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Autore: mokuyobitenshi    24/12/2011    0 recensioni
Questa storia è un AU che è nata mentre rigurdavo un vecchio episodio di JAG...è lka mia prima fanfiction, lo premetto...
In pratica le vicende sono ambientate durante la seconda guerra moniale, nel marzo 1945 vicino all'isola di Iwo Jima.
Genere: Commedia, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Seeley Booth, Temperance Brennan
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo V: Frankly. my dear I don't give a damn!

24 febbraio 1945
a largo dell’isola di Iwo Jima
1080 km a sud di Tokyo



Il giorno stava ormai lasciando posto alla notte, gli ultimi raggi del sole stavano ancora scaldando le membra di chi si trovava sul ponte scoperto della USS Goodwill.

Il pomeriggio era trascorso talmente lento che il tempo sembrava aver mutato il suo scorrere, giungendo quasi ad immobilizzarsi in un unico breve istante.

Erano ormai quasi le sette di sera e Temperance stava finalmente finendo il suo turno pomeridiano, trascorso ad occuparsi dei nuovi feriti appena giunti dall’isola di Iwo Jima; l’infermiera aveva passato tutto il pomeriggio lavorando per i diversi medici e correndo da una parte all’altra del ponte B panoramico. Ricordava come in quello stesso posto avesse incontrato solo pochi giorni prima quel Marine, il quale nel giro di poche ore era stato in grado di insinuarsi nella sua vita e di cambiarne gli equilibri: oramai non riusciva più a pensare ad altro che a quei profondi occhi castani, a quel sorriso maledettamente accattivante, al suo fisico prestante e a quel suo modo di farla uscire dai gangheri semplicemente aprendo bocca.

Non sapeva cosa sarebbe successo da lì a poche ore, ma era pronta ad affrontare l’ignoto, infondo Temperance Brennan non è mai stata una persona che si tira indietro davanti ad una sfida.

Nelle stesse ore che Temperance aveva trascorso portando a compimento il suo compito, Seeley aveva cercato di svolgere il suo: aveva passato il pomeriggio seduto sulla sua branda con un blocco di fogli sulle gambe e una penna nella mano destra, intenzionato a scrivere le lettere ai famigliari dei Marines della sua unità deceduti nel corso dell’attacco all’isola, nei quattro giorni appena trascorsi.

Seeley Joseph Booth credeva in quella guerra, nei suoi ideali e nei suoi obiettivi; era un patriota americano, si era arruolato proprio per combattere per la sua patria, ma era pur sempre un soldato. Non era nato per dare notizie tanto tristi: non riusciva a trovare le parole per annunciare ad una madre, ad una moglie, o semplicemente ad un affetto che il loro congiunto aveva perso la vita per il suo paese.

Erano diverse ore che se ne stava seduto su quella branda con la mente in bianco; ogni tanto si portava la penna alla bocca  e distrattamente ne mordicchiava la fine, per poi buttare giù due righe, salvo fermarsi e cancellare tutto.

Stava di nuovo cancellando le ultime parole che aveva scritto alla madre di un caporale di vent’anni morto in azione, quando Padre Goodman gli si avvicinò e si sedette ai piedi del suo letto.

-Figliolo, mi sembri in crisi. E’ un po’ che ti osservo scrivere su quei fogli e poi cancellare immediatamente- disse il prete.

-Padre, non riesco a trovare le parole per annunciare alle famiglie la morte dei miei ragazzi, non so proprio da dove partire- disse scoraggiato Seeley - come posso fare ad alleviare il peso di queste notizie?- chiese infine.

-Ragazzo mio, purtroppo non esiste un modo per rendere meno dolorosa la morte di qualcuno a noi caro- rispose Goodman –anche se, leggendo il capitolo 5 versetto 4 del Vangelo di Matteo, Nostro Signore afferma che saranno beati coloro che soffrono perché saranno confortati.- finì.

-Poiché ciascuno porterà il proprio fardello, Galati capitolo 6 versetto 5.- continuò Seeley.

