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Autore: _opheliac    27/12/2011    10 recensioni
Il loro era stato un rapporto strano sin dagli inizi.
Insomma, chi mai potrebbe iniziare un’amicizia venendo spintonato sulle scale dal ragazzo che si cerca di aiutare in un coming out nemmeno pensato?
Non era nemmeno un’idea presa in considerazione, al principio, poiché nessuno dei due voleva avere a che fare con l’altro. Le poche volte che si erano incontrati, beh, c’era mancato poco che non finisse in rissa, se non ci fosse stato qualcuno a dividerli; forse avevano troppe cose inespresse da voler comunicare.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Dave
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il loro era stato un rapporto strano sin dagli inizi.

Insomma,  chi mai potrebbe iniziare un’amicizia venendo spintonato sulle scale dal ragazzo che si cerca di aiutare in un coming out nemmeno pensato?

Non era nemmeno un’idea presa in considerazione, al principio, poiché nessuno dei due voleva avere a che fare con l’altro. Le poche volte che si erano incontrati, beh, c’era mancato poco che non finisse in rissa, se non ci fosse stato qualcuno a dividerli; forse avevano troppe cose inespresse da voler comunicare.

E poi, insomma, c’era Kurt.

 Era ancora il periodo in cui Dave non era ben chiaro su cosa fosse e cosa sentisse,  Blaine era fermamente convinto che l’altro stesse cercando di portargli via il ragazzo, ed entrambi avevano dei fermi motivi per i quali avrebbero volentieri piazzato un pugno sul viso dell’altro alla prima occasione. E poi c’era da dire che Dave trovava le sopracciglia stranamente triangolari del riccio abbastanza inquietanti. Simpatiche, ma inquietanti.

Erano riusciti ad evitarsi volentieri, complice anche il frequentare scuole differenti, e Blaine ne era stato più che felice, anche se non ne aveva mai fatto parola con il fidanzato.

Poi l’estate era finita, Kurt era partito per New York insieme a Rachel, metà Glee Club si era diplomato ed era iniziato il nuovo anno al McKinley, l’ultimo per lui. Finalmente anche lui era un Senior, si sarebbe diplomato, si sarebbe lasciato alle spalle la stupidità e l’ignoranza dell’Ohio, e avrebbe raggiunto il suo fidanzato nella città che avrebbe permesso loro di vivere il loro amore in maniera genuina e alla luce del giorno.

Iniziò il primo giorno dell’ultimo anno con quei pensieri positivi impressi nella mente e un bel sorriso stampato in volto, sorriso che rimase finchè non arrivò a scuola e trovò il modulo delle audizioni per il Glee Club a terra, cosparso di scritte alquanto offensive. Si chinò per rimetterlo a posto, sospirando deluso dalla continua immaturità dimostrata dagli studenti del McKinley, ma finì con il sedere per terra quando qualcuno lo spintonò, non proprio casualmente, quel tanto che bastava per fargli perdere l’equilibrio.

Avrebbe voluto dirne quattro a quell’idiota che aveva attentato al suo naso, ma prima ancora che potesse aprire bocca qualcuno lo fece per lui.

-Ehi brutto imbecille, dovresti almeno chiedere scusa, sai!-

Quella voce, Blaine la conosceva. Ma che diamine ci faceva lì, in quella scuola? Non degnò nemmeno di uno sguardo il ragazzo che lo aveva spinto, il quale gli balbettò delle scuse ben poco spontanee, soggiogato dalla presenza dell’altro.

-Karofsky, cosa ci fai qui?!- la voce di Blaine tradiva la sua sorpresa, oltre al leggero fastidio per essere stato difeso senza che venisse richiesto. Insomma, chiunque andava bene, ma non QUEL Dave Karofsky che, a dirla tutta, non doveva neanche essere lì, in quel momento; tuttavia, accettò, seppur con riluttanza, la mano che gli venne offerta, alzandosi con poca fatica. E, anche se era un pensiero completamente assurdo, non poté fare a meno di notare quanto forte e sicura fosse quella stretta di mano.

Borbottò un grazie a voce talmente bassa che dubitò fortemente che Karofsky l’avesse sentito,  ma in qualche modo questo doveva essere avvenuto, perché il più alto aveva annuito e gli aveva lasciato la mano, tenuta fermamente per alcuni secondi più del necessario.

-Non sono fatti tuoi!- David gli rivolse finalmente la parola, liquidando la sua domanda con quella risposta brusca, ma poi Blaine alzò una delle due sopracciglia, che disegnarono un arco così geometrico, e cazzo se erano inquietanti. Avrebbe detto o fatto qualsiasi cosa pur di non dover assistere allo spostamento di quell’irregolare linea di peli scuri.

