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Autore: essie    28/12/2011    8 recensioni
Prima classificata al contest 'Historical Contest' di tikei_chan.
Milano, 1918.
Isabella è una giovane infermiera che soccorre i feriti della Prima guerra mondiale, a Milano.
Tra essi, un bel giovane che forse non riuscirà a superare la notte, con due occhi verdi di cui lei si innamorerà perdutamente.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Millenovecentodiciotto

 

Piovevano bombe. Gli scoppi violenti facevano tremare il terreno, illuminando a intervalli regolari ma sempre più ravvicinati ciò che li circondava – soprattutto campi coltivati – prima che ripiombasse il buio.

Se le altre ormai si erano abituate alle esplosioni assordanti, per Isabella era impossibile. Deglutì a fatica e si strinse nell’uniforme – un’ampia veste bianca macchiata di sangue e terra lunga fino alle caviglie –, mentre si dava da fare per portare l’acqua e fasciare le ferite ai soldati meno gravi. Attorno a lei gli uomini illesi portavano nell’ospedale improvvisato i feriti colpiti dalle mine antiuomo e dai volti irriconoscibili.

‹‹Stai tranquillo›› disse Isabella, nel tentativo di tranquillizzare un giovane soldato che continuava ad agitarsi ‹‹starai bene››.

Lui annuì. ‹‹Sì›› sussurrò, così piano che la ragazza pensò che stesse parlando con se stesso. Spesso i soldati lo facevano, si rassicuravano e si facevano forza.

Isabella e Alice, un’altra infermiera, avevano fatto il possibile per il giovane dai capelli biondo miele e gli occhi castani che fissavano la notte senza realmente vederla. Era stato colpito al ventre da un proiettile, ma entrambe erano fiduciose.

‹‹Quando finirà tutto questo?›› mormorò Alice, affranta, mentre prendevano altra acqua.

‹‹Non lo so›› rispose Isabella, nascondendo il tremore della voce. Ebbe un vistoso sussulto quando un’altra bomba fece tremare il suolo e si sistemò la ciocca scura che era sfuggita dall’acconciatura improvvisata in cui aveva raccolto i capelli quel mattino, in modo che non le dessero fastidio.

‹‹Infermiera!›› chiamò un uomo dall’ambulanza a poca distanza da loro. Finì di caricare una barella sul suo retro e gridò ancora: ‹‹Qui c’è bisogno di un’infermiera!››.

‹‹Vado io›› disse Isabella. Sorrise ad Alice e le sfiorò il braccio con la mano, poi raggiunse l’ambulanza camminando incerta a causa delle esplosioni.

Il soldato annuì e la aiutò a salire sul veicolo affollato e poco illuminato. C’erano quattro barelle – due di esse infilate nelle amache appese alle pareti – e un odore terribile.

Isabella fece un respiro profondo e si sedette sull’unico sgabello di legno disponibile; l’uomo le porse una brocca d’acqua, bende e garze, poi chiuse il portellone e l’ambulanza partì. Un soldato su un’amaca iniziò a mormorare una preghiera con voce appena percepibile, quello poco lontano dai piedi di Isabella gemette sommessamente alla vista del sangue che gli ricopriva il petto.

Forza, Bella, esortò se stessa, utilizzando il soprannome che gli aveva dato suo padre tempo prima. Lui era morto da due anni, ma la giovane sentì comunque gli occhi pungere al suo ricordo.

Si alzò e si avvicinò a un soldato svenuto. Gli pulì il volto con una salvietta, usando molta delicatezza, e gli cambiò la fasciatura attorno alla testa. Quando rinvenne gli fece bere un po’ d’acqua e gli sorrise, rassicurandolo, mentre il suo volto si distendeva.

Il soldato che recitava l’Ave Maria chiuse gli occhi dopo qualche minuto, sospirò e non si mosse più.

Bella affondò i denti nel labbro inferiore. Aveva visto tante persone morire: alcune in sala operatoria, altre erano crollate davanti ai suoi occhi impotenti prima di ricevere le cure, altri ancora proprio come in quel momento, nella piccola ambulanza soffocante. Trattenne un brivido e gli lavò il viso, il collo, occupandosi di lui nello stesso modo con cui si era presa cura dell’uomo prima.

‹‹Perché?››

Isabella sobbalzò lievemente e si avvicinò alla barella sull’altra amaca. Il soldato che vi era disteso aveva una brutta ferita al collo, ma aveva gli occhi aperti. Degli occhi meravigliosi, verdi come il prato su cui Bella giocava da piccola, talmente intensi da farle venire le vertigini. Però nelle loro profondità scorse una traccia di malinconia e di tristezza che la fece sospirare.

