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Autore: Lucy_Pevensie    28/12/2011    0 recensioni
Sono passati quattro anni dalla fine del primo anno di Università, dove avevamo lasciato i nostri protagonisti. Tante cose sono cambiate, quando Andrew decide di ritornare a Boston. Niente sarà più come prima..
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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“Sono passati con oggi quattro anni e tre mesi esatti da quando ho lasciato Boston. 
Posso dire che per un certo verso sono volati. Ma vogliamo parlare di quante cose sono cambiate nel frattempo?
Non avrei mai sperato di resistere a New York, e invece sono ancora qui. Aspirante Giornalista, al momento facchino e tuttofare dell'ufficio, relegato agli annunci mortuari, ma tant'è.
Penso sempre a come sarebbe stato se avessi deciso di restare invece che partire. Molto probabilmente adesso vivrei con i miei genitori, data la mia scarsa capacità di mettere insieme uno stipendio decente per mantenermi da solo.
La domanda è come mai ho ricominciato a scrivere proprio adesso, nel buio del mio monolocale, che poi così buio non è, perchè a New York il buio sembra non esistere, e le stelle non si vedono. Se ci fosse Audrey, avrei la risposta. Lei lo saprebbe. Ma, purtroppo, lei qui non c'è."
 
Iniziava un'altra giornata di lavoro per Audrey, appena alzata nel piccolo appartamento che divideva con Kate.
Poche cose erano cambiate in lei, i capelli un po' più lunghi, la frangia ora laterale, i vestiti sobri ma carini, dato che doveva essere di esempio alle sue classi di alunni, alla scuola media. Le piaceva oltre ogni aspettativa sedersi di fronte ai suoi alunni, pronta ad affrontare ogni mattinata con il sorriso, perchè ogni momento con loro poteva essere una grande occasione.
Inutile a dirsi, loro la adoravano. Era ormai un anno che si era laureata e lavorava in una piccola scuola media di Boston.
-Kate, sei pronta? Così prendiamo l'ascensore insieme!-
-Un'attimo, non riesco a dare una forma decente ai miei capelli!- gridò l'amica dal bagno
Kate doveva sempre essere impeccabile, perchè la società che organizzava eventi per cui lavorava come assistente, era diretta da una coppia, Eric e Arthur, molto esigente in fatto di stile.
Uscì due minuti dopo dal bagno, con tailleur all'ultima moda e un paio di tacchi altissimi. Se si fosse guardata allo specchio con occhio non ipercritico come quella mattina, avrebbe visto la donna in carriera che aveva sempre sognato di diventare.
I capelli raccolti uno chignon, la frangetta simmetrica, afferrò borsa e chiavi e uscirono. Non c'era da meravigliarsi che avesse lasciato Chase, che non riusciva neanche a capire in che cosa consisteva il suo lavoro, si diceva a volte. Come furono in ascensore, afferrò dalla borsa una pratica barretta energetica per fare colazione. Aveva anche perso qualche chilo con tutte le sfacchinate a cui i suoi superiori la costringevano!
Lei e Audrey condividevano un piccolo ma confortevole appartamento in centro, e guidavano insieme fino alla zona in cui entrambe lavoravano.
-...Edward mi ha invitata a cena al Green Olive per inaugurare l'inizio del nuovo anno scolastico e quindi del mio lavoro- annunciò, leggendo un messaggio sul telefonino.
-Ok, non preoccuparti, ho detto a mamma e papà che sarei passata da loro stasera! Sempre che Arthur o Eric non mi scarichino qualche impegno notturno da svolgere...dopo l'ultimo sopralluogo per sistemare le lanterne rosa per il matrimonio, stavo per lincenziarmi!-
Audrey sorrise, felice che Edward fosse fratello del proprietario nonchè chef dell'ormai celebre Green Olive, nuovo nome del Serendipity, così che riuscivano sempre a trovare un posto per cena.
-Salutami i tuoi, è un sacco che non li vedo.. notizie di Andrew? E' quasi un mese che non chiama, e ha mandato solo una mail-
-Silenzio stampa. Secondo me è finito al verde e non ha il coraggio di farsi vivo...- ipotizzò Kate con un ghigno malefico che ricordava tanto quello del fratello lontano
-Non credo che preferirebbe finire sotto un ponte- Audrey sospirò. Andrew era sempre meno presente, e mentre negli anni di college era andato a trovarla spesso e viceversa, nell'ultimo anno si era fatto sempre più distante. 
-Beh, se non è morto si farà vivo!- concluse Kate, che con tutti gli impegni di cui veniva incaricata, non trovava neanche il tempo per sentire la mancanza del fratello
Audrey non ebbe il coraggio di dirle che Andrew le mancava molto, e si limitò a salire in macchina lasciando guidare l'amica.
 
