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Autore: LoryGreyRobsten    27/12/2011    11 recensioni
"forse la paura di una nuova delusione può far sì che tu non ti affezioni alle persone...
non lasciare che rabbia e qualche vecchio rancore non facciano uscire ciò che di buono hai nel cuore.."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap 8

Ma buonasera gente!!!! Allora, chi di voi rotola con me dopo tutto il ben di Dioc he si è mangiato in questi primi tre giorni di festa? xD 
Ovviamente ho pensato anche a voi, infatti già la sera del 25 mi son emssa all'opera col nuovo capitolo che ho appena finito! Vi avviso, non l'ho nemmeno riletto, potrebbero esserci errori di battitura e non so nemmeno se ha un senso logico quindi prendetelo com'è e cercate di capirmi, nonostante lo odi anche per me era Natale xD 

Ok, ringrazio tutti nuovamente, dai recensori, a chi ha inserito questa storia tra le seguite, le preferite, ai miei lettori silenziosi che adoro comunque, insomma, voi gente :D Questa storia continua grazie a voi, fosse per me sarebbe già finita xD

Stavolta ho messo due canzoni, la prima è riferita al POV Kristen e poi è la loro canzone :D, la seconda, boh, mi andava di metterla perchè mi ha fatto venire in mente l'idea per il POV Robert xD che mente malata xD


Vi lascio al chappy, un bacione!

Lory

 

Pov Kristen

 

 

“Hai intenzione di dirmi dove andremo o devi fare il solito stronzo?” cercò di trattenere una risata

“Kristen, è la vigilia, contegno!”

“Oh, mi scusi signor galateo, allora: può gentilmente dirmi….dove cazzo dobbiamo andare tra mezz’ora?” mi piaceva irritarlo, mi divertiva da matti….ok, il mio modo di divertirmi era strano, ma proprio mi faceva ridere la sua ‘finta incazzatura’.

“Non ti dirò niente finchè non lo dirai in termini garbati, sei una donna, non un scaricatore di porto, forza Stewart, si corregga” e rise divertito anche lui per quel finto perbenismo

“Ok, ci provo” presi fiato “Mi scusi signor Robert Thomas Pattinson, potrebbe gentilmente dirmi dove siamo diretti fra, ehm….ventinove minuti?”
“No!”

“Non andava bene”

“No non te lo dirò”  si girò ridendo, stava per svignarsela dirigendosi verso la camera che occupava da ormai un mese e mezzo, cioè, la camera che i suoi vestiti occupavano, nella sua vera camera dormivamo entrambi ma il mio guardaroba si era fatto troppo ingombrante, a momenti dovevo appendere qualcosa al muro a mò di poster tante erano le cose che mi aveva comprato, Robert era un angelo…ma ciò non mi distrasse dal dispetto che stava cercando di farmi.

“Hei tu, brutto stronzo!” corsi verso di lui saltandogli sulle spalle e facendolo balzare in avanti, se fosse stato più debole ci saremmo ritrovati con le facce spiccicate al pavimento.

“Oh piano scimmietta, così mi strozzi!” continuava a ridere “Beh, che vuoi?” si, gli piaceva prendersi gioco di me.
“Hai promesso che mi avresti detto dove andiamo!”

“Oddio, io non ricordo di aver pronunciato la parola prometto che….”

“Forza, dimmelo!”

“E’ una specie di sorpresa…”
“Si ma mi dici almeno se è da abito e tacchi o da Converse e jeans? Sai com’è, non vorrei sfigurare con te che sarai perfetto”
“La perfezione non esiste..comunque puoi mettere quello con cui ti senti più te stessa” me stessa, potevo essere me stessa.. Nell’ultimo mese e mezzo erano migliorate tante cose, a parte mamma che continuava a non volerne sapere di me e il lavoro che sembrava essermi allergico, ero cambiata io: stavo meglio, ero più tranquilla e sì, con Robert ero me stessa, non dovevo fingere mai.
“Ok, ci penso io allora” mi staccai dalla sua presa e scesi per infilarmi di corsa in bagno, feci una doccia veloce – non ci stavo più di due minuti per evitare che certi pensieri e ricordi tornassero a galla – e mi fiondai in camera.

