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Autore: Emily Kingston    26/12/2011    9 recensioni
Immaginate un matrimonio.
Immaginate Fleur Delacour con l’abito bianco e Bill Weasley che l’aspetta all’altare.
Immaginate Molly Weasley che alterna momenti di pazzia a momenti di sentimentalismo.
Immaginate una riunione Weasley in grande stile.
Immaginate che Voldemort non esista, che sia morto o quello che volete voi.
Immaginate Ron e Hermione ed uno swing suonato dalle fragole.
-
“No, no, ripetimelo più lentamente.”
Ginny sbuffò, avvicinandosi all’orecchio di Harry.
“Ron ed Hermione erano sul letto di Ron e stavano quasi per baciarsi."

-
“Quindi tu hai detto che non volevi baciarla e lei ti ha sentito?”
“No, no, peggio!” gemette, passandosi una mano tra i capelli. “Ho detto che non mi è mai neanche passato per la testa di baciarla. Miseriaccia, Harry, mi passa per la testa di baciarla da quando avevo dodici anni!"

-
“Sarai uno sposo perfetto, Billy.”
-
“Okay, sono stato un idiota, ma non capisco quale sia il problema.”
“Vuoi sapere qual è il problema, bene. Tu non mi vuoi, ecco qual è il problema!”

-
“Scopa!” esclamò Fred, prendendo tutte le carte che erano sul tavolo.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Bill/Fleur, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Questa storia, seppur breve e anche un po’ banale,
è dedicata a Seren_alias Robin_,
perché sono felice di averla trovata e
per ringraziarla di essersi fatta trovare.
 

Come le fragole (Strawberry Swing)
 
 

Ron si svegliò di soprassalto, ritrovandosi il volto inondato dalla luce del sole.
Gemendo, si stropicciò gli occhi, e sobbalzò quando si accorse che il suo migliore amico lo osservava seduto sul suo letto.
“Miseriaccia, Harry!” imprecò. “Cosa stai facendo?”
“Tua madre è isterica,” rispose il moro, ignorando la domanda di Ron. “E’ entrata urlando che dovevamo svegliarci perché eravamo terribilmente in ritardo sulla tabella di marcia,” spiegò, sistemandosi meglio gli occhiali.
“La tabella di marcia?”
Harry annuì, alzandosi in piedi.
“Ti conviene alzarti,” gli suggerì, iniziando a vestirsi. “Ha detto che se non fossimo scesi entro dieci minuti ci avrebbe costretti ai lavori forzati per una settimana ed ha aggiunto che ti avrebbe sequestrato la bacchetta e poi-”
“Piantala! Ho capito, ho capito,” lo interruppe Ron, alzandosi anche lui ed afferrando un paio di jeans ed una maglietta.
“Sicuramente alle ragazze sarà andata meglio,” borbottò Ron, tentando di infilarsi jeans e maglietta contemporaneamente.
Harry scrollò le spalle, sistemandosi la cintola.
“Sicuramente a loro non è stato tirato un gatto addosso.”
Ron lo guardò con le sopracciglia inarcate ed Harry posò lo sguardo sotto al letto dell’amico. L’altro, allora, si piegò sulle ginocchia e sbirciò sotto al suo letto: il povero Grattastinchi, con gli occhi grandi quanto due palline da tennis, lo fissava raggomitolato su se stesso, con il pelo ritto dallo spavento.
Ron si rialzò e guardò verso Harry.
“Non dirmelo.”
Harry annuì, grave, e aprì bocca per parlare ma Ron lo zittì.
“No, non voglio saperlo.”
E con una scollata di spalle entrambi si diressero in corridoio.
 