-Per piacere, potresti evitare di puntare quelle cose contro di me? Mi fanno senso.-

-Non hai risposto alla mia domanda. Cosa ci fai tu qui? Primo, non frequenti più questa scuola. Secondo, tu non dovresti neanche più frequentarla, la scuola!- le sopracciglia di Blaine si alzavano insieme alla sua voce, le mani incapaci di rimanere ferme mentre ragionava nello stesso momento sulle sue parole. Si interruppe solamente al sospiro dell’ex bullo.

-Io sono, insomma, mi hanno bocciato – buttò fuori a gran velocità, come se prima quelle parole fossero state pronunciate e prima sarebbero state dimenticate – e allora ho deciso di passare qui il mio ultimo, definitivo anno di superiori.-  lo fulminò con lo sguardo quando vide che sul volto del cantante iniziava a dipingersi un ghigno divertito.

-Non provarci nemmeno nano ingellato, non è stato divertente! – gli inveì contro subito dopo; Blaine scosse la testa, come a voler scacciare via il sorrisetto che stava nascendo sul suo viso, e tentò di dipingersi una espressione neutra sul volto.

-Scusa, scusa. Mi spiace. Ma, insomma, come mai sei stato bocciato? Andavi così male?- gli chiese allora, tentando di mostrare un minimo di genuina curiosità.

Dave lo fissò per alcuni istanti, mordendosi un labbro, indeciso se rispondergli o meno. Si guardò intorno per alcuni istanti, accertandosi che non vi fosse nessuno abbastanza vicino da sentire la loro conversazione, prima di aprire bocca.

-No, non agli inizi. Poi ho, insomma, sono uscito dall’armadio e sai.. le cose sono un po’ cambiate, e beh, non me n’è più fregato molto dei libri.- scosse appena le spalle, quasi a voler significare che non importava, che era passato; ma i suoi occhi sembravano dire il contrario. Si sistemò lo zaino sulla spalla, a disagio, continuando a guardarsi intorno, come se, adesso che aveva pronunciato quelle parole ad alta voce, chiunque potesse capirlo anche solo passandogli accanto. –Ma non sono comunque cazzi tuoi, questi. -

Blaine lo fissò per alcuni istanti, senza espressioni compassionevoli o di soddisfazione. Solo una muta comprensione. Dopo quelli che parvero secoli si sistemò anch’egli la tracolla sulla spalla, sporgendosi per battere una pacca sulla schiena dell’altro – e dovette alzarsi in punta di piedi per farlo, constatò David.

-Andiamo a lezione, Karofsky.-

Si avviarono così, l’uno accanto all’altro, senza rivolgersi la parola; quello fu probabilmente l’inizio, anche se non se ne resero conto.

 

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Non è che si parlassero poi così tanto, però capitava che ogni tanto si salutassero nei corridoi o si ritrovassero la mattina al Lima Bean per un caffè prima delle lezioni. Non che si dessero appuntamento, ovviamente, semplicemente avevano scoperto di avere orari molto simili, ed era alquanto infantile ignorarsi dopo essersi riconosciuti; quindi si avvicinavano al tavolo dov’era seduto l’altro, borbottavano un saluto e raramente si rivolgevano la parola. Dave non poteva negare, comunque, che quelle poche volte che accadeva si ritrovava a pensare che il nano non fosse poi così antipatico. Certo, era un po’ troppo allegro – chi mai avrebbe avuto un sorriso stampato in volto alle 8 del mattino?- e a volte perfino logorroico quando insisteva nel comunicargli le novità di Hummel o a commentare quell'inutile verifica di francese. Ogni tanto era anche capace di farlo ridere se ci si metteva d'impegno.

Insomma, gli rodeva ammetterlo, ma quel ragazzino riusciva comunque a metterlo di buon umore con la sua spontaneità ed allegria, ed era anche difficile credere che si sforzasse per riuscirci.

Fu per quello che il giorno in cui lo vide entrare in caffetteria senza nemmeno un sorriso sul volto gli venne spontaneo chiedersi Perché.

Era passato circa un mese dall’inizio della scuola, ed era ormai diventato spontaneo fargli un cenno per farlo avvicinare al proprio tavolo; stare seduto da solo gli procurava una sensazione contrastante, di sollievo per non averlo intorno e di fastidio, perché ormai era così abituato a sentirlo parlare all’infinito, mentre lui fingeva di ascoltarlo, che, insomma, sembrava strano quando ciò non accadeva.

Blaine si sedette nel lato opposto al suo, come al solito, poggiando il bicchiere stracolmo di caffè con malagrazia sul tavolo, muovendo appena la testa in un cenno di saluto, gli occhi fissi sullo schermo del telefono che teneva in mano.