"Audrey Hallward è la persona che mi manca di più in assoluto.Mi manca quando mi ascoltava nei miei deliri adolescenziali, quando ridevamo insieme per cose che solo noi potevamo sapere, quando era sempre pronta a perdonarmi, e quando tentava di parlami di Dio chiamandolo Aslan per farmi capire. Qui a New York non c'è nessuno come lei, e Aslan mi sembra più che mai un miraggio uscito da un libro o da uno dei suoi racconti. Quindi, se ci fosse lei, mi aiuterebbe a dare almeno un senso a tutto questo. Ma lei non c'è e mi manca ogni giorno di più. Fortunatamente non c'è la mia sorella gemella diversa, Kate, che mi criticherebbe ogni due secondi. Però, non ci sono neanche Jack e Tyler, e anche loro mi mancano"
 
-Ty! Già ad allenarti a quest'ora?- Jack era sul bordo della piscina, un paio di jeans e una camicia, che ormai aveva imparato ad allacciare da solo.
-Iniziamo presto stamattina!- rispose Tyler, indosso la tuta della squadra -Tu sei già qui a fare i tuoi conti, gestore di fondi?-
-Ebbene sì, perchè poi devo fare altre due piscine per le squadre minori...-
Jack aveva abbandonato la pallanuoto, ma se la cavava molto bene nel gestire le finanze delle squadre Juniores, sapendo perfettamente di cosa avevano bisogno.
Tyler era membro della nazionale, e si allenava con la squadra più forte di Boston con un allenatore che si prendeva cura particolarmente di lui, preparandolo ai meeting della nazionale. Ai mondiali. Alle Olimpiadi.
-…Allora allenati, Ty. Vogliamo l'oro!- esclamò Jack, alzando in aria un pugno in segno di vittoria
Erano rimasti i migliori amici di sempre, ed era una fortuna che oltre che nel tempo libero riuscissero a vedersi tanto spesso anche sul lavoro.
-Ci stiamo lavorando, Jack.. ah, come sta la tua bella?-
-Ha chiamato ieri sera, dice che spera di passare per il week-end. E' una dentista impegnata, cosa vuoi!- sospirò Jack
-Beh, lavorando nello studio di suo padre deve far vedere quello che vale! Peccato che stia fuori Boston, però.. una dentista di periferia- ghignò Tyler
-Beh, ma farà splendere centinaia di sorrisi anche da lì!- ribattè Jack orgoglioso
Tyler gli strizzò un occhio scuro, prima di ricominciare con le vasche.
 
"Già. Jack Cooper l'impacciato e Tyler Smith lo scontroso. Certo, da solo riesco a fare lo stesso disordine che c'era quando ero in camera con loro al primo anno di università, ma non è la stessa cosa senza di loro.
E' incredibile, quando vai via iniziano a mancarti le cose più strane, persino il disordine. E anche se dopo un po' mi sono abituato, a volte vorrei davvero uno dei piatti cucinati da Manuel, rubati per noi alle cucine del Serendipity, anche se ora mi dicono che si chiama The Green Olive in onore della piccola (piccola? ormai non più così piccola) Olive"
 
