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Autore: Tony Porky    26/12/2011    2 recensioni
Buonasera! Cercherò di scrivere alcune fanfiction con protagonisti la coppia di Baker Street con tema due argomenti fondamentali, su cui si basa un'amicizia sincera: il perdono e il ringraziamento.
Dal secondo capitolo (Scusa):
Se c’era una cosa che il Dottore amava fare nelle miti sere primaverili era passare le ultime ore della giornata sulle panchine in ferro battuto di Hyde Park, apprezzando il sole che gli stuzzicava i baffetti e i piccioni che beccavano briciole ai suoi piedi.
Quella sera, il vento era quasi assente e gli alberi mandavano profumi esotici. Seduto presso il lago, Watson chiuse gli occhi, inspirò profondamente e assorbì gli ultimi raggi del giorno.
La mente corse veloce a quella mattina e al disastro a cui era stato costretto ad assistere.
Holmes aveva superato il limite dell’indecenza.

Spero saranno di vostro gradimento!
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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grazie holmes

1. "Grazie"



"Non metta troppo sale, finirà per farle venire il colesterolo."

"Lasci fare a me, sono un cuoco certificato."
"Holmes..."
"Che c'e'?"
"La mia fede è rimasta incastrata là dentro"




Watson aveva tanto, troppo nella testa in quel momento per poter pensare all'arrosto della domenica mattina. Mary era uscita di casa presto, incantando John con lo svolazzare dello scialle avana e del capello marrone, che aveva abilmente cosparso del suo profumo . Il Dottore le aveva dato un bacio sulle tempie, prima che lei riuscisse a voltarsi e a guardarlo, con le guance imporporate.
"Non riesco ancora ad abituarmi", disse, lasciando che il calore delle sue braccia l'avvolgesse.
"Nemmeno io" rispose Watson, mentre le dava uno sherzoso pizzicotto sotto la gonna. Mary aveva riso, schiaffeggiandogli la mano e inchinandosi al suo cospetto con fare malizioso.
"Dopo, dottore...". Watson l'aveva osservata per l'ultima volta, prima che la sua gonna a fiori scomparisse al di là della porta di mogano del loro appartamento.
Era Domenica mattina. Il giorno del riposo e del relax. Eppure, osservando impaurito il volatile unto d'olio, senza più testa e coda, si chiese perchè mai l'aveva lasciato lì, a sbrigarsela da solo, quando i suoi piani erano di tutt'altra specie.
"Cucinare, io? Non se ne parla."
Watson aggirò circospetto il pennuto spennato, grattandosi il mento e lisciandosi la barbetta incolta. Mary non si sarebbe certo aspettata un arrosto fumante sul tavolo, quando fosse tornata a casa. Non poteva chiedere a lui, abile nei ferri ma tremendo nel maneggiare coltelli da cucina, di preparare un  pollo al rosmarino.
"Non ho intenzione di infilare niente dentro quel coso", sbuffò, avvicinandosi a toccare la carne morbida e succosa.
"Problemi, Dottore?"
Per poco non rovesciò il suntuoso pasto a terra. Quando si voltò, non potè fare altro che guardare inerme due mani familiari che facevano rotolare il pollo sul tavolo della cucina.
"La smetta, Holmes!". Watson si scagliò contro l'altro, riprendendo al volo il volatile che stava per cadere a terra.
"Ma cosa sta facendo? Che ci fa qui? Le avevo detto di riguardarsi, ha la febbre a 40!" sciorinò lui, incespicando le parole e sputando saliva tutt'attorno.
Holmes lo guardò con quella sua aria da intellettuale disordinato e eccentrico, mentre le sopracciglia si alzavano verso l'attaccatura dei capelli. "Mio caro, non c'è cosa migliore che andare a trovare il proprio dottore quando si sta male...non trova?". Parlò tirando su con il naso, stuzzicando le narici con l'indice.
"No, Holmes. Lei deve stare a letto. Riguardarsi. Si prenda un thè." bisbigliò l'uomo, guardandolo di sottecchi e stringendo con fare minaccioso gli occhi chiari.
"Me lo faccia lei, piuttosto. In questa casa sono sicuro non manchi."