“Esci SUBITO di qui, su”
“Mi scusi signora pudicizia, esco esco”mi lasciò sola in camera chiudendo la porta dietro di sé. Non capivo perché, ma indossava un paio di pantaloni elegantissimi, una camicia, e scarpe altrettanto eleganti, mi aveva confuso le idee per tutto il pomeriggio passato a letto a chiacchierare e fumare sigarette. Me stessa…potevo essere me stessa.

Aprii il cassetto ed estrassi un paio di pantaloni da tuta grigi rubati a lui, mi stavano quasi enormi, ma erano comodi; infilai una maglia rossa – era pur sempre Natale – e le mie Converse grigio scure, sciolsi i capelli senza nemmeno pettinarli.

“Io sono  pronta” si girò a voltarmi e il suo sguardo mi provocò un sussulto, era come se avesse avuto un’apparizione, che esagerato.

“Sai che sei splendida?” alzai gli occhi al cielo, esasperata. Ma come faceva a dirlo?
“Sai che sei ruffiano?”

“Si certo che lo so, andiamo dai” chiuse la porta e mi precedette sereno e con quell’aria da trionfante, andò verso l’ascensore della grande hall e aspettò che le porte si aprissero davanti a noi

“Ti aspetto qui se vuoi”

“No, tu devi salire con me signorina”

“Scusa, non ti seguo…”
“Hai sentito? Forza, entra, Devo mimare il gesto?” Entrò in ascensore indicandomi e facendomi segno di raggiungerlo”
“Ufficiale, capisco sempre meno cosa tu abbia combinato”
“Non è niente di che, stiamo andando a prendere il tuo regalo di Natale” sgranai gli occhi per la sorpresa. Un regalo di Natale? Per me?

“Oh…io…io non ho fatto niente…sì insomma, non ti ho comprato niente”
“Sopportarmi ogni giorno compensa il resto che non puoi fare, tranquilla” aveva sempre la risposta giusta a portata di mano, la risposta migliore.

“Robert, non dovevi, davvero, tanto non cambia niente per me, non ricevo regali da così tanto tempo che ormai non ricordo cosa siano” i miei occhi si rabbuiarono per un istante, ma poi pensai alla promessa fatta a me stessa, niente più visi cupi o lacrime.

“Vorrà dire che battezziamo questo come il tuo primo regalo, ok?” gli sorrisi. Era impossibile non volergli bene, Robert era la dolcezza fatta uomo.

“D’accordo” uscimmo dall’ascensore e vidi solo una piccola porta, nient’altro.

“Scusa, potrei sapere dove siamo?”
“Benvenuta nell’attico dell’albergo” era impazzito, me lo sentivo.

“Ok e….cosa ci facciamo qui? Ci sono solo muri e una porta”
“Aprila” aveva l’aria felice, soddisfatta.

“Ma…”
“Aprila” non sapevo se essere divertita o iniziare a preoccuparmi del fatto che mi avesse trascinata fin lì per un brutto scherzo. Ovviamente mi sbagliavo. Me ne resi conto quando aprii la porta e vidi ciò che si trovava al di là: la stanza era enorme, ricoperta di specchi, al centro una tavola apparecchiata elegantemente per due persone e in un angolo c’era un enorme sacco ‘di Babbo Natale’, ero scioccata.

“Ok…credo tu debba spiegarmi tutto questo” abbassai lo sguardo per l’imbarazzo.
“Ci sono degli specchi, una tav….”
“Questo l’ho visto Rob, spiegami il perché” sentivo la mia voce tremare dall’emozione, non avevo ancora ben chiaro cosa avesse in mente, ma non poteva di certo trattarsi di qualcosa di brutto.

“Vieni..” mi prese la mano intrecciando le nostre dita e mi portò fino a una delle due sedie, mi fece accomodare e si sedette d fianco a me, ero impaziente di sapere cosa aveva architettato:
“Bene, la cena è offerta dall’albergo, ovvero da me, per festeggiare il Natale, ricordi? Soli insieme…..anche a Natale! Lì all’angolo ci sono i tuoi regali invece”
“Ok, ma cosa c’entrano gli specchi?”
“Gli specchi, beh….gli specchi significano che questa è la tua nuova sala di danza, hai detto che amavi ballare e una volta seguivi delle lezioni giusto? Beh, potrai ricominciare ad allenarti qui..”
“Robert, io…”
“Aspetta, non è solo una sala per ballare: guardala bene Kris, è la TUA sala, il tuo spazio…ogni volta che tu ne avrai bisogno, ogni volta che vorrai stare sola e fuggire da tutto potrai venire qui, non potrò entrare nemmeno io, è solo per te” rimasi senza parole. Uno spazio tutto per me…lui aveva fatto tutto per me. Sentii gli occhi bruciare e il groppo in gola, per la prima volta in vita mia però per la gioia.