-Mamma! Mamma! Posso portare Christy all'asilo? Ho detto a Stephanie che gliela facevo vedere! Posso? Eh, posso?!?-
-Certo che puoi, Liv, e direi che stiamo facendo passi avanti da quando volevi portarci tuo fratello!- Fran chiuse lo zainetto di Olive, che aveva quattro anni e otto mesi e iniziava il suo ultimo anno di asilo. La bimba le somigliava moltissimo, non solo per la parlantina, ma per i grandi occhi scuri, la pelle abbronzata e gli ormai piuttosto lunghi capelli castani.
Olive si divincolò in fretta per correre a prendere la barbie che voleva assolutamente mostrare alla sua amica Stephanie e per salutare il fratellino che dormiva beato nel suo lettino.
Robert Edward Jensen era nato a due anni di distanza quasi esatti da Olive, un soleggiato 20 Febbraio. Era un bambino pacato, dormiva spesso e ormai camminava e parlottava abbastanza bene.
-Ciao Robbie!! Ci vediamo quando torno!!- squillò la vocina di Olive, naturalmente abbastanza forte da svegliare il fratellino dormiente
-...E un bacio al tuo papà non lo dai?- Manuel scese le scale, allacciandosi la camicia che cadeva sopra i jeans, un gran sorriso sul viso, immutato e squadrato come sempre, e gli occhi, castano verdastri, orgogliosi della sua bambina.
Olive allargò le braccia verso il suo adorato papà, l'unico genitore che le lasciava passare lisce tutte le sue geniali trovate.
-Ci vediamo oggi, papà!-
Manuel si fece schioccare un bacio sulla guancia prima di tirarsi su e sorridere a Fran, bella come sempre, i ricci un po' domati nei capelli lunghi, il tailleur che portava sempre in ufficio da quando era diventata un avvocato che vinceva cause importanti e ne riceveva di nuove
Olive si piazzò impaziente davanti alla porta, intimando alla madre di fare presto.
-Devo arrivare prima di tutti!-
-Ci vediamo quando torni dal ristorante.. mi raccomando, non andare prima che arrivi Nancy a tenere Rob- fece Fran stampando un bacio sulle labbra di Manuel, salutando Robert e uscendo veloce con Olive.
Negli ultimi quattro anni il ristorante di Manuel era diventato così noto per la sua buona cucina, che lui non riusciva quasi a mettere piede in cucina e faceva il gestore a tempo pieno, aiutato da Elijah, ormai co-chef. Nel frattempo, dopo l'arrivo di Robert, Fran era diventata sempre più importante per il suo studio, e vinceva praticamente ogni causa su cui metteva le mani. La cosa triste era che riuscivano a vedersi praticamente solo a tarda notte, quando Manuel tornava ed erano entrambi stravolti, o al mattino. Nell'ultimo anno il tempo passato coi bambini era stato praticamente alternato, quando c'era Fran non c'era Manuel e viceversa. Nancy la tata, una studentessa del college amica di famiglia di Fran, una ragazza simpatica coi capelli castani, era stata una vera benedizione. Nancy aveva occhi e labbra molto grandi, che davano al suo viso un aspetto vagamente stralunato, e la pelle molto chiara. 
Manuel rimase solo con il piccolo Robert, che gli ricordava ogni giorno di più suo fratello Edward.
-Oggi stai un po' col tuo papà mentre aspettiamo Nancy, eh?- fece al piccolo, appena svegliato dalle grida della sorella
Lo prese in braccio, mettendolo sul seggiolone per preparargli la colazione.
-La mamma è molto impegnata, eh? E anche il papà ultimamente ha il suo bel daffare- gli disse quasi parlando a se stesso.
Robert battè le mani sul tavolo in segno d'impazienza: quando si trattava di mangiare, proprio come il suo papà, perdeva la solita pacatezza!
-Voglio a pappa! Fassamo coasione- aggiunse, con le parole che stava imparando velocemente.
-Certo, Robbie! Ma lo sai che papà ha bisogno di tempo per le sue meraviglie in cucina!- rispose Manuel, ben sapendo che il figlio non gli avrebbe dato comunque la sua comprensione
Il bambino lo guardò contrariato con due enormi occhi verdi, attenti e scrutatori.
Non regalò neanche un sorriso a suo padre, finchè non gli mise davanti la sua colazione fatta di latte nel biberon e biscotti al cioccolato.
-Testardo come tua madre!- sentenziò Manuel con un sorriso -..E come me, in effetti-
 
"A volte le cose ti sfuggono di mano. Sto iniziando a pensare che a me sia successo così, nell'ultimo anno. O forse anche prima. Quattro anni e tre mesi fa ho promesso ad Eileen che ci saremmo sentiti, che non era finita. E poi? Mai una mail, mai una telefonata. Solo qualche cartolina. La cosa mi è decisamente sfuggita di mano. Forse l'orgoglio ha preso troppo il sopravvento e credo che sia davvero troppo tardi, ormai. Mi consola, per modo di dire, sapere che sarà felice a lavorare per la casa editrice di suo padre: avrà tutto quello che ha sempre sognato, no?
Chissà, se mai qualcosa di mio verrà pubblicato potrà editarlo. Ma forse sarebbe strano, dato che sto parlando di lei proprio ora"
 
