Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: Giulls    28/12/2011    4 recensioni
Michelle Waldorf è all'apparenza una ragazza normale: ha 18 anni, vive con la madre a Los Angeles, sta per diplomarsi ed è il capitano della squadra di pallavolo della scuola. Eppure la sua vita viene presto sconvolta da due avvenimenti: il fantasma del suo passato e lui, il suo nuovo vicino di casa. Robert Pattinson.
< Ti va di ricominciare? > propose porgendomi la mano, < ciao, mi chiamo Robert Pattinson >
< Piacere, Michelle Waldorf >
< Waldorf? > ripeté sgranando gli occhi, < come Blair Waldorf in Gossip Girl? Cavolo, puoi farmi un autografo? Non capita tutti i giorni di conoscere una ragazza che faccia di cognome Waldorf >
< Va bene, ma tu devi promettermi di mordermi sul collo > risposi a tono e entrambi incominciammo a ridere.
[...]
< Io avrei ancora un paio di scatoloni da sistemare… okay, più di un paio e avrei bisogno di qualche buon'anima che mi dia una mano. Ti andrebbe? >
< Certo, perché no? > risposi alzandomi in piedi, < ma mi offri la colazione >
< Va bene, > asserì, posando una banconota da dieci dollari sul tavolo, < andiamo? >
< Andiamo > dissi mente prendevo la mia borsa e uscii dal bar insieme a Robert. Chissà, questo potrebbe essere l'inizio di una nuova amicizia.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Barcellona on the road

Eravamo da tre giorni a Barcellona e ne ero profondamente innamorata. Ero talmente tanto a mio agio da non voler nemmeno tornare in America e per più volte avevo pensato di strappare il biglietto di ritorno.
L'amavo e lei amava me, o almeno questo era quello che la commessa del museo di Dalí mi aveva detto dopo che Robert aveva sborsato per la sottoscritta duecentocinquanta euro tra libri biografici su di lui e sulle sue opere, portachiavi e agende da regalare e una riproduzione del quadro Cenicitas, il mio preferito in assoluto. Eravamo stati a vedere il museo la mattina dopo il nostro arrivo e, senza nemmeno prenotare, eravamo riusciti ad avere una guida tutta per noi, ovviamente grazie alla popolarità di Robert. Quest'ultimo, durante la visita, sorrideva, annuiva e interveniva dicendo qualcosa solamente per lui sensata quando questa parlava, guadagnandosi da tutti noi l'appellativo di “Mister So Tutto Io”. Ultimata la visita mi si erano illuminati gli occhi nella sala dei souvenir e Robert, vedendomi così contenta, si era offerto di pagare lui i miei acquisti, ignaro di quanto fossi pericolosa quando mi veniva data “carta bianca” in fatto di shopping.
Ogni giorno che passava mi rendevo conto di quanto Robert fosse felice lì con i suoi amici, di come fosse solare e con la battuta pronta e spesso mi chiedevo se li avesse visti più spesso se non fossi mai entrata nella sua vita. Una sera avevo provato a a parlargliene, ma lui mi aveva risposto che sarebbe comunque rimasto a Los Angeles, con o senza di me.
Un altro giorno era iniziato.
Erano le dieci del mattino e dopo mezz'ora ci saremmo dovuti incontrare con gli altri nella hall per fare un giro alle ramblas. Victoria ed io eravamo le uniche a voler andare e i ragazzi ce l'avevano fatto capire, ma noi, ostinate, non volevamo sentir storie. Insomma, chi non aveva voglia di farsi una passeggiata attraverso suggestivi paesaggi barcellonesi, negozi e bancarelle?
Barcellona ci aveva stregato. Decisamente.
Robert stava ancora dormendo ed io, appoggiata alla vetrata che dava sulla terrazza ero intenta a contemplare il suo petto alzarsi e abbassarsi ritmicamente. Mi stiracchiai un po' e ritornai a letto tra le sue braccia.
< È ora di alzarsi > gli dissi in un orecchio, ma non ricevetti alcuna risposta < Robert? Hai capito? Tra trenta minuti esatti dobbiamo uscire, svegliati > continuai, ma non batté ciglio.