-Conosci la Bibbia- disse il prete alquanto sorpreso.

-Ho fatto il chierichetto per anni e diciamo che conosco piuttosto bene le Scritture- rispose il Marine.

-È quasi ora di cena, mi conviene andare; devo ancora concedere la mia assistenza a dei Marines- disse Goodman alzandosi –Adesso smettila di scrivere, vedrai che quando sarà il momento le parole giuste ti verranno dal cuore. Per adesso accontentati di parlare con i tuoi ragazzi che ce l’hanno fatta, vai da loro- finì il prete mentre si allontanava verso la porta dell’infermeria.

-Grazie mille Padre.- disse Seeley alzandosi a sua volta.

_oOo_oOo_oOo_
 

Seeley si era ormai lasciato alle spalle la parte dell’infermeria dove si trovava la sua branda. Era deciso a sincerarsi delle condizioni dei suoi uomini esattamente come gli aveva suggerito padre Goodman.

Si stava guardando intorno cercando di riconoscere qualche volto, quando la sua attenzione fu attirata da Angela, che come al solito cercava di risollevare il morale di Parker.

Booth si avvicinò e si sedette al fianco di Angela.

-Ehi! Park, come va oggi?- chiese l’uomo al ragazzo.

-Come ieri e come il giorno prima ancora. Mi sento come l’arrosto della nonna- rispose il Caporale –tu invece mi sembri in gran forma!- finì.

-L’arrosto della nonna? Con o senza patate?- scherzò Booth sorridendo –Io sarei pronto a tornare la fuori anche subito, ma ho i miei buoni motivi per restare- concluse sorridendo maliziosamente mentre lanciava un’occhiata ad Angela.

-Oh si, ha un motivo con delle gambe meravigliose- confermò Parker cercando di sorridere a sua volta.

-Ragazzo, credevo fossi puro e ingenuo- disse Angela, guardando Parker con sorpresa – e tu non dovresti permettergli di parlare di queste cose, è ancora un bambino!- finì girandosi verso Seeley e minacciandolo con l’indice.

-Io non c’entro niente!- disse Booth alzando le braccia.

-Ho ventuno anni, sono maggiorenne e nonostante il mio corpo sia messo malaccio i miei occhi funzionano ancora bene e bhè, quell’infermiera è davvero uno schianto e lo sei pure tu Angela cara- disse guardando Angela con quello che voleva essere un sorriso a increspargli le labbra.

-Wow, ragazzo, vai dritto al sodo!- disse Angela guardandolo e sorridendogli di rimando.

-Park, è troppo grande per te, e poi è già impegnata con il dottore- disse Seeley avvicinandosi all’orecchio di Parker per non farsi sentire da Angela –e adesso vado che devo finire di fare il mio giro di visite e saluti- finì alzandosi.

-Ehi! E allora cosa mi dici della bella infermiera che si occupa di te?- gli disse Parker, sforzando un attimo la voce per farsi sentire da Booth che si era leggermente allontanato.

-Con Bones non hai speranze, non credo di averne manco io- gli rispose Seeley facendogli l’occhiolino e allontanandosi.

-Bones?!- dissero in coro Angela e Parker scambiandosi un’occhiata confusa.

_oOo_oOo_oOo_


La fatidica serata-cinema era infine giunta: i medici, le infermiere, i degenti e parte degli ufficiale di bordo stava già prendendo posto nella mensa sul ponte D della nave, trasformata per l’occasione in un cinematografo.

Angela e Tempe discesero insieme lo scalone che portava al ponte D; se non fosse stato per il fatto che indossavano semplici divise da infermiere, sarebbero potute sembrare parte di quelle donne che anni prima avevano percorso quella stessa gradinata per giungere ad una delle magnifiche feste della Prima Classe.
Appena giunsero nella sala, Angela localizzò Hodgins e, dopo aver biascicato due parole a Tempe e averle stampato un bacio sulla guancia, si recò di corsa dal suo amato medico.