“Sei riuscito a farmi piangere, poi però non farmi la predica dicendo che sono lagnona” sfoderò il suo sorriso dolcissimo, il mio preferito.

“Beh, in questo caso ti  concesso; comunque, ho fatto mettere degli specchi in tutte le pareti perché tu possa vedere te stessa da qualsiasi lato ti volti a guardare; nonostante tu voglia fuggire a volte dal mondo, non voglio che tu fuggi da te stessa, voglio che in qualsiasi direzione tu guardi ti possa ritrovare….Kristen, tutto ok?”
“Io….sono senza parole, davvero” mi sentivo come se le mille emozioni che provavo in quel momento si fossero sparse in ogni centimetro del mio corpo paralizzandomi, ero al settimo cielo e non meritavo tutto questo.

“Beh, mangia allora, ci sono dei regali che ti aspettano e poi anche tu dovrai fare una cosa per me” tornai in me

“Cosa?”

“Avrò tutto il tempo di chiedertelo dopo che avrai aperto i regali”

Mangiammo parlando di quella sorpresa, gli raccontai dell’ultimo Natale felice che io ricordassi, provai anche a chiedergli delle sue precedenti feste, ma come sempre Robert cambiava discorso, lo faceva ogni volta che gli parlassi della sua famiglia, sapevo solo che vivevano tutti a New York e lui per scelta era venuto a vivere qui, poi, puntualmente, cambiava discorso.

Aprii i numerosi regali, c’era di tutto in quel sacco, vestiti, cd, cappelli – io amavo i cappelli – un cellulare nuovo, una scatola di un impianto stereo già montato nella grande sala, di tutto.

“bene, adesso tocca a me ricevere il mio regalo di Natale”
“Sputa il rospo!”
Si alzò da terra e mi tese la mano per aiutarmi a fare lo stesso, andò verso il grande stereo e inserì uno dei CD che mi aveva regalato, il CD di Mario, eppure non ricordavo di avergli detto che la mia canzone preferita era….

“Balla”
“Eh?!?”
“Balla…fallo Kristen, fallo per te, fallo per me, fallo perché ami ballare”

“Ma, qui? Adesso? Io mi vergogno!” non ballavo da secoli, sarei caduta per la tensione e l’emozione”
“Tu prova, non fare la timida, piccola scaricatrice di casse dei migliori porti del mondo! Vediamo se davvero sai ballare come dici o ti dai solo le arie!” il suo sorriso sghembo, rieccolo.
“L’hai voluto tu!!” premetti play e la MIA canzone partì…cominciai a muovermi fino a prendere il ritmo e lasciarmi andare, come se non avessi mai smesso di ballare, mi sentivo leggera, libera…osai anche qualche spaccata e qualche passo più complesso che non ero sicura di fare ancora bene, il paradiso; e la faccia Estasiata di ROb mi convinse a riportare indietro la traccia per ballare ancora e ancora…
“Balla con me”
“Sei matta? Mi sto godendo lo spettacolo! E poi di fianco a me faresti una pessima figura!
“Ma sentitelo” e mi voltai leggera per continuare, non volevo più smettere e la presenza di Rob non mi intimidiva affatto.

“Grazie per aver dato vita alla mia canzone preferita”

“Hei, questa canzone non si tocca, Let me love you è mia!” tornai alla realtà un po’ stupita da quella strana coincidenza, di sicuro il ragazzo aveva buon gusto in fatto di musica…ok, non solo in quello.