Lo chiamai un'altra ventina di volte finché non accettai la sconfitta e mi alzai dal letto, ma proprio in quel momento la sua mano afferrò il mio braccio e mi fece cadere sul suo petto.
< E se dessimo loro buca e restassimo qui a farci le coccole? Ho i piedi sfatti > mi tentò mentre portava le sue mani sotto la mia canotta e mi accarezzò la schiena, mentre le sue labbra erano sul mio lobo e poco dopo me lo morse.
< Dico che tu sei matto e che puoi scordartelo. Io non resto chiusa in una stanza d'albergo di Barcellona. E ora alzati, ci aspettano. Abbiamo la sera per divertirci, quando fuori c'è il sole si cammina, tesoro > obiettai mentre lo allontanavo da me.
< Dobbiamo proprio andare? >
< Sì, Robert. Dobbiamo > risposi sbuffando e lui si alzò dal letto per andare a farsi una doccia, borbottando qualcosa di incomprensibile al genere umano e senza degnarmi di uno sguardo.
Alzai gli occhi al cielo e scelsi di indossare qualcosa di leggero – una minigonna bianca a balze e la maglietta nera a mezza manica del Hard Rock Cafè di Barcellona – ma non facevo a quanto fossi stata cattiva con Robert. Era un uomo, era ovvio che non morisse dalla voglia di seguire me e sua sorella per le bancarelle. Mi sentivo talmente tanto in colpa che chiamai Victoria.
< Sì? > rispose pochi secondi dopo.
< Vic, sono Michelle. Ti va se andiamo solo noi alle ramblas? Rob non ne ha molta voglia e non posso biasimarlo. Non voglio obbligarlo. I ragazzi cosa dicono? >
< Nemmeno loro hanno voglia di venirci. Mi passi a prendere tra cinque minuti? >
Risposi affermativamente, appoggiai il telefono nella culla e mi alzai dal letto per avvisare Robert del cambio di programma, sperando che non mi avesse ucciso perché l'avevo tirato giù dal letto inutilmente.
< Rob, tesoro? > lo chiamai, ma non sentii alcuna risposta < Rob? > parlai di nuovo aprendo la porta.
< Sto arrivando, che palle! > esclamò seccato.
Mi bloccai con ancora la mano che teneva la maniglia.
Che razza di stronzo.
< Restatene qui in albergo, esco solo con tua sorella >
< Va bene >
Annuii, consapevole del fatto che non potesse vedere il mio gesto, e chiusi con forza quasi sovrumana la porta del bagno che quasi temetti di romperla. Ma non me ne fregava un accidente. Presi la borsa e scesi al piano inferiore a prendere Victoria, poi uscimmo dall'albergo. A differenza mia, lei era di buon umore e davvero pimpante.
< Michelle, cosa succede? Hai una faccia seccata > disse squadrandomi e abbozzai un sorriso scuotendo la testa < è successo qualcosa con Robert? >
< Ma no, niente…è un idiota >
< Non mi dici niente di nuovo > continuò lei sorridendo e poco dopo scoppiammo a ridere.
< Oggi la giornata è solo per noi. Propongo un giro alle ramblas e poi pranziamo fuori da qualche parte. Al pomeriggio possiamo andare in spiaggia. Prima di partire ho guardato gli orari dell'autobus e ce ne è uno che porta in spiaggia in meno di mezz'ora >
< Non abbiamo il costume, però >
< Lo compriamo questa mattina in una bancarella > le dissi sorridendole.
< Va bene, ci sto >
Due fermate dopo scendemmo dalla metro e una volta fuori ci imbattemmo sullo stradone principale. Con la macchina fotografica in mano facemmo un sacco di fotografie ai paesaggi, alle bancarelle, ai negozi, a tutto. Eravamo lì da una ventina di minuti e già avevamo fatto incetta di ninnoli, per non parlare dei costumi.
Verso l'una e mezza decidemmo di fermarci a mangiare nel ristorante Todo el mundo. Ci avvicinammo all'entrata e un cameriere davvero bello ci venne incontro.
< Buenos días, señoritas >
Victoria, che ormai aveva gli occhi a cuoricino, lo guardò incantata e lo salutò con la mano.
< Hola… > disse sorridendo e per poco non le scoppiai a ridere in faccia < Michelle, gli dici che vorremmo un tavolo? > continuò in inglese.