‹‹Perché cosa?›› gli chiese, iniziando a pulirgli il volto. La pelle di lui era candida quasi quanto la sua.

‹‹Lo hai pulito e gli hai cambiato le bende›› mormorò il giovane.

‹‹Sì›› disse lei, piano. Rimosse il sangue dai suoi capelli e dedicò molto tempo alla ferita, cambiandogli le bende con estrema delicatezza, mordendosi le labbra ogni volta che lui gemeva a causa del dolore. ‹‹Volevo che… che avesse un aspetto accettabile›› proseguì.

Il soldato era giovane, forse aveva la sua età, ed era infinitamente bello. Sembra un angelo.

‹‹Non preoccuparti. Ce la farai›› sussurrò. La sua mano si mosse di propria volontà, andando ad accarezzargli i capelli. Erano morbidi, e lei vi indugiò per qualche secondo interminabile. ‹‹Come ti chiami?››.

Lui si schiarì piano la voce. ‹‹Edward. Mio padre è inglese›› spiegò in risposta allo sguardo incuriosito di Isabella. ‹‹E tu?››.

‹‹Isabella››

Trascorse qualche minuto in cui regnò il silenzio. Bella continuò ad accarezzare il viso di Edward con la salvietta fino a renderlo completamente pulito, evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo addolorato – uno sguardo che non riusciva a sopportare nei suoi occhi di tale bellezza da farle venire un groppo in gola. Non riusciva a spiegarselo. Sentiva uno strano trasporto verso quel soldato ferito, ed era sicura che se egli non ce l’avesse fatta, lei ne sarebbe stata distrutta. Curioso, commentò tra sé.

‹‹Isabella›› la chiamò Edward, ma poi tacque.

Lei gli sfiorò la guancia con la punta delle dita e rabbrividì, ritirando la mano di scatto come se si fosse scottata sulla sua pelle.

‹‹Sopravviverò?›› domandò, controllato. ‹‹Sii sincera, ti prego››.

‹‹N-non lo so›› sussurrò Bella. Le lacrime uscirono senza che avesse possibilità di fermarle. Quante persone le avevano già fatto quella domanda? Quante di esse erano sopravvissute? E quante gliel’avrebbero ancora chiesto? ‹‹I-io credo che… che superare la notte non sarà facile›› balbettò, frenando i singhiozzi che le scuotevano silenziosamente il petto.

Edward chiuse gli occhi e annuì impercettibilmente, facendo una smorfia quando avvertì una dolorosa fitta al collo. ‹‹Ti ringrazio›› bisbigliò. Un minuto dopo si addormentò, cullato dalle gentili carezze di Isabella sul suo viso.

 

Quando l’ambulanza si arrestò di colpo e il portellone si aprì, Edward aprì gli occhi, e Isabella sobbalzò a causa dell’intensità del suo sguardo.

Era rimasta accanto a lui per il resto del viaggio – salvo che per controllare gli altri soldati – guardandolo dormire, mormorandogli parole di conforto ogni volta che il suo sonno si faceva più agitato. Sapeva bene che non avrebbe dovuto farlo, ma non aveva potuto impedirselo. Una forza sconosciuta la spingeva verso di lui e Bella non poteva resisterle.

Due uomini in uniforme militare scaricarono le barelle dall’ambulanza, spingendo da parte Isabella per permettere a Edward di raggiungere l’ospedale e quindi di ricevere cure adatte. A Bella parve che allungasse la mano verso di lei, ma era molto stanca e gli occhi le giocavano brutti scherzi. L’aria fresca e pulita di riversò nell’abitacolo e lei la accolse con un piccolo sorriso, godendosi il silenzio attorno a lei dopo le esplosioni infernali.

Una ragazza dai capelli biondi e l’uniforme immacolata si affacciò nell’ambulanza. Era bellissima, con gli occhi blu e la carnagione bianca come la neve, dall’aspetto fresco e le labbra rosse. Isabella aveva i capelli in disordine, l’uniforme in condizioni disastrose, era affaticata e le dolevano le gambe perché era stata in piedi per tutta la giornata; ciò però non le impedì di sorriderle amichevolmente.

‹‹Stai bene?››. La ragazza aggrottò le sopracciglia quando vide le condizioni dell’ambulanza e le rivolse uno sguardo comprensivo.

‹‹Sì, sto bene›› annuì Isabella.

