Scusate il ritardo, ma non sto molto
bene! Sarò infatti di pochissime parole.
Ringrazio, insieme alla mia metà-gemella/sosia, tutti coloro
che hanno aggiunto la storia tra i seguiti, preferiti e ricordati, e le
dolci fanciulle che hanno commentato. Spero vi piaccia anche questo
capitolo, che ho scritto per voi con tanto ammmore! xD
Ovviamente il prossimo aggiornamento arriverà tra due giorni.
Buona lettura!
3.Don't leave me.. please.
Ero ancora nervoso per tutto quello che era successo quella sera, e solo un caffè, accompagnato da una sigaretta, avrebbe potuto rilassarmi e distrarmi a dovere. Me ne stavo seduto in una piccolissima caffetteria quasi di fronte il The Mall, strano come non l'avessi mai notata fino ad allora, anche perchè il caffè era davvero ottimo. Lo bevvi velocemente, come se, ingerendo quel bollente liquido nero, sciogliesse via portando con sé, tutti i miei cattivi pensieri.
“Desidera altro
signore?”
Quella gentilissima ragazza si era avvicinata, con il suo taccuino, e
per un attimo, ricordo di aver davvero desiderato di ordinare altro,
solo per ringraziarla di quel meraviglioso sorriso. Era così
complicato ridere? Era così complicato evitare di trattare
male la
gente? Anche gli altri potevano aver trascorso un brutto momento, o
una brutta giornata, perchè non stamparsi sul viso un finto
sorriso
e far credere al mondo che tutto vada bene? Non è mentire,
solo
cercare di far sorridere gli altri.
Sospirai soddisfatto quando
gettai fuori la prima boccata di Marlboro Touch, durò un
istante, il
momento in cui mi parve di essere da solo in tutta New York, in cui
ci fosse un silenzio assoluto, io i grattacieli e la mia sigaretta.
Riaprii gli occhi, e, incredibile dirlo, anche quello accadde tutto
troppo velocemente.. Quella bambina che scappava, attraversando la
strada, mi fece gettare la sigaretta ancora a metà, e
riuscii a
prenderla in tempo, salvandola dalle auto impazzite di NY.
“Sei come Mufasa!”
“Come?”
risi sentendo quello strano nomigliolo. Mi era familiare ma non
riuscivo a ricordare dove lo avessi sentito. Solo quando disse di
essere Simba, capii che si stesse riferendo al cartone animato della
Disney “Il re Leone”, l'avevo salvata dalla mandria
impazzita.
“Sono un Mufasa Babbo Natale” Non mi accorsi
nemmeno della
presenza accanto a noi, che continuava a guardarmi e gesticolare
preoccupata. Possibile che quel giorno ogni cosa avesse a che fare
con lei? Improvvisamente mi venne voglia di accendermi un'altra
sigaretta, di quel passo, se ad ogni pensiero a lei associato avessi
fumato, sarei sicuramente morto a 40 anni. Mentre lei mi ringraziava,
strano a dirsi ma sembrava davvero grata, e dispiaciuta, quasi
un'altra persona rispetto a quella con cui avevo parlato un'oretta
prima, la bambina saltellava al mio fianco, tirandomi per la giacca,
chiedendomi se fossi davvero io il Babbo Natale del centro
commerciale.
“Lo ero fino a prima che
tua mamma mi mandasse via” Un sorriso alla dolce bambina, una
frecciatina velenosa alla vipera della madre. Ma lei mi
ignorò, era
il suo modo di fare, ignorare ciò che non era di suo
interesse o
gradimento, ma questo l'avrei scoperto solo con l'andar del
tempo..
“Mi dica come posso sdebitarmi” E' incredibile come
ricordi ancora ogni singola parola, e ogni singolo pensiero, ma fu il
nostro primo incontro, l'inizio di tutto, come poterlo dimenticare?
Le risposi che mi sarebbe piaciuto riavere il lavoro, e giuro che lo
dissi con tutta la calma e gentilezza possibile, ma a quanto pare non
bastarono a farle mantenere quella poco pazienza fino ad allora
dimostrata. “Questo non è possibile signor
Crowford.. Non torno
indietro sui miei passi, lei non merita quel lavoro” Aveva
ragione
solo su un punto, lei non tornava indietro sui suoi passi...
“Lo
merito eccome! Amo i bambini, e..”
“Vuoi venire a cena con
noi? Oggi è Merc.Mc.” Abbassai lo sguardo,
puntando i miei occhi
in quelli di Sunshine, mi guardava sorridente e nello stesso tempo
supplichevole.. Avrei tanto voluto negare, tornare a casa e non
rivedere mai più quella strega, ma mi ritrovai seduto di
fronte le
donne Heartworth, in uno dei tavoli del Mc Donald's. L'imbarazzo si
tagliava a fette. Non sapevo cosa dire, e ogni argomento sembrava
inopportuno e finiva per essere immediatamente esaurito,
così
piombavamo nuovamente nel silenzio più assoluto.
“Mamma, domani
devo per forza andare dalla signora Plumbery?”
“Sì” Una
risposta secca, che mi fece gelare il sangue.
