore e un rumore tremendo.
“Rob…”
E la sua voce, una voce totalmente diversa da quella che sognavo, da quella che avevo sognato quella notte stessa, mi scosse dai miei pensieri. Il suo viso sparì e mi sentii morire.
Amarla… onorarla… rispettarla… salute, malattia. Ricchezza, povertà…
, avrei voluto dire. Sì, posso farlo. Sì, lo voglio. Solo… solo non con te.
“Rob…”
“Mi dispiace…” fu tutto quello che ebbi la forza di dire mentre i suoi occhi mi uccidevano lentamente.
Lasciai le sue mani e tra i mormorii sorpresi e increduli della gente, corsi in sagrestia e chiusi la porta alle mie spalle.
Iniziai a camminare avanti e indietro, pensando a quello che avevo appena fatto. Cercando di capire se avessi appena fatto la più grande cazzata della mia vita o semplicemente la più intelligente.
E ora? Cosa diamine sarebbe successo ora?
Non riuscii a sbrogliare nemmeno un filo della matassa che era diventata la mia testa quando Tom entrò chiudendo velocemente la porta dietro di sé.
“Rob…”
“Tom… che cazzo ho fatto?”
“Hai fatto la cosa giusta! Grazie a Dio! Lo sapevo io! Sapevo che Kristen te lo avrebbe detto! Ma quando le hai parlato? Ti ha chiamato?”
Mi bloccai per guardarlo. “Io… io non ho parlato con Kristen…”
E la sua espressione tradì ogni altra scusa che avrebbe anche solo potuto pensare di inventare.
“Oh, cazzo.”
“Cosa avrebbe dovuto dirmi Kristen?”
Lui esitò per parecchi secondi.
“Tom…”
“Rob…” iniziò cauto, così tanto da farmi preoccupare. “Ci sono delle cose che devi sapere… Ed è meglio se ti siedi.”
 
 
  
POV Kristen (suggerimento musicale; obbligatorio u.u)
 