Temperance, rimasta sola, incominciò a guardarsi intorno cercando qualche volto conosciuto, finché non incontrò due profonde pozze castane.

Seeley Booth era appoggiato ad uno dei pannelli in legno massiccio che costeggiavano il salone, aveva le braccia incrociare sul petto e la osservava sorridendo, salvo poi staccarsi dal muro e raggiungerla vicino alla porta.

-Bones! Alla fine sei venuta!- esclamò il Marine sorridendo.

-Non chiamarmi Bones o me ne vado e non ritorno!- ruggì lei, mentre gli voltava le spalle e cercava di andarsene.

Lui la prese per un polso per fermarla. –Va bene, va bene, cercherò di non chiamarti Bones, anche se penso che ti calzi a pennello!- rispose lui.

-Io invece trovo che non mi si addica per niente!- disse lei piccata.

Seeley sospirò e tirandola per il polso la trascinò verso le sedie al centro del salone, da dove Angela si stava sbracciando per segnalargli di affrettarsi a prendere posto.

Seeley e Temperance si sedettero in penultima fila, esattamente dietro ad Angela e ad Hodgins, nell’esatto momento in cui si spensero le luci ed iniziò la musica dell’overture.

-Tesoro, sono così emozionata!- disse Angela girandosi verso Temperance.

-Ma se hai visto questo film tante di quelle volte da sapere tutte le battute a memoria- le rispose Tempe.

-Si, ma non mi stancherò mai di vederlo! Amo troppo Rossella e Rhett, sono una coppia fantastica e poi l’ambientazione storica e i costumi sono magnifici- disse Angela con gli occhi sognanti.

-In effetti è vero, dal punto di vista storico è perfettamente fedele e pure i costumi di scena sono magnifici- concordò Tempe con l’amica- ma, per quanto riguarda i personaggi non saprei, sinceramente non capisco la loro logica- finì.

-In che senso non capisci la loro logica?- chiese Seeley, entrando nella conversazione.


-Non capisco come una donna così scaltra e intelligente come Rossella, possa passare gran parte della sua vita a correre dietro ad un uomo sposato e felice con la
sua famiglia- gli rispose la donna.

-Lei pensava di essere innamorata di lui, non si era accorta di essere in realtà persa per Rhett.- disse Seeley.

-Già, Rhett, un altro personaggio che non capisco; per quale ragione passa tre quarti del film cercando di ottenere l’amore di Rossella, per poi alla fine, quando lei capisce se ne va abbandonandola sulla porta di casa?- gli chiese allora la donna.

-Era stanco di aspettarla, aveva lottato per anni per averla, ma lei continuava a dire di amare Ashley e quindi posso dire di poterlo capire; se una donna mi tenesse sospeso per anni come ha fatto Rossella, per poi dirmi che mi ama solo quando capisce che non può fare altro, credo che reagirei allo stesso modo- rispose lui.

-Te ne andresti lasciandola sulla porta in lacrime con nient’altro che quattro parole?- chiese allora lei perplessa.

-No, le direi che oramai è troppo tardi, ma non la lascerei mai con una frase del genere “francamente me ne infischio”- rispose il Marine.

Mentre stavano disquisendo, un'infermiera seduta dietro di loro si intromise ponendo la testa tra le loro.

-Voi due, se avete già visto il film e volete chiacchierarne, andate fuori! Io non l’ho mai visto, ma vorrei arrivare alla fine senza sapere come finisce, grazie- disse con la voce un po' alterata.

-Ci scusi, non volevamo rovinarle il film- disse Seeley volgendosi verso la donna e sorridendole a suo modo.

Nel mentre di questo scambio di battute, sullo schermo avevano incominciato ad avvicendarsi le prime immagini del film: era partita l'inquadratura dei campi di cotone arati dagli schiavi neri che giunto il tramonto si stavano radunando per tornare verso la casa patronale.