< Prego, accomodatevi > disse il cameriere parlando in inglese, ma la sua cadenza spagnola si sentiva alla grande, e sorridendoci e ci accompagnò al nostro tavolo, mentre Victoria gli lanciava delle occhiate della serie “se non fossi fidanzata lo porterei nel ripostiglio seduta stante”.
< Io mi chiamo Juan e sono il vostro cameriere. Per qualunque cosa chiamatemi. Vi porto immediatamente due menù, nel frattempo gradite un aperitivo? È della casa, non è molto forte >
< Sì, grazie > rispose Victoria sempre con gli occhi a cuoricino e dovetti trattenermi di nuovo dal ridere < hai visto che schianto? > mi chiese una volta che si fu allontanato.
< Ho notato, ma…Tom? >
< Guarda che non c'è niente di male! Anche lui guarda le ragazze, specialmente il loro sedere. E poi non è male rifarsi gli occhi di tanto in tanto. Hai visto che muscoli che ha? >
< Ho visto, ho visto > ammisi ridendo e Juan tornò di nuovo da noi per portarci sia gli aperitivi che i menù e quando si allontanò gli fissammo entrambe il sedere < direi che è un dieci tondo tondo >
< Concordo con te, amica mia. Okay, brindiamo: a Barcellona e a noi due > disse e facemmo tintinnare i nostri bicchieri < gli altri non li nominiamo per niente, così imparano a non essere venuti con noi >
Annuii sorridendo e demmo un'occhiata al menù: le pietanze portavano il nome dei cittadini di uno stato. Ad esempio, Victoria ordinò un greco, cioè un'insalata di pesce con dentro scaglie di feta, mentre io ordinai un messicano, cioè le fajitas, un tipo di carne, con un contorno di pannocchie, la mia passione.
< Ecco a voi e buon appetito > ci disse il cameriere una ventina di minuti dopo < mi scuso personalmente per l'attesa, ma abbiamo un sacco di ordinazioni >
< Non c'è problema > rispose subito Victoria < muchas gracias >
< De nada > replicò lui sorridendo e ci lasciò sole.
< Sei ridicola, Vic > le dissi ridendo e lei mi fece la linguaccia.
Chiacchierammo di tutto e di più, finché lo squillo del telefono di Victoria non ci interruppe.
< Parli del diavolo e spuntano le corna > disse sorridendo e si portò il telefonino all'orecchio < ciao, tesoro!…no, siamo in un ristorante…sì, è molto carino qui…sto mangiando un'insalata, mentre Michelle è alle prese con un messicano… >
< Scema! > esclamai ridendo e le lanciai il tovagliolo.
< Tom? Tom? Tom, ma cosa…hey! Cosa c'è? Stavo parlando con il mio ragazzo…che palle, un attimo > disse e mi porse il telefono < Robert >
< Robert? >
< Cos'è questa storia del messicano? >
< Il messicano è un piatto. Siamo a pranzo e stiamo mangiando. Sto mangiando carne e pannocchie, se proprio lo vuoi sapere >
< Oh, bene. Quindi non c'è nessun ragazzo attorno a te? >
< Nessuno > replicai appoggiandomi alla sedia e sentii dall'altro capo del telefono una porta sbattere.
< Mi sento un po' idiota >
< Oh, ma lo sei >
< Mi dispiace per questa mattina >
< Davvero credi che un “mi dispiace” sia sufficiente? >
< No, lo so che mi farai patire le pene dell'inferno >
< Mi fa piacere > dissi sospirando.
< Lo sai che ti amo, vero? >
< Lo sai che dovrai impegnarti di più, vero? > ribattei e lo sentii ridere.
< Lo so. Ma se può consolarti, tu ti stai godendo una buona compagnia, mentre io sto giocando all'X-box con gli altri > disse e dovetti trattenere una risata.
< Siete dei bambini >
< Lo so > rispose sospirando < Mitchie? >
< Uhm? >
< Ti fa stare meglio sapere che mi stanno stracciando? >
< Decisamente > asserii ridendo < sei sempre stato una schiappa in questi giochi >
< Hey! > esclamò.
