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Autore: Ai_Sellie    26/12/2011    1 recensioni
Ti raggomitoli maggiormente contro il muro, stringendo le gambe al petto con un braccio, quando un brivido di freddo più forte degli altri ti scuote fin nelle ossa.
Senti la mano di tua sorella stringersi appena un po’ di più alla tua, in un gesto che dovrebbe essere di conforto, ma non volti la testa per incrociare il suo sguardo e sai che lei ha fatto altrettanto. Continui a fissare in silenzio la porta d’ingresso, seduta al suo fianco, sul pavimento.
È il primo Natale che festeggiate da quando la mamma è morta. È il primo Natale che papà passa al cimitero, senza di voi.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scritta per la Maritombola di maridichallenge, prompt numero 49 (Cimitero) della mia tabellina. C=



Tu non piangi mai,
cerca di ricordarlo.
Io sono solo una buona a nulla ma ora
voglio accettarti completamente,
perciò resterò qui.

(“Kimitte” – Nishino Kana)




Ti raggomitoli maggiormente contro il muro, stringendo le gambe al petto con un braccio, quando un brivido di freddo più forte degli altri ti scuote fin nelle ossa.
Senti la mano di tua sorella stringersi appena un po’ di più alla tua, in un gesto che dovrebbe essere di conforto, ma non volti la testa per incrociare il suo sguardo e sai che lei ha fatto altrettanto. Continui a fissare in silenzio la porta d’ingresso, seduta al suo fianco, sul pavimento.
L’orologio del salotto ha scoccato la mezzanotte ormai da parecchie ore, anche se non sapresti dire con precisione quante: il nero che riesci a scorgere oltre la finestra è così fitto e denso che, per quanto ne sai, fuori potrebbe essere scoppiata la più violenta delle bufere senza che voi ve ne foste minimamente accorte.
Sbuffi e chini il capo fino a poggiare le labbra sulle ginocchia.
È il primo Natale che festeggiate da quando la mamma è morta. È il primo Natale che papà passa al cimitero, senza di voi.
Quando lo hai visto in piedi nell’ingresso, avvolto nel vecchio cappotto rovinato che la mamma gli ha regalato per il loro primo anniversario di matrimonio, un enorme mazzo di fiori freschi sotto al braccio, qualcosa si è improvvisamente rotto dentro di te.
Lui ha sorriso e vi ha promesso che sarebbe tornato entro l’ora di cena, così da poter festeggiare tutti insieme. Tu non gli hai creduto, ma hai continuato comunque a sperare; anche quando le ore hanno incominciato ad accavallarsi l’una sull’altra ed il freddo a farsi troppo pungente da riuscire a sopportare con indosso solo la camicia da notte.
Ti mordi il labbro, trattenendo a forza le lacrime.
Vorresti che quel pirata della strada non fosse mai passato col rosso. Vorresti che Babbo Natale esistesse sul serio, per poter esprimere il tuo desiderio e riuscire finalmente ad odiare papà quanto dovresti.
Quando ti azzardi a voltare appena la testa il tanto sufficiente da riuscire a scorgere, nella penombra, il profilo di tua sorella, la trovi nell’esatta posizione in cui hai supposto sarebbe stata.
Ha gli occhi rossi e gonfi per la stanchezza e lo sguardo sempre fisso sulla porta d’ingresso. Trema di freddo, coperta solo dal suo pigiama preferito, e tu sai che vorrebbe piangere, ma non lo fa perché è stupida esattamente quanto lo sei tu - siete sorelle, dopotutto.
Anche se è più grande di te solo di una decina di mesi – è stata davvero una sorpresa, per vostra madre, scoprirsi di nuovo incinta appena solo dopo un mese che eri nata tu – ha deciso che spetta a lei il compito di prendersi cura di te, adesso.
Muovi appena il pollice, sfiorandole così il palmo della mano e facendola sobbalzare.
Vorresti dirle che andrà tutto bene. Che se papà non è ancora tornato è solo perché si è fermato a chiacchierare con qualche amico incontrato per strada, che sta bene, che non sta di nuovo piangendo la morte della mamma inginocchiato sulla sua tomba, dimentico del mondo e di voi – non anche il giorno di Natale.
- Te l’avevo detto, - mugugni invece, le lacrime che, silenziose, ti scaldano le guance. – Noi non siamo abbastanza. Noi non siamo la mamma.
Tua sorella esplode finalmente in un singhiozzo disperato, attirandoti a sé.
Ti stringe forte al petto e piange, piange, la bocca spalancata premuta contro i tuoi capelli.
Ricambi l’abbraccio, accarezzandole la schiena con una mano.
- Andrà tutto bene. Andrà tutto bene, te lo prometto, - singhiozza.
Non le credi, ma le lasci la speranza di pensare il contrario. Almeno questo.
  
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