Dave ricambiò il saluto con un po’ più di entusiasmo, tornando poi a sorseggiare il suo caffè mentre ricontrollava il compito di storia contemporanea che doveva consegnare il giorno stesso.  Dopo dieci minuti passati in silenzio, però, e dopo aver constatato che il caffè dell’altro era ancora pieno – e ormai sicuramente imbevibile – decise, per una volta, di iniziare egli stesso la conversazione. Si schiarì le voce.

-Quel caffè non si berrà da solo, lo sai?- provò ad iniziare con una battuta sarcastica, giusto per provocare qualche reazione nell’altro, ma non ottenne alcuna risposta. Strano.

-Oddio, qualcuno ha trovato il modo per farti star zitto? Dovevano inventarlo prima, il McKinley avrebbe gioito nel tappare la bocca alla Berry!- provò di nuovo, tirando fuori il nome della sua amica della terra di mezzo, cercando di scatenare qualcosa; ancora niente.

Sbuffò spazientito, buttandosi all’indietro e poggiandosi allo schienale. D’accordo, non era un genio nelle conversazioni tra uomini, a meno che queste non riguardassero videogiochi e finti commenti etero, e non era nemmeno un grande ammiratore del ragazzo, ma essere ignorato non gli piaceva affatto.

-Cos’è, Hummel ti ha mollato? Potevi anche evitare di sederti qui se..- ma si interruppe, perché Blaine aveva finalmente alzato lo sguardo da quel telefono e rivolto i suoi occhi nocciola verso di lui, spalancandoli a quelle parole.

Oh.

Cazzo, ma perché si infilava sempre nella situazioni più assurde? Cosa avrebbe dovuto fare adesso, consolarlo? Battergli amichevoli pacche sulle spalle e dirgli che tutto sarebbe andato bene? Non era decisamente il suo genere di cose, e dubitava che il riccio l’avrebbe realmente apprezzato. Più volte gli aveva fatto capire la sua convinzione che fosse attratto da Kurt, quando neanche lui aveva ben chiaro se quel ragazzo gli fosse mai piaciuto seriamente.

-Senti, Blaine. Tu e Kurt avete cercato di aiutarmi, due anni fa, quindi, ecco, se vuoi parlarne sono,insomma..qui.-

Qualcuno doveva zittirlo, in quel preciso momento, e dirgli di smetterla di comportarsi come un’idiota.  Sul serio, non era mica il protagonista di uno stupido film per adolescenti, che diamine! Stava seriamente iniziando a pensare di alzarsi da quella sedia e abbandonarlo lì alle sue espressioni sconsolate quando la voce di Blaine – e l’aveva pure chiamato per nome, prima! – lo riscosse dai suoi insulti mentali.

-Io ti ringrazio, Karosky, ma..non c’è molto da dire, in realtà. La NYADA ha bisogno di energie e concentrazione e, beh, io sono una distrazione. E poi è solo una pausa, sono sicuro che durerà poco –

Il suo tono era una mera imitazione dell’allegria che di solito lo contraddistingueva, e il sorriso disegnato sulle sue labbra non arrivava agli occhi; ma Dave decise di assecondarlo, annuendo appena, e constatando come gli occhi dell’altro fossero rivolti verso l’alto e stranamente lucidi, mentre ingurgitava tutto d’un fiato un caffè ormai troppo freddo.

 

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La pausa non durò  poco.

Anzi, si poteva tranquillamente dire che non finì affatto.

Arrivarono le vacanze di Natale in fretta, due mesi dopo quella fatidica conversazione al bar. Dopo quel giorno, Dave si era aspettato di vedere arrivare il nano con un sorriso contento, prima o poi, indicatore che la sua situazione sentimentale fosse tornata alla normalità; invece, ogni giorno di più, Blaine arrivava mogio e fissava il telefono con sguardo speranzoso, come se si aspettasse un messaggio, una chiamata, un segno divino da un momento all’altro.

Patetico.

Insomma, lui non era poi così esperto di relazioni sentimentali – si poteva dire che l’unica che avesse avuto fosse una farsa inventata di sana pianta da una manipolatrice nata – ma era convinto che se in una storia non ci fossero grossi problemi di fondo, tutto poteva risolversi.

Andava così, no? Lo stress, i problemi, il lavoro, ci potevano essere situazioni esterne che mandavano in pappa il cervello e allora tutto sembrava faticoso, e arrivavano quei momenti in cui vuoi solo stare da solo e pensare a te stesso..ma poi passava. Poi tutto tornava come prima, no?

Che senso aveva ridursi in quello stato di ansia e tristezza? Perché se voleva delle risposte semplicemente non gliele chiedeva?

Un giorno, poco prima che la scuola chiudesse per le vacanze, all’ennesimo sospiro triste donato allo schermo del Blackberry, Dave perse la pazienza.