Una volta giunti in cucina, Molly si diresse verso di loro brandendo un mestolo imbrattato di sugo.
“Vi sembra l’ora di scendere per colazione?” urlò, mentre i due ragazzi si sedevano. “E’ questo il rispetto che porti a tuo fratello, Ronald? Complimenti, credevo di aver cresciuto un ragazzo altruista ed educato, invece mi ritrovo madre di un piccolo uomo delle caverne!”
Ron strizzò gli occhi e deglutì, spalmando il burro su una fetta di toast.
Harry preferì sparire nella sua tazza di latte.
“Su, Molly, non credi di stare esagerando un po’?”
Arthur Weasley sbucò da dietro alle pagine della Gazzetta del Profeta e tentò di rivolgere un sorriso alla moglie.
Molly sospirò, accasciandosi su una sedia, l’espressione improvvisamente afflitta.
“Hai ragione,” sussurrò. “Oh, scusa Ronnie caro!” gemette, alzando lo sguardo verso il figlio; sembrava sull’orlo delle lacrime.
Ron abbozzò un sorriso, scrollando le spalle.
“Non fa niente, mamma, davvero,” balbettò, intimorito dal repentino cambiamento d’umore della madre.
Molly annuì, tirando su con il naso e riprendendo a cucinare.
“E’ un po’ agitata, sapete..Fleur, il matrimonio e tutto il resto,” sussurrò Arthur, stando ben attento che la moglie non lo sentisse. I due ragazzi annuirono.
“Buongiorno a tutti!” esclamò Ginny, entrando in cucina.
Hermione arrivò poco dopo di lei, seguita da Fred e George.
“Che cos’ha la mamma?” domandò Ginny, sedendosi a tavola.
Harry e Ron si scambiarono un’occhiata.
“E’ un po’ psicolabile ultimamente,” sussurrò Ron, osservando la schiena della madre che si affaccendava intorno ai fornelli, apparentemente disinteressata dell’arrivo di altri membri della famiglia.
“Ronald Weasley ti ho sentito sai!” esclamò all’improvviso, voltandosi verso il tavolino. “E voi, vi sembra questa l’ora di scendere? Oggi c’è un matrimonio!”
Ginny ingoiò un pezzo di toast, mentre Fred e George si affaccendavano con i loro cereali ed Hermione si buttava sotto al tavolo fingendo di cercare Grattastinchi.
“Smettetela immediatamente di ingozzarvi e andate a fare le vostre cose, muovetevi!” ordinò e tutti, Arthur compreso, sparirono dalla cucina, disperdendosi per la casa.
“Te l’avevo detto che era psicolabile,” sussurrò Ron all’orecchio della sorella, ricevendo dopo poco una ciabatta sul capo.
 
