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Autore: hugmehutcherson    26/12/2011    5 recensioni
Si dice che la cosa migliore che qualcuno possa fare sia perdonare. Ero già stata etichettata come una pessima persona, cosa sarebbe cambiato? La gente mi aveva giudicata. Ero quella che se ne fregava della scuola, che passava il suo tempo in garage a inseguire i sogni di diventare un'artista imbrattando ogni cosa che le capitasse affianco. Ero quella che aveva dipinto il murales sull'intera parete ovest della scuola e che era stata sospesa per due settimane e aveva dovuto rimanere dopo le lezioni a pulire le classi, tutti i giorni per tre mesi. Ero quella che era rimasta incinta, che era stata abbandonata. Ero quella che aveva perso il bambino, per semplice sfortuna. Ero quella finita sui giornali perché frequentava una persona famosa.
Non ero sempre stata una brava persona. Non volevo esserlo adesso.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo uno.
 
 
E così sono qui. Cappuccio in testa, musica nelle orecchie, cammino per la mia strada. L'aria stasera è pungente.
Un paio di mani mi afferrano per le spalle e mi fanno girare. Mi trovo davanti un'orda infernale di ragazzine urlanti dotate di macchine fotografiche e di una gran potenza vocale. Accidenti a loro, le sento attraverso le cuffie! Me le tolgo, infastidita, e mi guardo le spalle. Un ragazzo, bello, moro, con quei capelli sorretti dal gel che vanno in ogni direzione. Caspita, saranno almeno quattro centimetri di capelli! Le sue mani sono sulle mie spalle, forti, qualche tonalità più scura della mia. Gli occhi, scuri e con delle ciglia da capogiro, hanno un'espressione disperata. Sbuffo.
E che cavolo, a me doveva accadere di dover proteggere l'ennesima star dalle fan impazzite? Roba da film.
«Ehi, mi dispiace per te, amico».
Così dicendo, mi tolgo le sue mani di dosso e sguscio via dalla sua presa. Non ho intenzione di fare da scudo umano, non stasera. Mi gira male.
Perchè, se ti girava bene l'avresti fatto?, bisbiglia un angolo recondito della mia testa. Non mi sentirò in colpa, affatto.
«Aspetta, aspetta, ti prego!», dice lui.
Non mi volto neanche. «Senti, non sono in vena di salvare piccole rockstar stasera, facciamo un'altra volta», replico.
Torna davanti a me, in modo da avermi davanti alle ragazzine, che cominciano ad avanzare pericolosamente.
Sposta nervosamente lo sguardo da me a chi mi sta alle spalle.
Si morde un labbro. «Non odiarmi».
«Che cos..», comincio.
Mi tira per un braccio. «Zitta e corri!».
E mi metto a correre. Non tanto perché io mi fidi di 'sto tizio, quanto più perché le tipe lì dietro fanno paura. Ma davvero una gran paura. Finire lì in mezzo vorrebbe dire finire schiacciata sotto un centinaio di scarpe. Non ho intenzione di morire giovane, ho ancora tante cose da fare! Corriamo, l'aria fredda mi arriva in faccia, il cappuccio mi cade dalla testa e mi libera i capelli. Il respiro diventa condensa appena mi sfugge dalle labbra, non riesco a governare il fiatone. Ho le mani congelate, la destra stretta nella presa del ragazzo.
Ci infiliamo in un vicolo, poi in un altro, attraversiamo la strada senza guardare e rischiamo di farci mettere sotto da qualche macchina. Una passeggiata, insomma.
Il gruppo di fan sembra essere un solo corpo, si muovono e urlano tutte insieme, all'unisono.
Fa per entrare in Riordan Street, non mi piace quella strada, piena di brutta gente. Mi pianto e lo tiro dalla parte opposta. Adesso guido io.
Me lo trascino dietro per un altro paio di strade, le ragazze alle nostre spalle si sono dimezzate, ora le stiamo distaccando di parecchio. Non demordono, non hanno proprio un cazzo da fare nella vita piuttosto che correre dietro alle persone?
Mi tuffo dentro ad un negozietto opaco e poco visibile. Continuo a camminare velocemente per inoltrarmi di più e alla fine mi appoggio ad una parete ingrigita, accanto al banco delle bibite gassate. Respiro forte, mi martella la testa.