Temperance era completamente assorta dal film, intenta ad ascoltare le civetterie di Rossella nei confronti dei gemelli Tarleton, mentre Seeley si era perso nell'osservare lei: aveva girato leggermente il capo e si era soffermato ad ammirare le sue meravigliose fattezze, il suo bellissimo volto, ma soprattutto quegli occhi così profondi e così attenti a captare ogni piccolo particolare.

Accorgendosi del suo sguardo Temperance si voltò leggermente verso di lui –Come mai mi osservi?!- gli chiese.

-Perché…-non sapeva cosa rispondere, era stato colto con le mani nel sacco e non gli veniva in mente niente per uscire da quella situazione.

-Sto aspettando una risposta- disse lei, girandosi del tutto verso di lui.

-Ecco… il fatto è che…- cercò di tirarla per le lunghe – che… stavo osservando il fatto che assomiglia a Rossella!- butto lì alla fine.

-Assomiglio a Rossella?!- chiese lei confusa.

-Sì, le assomigli nel senso che anche tu sei una donna indipendente che sa benissimo cosa vuole dalla vita e come ottenerlo- spiegò lui, contento di essere riuscito a togliersi d’impaccio.

-Sì, su questo posso dire di essere d’accordo con te, ma per il resto non le somiglio per niente- disse lei.

-Hai gli occhi azzurri e non verdi e non sei così brava a civettare, ma per il resto siete due gocce d’acqua- disse Angela voltandosi verso i due; dovevano aspettarselo, Ange li stava tenendo d’occhio e aveva ascoltato tutta la conversazione.

-Io non assomiglio a Rossella!- disse lei alzando un po’ il tono di voce, incrociando le braccia e mettendo il broncio.

-Vaaaa bene, se lo dici tu- disse Angela girandosi di nuovo verso lo schermo – e adesso guardiamo il film che la storia si fa interessante!- finì.

Sia Seeley che Temperance tornarono a concentrarsi sul film, dove nel frattempo Rossella stava parlando con il padre a proposito della terra e del suo valore:

-Oseresti dire, Miss Rossella O'Hara, che la terra non conta nulla per te? Ma se è la sola cosa per cui valga la pena di lavorare, di lottare, di morire! Perché è la sola cosa che duri.- stava dicendo alla figlia Gerald O’Hara, mentre insieme camminavano per la tenuta di Tara.

-Uff, parli come un irlandese.- gli rispose Rossella.

-E sono molto fiero di esserlo. E non dimenticare, Rossella, che per metà lo sei anche tu. E chiunque abbia una goccia di sangue irlandese ama la terra come la propria madre. Ma per ora sei troppo giovane. L'amore per la terra ti verrà col tempo: è fatale quando si è nati irlandesi.- finì l’anziano proprietario terriero.

Le scene continuava a susseguirsi sullo schermo e finalmente Rossella aveva incontrato Rhett durante la celeberrima “merenda alle Dodici Querce”, la proprietà terriera dei Wilkes, famiglia della quale faceva parte il grande amore di Rossella, Ashley.

I due, appena conosciutesi avevano già iniziato a discutere, battibeccando poiché Rhett aveva assistito alla dichiarazione di Rossella ad Ashley, e alla seguente perdita di dignità della fanciulla dovuta al fatto che Ashley fosse già promesso in sposo alla sua stessa cugina Melania, ma soprattutto al fatto che egli fosse perdutamente innamorato di Melly.

-Vedi che somigli a Rossella- disse Angela girandosi – manco conosci un uomo e già inizi a battibeccarci- continuò rivolgendo il suo sguardo verso Seeley.

-Io non battibecco, io esprimo le mie opinioni- disse Temperance.

-Bones ha ragione, non battibecchiamo, esponiamo le nostre opinioni- concordò Seeley.

-Ti avevo detto di non chiamarmi Bones!- disse lei girandosi verso il Tenente.

-Ecco, come volevasi dimostrare, adesso inizierete a battibeccare- disse Angela.