“Eccolo, dovrebbe essere là sotto.”
Hermione avanzò all’interno della stanza di Ron e si accovacciò ai piedi del suo letto, sbirciando sotto ad esso.
Grattastinchi, impaurito, se ne stava nella stessa identica posizione di qualche minuto prima, quando l’aveva trovato Ron.
Hermione allungò le braccia sotto al letto e lo afferrò, rialzandosi con il gattone stretto contro il petto.
“Grazie,” disse, voltandosi verso Ron che la osservava dalla soglia della stanza.
Il ragazzo arrossì appena ma abbozzò un sorriso.
“Non c’è di che.”
“Ma cosa ci faceva là sotto?”
Ron si grattò il capo, in imbarazzo.
“Oh, ehm, Harry ha detto che mamma me l’ha tirato contro per svegliarmi.”
Gli occhi di Hermione si spalancarono ed il povero Grattastinchi tremò tra le sue braccia, come se il solo ricordo dell’accaduto lo terrorizzasse.
Hermione lo accarezzò dolcemente e lui, rilassandosi, iniziò a fare le fusa. Bastarono poche carezze per tranquillizzarlo e farlo tornare il solito di sempre.
“Sarà meglio che vada adesso o tua madre darà di matto un’altra volta.”
Ron annuì, facendosi da parte per permettere ad Hermione di uscire dalla camera. Improvvisamente, mentre Hermione attraversava la soglia della porta, Grattastinchi soffiò rizzando il pelo e spiccò un balzo verso Ron, aggrappandosi alla sua maglietta.
“Grattastinchi!” esclamò Hermione, provando ad afferrarlo.
“Levamelo di dosso!” urlò Ron, cercando di allontanare il gatto dalla propria maglietta. “Hermione!”
Alla fine, dopo una dura lotta, Hermione riuscì a staccare gli artigli di Grattastinchi dalla maglietta di Ron ed il gatto fuggì via, sparendo per le scale.
“Tutto bene?” domandò la ragazza.
Ron annuì, sedendosi sul letto.
“Io l’ho sempre detto che quel maledetto felino ce l’ha con me.”
Hermione abbozzò un sorriso, sedendosi al suo fianco sul bordo del materasso.
“Dai, fammi dare un’occhiata.”
Ron arrossì di botto, incrociando le braccia sul petto.
“Sto bene, davvero, non c’è bisogno,” balbettò.
Hermione lo guardò con cipiglio severo e gli afferrò i polsi, cercando di allontanargli le braccia dal petto.
“Non fare il bambino, Ron. Togliti quella maglietta e fammi vedere cosa ti sei fatto.”
Dopo qualche minuto di resistenza, Ron si arrese e, allontanando le braccia dalla maglietta, permise alla ragazza di sfilargliela ed esaminare le strisce arrossate che gli solcavano il petto.
Hermione allungò una mano e gliela appoggiò sul torace, seguendo il corso di uno dei graffi più lunghi con la punta delle dita.
“Ti fa male?”
“C’è di peggio.”
La ragazza annuì, alzando lo sguardo verso il volto di Ron ed incontrando i suoi occhi.
“Credo che uno degli unguenti di tua madre possa bastare per farle guarire,” disse.
“Sì, lo credo anch’io.”
Se Hermione avesse deciso di continuare quella conversazione, Ron non era del tutto sicuro di essere in grado di farlo, non con lei che respirava a pochi centimetri dal suo viso e che lo guardava con quegli occhi. Non con lei così vicina, ecco.
“He-Hermione,” sussurrò, abbassando lo sguardo sulla bocca di lei, così rossa e così vicina. Quella di Hermione era una di quelle bocche che sembravano urlare continuamente: ‘BACIAMI!’.
“Hermione sei riuscita a trovare…” Ginny boccheggiò, osservando la scena che si stava svolgendo all’interno della stanza. Un ghigno si fece strada sul suo volto mentre suo fratello e la sua migliore amica, rossi come lo erano stati solo poche altre volte nella vita, si allontanavano l’uno dall’altra.
“Non si usa più bussare, Ginny?” esclamò Ron.
“La porta era aperta,” osservò la ragazza, angelicamente.
“Be’, questo…questo non vuol dire un accidente!” borbottò il ragazzo, in sua difesa.
Hermione, al suo fianco, continuava a torturarsi le mani e a fissare il pavimento.
“E non farti strane idee!” si affrettò ad aggiungere Ron, notando il sorrisetto tronfio della sorella. Ginny alzò le mani, come a dire che lei era assolutamente innocente.
“Io non mi faccio proprio nessuna idea.”
Ron sbuffò, passandosi una mano tra i capelli.
“Quella bestiaccia pelosa mi è saltata addosso all’improvviso ed Hermione stava solo controllando che non mi fossi fatto nulla,” spiegò ma Ginny continuò a ridacchiare. “Miseriaccia, Hermione, dì qualcosa!”
La ragazza alzò lo sguardo all’improvviso e, balzando in piedi, si avviò verso la porta.
“Io…io devo andare in bagno.”
Ron la guardò andare via con sguardo allucinato e poi si stese sul letto, appoggiandosi una mano sulla fronte.
“Non ci posso credere.”
Ginny non aggiunse altro, si limitò a lasciare la stanza intimando al fratello di darsi una sistemata e di raggiungere Harry nella vecchia stanza di Percy, dove tutti gli altri fratelli Weasley si stavano preparando per il grande evento.
 
Fleur era sempre stata una ragazza insofferente.
Quando si trattava di lei, tutto doveva essere perfetto ed in ordine.
Quella mattina, Fleur Delacour, stava per avere una crisi isterica.
“Dov’è finita Hermionè?” esclamò, isterica, sedendosi di fronte alla toeletta.
La signora Weasley, in un angolo della stanza, stava parlottando sotto voce con Ginny mentre le altre ragazze, cugine di Fleur venute dalla Francia, si stavano preparando per il matrimonio.
“Sono sicura che sarà qui in un momento, Fleur cara,” la rassicurò Molly, interrompendo il suo acceso dibattito con la figlia.
Fleur stava quasi per scoppiare in lacrime quando, dal corridoio, sbucò Hermione, un po’ stropicciata e giù di morale.
“Oh! Grasie al scielò!”
“Scusatemi io…io ero in bagno,” balbettò Hermione, imbarazzata.
Fleur, con il capo ricoperto di bigodini, si avvicinò a lei, sorridendole.
“Non preocuparti, cher, il tuo vestito est là.”
Hermione annuì e si rintanò in un angolo della camera, iniziando a cambiarsi.
Sentì lo sguardo di Ginny che la scrutava ma fece finta di nulla, continuando a spogliarsi come se niente fosse.
 