"Garbato come sempre"
"I malati vanno assecondati, Dottore" sghignazzò il detective, sottolineando l'ultima parola come un monito a seguire il codice d'onore.
Watson si fermò a braccia incrociate, dopo aver assicurato il pollo su di un piatto piano.
"Ho altro da fare. L'accompagno a casa, e non cerchi di scappare"
Fece per prendere il polso dell'altro nella sua mano, ma Holmes fu più lesto. Con un agile movimento laterale, si ritrovò a pochi centimetri da quello che una volta era il collo della povera bestia. Il buco che era rimasto come ricordo, accolse la mano di Holmes che introdusse dentro tutte e cinque le dita della mano destra.
Watson sbuffò rabbioso, incapace di controllarsi. Prese Holmes per le spalle e lo scosse, indirizzando il viso verso il suo.
"Lei è insopportabile, lo sa?!"
"Vuole fare del male a un povero e onesto cittadino che ha bisogno di attenzioni?"
"Al diavolo lei e le sue attenzioni!" gridò Watson, allontanandosi a grandi passi e schermandosi dietro il tavolo di marmo. "Non ho tempo da perdere con lei e le sue manie. Se necessita di attenzioni, le cerchi altrove."
"Non ho intenzione di rimanere a importunarla, Watson, se la mia vista le da così fastidio." continuò Holmes, "me ne tornerò a casa, solo, a fumare tabacco e a torturare mentalmente l'adorabile signora Hudson."
Non appena l'uomo si fu voltato, barcollò e dovette appoggiarsi allo stipite. Watson fece qualche passo avanti, spinto dal suo spirito da infermiera, accogliendo il corpo di Holmes tra le sue braccia.
"Lei deve rovinarmi ogni singolo, indecente istante della mia vita, non è vero? Mi manderà al creatore," bisbigliò al suo orecchio, mentre Holmes tornava in piedi a fatica.
"Ha cambiato idea, Dottore? Posso restare?"
Watson scosse la testa, e alzò lo sguardo. Fu un affronto dover cedere così facilmente a quegli occhi marrone scuro. Le guance erano arrossate, e sulle labbra un velo di saliva. La febbre lo rendeva terribilmente vulnerabile e letale.
"Va bene, va bene."
"Grazie Watson, il suo ardore e la sua sicurezza sono come inviti a pranzo per me."
Il Dottore rimase sospeso per qualche istante, con il piede destro a pochi centimetri da terra. Senza voltarsi, ma avvicinandosi al pollo, si rivolse a Holmes con abili e astute parole.
"Se vuole rimanere a pranzo e onorare così il mio invito, deve aiutarmi."
Holmes si raddrizzò, abbozzando un sorriso complice.
"Ohoh, e a cosa devo questa improvvisa fiducia?"
"Lo prenda come un aiuto dall'unico Dottore che sia mai riuscito a farle prendere un'aspirina."
Sherlock si spinse sul tavolo, appoggiando i gomiti e osservando il viso dell'amico, che si ritrasse sospettoso.
"Noto che ha improvvisamente cambiato atteggiamento. Posso facilmente dedurre che il volatile con cui mi dilettavo, che ha destato le sue ire a seguito del mio comportamento infantile, sia di fondamentale importanza per la donna che ha appena sposato. Vuole fare bella figura, ma non le ha mai detto che in cucina è una frana. Così, facendo leva sulla consapevolezza della mia immensa bravura in cucina, mi chiede aiuto, per non smascherare la sua piccola bugia. Ho indovinato? Ma certo che si.", disse Holmes, interrompendo l'altro con l'indice alzato, che stava per replicare. Watson serrò la bocca irritato, appoggiandosi al bancone e fronteggiando lo sguardo dell'altro.
"Tutto esatto, Holmes. Ma io non riesco a dedurre la sua risposta".
L'uomo si contrasse, tossendo sulla mano chiusa a pugno attorno alla sua bocca. Il silenzio della cucina era interrotto frequentemente dal picchiettare nervoso della suola di Watson sul pavimento, e dei respiri rantolanti di Holmes.
"Mi deve un thè".
Watson era rimasto inchiodato al suo posto. Quando Holmes si ritrasse, arrotolandosi le maniche per lavarsi le mani e dare inizio all'opera, non potè trattenere un'esclamazione di vittoria.

