Fatalità avverse
o forse no ?
Missione
compiuta.
Alla
fine Pisello aveva fatto colpo e oggi sono tre mesi che stanno
assieme, pensate un po' che malvagità nell'approccio deve
essere
insita in un tale individuo! Quando ci annunciò
ufficialmente la
relazione ci furono le congratulazioni dalla combriccola e le
relative domande. Il guru del gruppo, che si era guadagnato
ammirazione da parte di tutti per le imprese impossibili,
raccontò
sorvolando i dettagli piccanti, di come era riuscito ad attirarla a
sé con facilità; in sostanza se l'era lavorata
pian pianino. Tutti
sapevamo che gliene importava poco e anche lui ne era consapevole.
Era una scopata facile, come del resto lo era per gli altri un
qualsiasi rapporto, seppure si dimostrassero carini e gentili sul
momento. L'unico cretino ero io lì dentro, ma non tanto da
rivelare
le mie posizioni "puriste" in fatto d'amore.
Se
una donna avesse approfondito il rapporto con me ero sicuro che si
sarebbe innamorata immediatamente.
Io ero la controprova della bastardaggine maschile, del tipico
modello a cui basta avere un rapporto "che tutto fila liscio".
Deprimeva pure me, che ero uomo, sapere che a quell'età
l'unico
scopo della nostra vita era soddisfare solo
i nostri bisogni fisiologici. Un ventenne è fallocentrico,
non c'è nulla da fare.
Do la colpa di questo mio distaccamento
dalla massa dei caproni alle letture che mi venivano imposte
nell'età
della ribellione dalla mia matrigna, dai, almeno per questo era stata
utile. All'epoca ero un ragazzotto che dava i primi segni di
trasgressione, si sentiva figo rispetto al mondo. Ricordo bene che fu
un evento a scatenare la dura repressione della donna. Un pomeriggio
presi dall'armadietto del bagno il rasoio elettrico per la barba che
mio padre aveva lasciato e deciso lo passai sulla testa. Ero un punk
pure io adesso: un bel crestone storto verde. Uscii dal bagno tutto
contento, con un sorriso a trentadue denti, pronto a fare la vita del
duro, di quello che vuole spaccare tutto, di quello che ha vissuto la
miseria.
A mia madre caddero le braccia quando mi vide e io con
quel sorriso sornione sbandieravo il mio “no netto”
al vissuto
travagliato del passato, sfoggiavo l'assoluta contestazione a tutto,
non rendendomi conto di essere più conformista degli altri.
La
scoperta dei Sex
Pistols mi
aveva reso “grande e indipendente” oltre che
tremendamente
incazzato
(permettetemelo, sto spiegando quella che era la mia filosofia pAnC).
Insomma da quel dì, dopo una chiacchierata di due ore con la
ciabattona, fui costretto o meglio accompagnato ogni giorno in
biblioteca comunale per prendere dei libri da leggere e indovinate?
La mia matrigna avendo sentito come ripetevo fedelmente la frase
più quotata di Rotten, omettendo il figlio
di madre ignota
(mi sembra ovvio) «uno
che ha fatto del marciapiede il suo regno, un figlio maledetto di una
patria giubilata dalla vergogna della
Monarchia,
senza avvenire e con la voglia di rompere il muso al suo caritatevole
prossimo
»,
volle farmi provare a tutti i costi cosa volesse dire essere punk,
tanto da mandarmi a pulire “le latrine” e i
marciapiedi. Mi servì
veramente da lezione. Imparai, seppure in modo diverso, cosa volesse
dire “essere il padrone del marciapiede”.
Da
allora tutte quelle ideologie rivoluzionarie quanto anarchiche se ne
andarono a farsi friggere e il vecchio Takanori rinacque dalle
ceneri, seppure in altre vesti, ma di questo avremo tempo di parlarne
poi.
Dicevo, la colpa del mio romanticismo, si fa per dire,
risiedeva in tutti quei i libri che avevo preso in prestito dalla
biblioteca. Leggendo un po' di narrativa europea mi appassionai
delittuosamente ai grandi romanzi russi e francesi, però la
mia
moralità era sempre legata alle grandi lezioni che attingevo
da
Musashi. Takezo e Osho erano da sempre il mio modello puro da seguire
per la via dell'amore casto, beh, loro erano per me la massima
autorità che si potesse venerare, oltre che alle
sregolatezze
europee dal fascino direi quasi delittuoso agli occhi di un
ragazzetto coi primi ormoni che spuntano fuori.
Concretizzai fin
da subito questa mia diversità da altri ragazzi, che
grossomodo
andavano dietro alla carnalità, e convenni di non rivelare a
nessuno
questo lato "intimo" e sconveniente, specialmente di fronte
agli occhi spietati delle nuove generazioni.
Mi trovavo a
rispondere al guru onnipotente con le frasi che voleva sentirsi dire
cercando di non andare mai contro gli altri, malgrado venissero fuori
discorsi da tratti misogini e detestabili. Insomma quelli che
declamavano di non essere "animali" in conclusione finivano
per esserlo nel peggior modo possibile. Che stupidi eravamo, davvero!