-NOI NON BATTIBECCHIAMO- urlarono i due all’unisono, scatenando così l’ira dell’infermiera seduta dietro di loro, la quale li aveva retti a fatica fino a quel punto del film.

-Ve l’ho già chiesto cortesemente prima, se dovete discutere, potreste farlo fuori?!- chiese la donna alquanto alterata.

-Si signora, ci scusi ancora, adesso ce ne staremo zitti e buoni- disse Seeley cercando di usare il suo charme per rabbonire la donna, ottenendo ben scarsi risultati.

-Io non me ne starò zitta e buona, se voglio parlare, parlo!- disse Temperance.

-Per favore, ne parliamo dopo, guarda il film adesso- le disse lui.

-E va bene- disse Tempe- ma il fatto che ti dia ragione non vuol dire che tu abbia vinto l’argomento- aggiunse.

Dopo uno scambio di occhiate furenti entrambi tornarono a guardare il film in silenzio.

La prima parte del film era quasi finita: la guerra era scoppiata e aveva raggiunto Atlanta, Rossella con l’aiuto di Rhett era riuscita a lasciare la città e a rifugiarsi a Tara dove con il resto della sua famiglia era riuscita a ristabilire un po’ di equilibrio.

Sullo schermo compariva ora l’immagine di una Rossella stanca e con la schiena ricurva intenta a dissotterrare delle radici per poterle mangiare, dato che di cibo in quel periodo non ve ne era.

Rossella si stava ora alzando da terra con una radice in mano e alzandola al cielo stava dicendo la sua ormai celeberrima battuta: Giuro davanti a Dio, e Dio m'è testimonio, che i nordisti non mi batteranno. Supererò questo momento, e quando sarà passato non soffrirò mai più la fame: né io né la mia famiglia. Dovessi mentire, truffare, rubare, uccidere, lo giuro davanti a Dio: non soffrirò mai più la fame!

E con queste parole finì la prima parte del film e iniziò l’intervallo, accompagnato dalla musica della colonna sonora.

Temperance e Seeley tornarono finalmente a guardarsi e di comune accordo decisero di alzarsi e di uscire sul ponte esterno al salone per  poter fumare una sigaretta durante la pausa, prima della seconda parte del film.

Lui prese dal taschino il portasigarette in acciaio e dopo avene messa una in bocca ne offrì una anche a lei, che accettò.

-Un maledetto vizio che si prende nell’esercito, eh?!- disse lui nel tentativo di dissipare la tensione creatasi e mente le passava il fiammifero per accendere la sigaretta.

-Già, sto cercando di smettere ma non ci riesco, è l’unico modo per scaricare un po’ di tensione che si riesce a trovare a bordo di questa nave- disse lei.

-Non solo a bordo della nave- aggiunse lui –anche sul campo. A volte è l’unico modo per calmarsi- continuò- ma quando finirà la guerra farò di tutto per smettere, anche perché non avrò più scuse; dopo quello che ho visto qui niente mi potrà sembrare più stressante- finì.

-Concordo, finita la guerra non fumerò mai più una sigaretta in vita mia, anche se temo che io di cose brutte continuerò a vederne anche quando tutto questo sarà finito- disse lei.

-Come mai?- chiese lui, rivolgendo lo sguardo verso di lei.

-Voglio finire i miei studi di medicina e diventare medico- disse lei.

-Strana professione per una donna- disse Seeley- ma sono sicuro che ci riuscirai, testarda come sei nessuno riuscirà a fermarti- aggiunse sorridendo.

-Lo spero- disse Tempe sospirando –anche se a volte mi sembra di avere tutto il mondo contro: siamo nel ventesimo secolo e ancora si fa fatica a concepire il fatto che una donna possa fare il medico bene, se non meglio di un uomo. Non siamo esseri indifesi che vanno protetti dalle brutture del mondo, possiamo benissimo fare ciò che fate vuoi uomini- disse poi riprendendo la sua solita grinta.