Sbatté una mano sul tavolo, infastidito, e guardò fisso Blaine negli occhi, che aveva alzato da quel dannato telefono al rumore provocato dal gesto dell’altro.

-Cos..-

-Piantala. I tuoi sospiri da femminuccia afflitta mi fanno venire il mal di testa. –

Non gli fece nemmeno finire la frase, sparò direttamente quella frecciatina, incrociando le braccia al petto, irritato.

L’espressione di Blaine passò in pochi istanti dal sorpreso all’incredulo.

-Scusami?! – il tono era quello di una persona che sperava di aver completamente travisato ciò che aveva appena udito, poiché avrebbe risposto in malo modo.

Ma quello non sembrò dissuadere Dave dal continuare con le sue battute irritate, anche se non riusciva a capire perché la cosa lo infastidisse tanto.

- Ti ho detto di piantarla. Se hai voglia di sapere che fine farà la tua storia, smettila di aspettare e chiama Hummel. E’ più di un mese ormai che continui così. –

In quel momento la mascella di Blaine aveva raggiunto livelli paragonabili con quella del genio di Aladdin.

Nonostante la sua allegria e la sua facilità nel fare amicizia, il riccio era un tipo alquanto riservato quando si trattava dei suoi problemi, in particolare se questi riguardavano la sua relazione con Kurt; in quel periodo le poche persone con cui ne aveva parlato, quelle di cui sapeva di potersi fidare, gli avevano consigliato all’unanimità una sola cosa: dagli tempo, aspettalo.

E lui così aveva fatto, senza permettersi di pensare ad altre alternative; perché ciò che Karofsky gli stava proponendo era di prendere la situazione in mano, di mettere da parte la paura di ciò che affrontare la situazione poteva portare.

Il poter rischiare non gli era neanche passato per l’anticamera del cervello.

- Fatti gli affari tuoi, Karofsky. –

La frase gli era uscita più fredda di quel che aveva voluto, ma andava bene anche così, visto che sembrava aver avuto l’effetto desiderato, forse anche per l’uso del cognome, che già da qualche tempo era stato abolito durante le loro conversazioni, sebbene qualche volta a Dave scappasse comunque.

L’espressione del giocatore di football si distese leggermente, diventando non rilassata, ma neutra; le labbra erano strette in una linea sottile, come contratte per trattenersi dal dire altro.

Blaine si alzò dal tavolo velocemente, afferrando in malo modo il cappotto nero appoggiato allo schienale, e si diresse verso l’uscita senza dire un’altra parola.

Soltanto quando lo vide uscire davvero dal locale, David si concesse di sospirare, frustrato. D’accordo, forse era andato un po’ troppo oltre, ma qualcuno doveva pur dire a quel ragazzo come stavano realmente le cose, doveva accettarlo. Andare avanti, quelle stronzate li.

Osservò per alcuni istanti il bicchiere di caffè, ancora pieno, lasciato dal riccio; rimase con gli occhi castani puntati sull’immagine rappresentativa del locale, prima di afferrarlo con la manona.

- Fanculo. –

Si lasciò scappare a denti stretti, prima di portarsi alle labbra il caffè freddo dell’altro; probabilmente, si disse, era dovuto alla temperatura inusuale del liquido, ma constatò che aveva un odore diverso dal solito.

Particolare.

 

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Blaine Anderson è passato da Impegnato a Single.

 

Non vi aveva prestato attenzione all’inizio, troppo impegnato a controllare le altre notizie sulla home di Facebook, la maggior parte delle quali provenivano dai suoi vecchi amici del liceo – soprattutto Azimio, particolarmente dedito alla condivisione di parti femminili -  ed era una delle tante piccole scritte che si perdevano tra link, foto e cazzate varie.

E poi, si era quasi dimenticato di averlo tra gli amici. Non che l’avesse voluto lui, ovviamente, ma quando aveva ricevuto la richiesta aveva accettato senza farsi troppe domande; Blaine sembrava distinguersi dai comuni teenagers del mondo, i quali passavano metà della giornata ad aggiornare continuamente il social network e condividere tutto ciò che gli passava per la testa, e quelle poche volte in cui appariva qualcosa di suo erano video musicali, alcuni anche interessanti.

Anzi, a volte avere la possibilità di contattarlo si era addirittura rivelato vantaggioso, come quando si dimenticava cosa ci fosse da studiare per i corsi che seguivano insieme.

Dopo qualche minuto, scorrendo la pagina, finalmente se ne accorse – infondo quel grosso cuore rosso spiccava sul bianco predominante – e aggrottò le sopracciglia.

Alla fine, dunque, Hummel si era deciso a mollare il nano ingellato.

Provò una strana sensazione nell’apprendere quella notizia, un misto tra menefreghismo – erano cazzi loro, infondo – unito ad un pizzico di dispiacere per l’hobbit e… cosa, soddisfazione?