Immaginai lo strascico che scivolava leggero lungo la navata.
L’odore tenue di incenso ormai spento che aleggiava nell’aria mentre tutti si giravano a guardare la sposa che faceva il suo ingresso.
Bella, il volto leggermente arrossato, emozionata..
Un giorno avevo creduto davvero che quella sposa sarei stata io..
“Oh mi scusi.”
Un uomo mi urtò per sbaglio, prima di correre dalla sua famiglia che occupava uno dei divanetti all’interno del traghetto. Tutti stavano dentro. Faceva troppo freddo per gelare sul ponte dove l’aria della Manica ti tagliava il volto e la pelle.
Troppo freddo per chiunque, ma non per me. Il gelo dell’esterno non era niente rispetto a quello interno delle mie ossa. Non riuscivo nemmeno a sentirlo.
Abbassai lo sguardo per vedere l’ora e notai lo schermo del cellulare nella mia mano illuminarsi.  Avrei voluto non rispondere ma riconobbi il numero di Haley, così mi feci forza, ricacciando le lacrime che premevano ai lati dei miei occhi.
“Amore, dimmi. Tutto bene?”
Non rispose subito. Sospirò pesantemente. “Io sì, ma tu? Dove sei?”
“Sto andando in un posto..mmm un posto per un impegno importante. Ti ho detto che lo zio Tom sa dove sono. Dopo ti porta lui da me.”
Per lo meno non era una vera bugia. Avevo davvero un impegno importante quel giorno: stare lontana da Londra, lontana da Rob, lontana da quella chiesa. Mi conoscevo abbastanza da sapere che, se fossi rimasta in città,avrei finito per andarci e..e non potevo permettermi di farlo. Non sarebbe rimasto più nulla di me stessa e io dovevo tenere insieme i pezzi per Haley.
“Mamma, torna qui.” La voce di Haley era quasi una preghiera e spezzò il mio cuore già così fragile in un secondo. “Sposa tu papà, per favore. Ci penso io a Shelby”
Scossi il capo, stupidamente, come se avesse potuto vedermi.
“Amore ne abbiamo già parlato. Papà ama Shelby e noi dobbiamo rispettare questa cosa e..supportarlo. Soprattutto tu. E non fare nessuno scherzo cattivo, ok? Feriresti solo tuo padre e davvero lui non se lo merita. Si merita di..” passai veloce la lingua sulle labbra completamente secche e screpolate. La gola mi bruciava per il dolore e quasi non potevo respirare “Si merita di essere felice e vivere una giornata splendida.”
“Ma mamma..”
“Niente ma” mormorai “E ora..tesoro devo scappare e anche tu dovresti andare. Si sta facendo tardi ed è..è quasi ora, no?”
Era quasi ora..
Sentii uno spasmo alla bocca dello stomaco.
“Sì” sbuffò “Vado allora. A stasera mami.”
“A..sta..a stasera”
Riagganciai prima che le lacrime coprissero del tutto la mia voce. Posai la fronte sulla ringhiera del ponte, abbandonandomi alle lacrime e al dolore. E anche se era sbagliato, masochista, autolesionista i miei occhi non si distoglievano mai dall’ora sullo schermo del cellulare che, inesorabile, scorreva.
2.45pm..
Di certo Rob era arrivato, ormai. Probabilmente stava stringendo la mano al parroco e, come me, fissava impaziente l’orologio in attesa che la donna che amava spuntasse davanti a lui. In attesa di renderla sua per sempre.
3.00 pm..
Era l’ora, ma ogni sposa che si rispetti arriva in ritardo. E, ne ero certa, Shelby non avrebbe fatto eccezione.
3.10pm..
Riuscivo ad immaginarla avanzare, sorridente. Arrivare da lui, prendergli la mano. Vicini erano la coppia perfetta.
3.20
Lo scambio dei voti. Rob di certo li aveva scritti personalmente. E sapevo che sarebbero stati sentiti e perfetti. Dritti dal cuore.
3.30pm..
Le promesse.
Prometto di amarti e onorarti, ogni giorno della mia vita.
E la loro vita insieme iniziava oggi, proprio in quel momento. Mentre mi sembrava che la mia finisse in modo altrettanto inesorabile.
Sentii una gran rabbia scorrere attraverso il mio intero corpo, come se fosse stata la sola linfa che alimentasse le mie vene. Rabbia verso il mondo, il fato, il destino ma, soprattutto, verso me stessa. Perché potevo prendermela con chiunque ma la realtà era chiara come il sole. Ero la sola da incolpare.
Gettai con forza il telefono nelle acque fredde della Manica.
E se, invece, non fossi stata così stupida in Africa?
E se avessi saputo di essere incinta e non fossi mai andata in quel villaggio coi medici?
E se avessi avuto più fede in Rob, nel nostro amore, nella forza di sopportare il dolore di una mia possibile malattia?
E se..
Due piccole parole che, sole, erano semplici ed innocue.
Messe vicine, però, una accanto all’altra, avevano il potere di perseguitarti per il resto della tua vita.
E, ne ero certa, quello era esattamente ciò che avrebbero continuato a fare.
 