-Dopo quello che ti ho vista fare su questa nave posso assicurarti che ti affiderei la mia vita più che volentieri, non hai niente da invidiare ai medici che ogni giorno lavorano su quel ponte- le disse lui sorridendo.

-Purtroppo credo che tu sia uno dei pochi uomini su questa nave e in tutti gli Stati Uniti che farebbe veramente ciò che ha appena detto, che mi affiderebbe la sua vita- disse Tempe incrociando il suo sguardo.

-Oggi come oggi è probabile, ma sono sicuro che un giorno le cose cambieranno e magari sarai proprio te a cambiarle- disse lui sorridendo e mantenendo i suoi occhi fissi in quelli di lei –che te ne pare come prospettiva?- le chiese.

Temperance stava per rispondere quando sentirono la fine della musica dell’intervallo e l’inizio della narrazione della seconda parte del film.

Seeley spense il mozzicone della sua sigaretta ed incominciò ad incamminarsi verso l’ingresso del salone. Giunto oramai sullo stipite della porta di girò e la vide ancora ferma vicino al parapetto: i capelli mossi dalla leggera brezza serale che soffiava sull’oceano Pacifico mentre stava dando l’ultimo tiro alla sigaretta per poi spegnerla e gettarla in un portacenere.

-Il film sta iniziando, se non ci muoviamo ci perdiamo l’inizio- le disse Seeley.

-Arrivo tra un attimo, voglio solo godermi ancora un attimo questo momento: il vento che soffia, il mare azzurro e piatto e il silenzio dell’artiglieria- disse lei volgendosi per un attimo verso di lui, per poi tornare a guardare il mare – tu vai pure avanti- aggiunse poi.

-No- disse lui –ho cambiato idea- continuò – rimango anch’io qui con te, il film l’ho già visto e in questo posto dimenticato da Dio non capita spesso di poter vivere un momento di pace, quindi tanto vale goderselo- finì avvicinandosi nuovamente al parapetto.

Lei si voltò leggermente alla sua sinistra osservando il volto di lui disteso in un sorriso e con gli occhi chiusi, come a voler assorbire ogni vibrazione di quell’attimo.

Non seppero mai per quanto rimasero in quella posizione, ma ad un certo punto lui decise di prendere la parola.

-Sai una cosa Bones?- le chiese- noi due ci conosciamo solo da un paio di giorni, ma in momenti come questo mi pare di conoscerti da una vita- le disse girandosi verso lentamente verso di lei e stabilendo un contatto con i suoi occhi.

-Quello che hai detto è completamente irrazionale- gli rispose la donna – ma, non posso fare a meno che concordare con te, non so per quale ragione ma mi sembra di averti già conosciuto- continuò –chissà, magari inconsciamente associo la tua figura a quella di qualcuno che conosco- finì.

-Magari è così- concordo lui- o magari no- disse poi –sai, tutto ciò mi ricorda una leggenda cinese che mi aveva raccontato giapponese infiltrato per gli USA- continuò, sempre guardandola negli occhi.

-Una leggenda cinese raccontata da un giapponese? Un po’ confusa la cosa- disse lei – ma sono curiosa di sentirla- gli disse, avvicinandosi di un passo verso di lui.

-In pratica la leggenda dice che esistono delle anime che sono collegate fin dall’alba dei tempi. Queste anime sono legate tra loro da un filo rosso inscindibile che le collega attraverso i mignoli; se uno dei proprietari delle due anime muore è certo che in un’altra vita, in un’altra epoca, rincontrerà l’altra anima e allora proverà una sensazione di dejavù- raccontò lui- sarà completamente folle come spiegazione, ma devo ammettere che non mi dispiace- disse poi avvicinandosi di un passo verso di lei, ormai si potevano quasi toccare tanto erano vicini.

-Già, è una spiegazione del tutto folle- concordò lei- ma devo ammettere che ha il suo fascino, anche se si tratta solo dell’ennesima leggenda sulle anime gemelle- disse poi.