“Si si certo, è tutto tuo, anche la canzone, monopolizza pure, intanto è mezzanotte e quindi Buon Natale!!” provava a fare il saccente, ma dopo due secondi gli occhi parlavano da sé mostrando l’espressione più felice che potessi vedere. Mi avvicinai a lui ancora tutta sudata e lo abbracciai forte, sentendomi ancora meglio di quanto già stessi:
“Buon Natale Robert”

 

 

 

Pov Robert

 

Non potevo credere di essere riuscito a farla felice, non credevo che le avrebbe fatto così tanto piacere. Eppure era quello che avevo ottenuto. E questo faceva felice anche me.

Ridevo da solo come un ebete mentre me ne stavo seduto sulla moquette della mia ‘seconda’ camera da letto improvvisando qualche nota con l’altra donna della mia vita, la chitarra; era tutto per me la musica, se fossi stato sordo non sarebbero bastati gli altri sensi per dare un senso alla mia vita.

Sentii il mio stomaco brontolare e decisi di alzarmi e mangiare qualcosa, avrei dovuto svegliare Kristen a breve tra l’altro; aveva un appuntamento con un certo Harold quel pomeriggio, un suo vecchio compagno di scuola che sentiva da una settimana che l’aveva invitata a pranzo fuori…e lei aveva accettato. Proprio il giorno di Natale. Non che la cosa mi dispiacesse, ci stava provando a rifarsi la sua vita: nell’ultimo mese e mezzo si era ripresa davvero, si era rimessa a cercare lavoro, aveva smesso di vomitare e la vedevo sorridere più spesso…anche questo Harold forse sarebbe stata una cosa in più per farla star bene. La cosa che proprio non mandavo giù era il fatto che non aveva pensato a me, per lei ero solo un amico, ormai mi vedeva come un fratello, niente di più.

Aprii il frigo alla ricerca di qualcosa di pronto, ero negato in cucina. Lo chiusi non trovando niente di speciale e decisi di ordinare qualcosa a Mike dalla cucina dell’albergo.

“Mike, portami un primo per piacere, tra dieci minuti”
Mentre aspettavo il pranzo decisi di portarmi avanti vestendomi per poter uscire subito, sarei passato da Tom sperando di non trovare Tiffany lì con lui.

Entrai piano nella camera dove Kristen ancora dormiva, alcuni vestiti erano ancora lì, presi un paio di jeans, mi voltai e mi avvicinai per guardarla mentre dormiva ma qualcosa attirò la mia attenzione: una strana chiazza scura all’altezza del bacino macchiava le lenzuola, era sangue. Probabilmente le era venuto il ciclo e aveva dimenticato di mettere, ehm….

Non era possibile. Aveva avuto il ciclo la settimana prima, me lo disse pure quando un pomeriggio a una mia domanda mi rispose male e si scusò subito dicendomi “Scusa Rob, ho il ciclo e sono lunatica”
Mi avvicinai ancora di più e mi accorsi che non respirava
“Kristen??? KRISTEN???” non rispondeva, no si muoveva. Il panico mi divorò per qualche istante, non capivo cosa le stesse succedendo, la cosa più veloce che potessi fare.
“Se perdi la calma sei fottuto”
Feci un respiro profondo, la presi in braccio così com’era, piena di sangue, le misi una coperta addosso e mi fiondai in ospedale schizzando più veloce che potevo.

 

 

“Rob….Robert….” sentii una mano accarezzarmi i capelli, aprii gli occhi e mi alzai lentamente; la vidi sdraiata su quel letto dove era stata portata poco prima. Aveva lo sguardo confuso, si era appena svegliata dall’anestesia e sembrava ancora intontita.

“Kristen…piccola, come stai?”
“Cosa mi è successo? Perché sono in ospedale?”

“Kristen, tu….” Chiusi gli occhi ripensando alle parole dei medici quel pomeriggio; ero disperato, stava cercando di rialzarsi ma iniziavo a capirla quando diceva che era difficile perché ogni volta qualcosa la ostacolava. Non sapevo come dirglielo. Mi alzai e le diedi le spalle, non volevo farle vedere le lacrime che mi avevano appena riempito gli occhi:
“Tesoro, tu hai….tu eri incinta” Silenzio.

“Coraggio Robert, per lei soprattutto” Mi voltai, mi sedetti di nuovo accanto a lei e le presi la mano tra le mie, era fredda, disegnando dei cerci sul dorso presi fiato cercando di dirglielo nel modo più delicato possibile.

