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Autore: oh_alien    25/12/2011    4 recensioni
«Mike prese i pennelli per terra – tutti quanti! –, li intinse nelle varie vernici e cominciò a dipingere. La sua mano era sicura e agile sulla tela, era la tela, era il colore, il pennello. Fu così che allora perse la coscienza del tempo, e dipinse, dipinse, fino a sporcare non solo le dita e le mani, ma le braccia intere. Un sorriso, paradossalmente, si dipingeva da solo sul suo volto, che si illuminava di attimo in attimo».
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mike Shinoda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si sarebbe potuto dire che si trovava in un prato fiorito, in una foresta. Oppure in una bufera. Ovunque si girava trovata del colore, del disastro, qualcosa che rendeva il posto in cui si trovava irreale, fuori da qualsiasi altro luogo.
Ed era stato lui a fare quel gran casino lì. Anna lo guardava da dietro il quadro a cui stava lavorando, praticamente da un altro universo. Lo guardava come se fosse la prima volta che lo guardasse: era abbagliata, stupefatta dalla bellezza che quell’uomo emanava. Non la stava nemmeno guardando negli occhi, ma quel che si nascondeva dietro quello sguardo fisso alla tela era un universo senza tempo. Lo sapeva, perché aveva avuto la grande fortuna di guardarci dentro.
Lui continuava a lavorare in silenzio, a volte farfugliando parole senza senso in una lingua tutta sua, a volte prendendo i pennelli e scagliandoli dall’altra parte della stanza, come se da amici per la pelle, tutt’a un tratto gli diventassero estranei, creature al di fuori della sua portata, parassiti. E gridava: «Vaffanculo!»
E ancora: «Merda!». E continuava così, fino a che non si rendeva conto di essere ridicolo, e fino a quando la voce non cominciava a tremare. Avrebbe voluto piangere a volte, ma non lo faceva mai.
Da qualche minuto aveva cominciato a sbuffare perché non sapeva cosa diamine disegnarci su quella tela. Era stanco. Aveva scritto testi su testi, aveva inventato melodie su melodie, note su note, aveva dato forma a ciò che di più informe risiedeva nella sua mente, ed era distrutto, sfinito dalle nottate insonni, bianche come la pelle che era costretto a portare addosso, sempre rinchiuso in casa a lavorare.
Non ce la faceva più.
Per terra c’erano una decina di tele strappate per capriccio, nemmeno toccate, pallide e immobili. Anna lo vide in difficoltà e si avvicinò cautamente. Guardò il pavimento ricoperto di macchie colorate, guardò le tele incolumi, guardò i suoi piedi scalzi, anch’essi colorati come fiori primaverili.
Si avvicinò piano da dietro la tela che Mike stava osservando, e lo guardò negli occhi. Lui alzò lo sguardo a sua volta, tornando da un viaggio mentale durato anni luce, e fissò i suoi occhi in quelli di lei.
Andò tutto bene, per un attimo, per un’eternità. Il mondo tornò a posto: lui non si sentiva più stanco e lei non più sola.
Mike sfiorò il viso di Anna dolcemente, e lei sorrise abbassando timidamente lo sguardo. Non voleva distogliere gli occhi da sua moglie, e la guardò ancora ed ancora perché era l’unica speranza di salvezza che avesse. Portò il corpo di lei vicino al suo e l’abbracciò, reprimendo un desiderio crescente che pungeva sulla pelle. In un parossismo d’amore, però, le sussurrò, come quando facevano l’amore, che l’amava e la baciò con tutto l’ardore che non aveva voluto mostrarle sino a quel momento.
E fu allora che accadde. Mike terminò il bacio con una carezza sulle labbra di Anna, e la guardò ancora, stavolta con uno sguardo nuovo, sapiente.
«Anna,» le disse. «Anna, oddio.. Oddio, Anna ti amo».
Il cuore cominciò a battergli forte, il respirò accelerò, il petto cominciò a muoversi su e  giù veloce, e ancora di più, e di più e di più! Lasciò Anna, che rimase lì stupita e immobile, non capendo cosa gli stesse succedendo.
Mike prese i pennelli per terra – tutti quanti! –, li intinse nelle varie vernici e cominciò a dipingere. La sua mano era sicura e agile sulla tela, era la tela, era il colore, il pennello. Fu così che allora perse la coscienza del tempo, e dipinse, dipinse, fino a sporcare non solo le dita e le mani, ma le braccia intere. Un sorriso, paradossalmente, si dipingeva da solo sul suo volto, che si illuminava di attimo in attimo.
Le sue mani erano sulla tela, che ormai era diventata parte di Mike.
Anna diede uno sguardo fugace, e vide che suo marito stava dipingendo un uomo che aveva un teschio al posto della testa, e veniva ritratto in una foto segnaletica su uno sfondo rosa acceso, quasi fucsia. Mike si girò un poco, continuando a far correre i pennelli sulla tela. «Lo chiamerò Hence», disse. «È un totale sconosciuto che ha una sola qualità: quella di saper far aumentare la propria fama in modo spropositato». Nel dirlo disegnò una piccola etichetta sulla giacca dell’uomo-teschio che rappresentava la $ di dollaro.
«Da sconosciuto diventerà la star più amata di tutti i tempi» affermò trasformando il suo sorriso in ghigno maligno. «Lo farò diventare talmente famoso da farlo implodere». Rifinì un dettaglio del dipinto: «Si ucciderà da solo, lentamente».
Cominciò a ridere come un pazzo, lasciò cadere i pennelli a terra terminando la magia di quel momento.
Si gettò a terra anche lui e continuò a ripetere, tra le risate isteriche: «Lo farò implodere. Lo farò implodere!». Si contorceva a terra come un bambino quando cade talmente tanta neve da poterci fare gli angeli: solo che qui la sua neve erano le gocce di colore che ora gli sporcavano la t-shirt, e gli angeli erano le opere di cui la sua mente, da un minuto a quella parte, era piena.
Continuò a ridere fino a non sentirsi più il fegato, fino a sembrarsi pazzo. Le pupille gli si dilatarono smisuratamente e perse di nuovo coscienza del tempo.
Quando finì, guardò Anna e le disse piano: «Oddio Anna, quanto ti amo».
E subito dopo, ancora più piano di prima: «Lo farò implodere». E si mise una mano sulla bocca tentando di coprirla per non ridere più.
Anna si sdraiò vicino a Mike e si tolse la camicetta immacolata. Mike si tolse la maglietta sporca, poi i pantaloni, e tolse dolcemente anche quelli di lei.

Fecero l’amore lì per terra.

MUGSHOTxGLAMOURSHOT

Un angelo caduto che si crogiola nell’eccesso, l’eccesso che porta alla gloria.
Se da lassù lo guardano con un filo d’invidia, da quaggiù lui si gode la sua non esistenza. 

  
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