Massì, probabilmente quella voglia di sorridere era dovuto a quello; sotto sotto, lui l’aveva sempre pensato che quei due non stavano così bene insieme. Insomma, Kurt sembrava un tipo alquanto rompimaroni e Blaine poteva anche essere il tipico fidanzato accondiscendente, ma fino ad un certo punto.

Ma infondo lui non li conosceva così bene, e non poteva dire che quella sua supposizione fosse esatta; comunque, si erano lasciati.

Scosse violentemente la testa, come a scacciare quelle stronzate dalla testa, e riprese a vagare sul web, controllando i risultati delle ultime partite di Baseball. Aveva iniziato a pensare a come organizzarsi per Capodanno, quando un lampeggio al lato sinistro dello schermo, in corrispondenza dell’icona di Facebook, attirò il suo sguardo.

Blaine Anderson ti ha inv…

Incuriosito,  aprì la pagina del social network, per trovarsi davanti la finestrella della chat aperta, una sola parola scritta all’interno.

Grazie”

D’accordo, adesso era confuso. Cosa aveva fatto, perché lo stava ringraziando? Per un istante gli venne in mente che avesse sbagliato persona, ma poi accantonò l’idea, visto che di norma se uno sbagliava destinatario poi inviava almeno un “Scusami, ho sbagliato persona”; almeno, la gente normale faceva così.

Non aveva voglia di perder tempo a fare congetture, quindi fece la cosa più scontata e logica.

“Perché mi stai ringraziando?”

Tamburellò le dita sulla tastiera, in attesa della risposta che arrivò poco dopo.

“Perché se non mi avessi detto quelle cose, probabilmente avrei aspettato invano una risposta. Invece mi hai fatto pensare, e ho chiesto io stesso. Quindi, grazie Karofsky”

“Guarda che ce l’ho un nome” fu più forte di lui scrivere velocemente quella frecciatina; ma continuò a digitare subito dopo  “E comunque, non ho fatto niente. Mi ero solo rotto di sentirti sospirare durante il momento caffè, sei fottutamente fastidioso da depresso. Quasi ti preferisco quando non chiudi bocca.”

“Beh, mi ha aiutato lo stesso, quindi.. grazie ancora, David. Buone vacanze”

Non fece in tempo a rispondere che l’altro non risultò più on line.

Dave allontanò lo sguardo dallo schermo, appoggiando la schiena alla sedia, non sapendo cosa pensare. C’erano solo due pensieri che in quel momento vorticavano nella sua testa: primo, l’hobbit aveva lasciato o si era fatto lasciare grazie alla sua esasperazione della settimana prima; secondo – e lo faceva sentire un vero idiota – si chiese come dovesse suonare se il suo nome lo avesse pronunciato.

A quell’ultima idea sentì lo stomaco sussultare agitato, e si convinse che fosse per  il pensiero assurdo e stomachevole, e non per altro.

I suoi occhi scuri rimasero comunque fermi a fissare l’ultima frase nella chat.

 

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Per Blaine le vacanze passarono troppo in fretta.

Non erano state le migliori della sua vita, si era goduto appena la magia e l’allegria natalizia, troppo occupato a rimuginare tristemente su come la sua relazione - quella che pensava sarebbe durata per sempre, nonostante le difficoltà e i problemi – fosse naufragata senza che lui se ne rendesse conto.

Le cose erano peggiorate quando Kurt era tornato da New York per trascorrere il Natale con la famiglia; avevano deciso di incontrarsi, per parlare con tranquillità, senza l’ostacolo della distanza che rendeva il tutto più difficile.

Blaine aveva sperato fino all’ultimo minuto che i problemi sorti negli ultimi mesi fossero dovuti soltanto al problema dell’essere distanti, e che una volta insieme avrebbero potuto chiarire e risolvere ciò che non andava; però, quando si era ritrovato davanti Kurt, bello come sempre, l’espressione più matura, più vissuta, aveva capito che la loro relazione era cambiata.

Probabilmente era cambiata già mesi prima, quando Kurt gli aveva chiesto quella pausa, di cui Blaine non aveva mai capito realmente l’utilità. In quel momento, gli fu chiaro che non c’era nulla da poter sistemare.

Erano stati bene insieme, si erano amati molto. C’era ancora un profondo affetto che ardeva dentro di loro, qualcosa che ci avrebbe messo un po’ a passare del tutto..ma era finita. Erano diventate persone diverse, che volevano cose diverse: per quanto l’amore può essere importante, in una relazione si devono avere obiettivi comuni,altrimenti questa non sarebbe durata.

E Blaine capì che era proprio quello che era successo.