“Kristen, ti ho trovata piena di sangue e ti ho portata qui di corsa, ma era troppo tardi ormai….hai perso il bambino” mi guardò confusa per un momento dopodiché il suo viso si trasformò dando spazio allo stupore, e alla delusione.
“Io…bambino….”
Le strinsi un po’ di più la mano abbassando lo sguardo, mi mancava anche il coraggio di guardarla negli occhi.

“Mi dispiace, mi dispiace davvero, forse non era proprio ciò che volevi da Ryan ma era pur sempre un bambino”

“Robert, va tutto bene, ok?” mi alzai di scatto, il suo viso era triste, ma non sembrava precedere la disperazione, non capivo

“Sei sicura? Perché io inizio a credere che hai ragione quando dici che la vita è ingiusta con te”
“Stai tranquillo, d’accordo? Non sono disperata, insomma, non sarei stata pronta a diventare madre, non so ancora badare a me stessa; se l’avessi saputo forse l’avrei fatto spontaneamente, io non voglio un figlio, non ora.”

“Ma tu stai bene? Dico, non crollerai nuovamente?”
“Se  questo che temi allora sei nel panico inutilmente, sto bene, te lo assicuro, non farò cavolate, non scapperò, non sono più quella di qualche mese fa” Quelle parole mi sollevarono; abbassai la testa e tirai su col naso mentre una lacrima scendeva lungo la mia guancia, la sua mano accarezzò nuovamente i miei capelli

“Che fai, piangi?”
“Io…si…che stupido..odiavo quel Ryan, ma sapere che comunque una creatura non potrà vedere la luce del sole…ho provato pena anche per quel coglione. E poi tu…non respiravi..mi hai terrorizzato Stew, ero nel panico, ho avuto paura..”
Abbassò lo sguardo e ritirò la mano che ancora era tra le mie, calda adesso.

“Rob..c’è una cosa che ho saputo poco tempo fa…”
“Riguarda?”
“Ryan…quando ero tornata con lui una notte mi ero ritrovata senza pillola e non volevo fare……sesso, ma lui mi disse che non avrei rischiato niente perché…”
“Perché? Il cuore mi batteva all’impazzata, temevo di aver capito cosa stesse per dirmi.

“Perché lui non poteva avere figli, Robert” il mio respiro si bloccò per un lungo, interminabile secondo.

“Kristen, tu…..il bambino…era…”
“Temo che fosse tuo……”
Vidi la stanza girare per un’infinità di secondi, quando rallentò e riuscii nuovamente a mettere tutto a fuoco la guarda, lo sguardo intimorito da una mia possibile reazione. Un figlio. Mio. Suo. Nostro.

“Tu….”

“Io non potevo saperlo, io non credevo di essere incinta, non potevo saperlo, ho avuto il ciclo settimana scorsa!

Non sentivo più niente. Avevo bisogno di lasciare quella stanza all’istante. Camminai avanti e indietro lentamente cercando di regolarizzare il respiro e i battiti del mio cuore, ma non riuscivo. Mi voltai un’ultima volta verso di lei che aveva gli occhi pieni di lacrime, non sapevo perché iniziava a sentire il dolore o per via della mia reazione

“Rob…ti prego…”

“Non…” al centro della porta si formò un buco della grandezza del mio pugno che avevo appena sferrato, la sentii singhiozzare subito dopo, l’avevo spaventata. Senza degnarla di uno sguardo spalancai la porta e scappai da quell’ospedale, una volta lontano, senza fiatone presi il mio cellulare e composi quel numero che non componevo da quando l’avevo conosciuta:
“Tom, sono Robert”
“Hey amico tutto bene?”
“Si, io…..dove sei?”
“Sto per uscire, Will da una festa”
“Ti raggiungo lì, passa da Richard e fatti dare un po’ di roba”
“Sicuro di star bene? Non tocchi quella merda da secoli”
“fatti i cazzi tuoi Tom, ok? Tu passa a prenderla e ci vediamo alla festa, porta Tiffany”
Prima di essere sommerso di altre domande inutili riagganciai e mi diressi verso casa di William, col quale tra l’altro avevo un conto in sospeso, era tempo che si prendesse la sua rivincita.

   
 
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