“Loro stavano facendo cosa?” esclamò Harry, spalancando gli occhi.
Ginny annuì, rifilando un’occhiataccia ai gemelli che ridacchiavano.
“Smettetela voi due!” li ammonì, voltandosi nuovamente verso Harry.
Molly aveva ordinato che lei, Harry, Fred e George andassero in giardino, pronti ad accogliere i primi invitati. In realtà sarebbe dovuto esserci anche Ron, ma non aveva ancora finito di cambiarsi.
“No, no, ripetimelo più lentamente.”
Ginny sbuffò, avvicinandosi all’orecchio di Harry.
“Ron ed Hermione erano sul letto di Ron e stavano quasi per baciarsi.”
Fred e George risero più forte mentre Harry sbatteva le palpebre, incredulo.
“Chi stava facendo cosa?!”
Improvvisamente tutti cessarono di fare quello che stavano facendo e si voltarono, trovandosi alle prese con una Molly un tantino alterata.
“Quindi vostro fratello stava….Oh, ma mi sentirà! Altroché se mi sentirà!”
Okay, forse un po’ più di un tantino.
I ragazzi si scambiarono uno sguardo apprensivo, mentre la donna spariva dentro casa.
“Mi sa che Ronnie passerà un brutto quarto d’ora.”
 
Ron sobbalzò quando, all’improvviso, qualcuno sbucò nella sua stanza.
“Mamma,” esclamò, portandosi una mano al petto. “Merlino mi hai fatto prendere un colpo.”
“Sai cos’ho appena saputo, Ronald?”
Ron scosse il capo, intimidito dal tono stranamente calmo della madre. Quella sorrise, muovendo qualche passo all’interno della stanza.
“Ho saputo che questa mattina, tu, anziché prepararti per il matrimonio di tuo fratello, te ne stavi su questo letto a circuire una povera ragazza!”
Ormai Molly era di fronte a lui, più bassa di parecchi centimetri ma decisamente inquietante.
“Ehi, io non stavo circuendo nessuno!” protestò il ragazzo.
“E cosa stavi facendo, allora?”
Ron boccheggiò, sentendo la gola diventare secca.
Il fatto era che non lo sapeva neanche lui cosa stava facendo. Hermione gli stava controllando i graffi e poi, all’improvviso, era diventata così vicina e irresistibile.
“Grattastinchi mi aveva graffiato, lo sai quanto mi odia quel gatto, ed Hermione voleva solo assicurarsi che io stessi bene. Non volevo baciarla, non avevo nessunissima intenzione di farlo. Baciare Hermione, non mi è mai neanche passato per la testa. È che si è un po’ avvicinata per controllare i graffi e allora Ginny, che non bussa mai prima di entrare, maledetta lei, ha capito male. Ha capito male tutto.”
Molly lo guardò inarcando le sopracciglia mentre lui riprendeva fiato. Aveva parlato talmente veloce che non aveva avuto tempo di respirare tra una parola e l’altra.
Ci fu qualche attimo di silenzio, poi Molly si sciolse in un sorriso e gli accarezzò una guancia.
“Oh, scusami tesoro, scusami tanto.”
Ron scosse il capo e fece cadere lo sguardo oltre le spalle della madre.
Ecco, avete presente quando fate una cosa e vi sentite parecchio soddisfatti del vostro lavoro ma poi, all’improvviso, l’unica persona che non dovrebbe sentire o vedere vi si para davanti? Esatto, proprio quel genere di cosa lì, avete capito bene.
Molly si sporse verso il figlio e lo abbracciò forte ma Ron non ci fece caso, troppo impegnato ad osservare gli occhi amareggiati di Hermione che lo guardavano dalla soglia della porta.
 
“Miseriaccia, miseriaccia, miseriaccia!”
Harry lo afferrò per le spalle, obbligandolo a mettere fine al suo vai e vieni.
“Calmati e spiegami per bene cosa è successo.”
Ron inspirò e, fissando Harry diritto negli occhi, gli spiegò ciò che era accaduto nella sua stanza pochi minuti prima.
“Quindi tu hai detto che non volevi baciarla e lei ti ha sentito?”
“No, no, peggio!” gemette, passandosi una mano tra i capelli. “Ho detto che non mi è mai neanche passato per la testa di baciarla. Miseriaccia, Harry, mi passa per la testa di baciarla da quando avevo dodici anni!”
Sul volto di Harry spuntò uno strano sorrisetto e Ron arrossì, abbassando lo sguardo.
 