< Beh, non mi pare che tu mi abbia mai battuto >
< Stronzetta >
< Adesso ti saluto, Robert > replicai e spinsi il tasto rosso prima ancora che potesse ribattere qualcosa < andiamo in spiaggia? >
< Certo > asserì Victoria alzandosi dalla sedia, si offrì di pagare per entrambe il pranzo e prima di andarcene chiedemmo indicazioni a Juan su come raggiungere la fermata dell'autobus che ci avrebbe portato in spiaggia.
< Camminate fino in fondo alla via, all'incrocio girate a sinistra e dopo trecento metri vi troverete davanti la fermata dell'autobus. Se non sbaglio dovrebbe essere il 18A >
< Grazie > disse Victoria sorridendogli.
< Grazie a voi, spero di rivedervi presto >
Lo salutammo e seguimmo le sue indicazioni stradali.
< Lo dirai a Tom? >
< Oh, sì! Sarà la prima cosa che farò! > esclamò sorridendo < Non vedo l'ora di vedere la sua faccia >
Risi e scossi la testa.
< Certo che sei proprio cattiva quando vuoi. Il biglietto te lo offro io > dissi mentre porgevo due euro all'autista.
Scendemmo dall'autobus, attraversammo la strada e raggiungemmo la spiaggia immediatamente, stendemmo i teli in riva al mare vicino agli scogli, ci mettemmo in costume e dopo aver spalmato la crema solare ci beammo del calore del sole. Era una giornata davvero splendida.
< Qui è un paradiso > disse Victoria compiaciuta.
Ero talmente rilassata che mi addormentai sul telo, ma ad un certo punto qualcosa di umido e morbido, che successivamente capii essere delle labbra che si posavano sulla mia spalla, mi risvegliò. Aprii gli occhi e vidi che erano le labbra di Robert. Non appena lo vidi accanto a me sorrisi, ero felice di vederlo, ma subito dopo mi imbronciai. Non potevo dargliela vinta, dopotutto mi aveva dato della stronzetta.
< Lo so, lo so, sei ancora arrabbiata con me > sospirò sedendosi sulla sabbia e solo in quel momento vidi che era anche lui un costume e, a giudicare dalle goccioline sulla sua pelle e sui suoi capelli, che lo rendevano bello da essere considerato illegale, era appena rientrato dall'acqua, dove erano tutt'ora gli altri.
Sbagliava. Ero arrabbiata con me stessa, non con lui.
Scossi la testa e mi misi anche io a sedere, intenta a guardare sia lui che gli altri. Non parlai per diverso tempo e nemmeno lui lo fece, eravamo troppo impegnati a guardare i nostri amici, perché ormai anche io potevo definire tali Andrew e Marcus, in acqua ridere e scherzare.
< Ti va una passeggiata? > gli proposi e lui asserì immediatamente, si alzò in piedi e mi aiutò a compiere lo stesso gesto, avvisammo gli altri che saremmo stati via per qualche minuto e infine iniziammo a camminare < Non sono una stronzetta >
Lui mi guardò stralunato e poi scoppiò a ridere.
< Sì, lo sei > replicò abbracciandomi e mi scansai.
< Lo stronzo qui sei tu >
< Mi sono comportato male, lo ammetto. E mi dispiace, Mitchie. Tanto tanto >
Mi prese per mano e strinsi la presa, mentre lanciavo occhiate ai ragazzini che ci stavano guardando.
< Ammetto che quando ti sei rifiutato di venire ci sono rimasta male > confessai < e anche se mi sono sentita in colpa perché ti stavo obbligando a fare una cosa che a te non andava, sotto sotto mi dispiaceva non averti con me. E per tutta la mattina ho sperato che tu sbucassi dal nulla… >
< Mitchie… >
< Ultimamente mi prende il panico. Tra qualche mese partirò e non ci vedremo per chissà quanto e vorrei stare il più possibile anche con te. Ma capisco il tuo bisogno di restare con i tuoi amici ed è giusto che tu lo faccia! E come ti ho già detto l'altra volta, io in momenti del genere mi sento un'intrusa…non perché non mi trovi bene con loro, io li adoro, ma…sono i tuoi amici, è la tua vacanza con loro…era la tua occasione per stare insieme a loro…io che ci faccio qui? >
< Hai finito? > domandò leggermente alterato.