Non ci furono colpe da distribuire, ne rancori da portare; erano entrambi abbastanza intelligenti da capirlo. Si volevano troppo bene per ferirsi.

Ovviamente, ci mise un po’ a farsene una ragione e, benché si dissero “Rimaniamo amici!” con tutta la buona intenzione di riuscirci, per un po’ non sarebbe stato possibile. Vedersi faceva male.

C’era stato dell’imbarazzo quando entrambi avevano porto all’altro un pacchetto regalo, probabilmente rendendosi conto solo in quel momento di quanto dovessero sembrare ridicoli, lì impalati, palesemente a disagio. Dov’era finita la loro spontaneità?

Blaine aveva pensato a lungo se dargli comunque il regalo che aveva comprato appositamente per lui – un morbido maglioncino in cachemire delle ultime collezioni invernali – poiché lo aveva preso all’inizio di quell’infausta pausa, quando era ancora convinto che tutto si sarebbe risolto entro pochi giorni. Lo aveva tenuto vicino al computer, osservando la carta colorata quando la mancanza di Kurt, della sua voce, era troppa da sopportare, facendosi forza nel pensare al sorriso felice che avrebbe avuto il suo ragazzo quando l’avrebbe avuto tra le mani.

Invece, c’era stata quella chiacchierata con Dave, le poche certezze rimaste erano crollate e lui aveva dovuto accettare che quel regalo non avrebbe avuto più lo stesso significato; era anche stato tentato di riciclarlo a qualche suo cugino, o indossarlo lui stesso. Lo aveva relegato nell’angolo più nascosto dell’armadio, perché averlo davanti agli occhi gli ricordava che la loro relazione era finita.

Ma era il regalo di Kurt. Lo aveva scelto pensando a lui, a come sarebbe stato perfetto con la sua carnagione chiara e gli occhi azzurro cielo; era un regalo pieno di affetto ed era giusto che lo avesse lui.

E quando scartò il suo regalo – una spilla argentea a forma di nota musicale – capì che Kurt aveva pensato la stessa cosa. Seduti a quel che un tempo era il loro tavolo al Lima Bean, una cioccolata calda tra le mani, Blaine si rese conto che per quanto l’amore sarebbe passato, l’affetto rimasto sarebbe cresciuto e maturato sempre di più.

Quel pensiero lo fece sorridere veramente dopo tanti giorni.

 

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Il secondo semestre cominciò sotto una coltre di neve e frenesia, anche se quest’ultima era molto più concentrata per i Senior, i quali si videro gettare addosso, da professori frustrati, l’ansia per gli esami di fine anno, che avrebbero decretato la loro uscita dal liceo e, per molti, il modo per fuggire da quella cittadina troppo piccola per i propri sogni, in cerca di lidi più lontani e ben più fruttuosi.

Blaine era, ovviamente, tra questi. La sua rottura con Kurt non aveva certamente cambiato la sua volontà di studiare a New York, volontà che era sempre stata supportata dai suoi genitori, i quali volevano il meglio per il futuro del loro unico figlio.

Ecco perché dopo qualche settimane erano completamente dimentichi gli sguardi malinconici verso lo schermo del cellulare, e per Dave era ormai normale trovarlo la mattina, seduto al loro tavolo, la superficie piena di fogli colmi di appunti e il moro immerso nel correggere l’ultimo compito di questa o quell’altra materia.

L’atleta, invece, manteneva la calma. Blaine non riusciva a capacitarsi nel vederlo così tranquillo quando i loro professori non facevano altro che ripetere quanto gli esami di fine anno fossero importanti, non facendo altro che aumentare la pressione che già li studenti avevano iniziato a percepire.

Quando glielo aveva chiesto, Dave aveva semplicemente alzando le spalle, incurante, liquidandolo con un semplice “Ci sono già passato.

Quindi, già da un paio di settimane si ritrovavano al Lima Bean per il caffè quotidiano, che Blaine si ritrovava a bere freddo, mentre Dave al massimo ricontrollava un compito prima della consegna; la maggior parte delle volte, invece, rimaneva semplicemente a rilassarsi, sorseggiando il liquido caldo e amaro, osservando il moro.

Non sapeva dire con precisione quando avesse iniziato a vedere Blaine come un ragazzo.

Forse da quando era iniziato quel loro rituale mattutino, o forse da quando aveva rotto con Hummel..o forse era sempre stato così, e lui era semplicemente stato troppo ottuso per accorgersene.

Eppure un giorno, durante Storia Contemporanea – uno dei pochi corsi che seguivano insieme – si era ritrovato ad osservarlo, a qualche fila di distanza. Aveva lo sguardo concentrato, intento a scrivere infinite pagine di appunti, alternando gli occhi dal foglio alla figura del professore; si era accorto solo dopo che era in grado di ricordarsi esattamente il profilo del suo volto, e lo strano tic nervoso del mordicchiarsi il labbro inferiore mentre scriveva con foga.