-Ennesima? Ne conosci altre?- le chiese lui senza mai perder il contatto con i suoi occhi, la tensione tra loro stava aumentando, i loro volti si stavano avvicinando inesorabilmente oramai mancavano solo pochi centimetri e avrebbero finito col baciarsi.

-Sì, una raccontata da Platone nel Simposio- disse lei, ormai talmente presa dallo sguardo di lui e da quel lento ed infinito avvicinarsi che non sapeva neanche più di cosa stesse parlando.

-Platone, eh?!- chiese lui, ormai distante solo pochi millimetri dalle sue labbra –prima o poi me la racconterai- disse poi prima di baciarla.

All’inizio fu un bacio dolce, un tenero scontrarsi di labbra, ma poi, mano a mano che i secondi passavano quel bacio si trasformava in qualcosa di più profondo: in una lotta per la supremazia tra chi dei due dovesse condurre il gioco, uno scontro ad armi pari, le lingue come fendenti e le braccia per stringersi uno all’altra.

Quando si separarono avevano entrambi il fiatone, erano stati talmente presi da quel bacio che si erano persino dimenticati di respirare.

Appena le loro funzioni cardio-circolatorie ripreso il loro comune corso tornarono a guardarsi negli occhi, leggendo nello sguardo dell’altro una sola domanda: e questo cos’era?

Stavano per confrontarsi quando udirono la squillante voce di Angela provenire dal passaggio tra il ponte esterno e il salone: il film doveva essere terminato.

-Ragazzi, ma allora eravate qui!- esclamò allegra la donna – come mai vi siete persi la seconda parte del film?- chiese poi con sguardo indagatore; appena uscita sul ponte aveva immediatamente notato la tensione tra i due e lo strano scambio di sguardi.

-Ci siamo persi a guardare il mare e a chiacchierare- le rispose Seeley, mentre a fatica interrompeva il contatto visivo con Temperance per voltarsi verso Angela.

-In effetti qui fuori si sta davvero bene- disse Ange –c’è una strana calma stasera- continuò poi avvicinandosi alla coppia.

-Domani mattina ho il primo turno- disse ad un tratto Temperance come se si fosse appena risvegliata da una paralisi – vado a dormire, altrimenti rischio di non alzarmi- continuò incamminandosi verso l’ingresso del salone.

-Aspettami- disse Seeley –abbiamo ancora un discorso inconcluso- disse mentre la inseguiva.

-Ma mi lasciate qui?!- disse Angela con finto tono d’offesa, mentre faceva un passo avanti per seguirli.

Poi il silenzio fu interrotto da un rombo e il rombo fu seguito da centinaia di schegge che volavano ovunque.

Seeley, colto alla sprovvista dalla repentina esplosione, fece in tempo a gettare Temperance a terra e a farle da scudo col suo corpo, evitando ad entrambi di rimanere feriti.

Appena ripresasi dalla mossa repentina del Marine, Temperance si alzò in piedi e corse verso il parapetto cercando disperatamente Angela nel mezzo della nuvola di polvere causata dal ponte esploso.

-Ange! Dove sei?- urlava mente cercava l’amica sotto le tavole di legno sbalzate dal ponte superiore a causa della deflagrazione.
Seeley, rimasto per un attimo immobile nella sua posizione, notò un lembo di stoffa bianca pochi metri più in la rispetto a Temperance; immediatamente si alzò e dopo averla chiamata a sé incominciò a spostare le travi.

Dopo pochi secondi trovarono il corpo di Angela, immediatamente Tempe si chinò al suo fianco per sentire le pulsazioni , sospirando di sollievo nel momento in cui si accorse che era viva.

-Vai a chiamare Hodgins!- disse a Seeley, che immediatamente corse a cercare il medico.

-Ange, non ti preoccupare, sono qui con te, andrà tutto bene- disse all’amica con il volto ormai rigato dalle lacrime.

In quel momento la brezza sottile continuava a soffiare, ma il momento di pace era finito.
   
 
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