< Credo di sì > risposi sorpresa dal suo tono.
< Accetto le tue infinite scuse, ma se ti sento ancora una volta dire che sei un'intrusa ti annego > mi disse e scossi la testa sorridendo, ma quando lo guardai negli occhi iniziai a pensare che stesse parlando sul serio.
< Stai scherzando, vero? > chiesi preoccupata.
Scosse la testa.
No, non stava scherzando.
Deglutii la saliva e per un attimo pensai di scappare urlando. Finché non mi scoppiò a ridere in faccia.
Che stronzo.
< Infame! > esclamai dandogli un pugno sulla spalla, ma lui mi abbracciò.
< Ti amo >
< Lecchino > replicai chiudendo gli occhi mentre le sue labbra si posavano sulla mia fronte < Ti va un bagno? > domandai e lui annuì < Allora raggiungiamo gli altri >
< A dire il vero io volevo restare un po' da solo con te > rispose.
Sorrisi e lo trascinai con me in acqua lontano da sguardi indiscreti, visto che era già stato riconosciuto da qualche famiglia in vacanza. Una volta soli, Robert mi afferrò per i fianchi e mi portò nell'acqua alta, dove solo lui poteva toccare.
< La cosa ti diverte, vero? > gli chiesi mentre annaspavo quando vidi il suo sorrisetto compiaciuto.
< Molto > rispose annuendo e per non finire sotto l'acqua mi aggrappai con le gambe ai suoi fianchi < lo confesso, questo l'avevo premeditato >
< Sì, lo sospettavo > ribattei mentre posavo le mani dietro il suo collo, mentre le sue si adagiarono sui miei fianchi.
Sorrisi e avvicinai le mie labbra alle sue, perdendoci in un bacio sensuale in acqua. Non appena le nostre labbra si toccarono tutta la tensione di questa mattina sembrò svanire, lasciando posto all'eccitazione che stavo provando. Robert ormai l'aveva intuito e mi stava provocando in tutti i modi possibili; arrivai addirittura a gemere ad un certo punto.
< Hey, ragazzi! > esclamò Tom richiamandoci, quel ragazzo aveva sempre la mania di interromperci sul più bello < amoreggiate più tardi, abbiamo bisogno di voi due per giocare a beach volley! >
Sorrisi e appoggiai la mia fronte sulla sua.
< Ci interrompe sempre sul più bello >
< Lo so > replicò sorridendo a sua volta e riemergemmo poco dopo dall'acqua.
Una volta fuori andai subito da Victoria, che mi guardò dispiaciuta.
< Tom è un idiota >
< Dovrei essere definito un eroe! Ho evitato che questi due facessero degli atti osceni in luogo pubblico >
< Ci stavamo solo baciando, Tom > lo rimbeccai lanciandogli un'occhiataccia, ma lui rise.
< Robert non sembra essere della stessa opinione > ribatté e vidi un ghigno malizioso ma allo stesso tempo imbarazzato dipinto sul volto di Robert.
Gli lanciai uno sguardo della serie “questa sera riprendiamo il discorso” e lui sembrò capire, perché mi fece l'occhiolino.
Raggiungemmo Andrew e Marcus e ci facemmo dare dal bagnino un pallone, mi disposi in squadra con Marcus e Tom e ci posizionammo difronte alla rete da beach volley, iniziando a giocare. La partita si concluse con la vittoria della mia squadra, ma rimasi piacevolmente sorpresa di come aveva giocato Robert: lui era il primo a dire che non era il tipo da fare sport, eppure se l'era cavata egregiamente durante la partita.
< Bravo > dissi a Robert mentre gli andavo in contro.