Aveva pensato che, senza tutto quel gel in testa, nessuno poteva negare che Anderson fosse un bel ragazzo.

E ne era rimasto scioccato.

Prima di tutto, da quando aveva accettato il fatto di essere gay non si era mai ritrovato veramente ad osservare un ragazzo e a ritrovarsi attratto; in secondo luogo, Blaine non era il suo tipo. Certo, c’era da dire che lui non aveva un tipo, in fin dei conti, ma fermandosi a riflettere, quelle poche volte in cui ci aveva pensato, non se l’era immaginato come lui. Non così basso, sicuramente.

All’inizio, quando era ancora confuso e negava fino allo stremo, aveva anche pensato che dovessero piacergli i tipi come Hummel, dalla bellezza quasi eterea, dalle movenze sinuose e il corpo esile, femmineo. Nella sua ignoranza, era convinto che sarebbe riuscito a farsi piacere più facilmente un ragazzo, se questi gli avesse ricordato una ragazza.

Ovviamente, col tempo si era accorto che non solo Kurt non era poi così femmineo, ma che a lui piacevano gli uomini. Quelli muscolosi e tonici, indubbiamente virili.

Insomma, il contrario di Blaine Anderson.

Anche se, si ritrovò a pensare, durante le ore in palestra si era accorto che il moro era comunque muscoloso, anche se non appariscente; e la mascella aveva una linea forte, virile, soprattutto quando era coperta di barba non fatta da un paio di giorni, che gli dava un’aria più matura e meno da gentleman.

Aveva cercato di evitare quei pensieri imbarazzanti e poco consoni a lui, perché insomma, Blaine non era nemmeno un suo amico! E, cosa ancor più importante, lui non aveva tempo né voglia per quelle stronzate.

Ma c’era anche altro che lo frenava, benché non lo avrebbe ammesso nemmeno a sé stesso: era fermamente convinto che il riccio pensasse ancora ad Hummel, e che quindi fosse inutile farsi certi pensieri. Perché complicarsi la vita inutilmente?

Era solo molto confuso e stressato per lo studio, sicuramente.

Poco importava che anche Blaine pensasse le stesse cose.

Il punto è che per lui era stato più difficile: Blaine era fiero di essere ciò che era, la sua sessualità non lo aveva confuso e ormai era abituato a sentirsi attratto dagli uomini; benché i primi tempi, offuscato dalla gelosia, non vi avesse fatto caso, aveva poi dovuto ammettere che David Karofsky era indubbiamente un bel ragazzo, con un suo fascino particolare. Non un modello, non un palestrato, nonostante avesse notato che gli allenamenti di football gli avevano lasciato un fisico comunque non da buttare.

Ovviamente, quei pensieri avevano sempre avuto ben poca importanza finché stava con Kurt; benché per lui fosse normale provare attrazione per altri anche se era innamorato, visto che era dotato di occhi come le altre persone del mondo, il suo amore per l’ex ragazzo era sempre stato al suo posto. Nessun belloccio di turno poteva sovrastare ciò che il ragazzo rappresentava per lui, ciò che l’azzurro dei suoi occhi gli faceva provare. E così era stato finché non si erano lasciati, e i sentimenti, lentamente, avevano iniziato a dileguarsi.

Entrambi erano diventati pian piano consapevoli, con il passare dei mesi, dell’attrazione verso l’altro; entrambi erano fermamente convinti che non avrebbero mai palesato quel sentimento.

 

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Con la fine di Marzo, le cose a scuola andarono peggiorando per Dave.

Piano piano l’ansia per gli esami di fine anno era arrivata anche a lui, e l’aveva colpito con molta più forza rispetto all’anno prima, complice la pressione dei genitori che non volevano fosse bocciato di nuovo.

Il punto era che, come l’anno passato, iniziarono a circolare voci per i corridoi della scuola: tutti sapevano che Blaine era gay, e tutti gli studenti, tranne i primini, lo avevano visto passeggiare mano nella mano con Kurt Hummel, il primo omosessuale dichiarato che il McKinley avesse mai avuto; tutti avevano iniziato a notare, con l’inizio della scuola, che lui e Karofsky sembravano diventati amici. Molti avevano giurato di aver visto lo sguardo di Dave soffermarsi più a lungo del dovuto quando Blaine gli camminava davanti.

L’anno prima, era andata meglio. La maggior parte si era limitata a lanciargli occhiate quando camminava nei corridoi, a ridacchiare se passava loro accanto, e i più temerari a lanciargli sottili insulti, mai nulla di pesante.