Un respiro pesante quanto il mio, più in basso, s'è lasciato cadere a terra.
Passa qualche minuto, aspettiamo che il respiro torni normale, che non entri nessuna ragazzina isterica. Ci guardiamo, sciogliamo il legame delle nostre mani. «Corri forte, eh?», mi chiede.
«Io pensavo che, tra i due, tu dovessi essere il più esperto nelle vie di fuga».
Fa una smorfia. «Dovrei, in teoria».
«Bella, la teoria. La pratica è tutt'altro».
«Me ne sono accorto».
«Vorrei anche vedere». Mi lascio scivolare sul muro fino a sedermi per terra. «Allora, chi sei, oh misterioso straniero?».
«Se te lo dicessi, poi dovrei ucciderti», mi sorride, in quello strano modo che ha certa gente di mettere la lingua tra i denti. E' carino.
«Correrò il rischio», ci penso su, «voglio sapere chi ho salvato, è merito mio se non sei diventato pappa per cani».
«Zayn», si presenta, senza smettere di sorridere.
Cambio espressione, ne assumo una meravigliata e incredula. «Ommioddio, sei Zayn!», esclamo.
Anche lui cambia espressione, gli passa un'ombra spaventata sul viso.
Torno normale, mi scappa un sorriso. «Mi spiace, mai sentito», dico, prendendo un bastoncino gommoso dal bancone difianco a noi e mordendolo, lasciando l'estremità a ballonzolare nel vuoto.
Prende un gran sospiro. «Se fossi stata una pazza non avrei avuto la forza di scappare ancora. Probabilmente mi sarei accasciato al suolo, fingendomi morto».
«No, aspetta, forse ti ho già sentito nominare da qualche parte», ribatto. Pensandoci bene, non mi sembra un nome nuovo. Zayn, Zayn, Zayn.
«Ehi, siamo in Inghilterra, non puoi non sapere chi sono», replica, con un altro sorriso accativante.
«Mmh, Zayn, manie di protagonismo.. cominciano a venire fuori indizi sulla tua identità, attento».
Si alza, tira fuori il cellulare. «Devo chiamare i ragazzi».
«Fa' pure, non mi offendo».
Si porta il cellulare all'orecchio con un sorriso e mi guarda. «Saprò mai come ti chiami tu, invece?»
«Annie». Annie?! ANNIE! Da dove m'è uscito Annie?!
«Non è vero», non perde il sorriso.
«Ah, no?».
«No». Mi sta sfidando?
Tengo lo sguardo puntato su di lui e lui su di me, mentre parla al telefono.
«Allora?», chiede alla fine, mettendo via il cellulare.
«Corinne», sospiro.
«Bel nome».
Passa un'altra manciata di minuti. «Allora, ti fai venire a recuperare dalle tue vere guardie del corpo o hai intenzione di rimanere barricato qua dentro a cibarti di Coca-Cola e bastoncini gommosi?», chiedo, sventolando ciò che rimane del mio bastoncino rosso.
«Harry e gli altri stanno arrivando, quindi..», scrolla le spalle.
«Harry.. mmh, ah sì!», improvvisamente mi ricordo. «La nuova boy band uscita da x-factor, i One Qualcosa».
«Direction. Brava, ottimo lavoro, ci sei arrivata».
«Se lo guardava mia madre», dico, pensosa. «Vi ho sentiti nominare un paio di volte, non di più. Mai visti, mai sentiti. In genere, quando lei accende la tv, io scappo in camera mia».
«Associale, scontrosa, non-amante-della-televisione..comincio anche io a raccogliere indizi su di te», ridacchia.
Mi tolgo la penna dalla tasca posteriore dei pantaloni e la uso a raccogliermi i capelli sulla testa, come faccio sempre. Meno male che non l'ho persa nella corsa!
Guardo il mio riflesso nel vetro. Soliti capelli ricci e di quel castano un po' biondiccio, soliti occhi grandi e freddi, stessa pelle pallida, stesso naso e stesse guance coperte dalle lentiggini, ora rossi per la corsa.
Sentiamo un clacson, fuori dal negozio. Passando per la cassa lascio una manciata di sterline sul bancone, non sono una ladra.