Eileen entrò nel grattacielo dove si trovavano anche gli uffici della casa editrice posseduta da suo padre, dove lei lavorava.
Si rendeva perfettamente conto della posizione privilegiata in cui le era stato consentito di lavorare, posizione che le consentiva di poter sfruttare la laurea che aveva ottenuto ad Harward con il massimo dei voti. Sapeva che suo padre le aveva offerto quel lavoro solo perchè lei potesse stargli più vicina, ma infondo non poteva che essergli grata.
Trovare un posto come editrice appena uscita dal college, e riuscire a tenerselo stretto per un anno, guadagnando consensi, era più di quello che chiunque avrebbe sperato.
Entrò nel grande ufficio luminoso, dove lei aveva un piccolo studio, e dove trovò un mazzo di fiori sulla sua scrivania.
Capì subito chi doveva essere stato l'autore del gesto, e sorrise cercando il biglietto nascosto tra i bellissimi fiori.
Lo trovò subito, e lo aprì impazientemente.
"Voltati. L"
Eileen si voltò emozionata, attendendo la comparsa della persone che le avrebbe reso la giornata migliore.
Lancelot Donovan sbucò da dietro una delle tende della sua grande finestra, alto, il viso regolare, mascolino, con le labbra carnose, gli occhi verde intenso e i capelli biondo cenere tagliati piuttosto corti, elegante e sorridente nel suo completo, giacca, camicia e pantaloni.
-Lance! Ma...non dovresti essere qui!- esclamò lei al settimo cielo, avanzando verso di lui per dargli un bacio sulle labbra
Lui la baciò, passando le mani tra i suoi lunghi capelli biondi -E dove altro dovrei essere?- disse, un sorriso accattivante
-Oh, non lo so! Al lavoro, per esempio?- rise lei, mentre in realtà non avrebbe voluto che si trovasse in nessun altro posto
-Nessun imprenditore schifosamente ricco vorrà la mia consulenza prima delle 9 di stamattina, fidati, se la prendono comoda-
Eileen gli circondò il collo con le braccia, mentre ancora teneva il mazzo di fiori tra le mani.
-Allora sappi che sono infinitamente grata a questi tuoi imprenditori schifosamente ricchi!-
-Come sta la mia bella fidanzata?- domandò Lance, prendendole la mano e guardando l'anello con un sorrisetto
-In questo momento benissimo!- sorrise lei -Anche se mi aspetta una lunga giornata a revisionare copie su copie...-
-E' quello che avevi detto quando ti avevo chiesto il primo appuntamento, ma alla fine eri venuta lo stesso..- fece Lance, una scintilla negli occhi verdi
Eileen ridacchiò: ricordava perfettamente quel pomeriggio di due anni prima, quando dopo lunghe resistenze aveva finalmente deciso di uscire con il famigerato figlio del signor Donovan, grande amico di suo padre.
Non avrebbe mai sperato, nè sospettato, che Lancelot Donovan, dal nome altisonante, ex studente di Yale, sarebbe stato tanto affascinante nè tanto piacevole come conversatore, ma questo era ovvio, ora che conosceva la sua mente brillante. Dopo un momento di grande indecisione, finalmente aveva deciso di concedergli una possibilità, mettendosi finalmente il cuore in pace. Era chiaro che, dopo due anni di silenzio, Andrew doveva essersi fatto un'altra vita, quindi perchè non concedersi lo stesso privilegio?
Aveva scoperto ch il vuoto che credeva incolmabile poteva essere riempito: c'era suo padre, c'era Jodi, Lance, ed era ancora in contatto con tutti i suoi amici, Andrew escluso. Era sicura. Il vuoto poteva essere riempito.
 
"Ad ogni modo, Eileen non si è più fatta sentire, al contrario di tutti gli altri. Soprattutto Audrey, e ora che ci penso dovrei scriverle, dato che lei mi manda praticamente una mail al giorno, anche se sono sicuro che è super impegnata. Ora che Alex ha avuto una figlia, poi, riesco ad immaginarmela perfettamente nei panni di zia.. anche perchè Alex è di nuovo in Iraq, e Dianna avrà bisogno di lei. Forse anche Audrey sente la mia mancanza, ma non credo che abbia davvero bisogno di me.. lei è Audrey, lei è la spalla su cui tutti piangono, ha gli occhi che rassicurano tutti. Noi comuni mortali abbiamo bisogno di lei, ma forse lei non ha bisogno di noi. E poi c'è il suo cavaliere dall'armatura scintillante. Edward"
 
