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Autore: intricacy    27/12/2011    1 recensioni
c'era una volta barcellona e lei era il mio mistero...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il mistero, ecco ciò che univa me e mio padre. Io, un ragazzino innamorato dell'Egitto e mio padre drogato di mistero in un quartiere di una Barcellona dimenticata da Dio, un mix perfetto direi!

Tutto incominciò l'anno scorso quando, leggendo un libro inciampai in una pagina che parlava di una casa a Barcellona dove sembravano morti inaspettatamente padre, madre e figlia. Lessi la pagina a mio padre e insieme decidemmo di andare a scoprire cosa mai fosse accaduto in quella casa, dato che si trovava a pochi isolati dalla nostra. Perciò, poiché la pioggia battente ci impediva di andare a piedi, la mattina dopo prendemmo l'autobus, le goccioline che si infrangevano sui vetri mi facevano tristezza. L'autobus era quasi vuoto e i sedili arancioni non erano più vitali come un tempo, essendo stati sottomessi dalla sporcizia e dalla polvere. L'autista era inquietante, i suoi occhi vitrei sembravano non far passare la luce, la divisa sembrava non essere stata lavata da un eternità; improvvisamente mi assalì il pensiero che quelle macchie fossero di sangue e che quell'uomo fosse uno spietato assassino o addirittura lo ”Jack lo squartatore” di Barcellona, questa riflessione mi abbandonò subito quando vidi in lontananza la casa in cui saremmo dovuti entrare. Era un enorme, gigantesca casa; cadeva a pezzi, ma per chi piace il mistero era la più bella abitazione che esistesse. Il cancello sembrava essere stato forgiato nell'Olimpo, i ghirigori erano a dir poco perfetti; si mescolava i barocco e il gotico, il romano e il greco, le statue nel giardino erano state imprigionate dalle erbe ma non avevano perso il loro fascino, gli alberi che ne circondavano il perimetro erano enormi ed infine, le finestre, le porte e addirittura i cornicioni erano rifiniti in oro. Eravamo davanti alla più bella e grande costruzione che avessimo mai visto. Il cancello fortunatamente era solo accostato e riuscimmo ad aprirlo con il minimo sforzo, il rumore che fece dischiudendosi sembrò l'urlo di una sirena, lo stridio di un gessetto sulla lavagna. Entrammo, il viale di ghiaia, che un tempo avrebbe dovuto essere candido ora aveva il colore delle paludi, lo attraversammo. Raggiungemmo l'ingresso principale, era una vecchia porta in legno scolpito anche questa rifinita in oro. L'iscrizione sul fianco diceva: “A mio figlio Edward con amore, la nonna”. Poco dopo ci accorgemmo di una scritta aggiunta tempo dopo in pennarello: “Sotto le fondamenta vi aspetta la vita, per i traditori la guerra è finita.”.

Io e mio padre ci mettemmo a pensare; sotto le fondamenta, per i traditori la guerra è finita... chi poteva essere stato a scrivere ciò? Chi aveva ucciso la famiglia o qualcuno che era d'accordo con la loro morte! Entrammo, con più curiosità di quanto non l'avessimo mai avuta. Un camino, di fronte a noi un camino in un immensa stanza; sembrava che il tempo non fosse mai passato: ogni cosa era al suo posto i candelabri sulle mensole, i quadri al muro, le poltrone di fronte al tavolino da caffè...l'unica cosa che mancava era la vita. Non un fruscio, il silenzio più assoluto dominava quella casa e un velo di polvere si era appropriato del vero aspetto del mobilio. C'erano due porte alle due estremità della stanza, entrammo in quella a sinistra. Un lungo corridoio di scale che sembrava non finire mai nel buio, la luce dava l'impressione di non esistere più appena arrivammo alla metà. Continuammo a scendere senza avere la minima idea di dove stessimo andando o di cosa stessimo calpestando. All'ultimo gradino, che non vedemmo facemmo un tonfo aspettandocene un altro e invece niente. Eravamo in una stanza di grandezza ignota finchè non trovammo una lampada ad olio. Una lampada ad olio? Che ci faceva in un abbandonato seminterrato una lampada ad olio? Tralasciamo. Era una stanza di forse dieci metri quadrati, camminammo lungo tutto il perimetro fino a che non ci accorgemmo di star calpestando delle tombe. Sulla prima il nome inciso sul marmo era: Edward White, sulla seconda: Annabelle Sullivan e sulla terza Sophia White. “Fantastico,” esclamò mio padre vedendole “abbiamo trovato le tombe della famiglia White! Direi che ora il mistero è risolto!” “Il mistero non sarà mai risolto...”risposi io.

  
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