Eppure era divertente starsene a parlare in quel modo, ti sembrava
che fosse perfino naturale l'argomento della conversazione. Senza
nemmeno accorgercene sfociavamo alle prime esperienze sensuali per
arrivare addirittura alla primordiale scoperta di quel oggetto comune
al sesso maschile, e spesso ricordavamo le facce delle nostre madri
sconvolte o soltanto sorprese che tale comportamento si fosse
presentato tanto prematuramente nei loro piccoli e indifesi bimbi.
Almeno così dicevamo e io raccontavo con molta inventiva
storie
analoghe alle loro; in realtà le mie scoperte furono
semplicemente
individualistiche e casuali.
Ma la copertura di tua madre
scandalizzata al sentore che il proprio figlio abbia scoperto
l'utilizzo del diletto sensuale, beh, ti rendeva figo di fronte a
quegli occhi illusi e creduloni perfino di più del guru
incontrastato del sesso.
Contemporaneamente a queste mille parole
scambiate tra ormai veterani dell'approccio, pensavo che non avevo
più rivisto il tizio, Ryo, da quella serata giù
al pub; strano che
il mio incontro combaciasse nel tempo con il semi rapporto amoroso
tra pisello e la sua dolce metà.. E più tempo che
passava e più
beh, ero meno convinto che provassi semplicemente
una
modesta simpatia per quel buzzurro. Non dilunghiamoci troppo
però su
questo mio monologo interiore oh lettori appassionati perché
è più
importante portare alla luce i fatti e non le catene mentali che mi
si perpetuano continuamente nell'animo.
Eravamo a cinque
passi dalla stazione della metrò in uno di quei giardinetti
ben
ordinati e curati padroneggiato, nei pomeriggi primaverili, dal
binomio madre (o padre che sia) e figlioletto.
I fanciullini, li
vedevi correre maestosamente su quei prati con la purezza dipinta
negli occhi ed era bello che almeno loro potessero mantenerla
inalterata.
Chissà se anche io nei tempi d'oro sarei parso a un
passante come tutti gli altri bambini, considerando che non avevo
nessuno a lodare le mie prodezze. Andare ai giardinetti voleva dire
spezzare quel rapporto matematico a 3 insito nelle famiglie "normali"
e come avrete capito noi Matsumoto eravamo l'eccezione universale a
qualsiasi regola comune. Forse per questo senso la nostra
originalità
poteva essere vantata, anche se, analizzando più a fondo non
ne
rimarrebbe che putredine indistinta.
Era una tranquilla
serata di estate e noi la trascorrevamo nel modo più
anticonformista
del mondo, lontano dallo sfarzo e ostentazione dei locali fighetti,
posto in cui si riunivano quei tipi che come unico denominatore
comune avevano la "sbruffonaggine". Non dilunghiamoci a
lungo su spiegazioni dettagliate, comprendete soltanto il principio
che regola le nostre scelte di "alternativi" e imparate a
farne uso e consumo quando poi penserete alle nostre avventure,
ammesso che io ve le descriva in dettaglio tutte quante.
Per
qualche assurdo motivo dovevamo separarci prima quella sera e non
trascorrerla fino a notte fonda divisi tra chiacchiere giovanili col
pretesto che fossero pseudointelletuali. Ovviamente, e lo sottolineo
con enfasi, Takanori aveva dimenticato il suo fidato ombrello a casa
e sempre rientrando nei puri casi della normalità qualcuno
di
imprecisato aveva deciso di prendersi beffa delle sue dimenticanze,
tanto da mandare un nuvolone nero sopra il paesino provinciale tanto
cupo e minaccioso da coprire la volta stellata.
I ragazzi alle
prime gocce risero ignari, poi quando esse si fecero sempre
più
fitte, quasi da essere un manto indistinto di acqua, scherzarono
meno. Sfrecciarono via in direzioni diverse e io come loro accorrevo
a un riparo sicuro. Completamente mezzo da capo a piedi attesi
solitario l'arrivo della metro, diviso tra pensieri poco piacevoli e
la paura più totale che ci fosse qualche poco di buono a
importunarmi. Fortunatamente ero l'unico a viaggiare in ore tanto
bizzarre e con premesse della stessa sfumatura. Quello che destava in
me più perplessità era il tragitto del ritorno,
piuttosto
lunghetto, senza la possibilità di evitare un altro
inzuppamento
completo e quindi di buscarmi tremendi raffreddori seguiti da
broncopolmoniti durature. Mi viene spontaneo domandarmi fino a quando
il caso mi verrà incontro tanto
“piacevolmente”.
Sorpreso mi
girai indietro notando di come una grossa macchina nera stava
rallentando e ormai mi era praticamente di lato. Si abbassò
un
finestrino et
voilà!
Inconfondibile, curato come sempre c'era l'uomo che aveva attirato la
mia attenzione tanto egoisticamente, vantando un certo fascino
recondito.
-Posso
darti un passaggio?-
chiese gentilmente mettendo in folle.