< Non abbastanza da batterti, però >
< Gioco a pallavolo da anni, sono imbattibile >
< E modesta, soprattutto > intervenne Tom facendomi allontanare da Robert e mi abbracciò, così come fece Marcus < grazie a te, questa sera loro tre > continuò indicando la sua ragazza, Andrew e Robert < ci pagheranno da bere >
< Benissimo > dissi contenta < e ora che ne dite di tornare a prendere un po' di sole? >
< Sono ormai le sette, è ora di tornare indietro. Ceniamo in hotel questa sera? Poi andiamo all'Orango Jango >
I ragazzi chiamarono un taxi, mentre Victoria ed io rientrammo in albergo in autobus. Salii con l'ascensore fino al mio piano e quando aprii la porta trovai un Robert distrutto che dormiva sul letto. Sorrisi e senza fare troppo rumore andai a fare una doccia, poi ritornai nella stanza da letto e presi dalla cabina armadio l'intimo, una camicetta a mezze maniche bianca, un paio di jeans e le ciabatte bianche, che indossai prima di stendermi sul letto accanto a lui.
< È tardi, vero? > domandò e sussurrai un sì in risposta < Ho il tempo per farmi una doccia? >
< Sì, certamente > risposi mentre gli accarezzavo la guancia e prima di lasciarmi sola a letto mi baciò a lungo.
Una volta rimasta sola presi il telefonino e andai in terrazza, composi il numero di Jenny e la chiamai.
< Pronto? > rispose dopo il quarto squillo.
< Jenny >
< Pronto? Non sento niente! > continuò lei urlando.
< Jenny, sono Michelle >
< Chi? >
< Michelle! > urlai e i nostri vicini di stanza, che erano anche loro sul terrazzo, si voltarono a guardarmi male.
< Michelle!! Che bello sentirti! Come stai? >
< Dove sei? > le chiesi.
< Siamo in spiaggia! > continuò sempre urlando < Aspetta solo un momento > disse e pian piano sentii il rumore affievolirsi < Eccomi, ora ti sento >
< Ciao, amica mia > la salutai sedendomi sulla sedia.
< Come stai? > domandò.
< Sto bene. Barcellona è fantastica, la amo. E voi come state? Vi divertite? >
< Sì, ci divertiamo, ma sentiamo la tua mancanza. Ti avremmo voluto con noi >
< Mi mancate anche voi, ragazze, un sacco. Non appena torno ci incontreremo >
< Benissimo > disse, ma sentii la sua voce strana.
< Jenny, stai bene? >
< Sì, certo >
< Jenny, non mentirmi, ti prego > le dissi e improvvisamente la sentii piangere.
< Non so più cosa voglio! > mi confessò all'improvviso < Più sto qui e più desidero vivere la mia vita da adolescente, le ragazze bevono fino a vomitare l'anima e io sono costretta a bere dell'acqua brillante per non fare del male al bambino, sto ingrassando come una balena e non faccio altro che piangere! Non capisco più chi sono, voglio solo che tutto questo finisca! Mi manca Walter e mi manchi tu >
< Vorrei poter essere lì con te >
< Anche io, ma sono felice invece che tu sia in vacanza con Robert, so quanto ti mancava. Ma non appena torni ti rapirò per un giorno intero e nessuno, nemmeno Robert, avrà la possibilità di rintracciarti >
Risi e scossi la testa.
< Non vedo l'ora. Jenny, per qualunque cosa ci sono, lo sai, vero? Se hai bisogno di conforto mi puoi chiamare, anche se è notte fonda. Anche se non sono fisicamente lì, voglio che tu sappia che sono comunque accanto a te, sempre >
< Ecco, ora mi fai piangere! > esclamò e risi < Michelle, ora devo andare. Ci sentiamo presto >
< Ciao, salutami le altre. Ti voglio bene >
< Anche io te ne voglio >
Ci salutammo ancora una volta e spinsi il tasto rosso del telefonino.
< Va tutto bene? > domandò Robert sedendosi sula sedia difronte alla mia e gli sorrisi.
< Ho parlato con Jenny >
< Come sta? >
< È un po' in crisi > ribattei alzando le spalle.
< Ti manca >
< La tua non è una domanda >
< Infatti >
Sorrisi e mi sedetti sulle sue ginocchia, appoggiando la testa sulla sua spalla.
< Mi si è spezzato il cuore quando l'ho sentita piangere > confessai con un sussurro e mi strinsi a lui < la mia migliore amica sta male e mi dispiace non essere lì con lei >
Robert non disse niente, ma si limitò ad accarezzarmi la schiena, finché le nostre labbra non si attaccarono come due calamite e ci baciammo.