Hermione teneva le braccia incrociate così strettamente che Ginny pensò che le ci sarebbero voluti anni per districarle.
“E’ un idiota!” esclamò, irritata. “Anzi no, io sono un’idiota! Come ho potuto anche solo pensare che…ah!”
Ginny le appoggiò una mano sulla spalla, guardandola con aria comprensiva.
“Senti, qualsiasi cosa sia successa tu non sei sicuramente un’idiota.”
Hermione borbottò, stringendo le braccia ancora più strettamente.
“Ha detto che…ah! Non importa. Tuo fratello non mi vuole? Bene, benissimo, non potrebbe andare meglio!” disse, alzandosi in piedi di botto ed avviandosi verso la porta.
“Sicura di stare bene?” domandò Ginny, intimorita dall’improvviso cambio d’umore dell’amica.
“Mai stata meglio.”
 
Un lieve bussare alla porta lo fece sobbalzare, facendogli sbagliare per l’ennesima volta il nodo alla cravatta.
“Avanti.”
La faccia lentigginosa e abbronzata di suo fratello Charlie fece capolino dal corridoio, sorridente.
“E’ concesso vedere lo sposo o porta sfortuna anche quello?”
Bill ridacchiò, facendo cenno al fratello di entrare.
“Allora, maritino, sei agitato?”
Bill gli diede una lieve spallata e Charlie ridacchiò, togliendogli le mani dalla cravatta ed aiutandolo con il nodo.
“Direi di sì, considerato quello che stavi facendo a questa povera cravatta.”
Anche Bill ridacchiò, ringraziando il fratello ed afferrando la giacca scura, appoggiata sulla testiera del letto.
“Sai, sono emozionato anche io,” confessò Charlie, affiancandolo. “Il mio fratellone che si sposa!” sogghignò, passandogli un braccio attorno al collo ed iniziando a strofinare il pugno chiuso tra i suoi capelli.
“Smettila! Piantala Charlie o la mamma ti ucciderà per avermi spettinato!” rise il maggiore e Charlie si allontanò, appoggiandosi una mano sullo stomaco, dolorante a causa delle troppe risate.
“Sarai uno sposo perfetto, Billy.”
Bill si voltò verso il fratello ed abbozzò un sorriso.
 
“E poi le ho detto che una vecchia megera come lei poteva anche tornarsene insieme alle sue amiche Banshee perché io non avevo alcuna intenzione di…”
Fred sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
Erano più di dieci minuti che portava zia Muriel in giro per il giardino, alla ricerca di una sedia che facesse al caso suo. Una era troppo lontana dall’altare, un’altra troppo vicina, una troppo interna ed una troppo esterna; una si trovava dietro all’unico parente Weasley che detestava oppure si trovava accanto a quella di qualche parente della sposa.
“Guarda zia, ecco Ronnie, sono sicuro che lui muore dalla voglia di sentire come finisce questa storia.”
Muriel seguì lo sguardo del nipote, individuando Ron che camminava sul prato verso l’ingresso.
“Ronald Weasley, piccolo ingrato che non sei altro, vieni a salutarmi, su!”
Ron si voltò, incontrando la figura cadente di zia Muriel ed il ghigno di suo fratello.
“E’ tutta tua Ronnie,” sussurrò Fred all’orecchio del minore e, fischiettando, se ne andò via.
Ron avrebbe tanto voluto imprecare.
“Allora, Ronald, hai già trovato una fidanzata?” domandò la zia, aggrappandosi al suo braccio e facendosi guidare per il giardino.
Ron arrossì, facendo vagare lo sguardo tra la folla.
“Su, non ti abbattere, voi Weasley avete fascino. Non ho mai capito cosa abbiate di tanto speciale ma, a quanto pare, siete come le api col miele.”
Ron la guardò inarcando un sopracciglio e la donna sbuffò, dicendogli che era stanca di camminare e che la seggiola davanti alla quale si erano fermati andava benissimo.
“Grazie, Ronald, e tagliati quei capelli, buon Dio, sembri Ginevra.”
Ron si prese una ciocca rossa tra le dita e l’esaminò, non trovando affatto che i suoi capelli fossero lunghi quanto quelli di sua sorella.
Ignorando il commento della vecchia zia scrollò le spalle e si avviò nuovamente verso l’ingresso dove sua madre stava avendo un’altra crisi isterica.
 