Fuori l'aria è ancora fredda, davanti al negozio si trova un enorme suv nero con i finestrini oscurati.
La portiera si apre. «Zayn sei ancora vivo!», un ricciolino tutto sorriso salta giù dal macchinone e ci viene incontro, dando una pacca a Zayn su una spalla.
«Pensavate di esservi sbarazzati di me!», ride lui.
Mi guardo intorno.
«E lei chi è?», chiede il riccio, fissando lo sguardo su di me.
«Una superstite», rispondo con una scrollata di spalle.
«Non immagini quanto abbiamo corso, non mi sento più le gambe, Harry!».
«Io sono riuscito a non farmi strappare la giacca di dosso a malapena, a Louis è andata peggio, è quasi stato accecato da una carota volante. Niall tra un po' perdeva i pantaloni e Liam era stato per metà risucchiato dalla folla. Dovevi vedere la povera Danielle, era disperata», ride l'altro.
«Auguri», dico io.
«Cosa?», mi chiede Zayn, lo sguardo confuso.
«No, dico, se le vostre fan sono tutte così, auguri», ripeto io.
«Non sono matte, sono parte del nostro lavoro, sono un po' la nostra famiglia. A volte possono sembrare ossessionate, la verità è invece che sono molto.. ci tengono. A noi e alla nostra musica, perchè evidentemente riusciamo a descrivere ualcosa in cui si possono identificare. E senza di loro ovviamente non saremmo quello che siamo ora e..», cerca di chiarire.
«Sì, sì, ho capito. Tutte quelle robe che le star dicono sempre sui fan», lo interrompo.
«Lo diranno sempre ma, alla fine, è la verità. Pensala come vuoi».
«Infatti».
Harry si schiarisce la gola. «Ehm..».
Un finestrino oscurato si abbassa. «Ragazzi, vi date una mossa? Fa' freddo!», dice un moretto dalla faccia buffa. «Capisco Superman, ma io faccio quello che posso!».
«Arriviamo!», urla Zayn di rimando.
«Io.. Louis ha ragione, fa' freddo», Harry si strofina le mani. «E' stato un piacere..», mi guarda.
«Corinne», finisco la frase per lui.
«Ciao, Corinne», mi saluta e torna nella macchina.
Mi volto verso Zayn. «Beh..».
«Già.. grazie».
Scrollo le spalle. «Figurati», infilo le mani nelle tasche del mio cappotto.
Ci guardiamo ancora un po'.
«Dovresti andare», gli faccio presente. Il clacson suona ancora, come a dare conferma delle mie parole.
«Zayn, flirta di meno e sali in macchina, sto congelando!», urla qualcuno da dentro la macchina.
Lui sorride e abbassa lo sguardo. «Aspetta», mi fa.
Mi si avvicina e allunga una mano verso il mio volto, senza smettere di guardarmi negli occhi. Il mio cuore perde un battito, è troppo vicino. La mano oltrepassa la linea delle mie spalle e.. mi tira via la penna dai capelli lasciandoli liberi sulle spalle. Smetto di trattenere il respiro lentamente e silenziosamente, senza farmi notare. Abbassa lo sguardo e io lo seguo, mentre mi afferra una mano e ci scrive sopra qualcosa. Alla fine, mi restituisce la penna e si gira con un sorrisetto. Monta in macchina e quella se ne va sgommando.
Il palmo brucia leggermente dove la penna ha stampato il suo messaggio.
Guardo. 
'Se ti va di raccontarmi ancora di Corinne', seguito da un numero di telefono. Sbuffo, spazientita.
Non ho affatto intenzione di intraprendere una di quelle sdolcinate storie da film dove la ragazza normale e sconosciuta incontra il ragazzo famoso e se ne innamora.
Non succederà. E poi.. non sono la tipa da quel genere di cose.
Solo perché mi ha lasciato il suo numero non vuole dire che lo richiamerò. Non lo vuole dire affatto. E perché qualcosa dentro - tipo gli pterodattili che mi viaggiano nello stomaco a velocità supersonica - mi dice che, invece, è proprio quello che succederà?
nick's corner:

ciaaao! Okay, nuova fanfiction con idea spuntata mentre cercavo di addormentarmi, come al solito. Questo è il primo capitolo fatemi sapere che ne pensate, eh?

  
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