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Autore: MrBadGuy    27/12/2011    3 recensioni
"Ti passerà la depressione?"
"Quale depressione?"
"Quella che ti ha portato via da me".
Consumarono la loro giornata cercando di dimenticare,
cerando di non pensare all'avvenire.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Puoi tornare a casa, se ti senti poco bene”, Betty, la mia collega tutti capelli cotonati e unghie laccate, aveva un'anima, cosa inconcepibile per me, prima che dicesse quella frase tremendamente gentile,
“mi piacerebbe, ma...” sospirai io, volgendo lo sguardo al mio soprabito, “fanculo le frasi di cortesia- guardai per un attimo la sua espressione sorpresa, poi le sorrisi -Grazie mille, troverò il modo di sdebitarmi”, mi alzai e raggiunsi l'esterno, dopo aver preso il mio capo d'abbigliamento.
Mi guardai attorno: ero lontana da casa e l'unico mezzo che avevo per tornare era la mia Vespa scassata.
Che io possa essere maledetta!
La fidanzata di Paul McCartney che non ha un mezzo di locomozione decente.
Mi infilai i guanti di pelle marroni e il casco, misi in moto e arrivai a casa, prima di quanto mi aspettassi, effettivamente il traffico era molto meno intenso, rispetto a quando uscivo rispettando il regolare orario.
Guardai da fuori le luci della futura villa della famiglia McCartney.
Sì, Paul mi aveva chiesto di sposarlo, e io avevo accettato, nonostante avessimo avuto dei piccoli alti e bassi.
Mi sentivo felice, era come se fra noi qualcosa si fosse riacceso.
Le luci della camera erano accese, lui, evidentemente era arrivato prima di me.
Erano strani, i suoi orari di lavoro, lo trovavo a casa prima del solito, mentre altre volte lo aspettavo in piedi fino a notte fonda.
(Non avevo mai sospettato nulla, povera illusa).
Entrai e la prima cosa che feci fu notare qualcosa di diverso nell'aria: un profumo, un dettaglio; poi dei rumori.
Cominciai a sospettare che fossero entrati dei ladri, salii le scale cercando di ignorare quel pensiero più che assurdo, completamente disarmata, “Paul?” chiamavo, mentre la mia mano cercava con disperazione l'interruttore della luce.
In certe situazioni sembra quasi che si spostino, quei bastardi; ed è proprio quando cominci a credere che la creatura più terribile ti sta per strappare un braccio che la stanza si illumina.
Così successe a me in quel momento.
Notai che la porta della camera da letto era socchiusa.
Inusuale.
Intuii.
Quella; quella era una delle mie più tremende paure, tanto intense quanto improbabili. Eppure in quel momento Paul era lì, dentro al letto.
Con un'altra.
Rabbia, rabbia, rabbia.
Avevo una vasta scelta di emozioni a disposizione ma mostrare ai due amanti clandestini.
Io optai per tutte e tre, avrebbero avuto un impatto più violento, su tutti e due.
Poco prima di esplodere pensai che non sarebbe rimasto nulla di Paul in quella casa, neanche di mio: sarei andata talmente lontano che non avrebbe neanche avuto idea di dove cercarmi.
Entrai senza timore, godei per attimo dei loro sguardi, erano impagabilmente spaventati dalla mia presenza, aprii l'armadio e selezionai tutti gli abiti del mio ex ragazzo.
Uno a uno cominciai a tirarli giù dalla finestra, “Questo non mi servirà... Neanche questo... Caspita, ma che ci fanno qui tutti questi vestiti da uomo?”.
Poi uscii sbattendo la porta.
Dopo che l'adrenalina smise di scorrermi nelle vene mi sedei sul marciapiede e piansi.
Piansi da come non facevo da un po', perché non bastava la batosta che avevo preso con la morte di Brian, ora che mi ero ripresa avevo bisogno di qualcos'altro di cui preoccuparmi.
Quella fu l'ultima notte, in quell'anno, che respirai aria inglese.


Appena scesa dall'areo inspirai a pieni polmoni.
“New York!” sussurrai a me stessa, come per cercare di convincermi che ero riuscita davvero a fare quella pazzia.
Mi ero lasciata Paul alle spalle, la mia intera vita era rimasta a Londra, Regno Unito, mentre fisicamente, io, ero a New York, America.
Le voci felici dei bambini che erano partiti con i genitori creavano un gran frastuono, socchiusi un attimo gli occhi e ripensai al quindici agosto del sessantacinque.
Shea Stadium.
Stessa eccitazione, solo moltiplicata per cinquantacinquemila Beatlesmaniache in presa a una crisi isterica, o meglio, una dopo l'altra.
Io ero dietro a quel palco, con...
Scossi la testa e mi misi lo zaino sulle spalle, pronta a dimenticare.
Eh sì, portai solo uno zainetto.
Il peso del mio bagaglio a mano sarebbe stato direttamente proporzionale alle sofferenze portate dal mio paese, così optai per qualcosa di ristretto.





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Mi scuso per avervi fatto aspettare così tanto, mi rendo conto che potreste odiarmi, ora.
Penso che la storia stia per volgersi al termine, ma MrB. ha tante idee, sia per questa fic che per quella in sezione Queen.
Se avete letto fino a qui vi ringrazio.
Anche se avete aperto e poi richiuso, senza leggere nulla.
Spero che il capitolo vi piaccia! Anzi, che vi sia piaciuto.
MrB.
   
 
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