 
Ero grata a Tom di avermi dato una via di fuga da Londra, offrendomi la possibilità di passare la giornata nella sua casa di famiglia sull’isola di Wight, ma ora che ero veramente lì mi rendevo conto di quanto in realtà quella fosse stata una pessima idea.
L’isola era l’ennesimo luogo pieno di ..noi.
O forse ero semplicemente io.
Ogni luogo per me era pieno di me e Rob, anche quelli in cui non eravamo mai stati insieme. Lo riconoscevo tra i passanti, perfetti estranei mi sembravano lui, oggetti e cibi mi ricordavano i suoi gusti e le sue preferenze, canzoni mi facevano ripensare alla sua voce..
Eppure, indubbiamente, l’isola era una pugnalata al cuore più di qualunque altro posto al mondo.
Feci un altro passo su una delle rocce, lisce e fredde, e mi sedetti ad ascoltare il rumore del mare. Ormai si era fatta notte ed era così buio che non ero più in grado di capire la differenza fra dove finiva quello e iniziava il cielo cupo.
La mia mano sfiorò la superficie umida della pietra e fui subito assalita dai ricordi.
“Ti giuro che se mi fai cadere, io..”
“Tu cosa, eh?” mi afferrò per la vita e chiusi gli occhi, terrorizzata di cadere su una di quelle pietre e spaccarmi la testa “Cosa mi fai?”
Sentii il suo respiro sul mio volto ed un brivido mi travolse. Sapeva di lui, di fresco, dei suoi baci..
Posò le labbra sulle mie e non mi importò più neppure dell’altezza, delle pietre scivolose, del mare sotto di noi.
“Ci sono io Kristen, non avere paura”mormorò “Ci sarò sempre.”
L’ennesima lacrima scivolò lungo la mia guancia e, di scatto, mi alzai. Percorsi veloce i pochi metri che mi avrebbero riportata alla casetta della famiglia di Tom e, quando entrai in cucina, mi lasciai cadere su una sedia. Davanti a me c’era ancora la tazza di tè che mi ero preparata quando ero arrivata per cercare di calmare i nervi.
Tentativo inutile e patetico.
Bevvi un sorso della bevanda ormai fredda e, dopo pochi minuti, decisi di spostarmi in salotto. Avevo acceso il piccolo caminetto e l’aria aveva un confortevole tepore.
Quasi confortevole, per lo meno..
La casa era vecchia, vissuta, ma accogliente. Un tipico cottage inglese che sapeva darti una sorta di calore; come se tutte le persone che ci avevano vissuto avessero lasciato un piccolo pezzetto di loro pronto a darti il benvenuto.
Sfiorai i mobili, le foto leggermente impolverate; ne riconobbi una di Tom da bambino. Doveva aver avuto sì e no cinque anni e gli mancavano alcuni denti. Non potei non sorridere nonostante i muscoli del mio volto fossero così abituati a non farlo da tempo.
Salii su per due rampe di scale strette finchè non mi ritrovai in un ampio spazio aperto. Accesi la lampada più vicina e capii di trovarmi nella soffitta. Il tetto era spiovente ai lati e, su una parete, si aprivano due piccole finestrelle circolari.
Ma non fu quello che attirò la mia attenzione.
A quel punto non sapevo più se Dio, o chi per esso, stesse cercando di punirmi secondo le leggi di qualche orribile castigo cosmico.
Un vestito da sposa faceva bella mostra di sé su un manichino nell’angolo. Sembrava antico e di certo non poteva risalire a dopo gli anni cinquanta. Non so per quale motivo ne fui totalmente, dolorosamente, attratta. Ne carezzai la stoffa liscia anche se decisamente impolverata ed ingiallita dallo scorrere del tempo. Il velo, invece, era ancora in ottime condizioni e, prima che potessi fermarmi, le mie dita si erano chiuse sulla piccola clip che lo teneva fermo. Lo portai sul mio capo.
E mi sentii patetica e triste mentre fissavo il mio riflesso nello specchio sporco ed incrostato che mi stava di fronte. I capelli erano arruffati e mi ricadevano in disordine sulle spalle, sotto gli strati di tulle; i miei occhi erano gonfi e umidi e il mio volto pallido ed emaciato.