Lei si mise all’opera, issando sul veicolo un secchio d’acqua, salendo senza difficoltà; iniziò a strofinare il pavimento con energia, mentre rivoli d’acqua rossa scorrevano giù, sul terreno. Bella iniziò ad aiutarla, ma l’altra la fermò, ordinandole di riposarsi. ‹‹Sei venuta dal fronte da sola, sarai stanchissima›› fece una pausa e le sorrise con compassione ‹‹ma adesso non lo sei più. Siamo in tante, in ospedale, e i pazienti sono adorabili. Ti troverai bene. E Milano è molto bella››. Sostituì le lenzuola sporche e aggiunse altro gas alla lanterna. ‹‹A proposito, io sono Rosa››.

‹‹Io Isabella›› disse. Ci pensò un momento, poi chiese: ‹‹Dove hanno portato i feriti che erano qui?››. Tentò di porle quella domanda in modo più naturale e distaccato possibile, ma l’occhiata di Rosa la fece avvampare e si dichiarò scoperta.

‹‹Ti sei già innamorata di uno di loro, Isabella?›› la canzonò, e lei arrossì.

‹‹No, non mi sono innamorata›› cercò di dire, mentre le sue guance erano sulla buona strada per prendere fuoco ‹‹sono solo… curiosa, ecco››.

‹‹Curiosa›› le fece eco Rosa, e ridacchiò maliziosamente. ‹‹Chi è il fortunato?››.

Bella si morse le labbra. ‹‹Si chiama Edward›› rivelò, torturandosi il labbro inferiore. ‹‹Ma ha una brutta ferita al collo, non so se riuscirà a superare la notte››. Abbassò lo sguardo e i suoi occhi divennero lucidi ancora una volta.

Rosa le mise una mano sulla spalla in segno di conforto. ‹‹Stai tranquilla, sono certa che ce la farà. I nuovi pazienti vengono portati nell’ala est dell’ospedale per le prime cure››.

‹‹Grazie›› bisbigliò Isabella, e arrossì ancora.

‹‹Ma prima devi andare dalla signorina Nomadi. È la caposala. Si occupa delle registrazioni, dei turni…›› Rosa si avvicinò a Bella con un’espressione di chi la sa lunga ‹‹ma si occupa anche del medico, il giovedì pomeriggio››.

Isabella rise e Rosa ammiccò. Sembrava sorprendentemente piena di vita, come se ogni giorno fosse sempre una grande avventura e lei volesse parteciparvi ogni volta. A Bella piaceva quel genere di persone, ma il clima che aveva respirato al fronte l’aveva disillusa, incupita.

 

La stanza era spoglia e fredda, con una finestra che si apriva su un ampio viale alberato. Edward, nel letto più vicino ad essa, condivideva la camera con un altro soldato.

Bella rimase sulla soglia, osservandolo, mentre qualcosa di sconosciuto si agitava nel suo cuore. Stava dormendo, il volto spesso attraversato da una smorfia di dolore, perfettamente pulito, più bello di quanto ricordava. Si avvicinò piano a lui, con attenzione, e rimase a guardarlo per un momento interminabile.

Sembra un angelo, si ripeté e rabbrividì.

Con la punta delle dita, gli sfiorò la guancia, utilizzando la massima delicatezza per non svegliarlo. Arrossì al pensiero di lui che si svegliava e la trovava lì, a spiarlo e ad accarezzarlo. Una sconosciuta, pensò con un sorriso triste.

La pelle di Edward era morbida e liscia come rammentava, e Isabella era certa che sarebbe potuta stare ore e ore a guardarlo dormire senza mai stancarsi, beandosi semplicemente della sua presenza. Si chinò a baciargli la fronte e trascorse ancora qualche minuto accanto a lui, tenendogli la mano.

‹‹E’ lui?››

Sussultò quando sentì la voce bassa di Rosa alle sue spalle. Si voltò e le lanciò uno sguardo imbarazzato, che sparì quando Rosa le sorrise con dolcezza. ‹‹E’ bellissimo›› disse soltanto.

‹‹Sì›› la voce di Isabella era rotta dalla commozione ‹‹sembra un angelo›› mormorò, dando voce ai suoi pensieri confusi.

‹‹Insieme sarete molto felici››

Lei trattenne le lacrime, ma annuì perché era troppo stanca per discutere. ‹‹E tu? Qualche bel giovane ha catturato la tua attenzione?›› le chiese.

‹‹Il mio fidanzato è caduto al fronte l’anno scorso›› rispose Rosa, senza particolari inflessioni nel tono di voce. ‹‹Tranquilla›› aggiunse con un sorriso malinconico quando Bella si girò di scatto verso di lei, un’espressione di scuse dipinta sul viso. ‹‹Ti va di riposare un po’? Mancano poche ore all’alba e sono sicura che tu ti senta molto stanca››.