Le sedie erano ormai tutte occupate ed il prete attendeva, insieme allo sposo ed ai testimoni, l’arrivo della sposa.
“Non essere teso,” sussurrò Charlie all’orecchio del fratello e Bill annuì, continuando a fissare il punto dal quale sarebbe apparsa Fleur.
Improvvisamente l’orchestra iniziò a suonare e Fleur, al braccio di suo padre, sbucò in cima al lungo tappeto bianco che conduceva all’altare.
Quando il signor Delacour appoggiò la mano della figlia in quella di Bill, il ragazzo sentì un lungo brivido percorrergli la schiena e scorse sua madre che si asciugava gli occhi con il bordo di un fazzoletto.
“Vuoi tu, Fleur Isabelle, prendere il qui presente William Arthur, come tuo sposo?”
Fleur sorrise, guardando Bill negli occhi.
“Lo voglio.”
“E vuoi tu, William Arthur, prendere la qui presente Fleur Isabelle, come tua sposa?”
“Lo voglio.”
Un lieve gemito si levò dalle prime file, segno che Molly aveva ceduto alle lacrime.
“Con i poteri conferitimi dal Ministero della Magia, io vi dichiaro, marito e moglie. Può baciare la sposa.”
Un lieve scroscio di applausi si diffuse nell’aria, mente Molly continuava a singhiozzare con il volto premuto sulla spalla del marito.
 
Con un semplice colpo di bacchetta, le sedie sparirono per far posto ad una lunga tavola apparecchiata elegantemente.
Ben presto, con l’aiuto dei segnaposto posizionati da Molly, tutti si misero seduti ed iniziarono a mangiare.
Per un po’, si udì solo il tintinnare dei bicchieri ed il rumore delle forchette che sbattevano nei piatti poi, producendo un tintinnio più forte degli altri, Charlie si alzò in piedi, alzando il suo bicchiere.
“Dato che mi è toccato l’ingrato compito di essere il testimone dello sposo, dovrò prendermi l’onere di fare un discorso.”
Lanciò uno sguardo malandrino al fratello che, baciando il dorso della mano della moglie, gli fece segno di continuare.
“Lo sapevate che quando Bill era piccolo andava in giro per casa nudo?” Bill arrossì e la tavola proruppe in una fragorosa risata. “E’ vero, lo giuro. Pensate che, alle volte, addirittura…”
La voce di Charlie si perse nell’aria e Ron spostò lo sguardo dal volto del fratello a quello di Hermione che, seduta al suo fianco, si rifiutava categoricamente di guardare nella sua direzione.
Sospirò, passandosi una mano tra i capelli e, non sapendo più cosa fare per attirare la sua attenzione, infilò una mano sotto al tavolo, cercando quella della ragazza.
Quando finalmente la trovò e la strinse, Hermione spalancò gli occhi, guardandolo di sbieco.
Ron abbozzò un sorriso e tentò di aprire bocca per parlare ma il discorso di Charlie era appena terminato ed Hermione, approfittando del momento, allontanò la mano da quella di Ron e si mise a battere le mani insieme agli altri invitati, curandosi di lasciarle entrambe sul tavolo una volta smesso di applaudire.
 