Che stupida che ero stata..
Avevo pensato che io ed Haley avremmo potuto passare le vacanze natalizie lì sull’isola, magari con Tom. Ma c’era troppo. Troppi ricordi, troppo dolore. La cosa migliore era prenotare il primo volo per Vancouver, partire, aiutare mia figlia a costruire un vero rapporto con suo padre cercando di farne parte il meno possibile. Dopotutto Rob doveva trascorrere del tempo con Haley, non con me. Non ci saremmo dovuti vedere quasi mai se non avessimo voluto.
Provai ad abbozzare un piccolo sorriso ma l’espressione che mi rimandò lo specchio era orribilmente falsa ed innaturale. Sarei mai riuscita a sorridere ancora? A sorridere perché ero davvero felice?
Il suono del campanello mi riscosse dai miei pensieri deprimenti. Mi bastò una rapida occhiata all’orologio per capire che dovevano essere Tom ed Haley. Era tardi, molto tardi e..
Il campanello continuò a suonare, incessante.
“Arrivo!” strillai precipitandomi giù per le scale “Arrivo”
Sfregai rapida le mani sul viso, sperando di scacciare almeno i segni più evidenti del mio pianto ma, quando aprii la porta e mi trovai di fronte mia figlia e Tom avvolti nei loro cappotti, capii che sarebbe stato tutto inutile.
“Kris ma perché diavolo non rispondi al cellulare? Eravamo preoccupatissimi!”
“Mamma, mamma papà non..”
Mi bastarono quelle parole per scoppiare in un pianto disperato. Affondai il volto fra le mani.
Ero una pessima madre e lo sapevo. Non sarei mai dovuta crollare così davanti ad Haley ma vederli lì mi fece capire che era finita. Adesso l’avevo davvero perso per sempre.
“E’ finito tutto..” gemetti “E’ finita..”
Sentii le lacrime tiepide colare fra le mie dita e poi il calore di due mani afferrarmi i polsi.
“Veramente avevo sperato che questo potesse essere l’inizio di tutto. Non la fine..”
Di scatto feci un passo indietro, staccandomi da quel calore, da quelle mani, perché..
Spalancai gli occhi quando vidi Rob di fronte a me. Indossava lo smoking ed era..era una visione.
Stavo sognando? Quello era tutto un grande ed assurdo sogno o..?
Ma quando ricatturò le mie dita tremanti nelle sue, ferme e decise, capii che non era affatto un sogno. Per qualche strana ragione lui era lì con me, non con Shelby a Londra.
Non staccai gli occhi dai suoi neppure quando sentii Tom e Haley parlare fra loro.
“Ok, io direi di lasciarli soli”
“Direi di sì. E poi dobbiamo preparare..beh cerchiamo un negozio aperto”
Le loro parole non avevano senso, ma non me ne curai. Niente aveva senso ed era perfetto così, se solo fossi potuta vivere in quell’attimo di follia per il resto della mia vita.
Rob fece un passo avanti e poi un altro e poi un altro..
Le sue mani si posarono sulla mia vita mentre mi spingeva di nuovo in salotto. I suoi occhi sembravano capaci di bruciarmi la pelle.
Si fermò quando ci trovammo davanti al calore del camino.
“Cosa..cosa ci fai qui?”
Non so neppure dove trovai la forza di parlare ma dovevo sapere, dovevo..
“Dimmelo tu Kristen. Dimmelo tu”
Il suo volto era teso, immobile, rigido. E benché vedessi che voleva lasciarsi andare al sollievo, non riusciva a mascherare la rabbia repressa dentro di sé.
E improvvisamente capii.
“Non hai sposato Shelby”
“No”
“Tom..” gemetti “Tom ti ha detto tutto”
“Sì”
No, no, no..
Mi sentii morire per l’ennesima volta nel rendermi conto che gli avevo di nuovo rovinato la vita. Non aveva sposato Shelby per venire lì a chiarire con me, perché si sentiva in colpa. Tutto quello che avevo sempre cercato di evitare..
“Tu la devi sposare. Devi essere felice. Devi tornare da lei. Devi..”