< Mmm…Mitchie? > mi chiamò qualche minuto dopo.
< Dobbiamo andare, vero? >
< Sì > disse e mi guardò leggermente dispiaciuto.
Gli sorrisi e lo baciai dolcemente sulle labbra, ma pochi baci a stampo dopo ci lasciammo travolgere una seconda volta dalla passione.
< Okay, è davvero ora di andare > dissi alzandomi dalle sue gambe e lui mi seguì dentro la stanza.
< È l'aria di Barcellona >
< Oh, vuol dire che non ci proveresti se fossimo in America? > risposi punzecchiandolo.
< Non essere ridicola > disse scuotendo la testa e mi aprì la porta della stanza.

 

< Okay, qui ci sono sei bigliettini. Ora li mescoleremo e ognuno ne deve pescare uno, gireremo la bottiglia e chi verrà indicato aprirà il biglietto che tiene in mano e quella sarà la meta dove andremo domani >
< Tom, è una cosa stupida questa! > ribattei mentre posavo il tovagliolo < Siamo in un ristorante, non puoi far girare sul tavolo una bottiglia in vetro >
< E allora sentiamo, genio, cosa proponi in alternativa? > chiese leggermente offeso.
< Potremmo fare la conta > propose Marcus annuendo convinto, ma Tom scosse la testa.
< La conta è troppo infantile >
< La conta va sempre bene > puntualizzai incrociando le braccia al petto mentre lasciavo raffreddare le mie tortillas ripiene.
< Perché non facciamo altri bigliettini con su scritto chi deve pescare? > chiese Victoria mentre beveva un sorso della sua birra.
< No > risposi guardandola < dopo dovremmo fare altri biglietti per scegliere chi deve aprire il biglietto. Diventa una storia troppo lunga >
< Possiamo legare un filo di spago con una punta colorata su una trottola e farla girare. La punta colorata sceglierà chi deve aprire il bigliettino > intervenne Andrew annuendo, ma tutti e cinque gli bocciammo l'idea.
< E lo spago con la punta colorata e la trottola li tiri fuori dal tuo cilindro magico? > ribatté Victoria.
< Quindi come facciamo? >
< Chiamiamo la cameriera e chiediamole di scegliere uno di noi >
< No, Marcus, non si può > disse Tom scuotendo la testa.
< Perché no? >
< Perché sceglierebbe inevitabilmente Robert >
< Ragazzi, vi rendete conto che ci stiamo comportando peggio dei bambini? > intervenne Robert ridendo, ma nessuno di noi rise con lui.
< Se non prendi sul serio questa cosa, quella è la porta > rispose Andrew guardandolo seriamente.
Robert mi guardò leggermente sconvolto, ma non potevo allearmi con lui: da quando avevamo messo piede al ristorante non avevamo fatto altro che discutere su cosa andare a vedere il giorno dopo. Tutti noi avevamo proposte totalmente diverse e nessuno di noi voleva cambiare idea. Volevamo metterla ai voti, ma non avevamo risolto niente, quindi stavamo provando l'alternativa dei bigliettini, ma ben presto finimmo con l'incasinarci una seconda volta.
< E se facessimo scegliere il bigliettino alla cameriera? > ipotizzò Tom.
< Non possiamo coinvolgere esterni > ribatté Victoria.
< Ci sono! > esclamai < creiamo altri bigliettini con il nostro nome e uno lo lasciamo vuoto. Li mischiamo, ognuno ne pesca uno e il bigliettino con il nome che non verrà pescato deciderà chi deve aprire il bigliettino che ha pescato all'inizio >
< Sì, va bene > asserì Tom e spezzammo un altro foglio, scrivemmo i nostri nomi e una volta finita la procedura il caso scelse che Victoria avrebbe aperto il suo biglietto.
Lei sorrise trionfante e ci guardò uno a uno prima di aprire il suo biglietto.