‹‹Sono sfinita›› ammise lei.

‹‹Andiamo, allora›› la incitò Rosa.

Bella guardò Edward per un’ultima volta, imprimendosi nella mente il suo viso, poi seguì Rosa fuori dalla stanza.

 

‹‹Isabella? Sei tu Isabella?››

Bella si alzò di scatto dalla sedia rigida su cui era seduta. ‹‹Sono io›› confermò alla donna dai capelli rossi e lo sguardo severo che l’aveva chiamata.

‹‹Devi riempire i moduli. Ma prima… il soldato Cullen sta per entrare in sala operatoria e non fa che chiedere di te››

‹‹Il soldato Cullen?›› fece Isabella senza capire.

‹‹Edward Cullen›› disse la capoinfermiera ‹‹non vuole l’infermiera di turno, vuole solo la sua Isabella››.

Bella abbassò lo sguardo, le guance rosse come mai. ‹‹I-io…come sta?››.

‹‹E’ riuscito a superare la notte, anche se le ultime due ore sono state difficili. Ti accompagno da lui››

Rosa guardò Bella con un gran sorriso e le fece cenno di andare dietro la signorina Nomadi, che la condusse in sala operatoria, dove l’attendeva Edward. Isabella salutò il medico, rispose a qualche domanda e, alla fine, abbassò lo sguardo su Edward, sentendosi immediatamente avvampare.

‹‹Isabella›› mormorò lui, così dolcemente che la fece tremare.

‹‹Sono qui›› lo rassicurò Bella. Prese la sua mano e la strinse piano. ‹‹Stai calmo, andrà tutto bene››.

Lei non dovette fare altro che passare qualche strumento al medico mentre lavorava sul collo di Edward, tenere la mano al soldato e mormorargli parole di conforto. Mentre osservava il suo viso, sentiva la tensione scemare pian piano e qualcosa di molto grande e potente farsi strada nel suo cuore. Se avesse potuto attribuirgli un nome, forse l’avrebbe chiamato amore.  

Sarebbe andato tutto bene.

 

 
1° CLASSIFICATA : SerenaEsse - Millenovecentodiciotto/ Roaring Twenties (Punteggio 23.50/ 25)

• GRAMMATICA E FORMA/STILE (4.50 + 4.75 punti):
Entrambe le storie sono grammaticalmente quasi perfette: ho contato in tutto solo un paio di errorini. Davvero sotto questa voce ho pochi appunti da farti, anche lo stile è molto buono, sempre adatto alla scene descritte di volta in volta.
• TRATTAZIONE DEI PERSONAGGI E ORIGINALIT À (4.75 + 4.50 punti):
Sotto l’aspetto della gestione dei personaggi hai fatto un ottimo lavoro, infatti hai vinto il PREMIO MIGLIOR IC. Avevo inizialmente pensato il premio con questo nome, ma nel tuo caso dovrebbe essere cambiato in “Miglior trattazione dei personaggi”; questo perché non sempre hai mantenuto i personaggi IC, uguali a quelli della saga (mi riferisco in particolare alla storia “Roaring Twenties”), ma sei riuscita comunque a caratterizzarli nella maniera più approfondita, più completa, rendendoli coerenti e costruendo perciò dei dialoghi e delle situazioni credibili.
• IMPRESSIONE PERSONALE (5 punti):
Tutte e due le storie mi sono davvero piaciute, con una leggera preferenza per la seconda, dalla trama e dall’atmosfera più movimentata.
Devo dire in effetti che un po’ mi è dispiaciuto che tu non sia riuscita a completare la terza in tempo per la scadenza: desideravo leggerne un’altra! Oltre a questo che dire, se non complimenti! :D

 

NOTE DELL'AUTRICE:

Ho cambiato nickname ma sono sempre io xD Questa è la seconda shot classificatasi prima all'Historical Contest indetto da tikei_chan, che ringrazio. Se volete leggere la prima storia (che non ha un finale aperto come questa xD), qui: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=903833&i=1 Ho deciso di pubblicarle separatamente, ma tengo a specificare che sono arrivate prime insieme allo stesso contest ;)

Alice è ovviamente l'Alice che tutti conosciamo, Rosa è Rosalie, e forse avete riconosciuto il Jasper della saga nel soldato biondo presente all'inizio della storia ;)

Vi ringrazio per aver letto e spero mi lascerete le vostre impressioni :)

Auguro a tutti un sereno 2012 :**

S.

   
 
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