-Oh
Ryo- sorpreso
per l'incontro borbottai- Non
ti preoccupare,
sono
quasi arrivato grazie
-Uhm,
dai sei fradicio di certo anche per pochi metri ti farà bene
stare
al calduccio-
sorrise amabilmente.
Come potevo rifiutare una cortesia così
sincera? Nemmeno il tempo di replicare ed ero seduto al suo fianco
nella mia timidezza estrema, seppure l'atto del salire mi fosse
venuto spontaneo. Il desiderio che lui sopraggiungesse dal nulla e ci
rincontrassimo si era realizzato, finalmente.
-Dove
siamo diretti?-
domandò ancora fermo al lato della strada.
Gli spiegai con poche
parole il tragitto che ci avrebbe condotti alla divin
dimora ospitante il degenero regale firmato da Moi
e Miss Ciabattona, attuale detentrice del titolo mondiale di trash.
Non importa che mi dilunghi sul come finì, nevvero? Sarebbe
una
sequenza di azioni piuttosto deducibili e meccaniche, se non fosse
che il bellimbusto
ben vestito e dalla tinta anticonformista mi avesse posato
gentilmente la mano sulla spalla per fermarmi e affermare
immancabilmente con la luce sibillina negli occhi
-Ora
sei tu che mi abbandoni senza un motivo, Taka-
aggiunse un sorriso pacato per rafforzare quella immagine che ormai
aveva voluto impormi fin da subito ostentando estrema sicurezza.
Non
risposi preso alla sprovvista da quella battuta che sembrava essere
stata detta fuori luogo o al massimo anticipata dal maldestro attore,
il quale evidentemente nel proprio cervellino aveva già
superato di
fantasia da un pezzo la contro risposta dell'interlocutore, ovvero
io.
-Non
mi guardare perplesso, piuttosto dettami il tuo numero di telefono
biondo-
estrasse dalla tasca dei pantaloni in rapida sequenza pacchetto di
sigarette e telefono
-Ahh
sì, okay, come vuoi...-risposta
denotante una estrema e imbarazzante ebetaggine del sottoscritto.
Imbambolato attendevo che digitasse i numeretti sui tasti e non davo
minimo accenno di volermi alzare da lì.
-Beh...AUG-
alzò la mano per accennarmi un saluto e ripartì
subito dopo, rapido
e impercettibile lungo quei vialoni svuotati di vita.
Contemplai
quei fasci di luce camaleontici riflessi sull'asfalto sudicio in
pozzangherette distribuite senza logica, giungendo poco a poco a un
grande
perché.
A rendere particolarmente memorabile la chiusura di un giorno
tanto bislacco fu il rientro trionfale nella casa dell'Eroe dei
giorni nostri. Non solo l'atmosfera cupa lo precedette subito dopo
l'ingresso, determinando un Blackout senza precedenti, forse lo
stesso qualcuno di qualche ora prima dalla postazione della sua regia
trovava divertente stuzzicare quel poveretto sempre più
frequentemente, ma ci s'era messo anche l'umore della donna ad
alimentare l'angoscia domestica del suddetto. Tal donna, di cui il
nome non ci è ancora stato svelato, credendo quei movimenti
sospetti, aveva prontamente pensato di accogliere l'ospite con
“una
grande sorpresa”.
Allo stato attuale si contano un paio di bernoccoli, di cui
il più grosso sulla fronte, e vari ematomi sparsi per il
corpo.
Di
certo l'Eroe, made in Japan, si sarebbe aspettato di tutto tranne che
ricevere pesanti scopate sul corpo slombato ed estremamente provato.
Il colpo di grazia (fisico) non c'era mancato. Solo dei lamenti
tardi seppero far desistere la donna, -intontita da dei
tranquillanti- dai propri intenti omicidi nei confronti del
nuovo“visitatore”.
-Ma
sei pazza dico io!?!-
urlai isterico facendo luce con l'accendino.
Non dimenticherò
mai quelle pupille perse,
inumane,
opache
che aveva sovrapposto al complesso vitalistico quotidiano. In
più
aveva appeso un viso arso dalla paura.
[Un tonfo risonante e
inquieto - Fu così che cadde esanime a terra - e mi
salutò per
dieci minuti.]
L'aiutai a vomitare quel mix di pasticche,
lottammo a denti stretti entrambi, lei
contro il pavimento e io contro la perdizione, due “p”
,
principio
comune per futuri fallimenti.
NdA:
Come
ho pure scritto nella mia BREVE presentazione, amo
la provocazione.
Ho detto che sarebbe stata una storia diversa perché
così è,
ma vorrei che si evitasse di pensare che io lo dica vantando la mia
scrittura o chissà che sia. Lo dico semplicemente per
provocarvi,
per avere una reazione da voi. Non mi piace peccare di superbia, ci
mancherebbe altro.
Nel prossimo capitolo scopriremo più a
fondo dei lati di Takanori bizzari ;D
Ah, colgo l'occasione
per darvi Buon
Natale a
tutti e ringraziare GurenSuzuki
per le sue recensioni <3
Valja.