< Domani andremo al Museo Del Prado >
< Sì! > esultò Robert < Alla facciaccia vostra! > esclamò e per un attimo lo guardammo tutti sconvolti < ehm…b-beh > balbettò mentre si passava la mano tra i capelli < sì, beh, sì, insomma…domani ci divertiremo, no? > continuò, ma tutti noi non cambiavamo il nostro sguardo < sentite, la finite? Siete irritanti >
Tutto accadde in un attimo. La scena di Robert esultante si era impressa nella mia mente e non appena quelle immagini vennero riprodotte scoppiai a ridere. Mi tenevo con una mano la pancia, che ormai mi faceva male dalle troppe risate che stavo facendo, mentre con l'altra tentavo di asciugarmi le lacrime, ma nonostante le asciugassi, queste ricomparivano.
< Sai, l'ho sempre sospettato, ma non ho mai detto niente a nessuno. Ora, però, ne ho la conferma. Rob, la tua ragazza non è normale > disse Tom mentre mi indicava.
< È proprio perché è così che la amo > ribatté Robert e lo guardai intenerita.
< Terra chiama Robert e Michelle! > esclamò Tom mentre faceva schioccare le dita davanti alle nostre facce < Li abbiamo persi. Sicuramente saranno sul pianeta di Amorelandia >
< Tom, la smetti di sparare queste stronzate? > gli rispose Robert sbuffando < tu pensa a…un momento, no > continuò scuotendo la testa < è mia sorella >
Finimmo la nostra cena chiacchierando tutti insieme allegramente e quando fu il momento di andarcene Robert dovette firmare alcuni autografi e mentre lui era impegnato ad accontentare lo staff del ristorante noi andammo ad aspettarlo fuori, dando così la possibilità a Tom e Marcus di fumare. Ci raggiunse dopo qualche minuto e raggiungemmo in taxi il nostro locale. L'interno era molto carino, c'erano molte luci colorate che illuminavano la pista da ballo e una band spagnola che suonava canzoni tipiche della salsa cubana. Ci andammo a sedere in un tavolo all'angolo per non essere disturbati troppo e subito Victoria trascinò Tom in pista.
< Mitchie, vuoi ballare? > chiese Robert indicando con un cenno la pista, mentre la band stava iniziando a suonare una canzone intitolata “El gitano de amor”.
< Certo > risposi sorridendo e ci incamminammo verso la pista a ballare < ma devo dirti che non so ballare questo tipo di musica >
< Tu segui me >
< Tu balli la salsa? > chiesi mentre mi avvicinavo al suo corpo.
Rise e mi fece posare la mia mano destra sulla sua spalla, mentre la sua la appoggiò sul mio fianco, e l'altra mano la prese tra la sua.
< Victoria mi ha costretto anni fa ad andare a lezione con lei, ma non è una cosa di cui vado fiero. Quindi non dirla a nessuno >
< Non preoccuparti, saranno Tom, Marcus e Andrew a farlo > ribattei ridendo e mi lasciai guidare da lui per ballare < Robert, posso chiederti una cosa? >
< Certo >
< Ma la tua mano che puntualmente finisce sul mio fondo schiena è un passo che ti hanno insegnato? >
< No, questo è opera mia > ribatté sorridendo beffardo < mi piace creare nuovi passi >
< Io avrei detto “escogitare nuovi stratagemmi per palparti” >
< Vedila come ti pare > disse e quando il ritmo rallentò mi strinse a sé < okay, non offenderti, ma sei un disastro a ballare >
< Beh, scusami se io a differenza tua non ho preso lezioni di salsa >
< Sapevo che me l'avresti rinfacciato >
La serata si concluse verso le due del mattino e quello stronzo di Robert per tutto il tempo non fece altro che rinfacciarmi quanto fossi scarsa a ballare la salsa. Per tutta risposta mi vendicai dichiarando non solo il letto ma anche la stanza off limits e lo spedii a dormire con Tom e Victoria.

 

 

Hey!
Come avete passato il Natale? Spero bene :)
Spero che il capitolo vi piaccia, purtroppo non sono riuscita a guardarlo molto per le correzioni. Mi scuso, ma sono disastrata in questo periodo.
Progetti per Capodanno/idee che posso rubarvi? XD

Un bacio a tutte e grazie, siete sempre fantastiche.
Giulls

P.S. Vi auguro un buon anno nuovo! Sicuramente non riuscirò a postare prima.
P.P. S. Ah! Ho postato il primo capitolo di Never Let Me Go. Dateti un'occhiata se vi va ;)
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=902087

   
 
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