Quello che lui fece dopo fu un vero shock. Mi afferrò con forza per le braccia e mi sbattè alla parete finchè non mi ritrovai completamente premuta fra quella ed il suo corpo.
“Tu la smetti. La smetti adesso con tutte queste stronzate” la sua voce era un sibilo sul mio viso “La smetti di decidere cosa è meglio per me. La smetti di decidere il nostro destino, ci siamo capiti?”
Deglutii con forza.
“Non potevo sposare Shelby. E non la potevo sposare perché non è la donna che amo. E l’ho capito quando l’ho vista davanti e tutto ciò a cui riuscivo a pensare eri tu e a quanto volevo che fossi tu quella al suo posto” continuò. I suoi occhi erano come due smeraldi magnetici che mi imprigionavano. “Non potevo rovinarle la vita sapendo che..che non avrei mai potuto amarla davvero. Volevo venire a cercarti, a parlarti ma non sapevo dov’eri e..”
“Ma perché? Ancora credevi che ti avessi tradito con un altro, che ti avessi abbandonato senza il minimo..”
Le sue mani corsero al mio volto.
“Perché?” domandò. “Per lo stesso motivo per cui sette anni fa non riuscivo ad andare avanti senza di te. Per lo stesso motivo per cui ti avrei sempre ripresa con me, oggi come allora. Perché ti amo Kristen e questo non cambierà mai. Mai.”
I suoi occhi si velarono di nuovo di rabbia. “E poi Tom mi ha raccontato tutto. E adesso..adesso sono io che ti chiedo perché.”
Perché..
Avevo passato anni a inventarmi centinaia di perché, di scuse che mi aiutassero a sopportare il peso delle mie bugie e delle mie azioni e, adesso che era arrivato il momento di spiegare, non me ne veniva in mente neppure una.
Anzi, forse soltanto una.
“Per lo stesso tuo motivo, presumo” la mia voce era così flebile che a malapena potevo sentirmi “Perché ti amavo. Perché ti amo. E perché ferirti con la scusa di James ti avrebbe dato la possibilità di andare avanti”
“Ma io ti sarei stato vicino. Non mi sarebbe importato di niente. Nessuna malattia avrebbe potuto separarci” le sue mani vibravano sulla mia pelle. Vi posai sopra le mie.
“E questo è esattamente il motivo per cui ti ho mentito. Avevo paura e tu..la tua felicità era la sola cosa che contava ai miei occhi.” Risposi “Non merito il tuo perdono, lo so ma..”
“Ma ce l’hai”
Le sue parole mi lasciarono basita e senza fiato.
“Ce l’hai amore mio, ce l’hai, ce l’hai, ce l’hai..” posò la bocca sulle mie guance, sui miei occhi umidi, su ogni centimetro del mio volto “Ce l’hai. Però..però anche tu devi perdonare me.”
Lo guardai come se fosse un folle.
Io perdonare lui?
“Perdonami per aver creduto alla tua bugia. Perdonami per non aver capito che non avresti mai potuto farmi una cosa simile. Perdonami..” una singola lacrima colò  sul suo volto “Perdonami per non aver creduto nella forza del nostro amore quando tu non hai mai smesso di farlo.”
Gli gettai le braccia al collo e lo baciai mentre le nostre lacrime si mescolavano in un solo liquido caldo e avvolgente. Quell’uomo perfetto era davanti a me, a chiedermi di perdonarlo, dopo tutto ciò che io gli avevo fatto. Come se avessi potuto dire di no, come se avessi anche solo avuto quel diritto.
“Non c’è..non c’è niente da perdonare” il suo profumo sulla mia bocca mi dava alla testa.
“Basta bugie, basta scuse, basta…basta.” Le sue parole erano un alternanza di baci.
Bloccai il suo volto fra le mani e lo guardai, cercando di impedire al mio cuore di scoppiare di gioia.
Scossi il capo, sincera come non lo ero da anni.
“Ora non c’è più nessun segreto, nessuna bugia. E’ stato detto tutto quello che c’era da dire.”
Vidi le labbra di Rob curvarsi in un sorriso, caldo ed avvolgente.
“Veramente c’è ancora una cosa che potresti dirmi” mormorò.
“Co..cosa?”
Le sue dita si intrecciarono alle mie ed il suo pollice sfiorò il mio anulare. Il respiro mi si bloccò in gola.
“Potresti dirmi di sì.”
 