~

"La signora Watson è tornata!"
Mary si era chiusa silenziosamente la porta alle spalle, così che la sorpresa per il marito potesse essere maggiore. Non calcolò che Holmes, appoggiato allo stipite della porta con la pipa in mano e lo sguardo rivolto a terra, l'avrebbe risvegliata da ogni fantasticheria.
"Cosa ci fa lei qui?", sussurrò lei, sospettosa come sempre, quando si trattava di parlare con l'abile deduttore.
"Buongiorno anche a lei, Mary. Il suo caro sposo ha concesso a un povero malato come me di rimanere a pranzo." Tirò su con il naso, espellendo poi il fumo dalle narici e tossendo nuvolette grigie.
"Non le ha insegnato niente in fatto di cure, però."
"Ci ho provato cara," si intromise Watson, andando a prendere il soprabito della moglie e appoggiandolo all'attaccapanni, mentre Holmes si scrollò un pò di sale rimasto impigliato tra le dita. "Ma è più duro di un mulo".
La ragazza sorrise al suo uomo, appoggiando la mano aperta sul suo petto e avvicinandosi per dargli un bacio tenero sulle labbra. Il colpo di tosse di Holmes, stavolta, aveva poco a che fare con il suo delirio febbricitante.
Facendo finta di non aver sentito nulla, Watson scortò sua moglie in cucina.
"Oh mio dio! Non ci posso credere!"
Mary avvicinò le mani alla bocca, mascherando lo stupore per lo splendido spettacolo che le si parò dinanzi. Il tavolo bianco, coperto dalla stoffa pregiata della tovaglia di sua madre, sosteneva il più magnifico arrosto di carne che avesse mai visto.
Si gettò tra le braccia di Watson, ridendo e battendo le mani come una bambina. Holmes tossicchiò nel suo angolo, avvicinandosi alle spalle del dottore per sussurrargli all'orecchio.
"Thè al gelsomino appassito, poco zucchero, molto latte e niente biscotti."

~

Quando si misero a tavola, Mary, scordatasi dell'avversione verso Sherlock Holmes, gli permise di sedersi assieme a loro.
Watson sorrideva alla sua donna, che continuava a riempirlo di complimenti, accarezzandogli il dorso della mano. La fede che portava all'anulare era fredda a contatto con il corpo caldo.
"Ho sposato un cuoco."
"In effetti, Mary, credo sia meglio dire, "Ho sposato un bug-"
Il calcio che arrivò allo stinco di Holmes gli fece sgranare gli occhi. A denti stretti, Watson lo minacciò di spedirlo a letto senza pranzo e senza thè.
Mary era rimasta confusa per qualche istante, lo scambio veloce tra i due invisibile ai suoi occhi. Non appena le sue labbra assaggiarono il coscio del pollo,però, ogni pensiero le morì in volo.
Il resto del pranzo fu un elogio continuo, tanto che Watson arrossì in diverse occasioni. Holmes si gustò il pollo con il resto della sua famiglia, sorridendo ad ogni complimento che, sapeva, era indirizzato a lui.
Quando Watson si fu ripreso, dopo aver bevuto un sorso d'acqua, le parole di Mary erano diventate un bisbiglio quasi fastidioso.
Holmes era un ingrato. Ma quel pollo era il migliore che avesse mai mangiato. Cercò lo sguardo del suo migliore amico, che alzò gli occhi per pochi istanti.
Le labbra di Watson si mossero, e solo Holmes capì ciò che dissero. Tutt'attorno, il ticchettio dell'orologio a pendolo e Mary che parlava di dolce e caffè, fece da sottofondo. Quando la donna si alzò, lodando le doti di suo marito, i due uomini si fronteggiarono in uno scambio silenzioso.
Quando tornò, Watson aveva ripreso a mangiare e il detective di Baker Street aveva nelle orecchie il suono della sua personale vittoria.
Quella sull'orgoglio di un uomo che difficilmente accettava aiuti.
Grazie, Holmes.




Angolino nell'Armadio:
Buonasera! Io sto diventando patologica xD Non riesco a non pensare a questi due adorabili omini per più di 30 secondi. Sono constantemente nella mia testa. La loro è la miglior Bromance di sempre e per questo va onorata con Fanfiction altamente dementi xD Le eventuali sottigliezze slash in questa fanfiction sono casuali e assolutamente non pianificate.
Penso sia una delle prime volte che riesco a scrivere quacosa di leggero.
Spero vi sia piaciuta!
Scriverò (mi auguro) 5 fanfiction con protagonisti questi due, sfruttando questi prompt, cercando di non metterci troppo xD:

Argomento: "Ringraziamento e Perdono"
1. Grazie
2. Scusa
3. Giustificazioni
4. Perdono
5. Scelte




L'immagine presente nel Banner appartiene alla seguente autrice: http://sadyna.deviantart.com/. Date un'occhiata alla sua galleria, soprattutto alla sezione Sherlock Holmes :D

   
 
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