Era per quello che, nonostante le persone più vicine a lui ne fossero a conoscenza, aveva evitato di renderlo pubblico una volta tornato al suo vecchio liceo. Non che se ne vergognasse, ma non voleva sprecare l’opportunità di passare il suo ultimo anno in maniera tranquilla.

Peccato che ai pettegolezzi non si poteva porre fine, soprattutto quando questi erano veri.

La prima granitata ricevuta per quel motivo – al melone, che neanche gli piaceva – fu terribile e umiliante, soprattutto perché accompagnata da uno spintone che, cogliendolo all’improvviso, lo fece finire per terra. Avrebbe voluto rispondere a quegli idioti per le rime, ma gli occhi gli bruciavano e il liquido ghiacciato gli provocava dei brividi mentre scendeva lentamente lungo il collo. Li sentiva ridere, e voleva solo sprofondare.

- Ehi!-

Oh no, non lui. Quello fu l’unico pensiero che Dave riuscì a formulare, prima di sentire dei passi veloci avvicinarsi al gruppetto.

-Sparisci Anderson, se non vuoi fare la fine del tuo fidanzatino!- era stato uno di quegli idioti a parlare, probabilmente il capo.

La voce di Blaine era irritata ma decisa, come se ormai fosse abituato a certe battutine.

-Sparite voi piuttosto, prima che la coach Beiste lo venga a sapere!-

Oh, le paroline magiche.

Dave sentì solo dei ringhi e dei borbottii confusi, e quando riuscì ad aprire gli occhi vide il gruppo di bulli andar via e una mano porta verso di lui. Come quando si erano incontrati di nuovo.

Pensò per alcuni istanti se accettare o meno il suo aiuto, ma prima che potesse decidere, Blaine sospirò irritato e lo afferrò per un braccio, tirandolo su a fatica.

-Grazie.. – borbottò Dave, imbarazzato e confuso. Cazzo, bruciava veramente.

Senza dire altro, Blaine iniziò a trascinarlo verso il bagno più vicino, senza mai lasciare la sua stretta.

Una volta dentro, prese dalla borsa un piccolo asciugamano, lo inumidì con dell’acqua calda – se così poteva definirsi la temperatura dell’acqua al McKinley – e glielo porse, con un piccolo sorriso.

-Tieni, passalo soprattutto sugli occhi. Ti darà un po’ di sollievo. – il suo tono era calmo e gentile, i movimenti meccanici, come se fossero stati ripetuti decine di volte. Dave intuì che non si era sbagliato quando intravide, nella borsa ancora aperta dell’altro, ciò che sembrava essere una maglia di ricambio, che lui ovviamente non aveva con sé.

Rimasero in silenzio per molti minuti, l’unico rumore era quello del lieve strofinare dell’asciugamano sulla pelle dell’atleta.

Fu Blaine ad interromperlo per primo.

-Mi spiace che ti abbiano preso di mira per colpa mia..insomma, sai, perché pensano che usciamo insieme. Potevi passare il tuo senior year in santa pace se..-

Ma Dave non lasciò che finisse di parlare.

-Sai, dovremmo veramente uscire insieme.-

Blaine non finì la frase, la bocca leggermente aperta per lo stupore; gli occhi erano fissi in quelli castani di lui, e notò come il suo viso, finalmente pulito, fosse incredibilmente serio.

Deglutì, e non si lasciò tempo per pensare. Per una volta, voleva dar retta all’istinto del momento.

-Si..dovremmo.-

Si guardarono a lungo, consapevoli che le cose sarebbero state un po’ diverse da quel giorno in poi.

 

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Spazio dell’autrice:

Salve! Si, sono quell’imbecille che ha abbandonato “Le fatiche di Blaine” e che invece di aggiornare ha scritto questa luuuunga shot.. purtroppo, l’ispirazione mi ha tormentato per giorni e ho finito per dare a questo la preferenza!

Cosa dire? Io adoro la Blainofsky..se non pensassi che i Klaine sono assolutamente perfetti, sarebbe la mia OTP incontrastata… ecco perché è al secondo posto!

Spero che vi piaccia..l’idea sarebbe quella di una raccolta, perché ho taaaaante ideuzze che mi piacerebbe scrivere..ma soltanto se riceverò qualche parere positivo! La storia non è betata, e poiché la pubblico alle due del mattino, perdonatemi gli eventuali errori!

Vi avviso sin da subito che non so, in caso, quando potrei aggiornare..insomma, a gennaio ho esami e dovrei anche iniziare a studiare seriamente! >_< Vedremo!

Insomma, fatemi sapere se l’idea è da continuare oppure se è bene che rimanga l’unica shot!

La dedico ai miei amori del gruppo You’re Killing Me Now! E al mio amore, per essere il mio Dave.. anche se lui non lo sa!

Buon Natale gente!

  
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