“Ma mi obbliga a
mangiare i suoi biscotti, e sono duri.. e non mi fa giocare,
né
guardare la tv. Io mi annoio..”
“Non mi interessa Sun, dovrai
andare.”
Come poteva mandare sua figlia in un posto contro la
sua volontà? Mi ritrovai a pensare tantissime cose. Mi
chiesi il
motivo per cui la bambina non stesse in casa con il padre, e capii
che sicuramente i due avevano divorziato, e mi spiegai il
perchè di
tutta quella cattiveria ed acidità nei confronti degli
uomini e
delle persone in generale. Sorrisi quando pensai che quella donna
aveva semplicemente bisogno di andare a letto con qualcuno per
rilassare i suoi nervi.
Non ero neanche lontanamente vicino alla
realtà dei fatti.
“C'è qualcosa che la fa sorridere in
particolare?”
“Questa signora mi ricorda una persona che
conosco sai?” Mi rivolsi direttamente alla piccola Sunshine,
meno
parlavo con quella donna, meglio era per la mia salute mentale!
“Anche io da piccolo andavo in casa di una mia vicina, e sai
cosa
mi costringeva a fare?” Negò con il capo
interessata e le feci
cenno con la mano di avvicinarsi a me, come per confessarle un
segreto “Mi vestiva da femminuccia..” Mi
scoppiò a ridere in
faccia. Ricordo ancora quel bellissimo suono naturale, quegli occhi
chiusi con delle lacrime ai lati, le mani sullo stomaco e la testa
all'indietro. Fu in quel preciso istante che mi innamorai di quella
bambina, che capii che non avrei potuto più farne a meno.
“Ehi,
non ridere, così mi offendi” Più
parlavo e più rideva, e risi
insieme a lei. Mi bloccai quando uno strano suono arrivò
alle mie
orecchie, e non fui l'unico. Honey stava ridendo con noi. Sua figlia
la guardò come incantata, e poi le sorrise riprendendo a
ridere, e
sfottendomi per il resto della cena.
“Mi sarebbe piaciuto
vederti con il tutù”
“Posso vedere se trovo qualche foto e te
le faccio vedere” Si mise a saltare contenta, mentre uscivamo
dal
locale. Honey la rimproverò più volte,
intimandole di stare ferma,
ma lei non l'ascoltava. “Dai Sun, ascolta tua mamma.. se la
fai
arrabbiare poi le vengono le rughe e diventa brutta e cattiva come la
signora Plumbery” Cercai di buttarla sul ridere, e
funzionò, dato
che la piccola Sunshine, si fermò di saltare e si strinse
alla mia
mano.
“Mamma, dobbiamo per forza
andare a casa?”
“Sì, tesoro, è tardi..” Il
suo broncio mi
fece intenerire, anche a me dispiaceva salutarla, soprattutto
perchè
non sapevo se e quando l'avrei rivista. “Adesso saluta il
signore..”
“Ciao Eth” Mi abbassai, scompigliandole i
capelli, e mi sorrise così dolcemente da sciogliermi il
cuore. Avevo
sempre amato i bambini, ma lei era proprio speciale, aveva qualcosa
nello sguardo.. qualcosa che a quei tempi non sapevo cosa fosse, ma
l'avrei capito solo con il tempo, solo conoscendo bene quelle due
bellissime donne..
“Ciao piccola..” Mi abbracciò
“Non
essere triste, ci vedremo presto!”
“Non è vero! Anche tu mi
lascerai per sempre..” Non sapevo a cosa si stesse riferendo
esattamente, ma l'abbracciai anche io, sussurrandole dolci parole. La
conoscevo appena, ma le volevo già bene.. e gliene avrei
voluto
sempre di più. “Mamma, ti prego.. può
venire a casa con noi?”
“Ma
tesoro” Si abbassò anche lei, accarezzandole una
guancia
dolcemente “anche Ethan ha una casa, non può
venire con noi..”
Fu la prima volta che la sentii pronunciare il mio nome in quel modo.
La prima volta, che la vidi rivolgersi in quel modo a sua figlia. E
quella versione di Honey mi colpì, ma non ci feci caso
più di
tanto.. allora non sapevo che quel tono di voce, quella carezza, quel
modo di dire 'Ethan' si erano insinuati, lentamente e profondamente,
dentro di me, e niente li avrebbe più cancellati.
“Andrebbe bene
per lei?” La guardai interrogativo, non avevo ascoltato una
parola.
Le lacrime di Sunshine mi avevano bloccato. “Le andrebbe di
lavorare come una sorta di baby-sitter o governante o quello che
vuole, in casa mia? Sunshine si è affezionata e non vuole
mettere
piede dalla vicina e poi..”
“Certo che mi va bene.. Questa
piccola peste mi ha rubato il cuore” Le sorrisi, e le sue
lacrime
sparirono nel sentire che mi avrebbe visto ogni giorno a partire
dalla mattina successiva.
“Allora ci vediamo domani
alle 7, a questo indirizzo. Sia puntuale..”