 
“Dove hai trovato un prete? E voi..voi dove avete trovato un negozio aperto la vigilia di Natale?”
Mi sembrava che la testa girasse in un vortice confuso. Mi sembrava di stare attraversando la peggior sbornia della mia vita e mi sembrava di vivere in un universo parallelo una vita troppo bella e che non mi meritavo affatto.
Ma era la mia vita. Era la mia vita..quella che avevo sempre voluto. Con il solo uomo che avrei mai potuto amare.
“Beh signorina quest’uomo ha fatto una donazione di 3000£ alla mia parrocchia” rispose il prete con una risata, dando una pacca sulla spalla a Rob “capisce che sarei andato perfino a casa del diavolo dopo tanta generosità.” Aggrottò le sopraciglia, ripensando probabilmente alle sue parole. “Beh, forse non del diavolo visto che sono un prete ma ci siamo capiti”
Si allontanò di qualche passo cercando di scaldarsi le mani nonostante l’aria fredda.
Mi stavo per sposare.
Mi stavo per sposare con i miei jeans, una pesante felpa di Gap, le converse ed un vecchio velo pieno di polvere in testa.
Eppure non ero mai stata più felice di così. Nemmeno se avessi indossato l’abito più prezioso del mondo.
“Non piangere”
Rob mi strinse al suo petto e mi resi conto solo in quel momento che avevo ricominciato. Ma questa volta la ragione del mio pianto era totalmente diversa. Questa volta non c’era più traccia del dolore costante che mi tormentava da anni.
“Piango perché sono felice. Ti amo..”
Mi ripulii il volto con le mani, alzando gli occhi e fissando l’albero del piccolo giardino su cui Tom ed Haley avevano attaccato  lucine colorate creando l’atmosfera perfetta.
“Dove avete trovato una ferramenta aperta il 24 Dicembre? Di notte, per giunta” domandai di nuovo dal mio posto caldo fra le braccia di Rob.
Haley scosse le spalle, tornando a concentrarsi sulle piccole casse che non so come aveva collegato allo stereo del salotto, e fissò Tom con aria colpevole.
“Beh” balbettò lui “Abbiamo cercato un po’ ma ovviamente non c’era nulla di aperto e così le abbiamo..mmm prese in prestito da una casa qua vicina.”
Scoppiai a ridere, scioccata, quando mi resi conto di cosa significava quel ‘prese in prestito’.
“Rubate? Le avete rubate? Ma siete impazziti?”
Si strinsero entrambi nelle spalle, sghignazzando mentre prendevano posto ai nostri lati.
Strinsi con forza le mani di Rob nelle mie.
“Bene ora che ci siamo tutti direi che possiamo cominciare” iniziò il prete “ragazzi, siete pronti? Voi, testimoni?”
“Aspetti solo un attimo” Haley corse a premere qualche tasto nello stereo e tornò al suo posto con un grande sorriso.
Le note di Turning page si diffusero nell’aria mentre il prete continuava a parlare.
Haley mi fece l’occhiolino e trattenni a stento una lacrima. Per quanto tempo mi aveva visto sofferente ed infelice? Per troppo…troppo. Ma adesso avevamo la possibilità di ricominciare tutto da capo e di essere di nuovo felici. E, questa volta, per sempre.
Vorrei poter dire che la cerimonia fu il fulcro della mia attenzione ma non fu così. Rob, mia figlia, il mio migliore amico, le loro espressioni felici. Loro furono tutto ciò che riuscii a vedere in quei minuti.
E quando Rob mi sollevò fra le braccia mentre i primi fiocchi di neve iniziavano a cadere e mi baciò con una libertà ed un trasporto che non avevo mai sentito capii che non ci sarebbe potuto essere per noi un matrimonio più imperfettamente perfetto. Mi aggrappai a lui, avvolgendogli le braccia intorno al collo e le gambe intorno alla vita. E niente fu come la risata estasiata di Haley che si abbracciava a noi facendoci sbilanciare leggermente.
“Non ci posso credere!” trillò felice “Allora Babbo Natale esiste! Esiste davvero!”
Alzò il volto al cielo, beandosi dei fiocchi freddi sulla pelle.
“E’ tutta la vita che gli chiedo tre cose e adesso me le ha date!”
“E che cosa gli chiedevi?” domandò Rob carezzandole i capelli mossi dal vento.
Haley gli afferrò la mano e se la strinse al viso. “Un papà..”
Prese anche la mano di Tom in quella libera. “Una famiglia e..”
Li lasciò andare per potersi accoccolare al mio calore.
Alzò gli occhi, supplicante. “Un fratellino”
Sia io che Rob scoppiammo a ridere. Ma quando lo guardai capii che non era per l’imbarazzo di doverle dire di no. Era perché eravamo felici; era perché lo volevamo entrambi. Anche se stava succedendo tutto molto in fretta era qualcosa che volevo dargli, un’esperienza che volevo regalargli. E, per la prima volta da sempre, non perché mi sentissi in colpa.
Solo perché volevo. Solo perché lo amavo.
“Un giorno” risposi guardando Rob.
“Presto?” domandò lui, la speranza chiara nei suoi occhi.
“Presto” sussurrai sulla sua bocca.
“Beh zio Tom, allora è il caso che li lasciamo soli a lavorare al fratellino e noi ci cerchiamo un albergo per la notte, che dici?”
Affondai il volto sul petto di Rob e lo sentii vibrare per le risate trattenute.
“Dio, Haley, ti devo levare quel computer da sotto le mani” mormorai senza sapere se essere più divertita o mortificata.
In realtà ero semplicemente felice della famiglia che avevo e di quella che avrei avuto in futuro. Era ancora troppo presto per parlarne e lo sapevo. Io e Rob dovevamo ricostruire il nostro rapporto, imparare a fidarci di nuovo l’uno dell’altra ma, un giorno.. un giorno ci saremmo arrivati.
Perché avevamo una nuova chance per ricominciare tutto da capo, qualcosa che era concesso a pochi. Il nostro amore era sempre stato lì, anche negli anni più bui ed infelici, anche quando credevamo di odiarci.
Il nostro amore era l’occasione per voltare pagina.
Sentii le campane che, in lontananza, battevano la mezzanotte.
Nostra figlia si strinse a noi con forza.
“Buon Natale mamma” disse “Buon natale papà”
“Buon Natale” risposi.
E lo era.
Il migliore di sempre.