Era bastato un altro semplice colpo di bacchetta per far apparire qualche tavolino rotondo, l’immensa pista da ballo ed un piccolo palchetto per l’orchestra.
Ron se ne stava seduto ad uno dei tavolini ed osservava malinconicamente il contenuto del suo bicchiere.
“Scusa, sono un po’ in ritardo, tu sa dove è Fleur?”
Ron rimase con lo sguardo basso per qualche secondo, pregando Merlino in tutte le lingue che conosceva affinché di fronte a lui non ci fosse la persona che lui credeva esserci.
Ma Merlino doveva essere un mago un po’ bastardo. Onorevole, certo, ma un po’ bastardo dentro.
“Credo che sia laggiù,” borbottò, indicando un angolo della pista dove aveva visto Bill e Fleur danzare poco tempo prima.
“Oh, e Her-mioni, sai dov’è?”
Ron avrebbe tanto voluto imprecare. Non solo Hermione non gli rivolgeva più la parola perché quella lingua lunga di sua sorella aveva sbandierato ai quattro venti ciò che era quasi successo in camera sua quella mattina, ma doveva anche presentarsi Viktor Krum al matrimonio di suo fratello, con tanto di pizzetto sul mento.
“No, non lo so dov’è, cercatela,” rispose, burbero, buttando giù tutto d’un sorso il contenuto del suo bicchiere.
Krum gli lanciò un’ultima occhiata indecifrabile e poi sparì in mezzo alla folla danzante.
“Ehm, excuse moi?”
Ron alzò lo sguardo, ritrovandosi faccia a faccia con la sorellina di Fleur, Gabrielle, che doveva avere un paio d’anni in meno di lui.
Voulez vous danser?
Il ragazzo la guardò inarcando un sopracciglio.
“Scusa, io non parlo tres bien l’anglais. Volevo saper se ti va di balare avec moi.”
Ron ci pensò su un po’ poi, adocchiando Krum che baciava il dorso della mano di Hermione, pensò che Gabrielle fosse proprio carina e che solo un idiota avrebbe rifiutato di ballare con lei.
 
“Non credi che dovremmo fare qualcosa? Stanno decisamente esagerando.”
La pista da ballo, infatti, era diventata un vero e proprio campo di battaglia.
Hermione e Ron parevano provare una sorta di perverso piacere nel farsi del male a vicenda ma, anche se l’avevano dimostrato molteplici volte nel corso degli anni, quella sera stavano toccando l’apice dell’assurdo.
“Insomma, guardali!” esclamò Ginny, facendo notare ad Harry come Hermione si strusciasse a Viktor ogni volta che Ron guardava nella loro direzione e come Ron, di tutta risposta, stringesse Gabrielle sempre più forte contro il suo petto.
“Ragazzi, che cos’hanno Ron e Hermione oggi, sono…strani.”
Charlie si era appena seduto al loro tavolo con un bicchiere di whisky stretto in mano.
“Non sono strani, Charlie, è il loro modo di dimostrarsi affetto,” spiegò Ginny, sbuffando.
“Menomale che si vogliono bene, pensa cosa avrebbero fatto se si odiavano!” ridacchiò Charlie, facendo oscillare il liquido nel suo bicchiere.
Ginny ed Harry si scambiarono uno sguardo di complice rassegnazione mentre l’orchestra iniziava ad intonare la delicata melodia di un lento.
 
Viktor fece volteggiare Hermione tra le altre coppie danzanti, arrivando proprio alle spalle di Ron.
“Ehm, scusami, potremo fare cambio? Io voleva balare con la sorelina di Fleur.”
Ron lo guardò sbattendo le palpebre, sorpreso che il bulgaro volesse lasciare Hermione per ballare con Gabrielle.
“Certo, non c’è problema,” borbottò, afferrando il polso ad Hermione e lasciando che Krum prendesse la mano dell’altra.
Quando gli altri due si furono allontanati, Hermione appoggiò i palmi delle mani sul petto di Ron e lo allontanò da sé.
“Io non ci ballo con te,” disse, categorica, cercando di sgusciare via dalla sua stretta.
Ron, allora, la strinse più forte, premendola contro il proprio petto.
“Perché?”
“Perché sei il solito scimmione, Ron!” esclamò, premendo bruscamente le mani sul suo petto ed allontanandosi da lui.
“Ahia! Mi hai fatto male!” si lamentò il ragazzo, massaggiandosi il torace.
“Bene!” urlò Hermione, sparendo in mezzo alla folla.
 