“Honey..” Mi
fissò “Abbiamo, più o meno, la stessa
età, starò a stretto
contatto con tua figlia, e passerò le mie giornate in casa
tua, puoi
chiamarmi Ethan e darmi del 'tu' per favore?” Sorrise,
scuotendo la
testa, e dopo aver preso la manina della figlia nella sua, mi
salutò.
Mi ritrovai a pensare che mi ero messo in un bel guaio, lavorare
in casa sua, e di nuovo per lei.. ma poi mi venne in mente quel patto
con il direttore del centro commerciale, quello Scott e qualcosa.
Sarebbe stato semplice arrivare all'obiettivo in quel modo, e poi
avrei ottenuto la mia vendetta, non sapevo però, che non
bisogna mai
programmare qualcosa, perchè la vita ti sconvolge e
stravolge i
piani ogni giorno.
Quella mattina, quando mi svegliai ero così
nervoso che dovetti bere tre tazze di caffè e fumare non so
quante
sigarette per calmarmi. E fu ancora peggio quando arrivai di fronte
quell'enorme palazzo, suonai il campanello con incertezza, e mi
rispose la piccola Sunshine, che ovviamente urlò non appena
sentì
il mio nome.
“Allora sei davvero qui” Si attaccò alle
mie
gambe, e dovetti trascinarla dall'ascensore fino all'ingresso di casa
sua.
“Sun! Dove diavolo sei? Dobbiamo finir.. OH.. sei
qui”
Presi la bambina in braccio, dandole un dolce bacio sulla fronte e la
riposai per terra
“Sono qui. Non è un problema vero?”
“No,
assolutamente, è che non ti aspettavo così
puntuale, e devo ancora
vestire Sunshine, e poi prepararmi per andare a lavoro..”
“Honey,
rilassati. Dimmi quello che devo fare, alla piccola ci penso
io..”
Le sorrisi sincero, la vidi chiudere gli occhi per un attimo, come se
avesse bisogno di sentirsi dire quelle parole da molto tempo. Ma
durò
solo un secondo, perchè li riaprì e in pochi
minuti mi fece
visitare l'appartamento, mi spiegò dov'erano i vestiti di
Sun, e
cosa avrei dovuto fare in caso di emergenza, se lei non avesse voluto
mangiare, e roba varia..
“E per finire qui ci sono i cartoni
animati.. se non vuole più giocare o studiare”
“Studiare?”
“Sì.
L'anno prossimo andrà a scuola e deve pur imparare a leggere
e
scrivere prima degli altri, no?”
Mi venne da ridere nel sentire
quelle parole, era solo una bambina, perchè doveva studiare
e
rovinarsi l'infanzia ancora prima di entrare a scuola? Però
mi
limitai ad annuire, non potevo di certo iniziare a contraddirla il
primo giorno.
Andai in bagno con Sunshine e aspettai che finisse
di farsi il bagnetto, era una piccola donna, e diceva che sapeva
benissimo lavarsi da sola, voleva solo un piccolo aiuto per lo
shampoo. Era tenera, dolce, una bambina incredibile.. vederla giocare
con le paperelle poi, mentre le insaponavo i capelli, mi metteva
sempre allegria.
“Allora io vado.. Per qualsiasi cosa..”
“Ti
chiamo al cellulare. Lo so. Ho dei nipoti, so come badare ai bambini,
ora vai o farai tardi, non vorrai mica farti licenziare!”
Buttò
uno sguardo un po' preoccupato sia a me che alla figlia e poi
sparì.
“Allora piccolo mostriciattolo, cosa vuoi fare
dopo?”
“Voglio
vedere tantissimi cartoni..”
“Mi sembra un'ottima idea”
Mi
sorrise schizzandomi un po' d'acqua, e quando fu asciutta e vestita,
corse in cucina buttandosi sul divano. Mi chiese se avessi sistemato
il bagno, proprio mentre sceglieva il DVD di Mulan, mi limitai ad
annuire e mi sedetti accanto a lei.
Solo quando mi rilassai un
po', notai che in quella stanza, come nel resto della casa non c'era
neanche un addobbo natalizio, pensai che forse Honey era troppo
impegnata con il lavoro per pensare a fare un albero, o mettere qua e
là qualche festone.
“Hai visto che simpatico Mushu?” mi
chiese con le lacrime agli occhi per le risate.
“Sì.. sì..”
Le carezzai il capo. “Sun, come mai non c'è un
albero di
Natale?”
“Oh, beh.. la mamma non vuole farlo” Divenne subito
triste.
“E tu vorresti?” Sorrise raggiante, e i suoi occhi
si
illuminarono. “Allora ti prometto che prima di Natale lo
faremo, ma
non devi dirlo a nessuno. E' un nostro segreto..”
“Faremo una
sorpresa alla mamma?” Chiese abbracciandomi, ed annuii..
“Che
bello” Ritornò a guardare il cartone, e sorrisi
nel vedere quanto
fosse felice, non sapevo però in che guaio mi ero andato a
cacciare
con quella promessa.
Quell'albero di Natale sarebbe stato
l'inizio di tutto, o la fine di ogni cosa.
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