 

 

Okay... e un'altra bimba è andata :')
Speriamo tanto che vi sia piaciuto...
Ci teniamo a dire che la scelta di non far parlare Tom è stata voluta e speriamo che siano evidenti i motivi dal capitolo, anche se in modo sottile.
Se Tom avesse parlato Rob avrebbe potuto annullare il matrimonio solo perchè mangiato dai dubbi e dal senso di colpa e Kristen non avrebbe mai saputo se lo avesse fatto solo per scrupolo o perchè lo sentiva davvero.

Potremmo dire le solite cose a questo punto: grazie, vi adoriamo, siete fantastiche... ma già lo sapete per cui...
Boh, niente... scrivere per se stessi è stupendo... ma lo è ancora di più se ci siete voi a leggerci.
Perciò sappiate che vi dobbiamo tanto: ogni recensione, ogni preferito, seguito; ogni parola, ogni sclero, ogni tutto! <3
Speriamo di non abbandonare mai questo mondo che ci fa sognare *-*
Un grazie particolare a Leti (ringraziatela perchè è praticamente il cuore di Turning Page; senza di lei probabilmente queste chicche non avrebbero mai vita lol).

La scritta "The end" c'è ma, chissà, potremmo anche sentire la mancanza di questa piccolina e tornare prossimamente quindi...
STAY TUNED!

E noi, niente, ci sentiamo su facebook *-*
Un bacio enorme e GRAZIE ancora per TUTTO!

Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutti! 

Cloe&Fio


 

   
 
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