Alla fine del suo turno, dopo aver salutato colleghi ed infermieri, Edward corse nel parcheggio dell'ospedale, dove sapeva che Audrey lo stava aspettando. Avevano promesso ad Alex che si sarebbero occupati di Dianna e di sua figlia mentre lui era via, e ogni momento libero era buono per andare a trovarle.
Edward lavorava come medico pediatra nel reparto di pronto soccorso, ed era uno dei dottori preferiti dai bambini, che non erano mai intimoriti davanti a lui.
-Eccoti! L'impavido dottore!- Audrey gli sorrise, mentre lui si chinava per darle un bacio, i capelli biondi che gli ricadevano sulla fronte.
Edward sospirò -Anche per oggi ho finito! E la tua giornata da insegnante?-
-I nuovi alunni sono molto promettenti!- sorrise Audrey, allegra, mentre gli lasciava il posto di conducente e occupava quello di passeggero.
-Scommetto che ti amano già! E che tu ami già loro!- indovinò Edward
-Spero di si, ma l'importante è che imparino qualcosa e si sentano trattati come esseri pensanti.. ci sono certi insegnanti che credono che i ragazzini siano limitati e disinteressati, ma non c'è niente di meno vero di questo!-
-E' molto bello quello che fai! Non ci sono tanti insegnanti come te, devi sentire quanto si lamentano i ragazzini al pronto soccorso!- osservò Edward benevolo
Audrey gli sorrise -Siccome hai fatto il turno di giorno vuol dire che stasera sei libero?- domandò lei, speranzosa
-Dipende da quante altre persone mi faranno questa domanda prima delle otto...- sorrise Edward
Audrey lo colpì con la mano, un gran sorriso -Beh, allora dopo che siamo andati a trovare Dianna e la piccola Daisy potremmo cenare insieme-
-Ottima idea, Aud. Credo che tu mi abbia appena convinto a rinunciare a tutte le altre proposte sulla lista!- esclamò lui divertito

"Già. Me li immagino, felici, contenti, che vivono a pieno le loro giornate. E io cosa sto facendo? La risposta è molto semplice: passo le mie giornate a domandarmi cosa sto facendo. E perchè diavolo ancora non mi sia deciso a tentare di cambiare le cose,
Sono bloccato qui. Tutti vanno avanti e io sono lontano da loro, lontano da casa. Ho chiuso il mio anno di liceo dicendo che non tutti quelli che vagano sono persi, e che sapevo qual'era la mia casa, le mie persone. La verità è che sono perso, e non ho una casa qua vicino a me.
Audrey diceva che abbiamo sempre la possibilità di una seconda scelta e che non siamo determinati dai nostri errori passati. 
Forse avrei solo bisogno del suo aiuto per fare questa scelta e tornare indietro da dove tutto è cambiato. Avrei bisogno di una spinta, o un segno, direbbe lei, che mi facesse capire che non sarebbe un fallimento se tornassi a Boston. Un segno."
 
-Daisy, devo ammettere che sei la nipotina più bella del mondo- stava dicendo Audrey, facendo saltellare la bambina di appena un anno, che aveva i due enormi occhi azzurri suoi e di Alex, sulle ginocchia.
Era una bambina splendida: aveva ereditato da Dianna la bellezza non comune e il sorriso e l'allegria di Alex.
Faceva mille sorrise sdentati, e aveva una predilezione per Edward, tanto che ogni volta che lo vedeva sorrideva a più non posso.
-Sei sicura che non vuoi che ci fermiamo a cena qui?- stava dicendo quest'ultimo.
-Già, D, possiamo lavare noi i piatti!-
Dianna si affrettò a declinare la proposta -Assolutamente no! Tu sei appena tornato distrutto dal lavoro, e immagino che Audrey voglia passare un po' di tempo con te! Io e Daisy staremo benissimo!-
-Ma zia Aud sta volentieri con Dianna e Daisy.. vero Daisy?- fece Audrey, guardando la bimba con un sorriso dolce
Daisy annuì contenta, afferrando i lunghi boccoli neri della zia per giocare.
-Ragazzi, eravate qui anche due sere fa, e Domenica.. voglio che passiate almeno una sera da soli!- esclamò Dianna, con un sorriso grato
Edward provò ad insistere, pur sapendo che, quando s'interstardiva, anche la posata Dianna era in grado di far sentire le proprie ragioni.
Stava giusto cercando di convincerla, quando si accorse che lei guardava con aria terrorizzata qualcosa alle sue spalle, fuori dalla finestra che dava sul piccolo giardino della casa.
Uno scambio di sguardi con Audrey bastò a dare concretezza al suo sospetto: quell'uomo in uniforme stava avanzando proprio verso casa di Dianna.
Audrey posò la bambina sul divano, e i secondi che passarono tra lo sparire del soldato dalla loro vista a quando suonò il campanello, furono i più lunghi della loro vita.
Edward era pallido, immobile, sapeva cosa aspettarsi. Dianna credeva che le sue ginocchia non avrebbero retto, che la testa le sarebbe esplosa, ma sapeva che doveva essere forte. Audrey era in piedi, le mani tremanti, gli occhi spalancati. Solo la piccola Daisy sembrava tranquilla, ignara della situazione. E poi il campanello suonò.
  
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