La musica arrivava perfino dentro casa.
Ron salì le scale, seguendo la scia dei piccoli singhiozzi che risuonavano nel silenzio, insieme alla musica dell’orchestra.
“Hermione?”
La ragazza alzò il capo, incontrando gli occhi di Ron.
Se ne stava rannicchiata in un angolo del corridoio, con la testa nascosta nell’incavo delle ginocchia e le braccia strette attorno alle gambe.
“Cosa vuoi, Ron?” domandò, brusca, stropicciandosi gli occhi.
“Voglio sapere che cos’hai.”
“Che cos’ho?” esclamò la ragazza, alzandosi in piedi. “Tu mi chiedi che cos’ho? Prima quasi mi baci, poi dici a tua madre che non ti è neanche mai passato per la testa e mi chiedi che cos’ho?!”
Ron deglutì, indietreggiando di qualche passo.
“Okay, sono stato un idiota, ma non capisco quale sia il problema.”
Ehi, yhuuu, neurone di Ron, ti sei preso una vacanza senza permesso, per caso?
“Vuoi sapere qual è il problema, bene. Tu non mi vuoi, ecco qual è il problema!”
Hermione si tappò la bocca con una mano non appena le parole le uscirono dalle labbra. Era una cosa estremamente infantile, dato che ormai non poteva più farci niente.
Ciao, ciao, dignità, è stato bello finché è durato.
Lì per lì Ron non rispose, rimase immobile a fissarla, come imbambolato.
“Merlino, Hermione stai scherzando!” esclamò poi, improvvisamente irritato. “No tu…tu ti sei bevuta il cervello. Miseriaccia, ti voglio da quando avevo dodici anni, come fai a dire una cosa del genere?!”
Hermione boccheggiò, osservando le orecchie di Ron diventare sempre più rosse.
Quella sera doveva aleggiare uno strano qualcosa nell’aria, un qualcosa che era riuscito dove Harry e Ginny, per anni, avevano collezionato solo fallimenti.
“Da-davvero?” balbettò la ragazza, avvicinandosi. “Insomma, quello che hai detto a tua madre..”
“Non era vero. Non era vera neanche una parola.”
“Neanche una?” sussurrò Hermione, alzandosi sulle punte dei piedi.
“Neanche una.”
Per la seconda volta in una giornata Ron pensò che se a Hermione fosse venuta voglia di continuare la conversazione lui non ne sarebbe stato in grado ma, fortunatamente, Hermione sembrava non avere alcuna intenzione di continuare a parlare.
 
“Io lo dico sempre, tutto è bene quel che finisce bene!” disse George, allontanando lo sguardo dalla finestra che mostrava il corridoio della tana.
“Già,” gli fece eco Charlie, sorseggiando il suo whisky.
“Scopa!” esclamò Fred, prendendo tutte le carte che erano sul tavolo. “Sai, Harry, comincio ad adorare questi giochi di carte babbani.”
 
Hermione sbatté la schiena contro la porta della camera di Ron e represse un mugolio di dolore.
“Ti ho fatto male?” domandò Ron, apprensivo.
Hermione scosse il capo, sporgendo il volto verso quello di lui.
“Anche se mi avessi fatto male non me ne importerebbe un accidente,” sussurrò, baciandolo sulla bocca e Ron sorrise, allungando una mano dietro la sua schiena ed appoggiandola sulla maniglia della porta, trasportando entrambi al buio della sua camera.
Da quel momento, per loro, fu tutta discesa.  
Come la dolce melodia di uno swing suonato dalle fragole.

 
 
 
Note: Salve gente :D
Avete passato un buon Natale? Oh, io mi sono ingozzata fino a scoppiare e sono riuscita a non prendere neanche un chilo e spero davvero che anche per tutti voi sia stato così ;)
Bene, parlando di questa storia non c’è molto da dire, in effetti. Era una cosa che avevo in mente da un po’ e, anche se so che l’argomento non è dei più originali, ho deciso di tentare comunque, dando una mia versione alternativa dei fatti.
So perfettamente che Fleur non indosserebbe mai dei bigodini per farsi riccia, basterebbe un incantesimo, ma questo dettaglio mi dava più l’idea di ‘sposa’, non so se mi spiego.
Comunque, so anche che le due frasi finali non hanno molto senso, nè all’interno della storia nè tra di loro, ed ho provato a chiudere con qualcos’altro ma non usciva niente di diverso da quello che c’è scritto adesso.
Eh, c’est la vie!
Infine, vorrei dedicare qualche riga a Seren, perché questo, in un certo senso, è un po’ il suo regalo di Natale da parte mia. Quindi, Seren, spero veramente che questa storia ti piaccia perché è tutta per te.
Un abbraccio a tutti e, be’, a questo punto, felice anno nuovo!  
Emily.

   
 
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